penna
Numerose occorrenze, sempre in poesia. Il sostantivo vale " rivestimento degli uccelli ", senza distinzione di significato con ‛ piuma ', in Rime CIV 101 Canzone, uccella con le bianche penne; Rime dubbie XXX 6 la cornacchia... / pensò mutar gonnella, / e da molti altri uccei accattò penne; Pd V 74 non siate come penna ad ogne vento (cfr. Paul. Ephes. 4, 14), e XXVII 15 [s. Pietro] tal ne la sembianza sua divenne, / qual diverrebbe Iove, s'elli e Marte / fossero augelli e cambiassersi penne: la doppia similitudine, giudicata negativamente, ha avuto origine dal fatto che in antico p. valeva anche " raggio di un pianeta ", con attinenza soprattutto al colore: " le penne dei pianeti s'intendono li colori dei raggi dei quali risplendono, come le penne delli uccelli appaiono diverse per diversi colori che dimostrano " (Buti).
Le p. dell'aquila, simbolo della potestà imperiale, rappresentano in Pg XXXIII 38, abbandonate sul carro della Chieas, i beni temporali " per li quali... la Chiesa si trasformò e così trasformata il Gigante la se ne menò " (Ottimo); o anche, genericamente, le ricchezze: " Imperator romanus dedit plumas idest divitias Ecclesiae, ex quibus nata est insatiata avaritia praelatorum " (Benvenuto). Le p. rivestono le ali degli angeli (Pg II 35) e sono etterne: " non solo eterne, ma eternamente le stesse " (Andreoli), giacché non si mutan come mortal pelo.
Le ali di Lucifero sono, invece, pelose come quelle del pipistrello: cfr. If XXXIV 49 e la nota dell'Anonimo: " gli angioli buoni si figurano con l'ali che ànno penne d'uccello... Lucifero... l'ha come pipistrello, che secondo la favola d'Isopo era prima uccello ". Anche le ali degli strani animali coronati... di verde fronda sono rivestite di p. (Pg XXIX 95), piene d'occhi come il mitico mostro Argo: " quisti ochi hano a significare grazia de la provedenza ch'è in la Scrittura degli Evangelisti " (Lana. Per l'occorrenza del v. 104, con riferimento agli stessi animali, v. oltre). Infine in Pg XXXII 27 ('l grifon mosse il benedetto carco / sí, che però nulla penna crollonne) è incerto se il grifone, tirando il carro, non muova le ali, oppure " niuna penna de le sue ale, che significano la iustizia e misericordia di Dio le quali sono invariabili e immutabili " (Buti). Dal punto di vista grammaticale, p. potrebb'essere soggetto od oggetto, " ma la prima interpretazione sembra conferire maggiore rigidità all'immobilità delle penne " (Chimenz).
Dall'esempio di Pg II 35 (e più ancora da Fiore CLXXIV 2 chi 'l su' amico pensa di pelare, / infin ch'egli aggia penna in ala o in dosso), si comprende il passaggio dal valore di " rivestimento del corpo degli uccelli ", al senso di " rivestimento della pelle umana ", cioè " pelo ", soprattutto maschile.
La metafora compare in If XX 45: Tiresia dovette battere con la verga li duo serpenti avvolti, prima di poter riavere le maschili penne, " la barba virile, i peli della quale ancora nel canto I al v. 42 del Purg. chiamerà ‛ piume ' " (Lombardi): si tratta di " traslazione presa dagli uccelli... maschi che sono di penne diverse dalle femine " (Castelveltro).
Molte volte p. significa " ala ", più spesso al plurale. E si tratterà di ali di uccelli, come quelle dell'aquila sospesa / ... nel ciel con penne d'oro (Pg IX 20: " quest'aquila significa... la carità, la quale hae penne d'oro, cioè li razi dell'amore puri e splendenti più che l'oro ", Buti), o dell'aquila imperiale che sotto l'ombra de le sacre penne / governò 'l mondo (Pd VI 7); l'immagine può derivare da Ps. 16, 8 " sub umbra alarum tuarum protege me ", ed è analoga a quella di If XXVII 41-42; oppure si tratta delle ali degli angeli: Pg VIII 29 (" possiamo per due ale porre la iustizia a la religione ", Landino), XIX 49 (qui le ali " sono due grazie di Dio le quali spegnano lo peccato; cioè la grazia illuminante, e la grazia consumante ", Buti) e Pd XXXI 130 (le penne sparte sono le " ali aperte "). Infine in Pg XXIX 104 D. si riferisce alle ali degli animali che simboleggiano i Vangeli: che sono quattro secondo Ezechiele, sei secondo s. Giovanni.
