PENNA (fr. plume; sp. pluma; ted. Feder; ingl. feather)
Produzioni tegumentali, di natura cornea, caratteristiche degli Uccelli, così come i peli lo sono dei Mammiferi, le scaglie dei Rettili, ecc. Si distinguono diversi tipi di penne: filoplume, filiformi con poche ramificazioni terminali; piumino (plumulae) e penne (plumae). Le penne e le piume hanno struttura simile, e constano essenzialmente di uno scapo, più o meno rigido, impiantato nella pelle alla base (chiamata calamo) e provvisto nella parte libera (rachide) di ramificazioni laterali (barbe) che a loro volta posseggono ramuscoli (barbule) provvisti di uncini (barbicelle o hamuli) che, agganciandosi con quelli delle barbe contigue, dànno a tutto il vessillo l'aspetto e la consistenza di un tessuto. Le piume hanno barbicelle non uncinate, scapo flessibile, e barbe esili e pieghevoli. Per lo sviluppo e la nomenclatura delle penne, v. uccelli.
La penna da scrivere.
Storia. - Gli Egiziani per scrivere sul papiro usavano gli steli della pianta stessa, che, intinti nell'inchiostro, si sfrangiavano, in modo da somigliare a pennelli. Gli Assiri e i Babilonesi usavano uno stilo di canna, tagliato sbieco, con cui imprimevano i segni sulla creta fresca delle tavolette. Greci e Romani adoperavano lo stilo per scrivere sulle tavolette cerate, e il calamo, stelo di graminacee o di giunchi opportunamente appuntito e con una fessura nel mezzo della punta, per scrivere sulla pergamena e sui papiri. Accanto ai veri calami si usavano anche calami di metallo, e inoltre si conoscevano i tiralinee. L'uso del calamo si conserva presso i musulmani, gl'Indiani e i popoli che hanno subito l'influsso della cultura araba. Il primo autore che parli di penne d'uccello tagliate convenientemente per scrivere è Isidoro di Siviglia (Origines, VI, 13), nella prima metà del sec. VII. Per tutto il Medioevo si usarono le penne d'oca, che ognuno tagliava da sé col temperino, secondo il bisogno.
Le penne dei volatili, e specialmente d'oca, usate per scrivere, erano sottoposte a un trattamento speciale per digrassarle; esse erano messe sotto le ceneri calde o in un bagno di sabbia finissima a circa 60° per un certo tempo, dopo di che si strofinavano con forza con un panno: le penne diventavano, così, bianche e trasparenti.
Le penne d'oca si spuntavano presto e occorreva quindi temperarle spesso; per ovviare a questo inconveniente si ricorse più volte ad altri materiali; ma con mediocri risultati. Soltanto negli ultimi anni del sec. XVIII i tentativi si fecero più frequenti; così si sa che l'orefice S. Harrison di Birmingham fabbricò una penna metallica per il chimico J. Priestley verso il 1780; nel 1803 J. Wise mise in vendita penne ricavate da un tubetto d'acciaio; nel 1805 Breithaupt di Kassel vendeva penne d'argento e d'acciaio, ma si trattava di penne pesanti e poco flessibili. Intanto J. Bramah brevettava nel 1809 una macchina per tagliare una penna d'oca in tre o quattro pezzi, da ciascuno dei quali rieavava una penna da mettere in un portapenne, primo avviamento verso le attuali penne. Nel 1823 J. I. Hawkins e S. Mordaun ideavano penne di corno o di tartaruga, con becco dorato o munito di piccolissimi frammenti di pietre preziose. La grande diffusione dei pennini metallici si ebbe però dopo l'invenzione di J. Perry, che nel 1830 brevettò il suo sistema per rendere le penne così flessibili da competere con le penne d'oca: esso consisteva nel praticare un piccolo buco alla fine della fessura, oppure alcuni tagli trasversali tra la fessura e i margini esterni; egli fu aiutato nei suoi perfezionamenti da J. Mason, che aveva lavorato col Harrison, e dal fatto che già nel 1822 J. Mitchell aveva iniziato la lavorazione a macchina delle penne.
Penne speciali, per la scrittura gotica, furono create nel 1845 da Soennecken e Reuleaux.
L'acciaio occorrente per la fabbricazione delle penne da scrivere è del tipo comune al carbonio. Viene preparato in nastri della larghezza di mm. 50-60 e dello spessore di o,19-0,25 millimetri (misure normali).