In senso astratto, frequente il traslato per cui p. vale " capacità d'ingegno ", " virtù ", " potenza di una facoltà ", come accade per ‛ ala ' (v.). Donde il rimprovero di Beatrice: Non ti dovea gravar le penne in giuso / ... o pargoletta / o... (Pg XXXI 58: cfr. i vv. 56-57; inoltre augelletto al v. 61, e pennuti al v. 62); compito di D. è, nel Purgatorio, l'ascesa verso l'ultima purificazione, e come tale ascesa è detta volo, così la " facoltà " e la " volontà " che lo sostengono sono dette penne (XXVII 123: " il vedete voi tutto alacre e leggero divorar tutta la scala? ", Cesari); analogamente in Pd XXV 49 (cfr. XV 54, ove si usa il termine piume). In Pd XXXIII 139 le p. (ossia le sole forze dell'intelletto) non sono sufficienti perché D. possa penetrare il mistero di Dio. Più difficile, anche per l'incertezza del testo, l'esatta interpretazione del passo di Pd XXXII 80 (convenne ai maschi a l'innocenti penne / per circuncidere acquistar virtute): " ai bambini maschi convenne, mediante la circoncisione, acquistar virtute alle penne della loro innocenza " (Petrocchi, ad l.), " cioè rafforzare la loro innocenza sì da poter volare al Paradiso " (Chimenz). Il Cesari avanza l'ipotesi " non sia qui un giochetto di parole... a' bambini fu bisogno tarpar le ali acciocché acquistassero più vigor da volare "; il Daniello vede n p . " il membro virile, che latinamente ‛ penis ' si chiama ".
A ritenere accettabile quest'ultima interpretazione induce, più che il riferimento etimologico al latino, l'accenno alla circoncisione. E si veda anche il passo di If XX 45, già citato.
In relazione a p. vista come " strumento per scrivere ", in If XXV 144 e qui mi scusi / la novità se fior la penna abborra, dove D. cerca di giustificare l'inadeguatezza della p. a rappresentare la visione terrificante della settima zavorra (v. ABBORRARE); in Pd XXIV 25 la p. salta, cioè " trascorre " (Casini-Barbi: cfr. XXIII 62), essendo troppo ardua la descrizione del fuoco dell'anima di s. Pietro (così anche VI 63, XIX 116, e Rime CXIV 8). In Pg XXIV 58 le p. dei rimatori del dolce Stil nuovo di retro al dittator sen vanno strette (v. 59), " seguono fedelmente il dettato dell'amore " (curiosa l'interpretazione dell'Anonimo, che legge p. in senso proprio: " l'uccello, quando egli sta sopra a sé, è più pulito e più gli stanno le penne assettate addosso che quando si posa in sul petto "). Ancora, in If XXIV 6 quando la brina in su la terra assempra / l'imagine di sua sorella bianca, / ma poco dura a la sua penna tempra: " est metaphora sumpta a penna, quasi dicat: ‛ Sicut parum durat temperatura pennae, ita forma pruinae, et saepe multo minus ' "; non comprende questo valore di p. il Porena, il quale afferma che D. " confonde la copia pittorica (la sola cui possa paragonarsi quella che la brina fa della neve) con la copia d'uno scritto fatta con la penna " (per il testo, cfr. Petrocchi, ad l.). Diversa l'interpretazione del Pézard (Le Soleil sous le Verseau, in " Bull. Société d'Études Dant. du C.U.M " VI [1957] 7), che intende p. come " pennello " e tempra nel senso di " colore a tempera ", osservando a sostegno della proposta che nei manoscritti un intero paesaggio poteva essere dipinto nel piccolo spazio interno di un'iniziale: " pour y effiler le vert des brins d'herbe ou le blanc liseré de la neige sur les branches, il fallait des pinceaux aussi subtils que la plume dont sortait le délié des initiales, fleuries d'arabesques ".