Il nastro d'acciaio è laminato a freddo, e può essere ricotto oppure crudo, a seconda del metodo di lavorazione adoperato nelle varie fasi di fabbricazione della penna. In generale è più pratico il nastro ricotto.
Le principali operazioni, quasi tutte compiute a macchina, si susseguono in quest'ordine:
Tranciatura. - La penna viene tranciata con presse ad avanzamento automatico. Il nastro scorre orizzontalmente sotto lo stampo, il quale agisce verticalmente staccando i pezzi profilati.
Imbottitura. - Da altre presse orizzontali a revolver, si ottiene la forma, la quale può anche essere fatta a mano con i bilancieri. Questa operazione deve essere preceduta da una ricottura delle penne tranciate, quando si lavora con nastro di acciaio crudo.
Tempera. - Le penne vengono riscaldate a 800° circa entro speciali crogiuoli al nichelio-cromo e poi temperate in acqua o olio a 200 circa.
Bonifica. - Le penne temperate si riscaldano in bagno d'olio, o di sale, o anche a fuoco diretto in buratti rotanti, alla temperatura di 300-330°. A temperatura costante il tempo non ha influenza sul risultato della ricottura. Questa operazione e la precedente sono eliminate se si usa l'acciaio inossidabile.
Burattamenti. - Le penne si mettono, insieme con segatura di legno, in buratti rotanti di lamiera. Quest'operazione pulisce e dà una prima lucidatura alla superficie del materiale. Successivamente si abburattano una o più volte con marmiglia e olio, fino a che le penne si arrotondano bene agli spigoli e diventano lucide e ben pulite.
Smerigliatura. - Le penne vengono passate alla mola smeriglio nel tratto fra la punta e il foro assiale. Quest'operazione facilita l'aderenza delle due punte e dà una forma più elegante.
Spaccatura. - Con bilancieri a lame, si spaccano le penne secondo l'asse longitudinale, in modo che le punte risultanti siano ugualmente elastiche e apribili simmetricamente all'asse stesso.
Arrotondatura. - Su altre piccole mole si passa leggermente la punta del pennino allo scopo di eliminare eventuali asperità nella punta stessa.
Coloritura. - Le penne possono poi essere trasformate dal color acciaio bianco al colore bronzeo, rosso, viola, facendole rotare a caldo entro buratti speciali.
Verniciatura. - Allo scopo di evitare che le penne siano intaccate dalla ruggine, occorre immergerle in una vernice a base di gomma lacca e poi riscaldarle ed essiccarle.
Cernita e confezione. - Le penne prima di essere confezionate in scatole, devono essere sottoposte a una cernita accurata per eliminare gli scarti inevitabili della lavorazione.
Le penne d'acciaio vengono fabbricate in moltissimi tipi di varie forme, secondo lo scopo cui devono servire. Variano pure le abitudini da paese a paese nell'uso d'una penna piuttosto che d'un'altra (v. figura a pag. 681). Si consumano anche, ma in piccolissima quantità, pennini per usi speciali, quali i tipi per le rigature dei fogli, pennini a serbatoio d'inchiostro, pennini a ricalco per contabilità. I paesi orientali per le grafie cinese e araba usano, parimenti, pennini speciali.
Per i pennini per penne stilografiche, v. qui appresso.
Le penne stilografiche. - Per quanto la penna stilografica abbia avuto una certa diffusione solo negli ultimi decennî, pure le sue origini si fanno risalire ai primi anni del sec. XVII. Nelle Erquickstunden di E. Schwender comparse nel 1636 si fa la descrizione di una penna d'oca contenente inchiostro (v. figura),. paragonabile approssimativamente a una penna stilografica. Successivamente in un Journal d'un voyage à Paris en 1657-58 si parla di penne d'argento contenenti inchiostro speciale, con cui si poteva scrivere una pagina senza intingere. Accenni a simili penne si hanno poi ancora nel 1725 in un libro del matematico N. Bion in cui si parla d'una penna da scrivere eterna; nel 1748 in alcune memorie di Caterina II; nel 1783 in un diario di viaggio del bibliotecario berlinese F. Nicolai; nel 1791 nel Gothaisches Hofkalender.
Finalmente nel 1809 si trova in Inghilterra il primo brevetto di F.B. Fölsch per una penna composta di un serbatoio, di una cannuccia e di una capsula con pennino di acciaio avente lo scopo di facilitare la scrittura e nel 1819 se ne trova un altro pure in Inghilterra di J. Scheffer (v. figura). Da questo momento i miglioramenti apportati alla penna stilografica si fanno sempre più numerosi e frequenti e ad essi partecipano indistintamente Francesi, Inglesi, Tedeschi e Americani. Nel 1824 compaiono in Germania i primi pennini d'oro e a un anno di distanza in Inghilterra s'incominciano a fabbricare i pennini d'oro con la punta di rodio dai quali ebbero origine quelli a punta dura d'iridio, osmio-iridio e simili, che si trovano oggi in commercio.
Nel 1884 L. E. Watermann prendeva il suo primo brevetto per una penna stilografica, iniziandone la fabbricazione in una modesta casetta dei sobborghi di New York e tre anni dopo, a Jannesville nel Wisconsin, veniva fondata la fabbrica Parker. A queste seguirono altre numerose in America e in Germania, fra cui notevole nel 1892 la Concklin a Chicago, alla quale spetta il merito di avere usato per prima i tipi a riempimento automatico.
Dal 1900 la penna stilografica, prima ritenuta un genere di lusso, cominciò a entrare nell'uso generale e successivamente la guerra mondiale contribuì a diffonderla anche nel ceto meno elevato della popolazione.
I tipi di penna stilografica attualmente in commercio sono due: il tipo rientrante e quello a riempimento automatico; il tipo fisso e quello a stilo tendono a scomparire.
Il tipo rientrante o di sicurezza (v. figura a p. 680), è composto delle seguenti parti: un serbatoio, per contenere l'inchiostro; un cappuccio che si avvita alla parte anteriore del serbatoio; una giunzione di fondo, che si avvita alla parte inferiore del serbatoio e sulla quale è innestato tutto il meccanismo della penna; la spirale alberata, che è un tubetto forato internamente e intagliato a spirale, il quale termina con un alberino fissato in fondo alla giunzione, per mezzo di un disco o piedino girevole; all'altra estremità porta innestata per mezzo del perno d'arresto l'asta portapennino col pennino e la conduttura.
Facendo girare il disco si comunica il movimento alla spirale che, a sua volta, lo comunica all'asta facendo uscire e rientrare il pennino dal serbatoio. Una guarnizione di sughero fascia completamente l'alberino della spirale impedendo la fuoruscita dell'inchiostro. Questo tipo di penna si riempie dalla parte superiore per mezzo di un contagocce.
Il tipo a riempimento automatico (v. figura a p. 680) ha preso il sopravvento sul precedente perché più pratico e più comodo. Differisce dal tipo a spirale per essere fornito nell'interno del serbatoio di un sacchetto di gomma attaccato alla giunzione, il quale assorbe l'inchiostro quando viene schiacciato e svuotato dell'aria per mezzo di una leva o di un bottone. Questo tipo di penna ha il pennino fisso e manca quindi della spirale alberata.
In questi ultimi anni lo studio dei tecnici si è decisamente orientato verso la risoluzione di taluni problemi particolari, i quali se non mutano i principî fondamentali della moderna penna stilografica, le conferiscono indubbiamente una maggiore praticità, rispondente alle esigenze dei tempi. Si cerca infatti di ottenere: la massima capacità d'inchiostro e per conseguenza l'abolizione del sacchetto di gomma; l'apertura e chiusura della penna mediante l'impiego di una sola mano.
Il primo problema è ormai risolto: si è ottenuto un tipo di penna in cui l'assorbimento dell'inchiostro, anziché avvenire per contrazione del sacchetto di gomma, viene effettuato dal movimento di uno stantuffo: a parità di diametro la capacità è triplicata.
Riguardo al secondo problema, esso è stato risolto dalla casa Aurora di Torino che ha preso numerosi brevetti per il tipo di penna illustrato in fig. a p. 680.
Fino a qualche anno fa le penne stilografiche, e ancora adesso il tipo rientrante, erano costruite in ebanite nera, sostanza che non si altera a contatto con l'inchiostro. Successivamente, con la diffusione delle penne a riempimento automatico, queste, non dovendo essere più preservate dall'azione dell'inchiostro contenuto nel sacchetto di gomma, poterono essere fabbricate con celluloide colorata e con varî tipi di resine sintetiche dando campo alla creazione delle più variate gamme di colori ad imitazione dei marmi o con le iridescenze della madreperla.
Lavorazione delle penne. - La fabbricazione delle parti in ebanite del tipo rientrante si compie in massima parte con tornî.
La lavorazione viene fatta su bacchette cilindriche e massicce di ebanite, calibrate da 2 a 35 mm. Tale lavorazione si compie per mezzo di macchine automatiche e semiautomatiche: il cappuccio e il serbatoio si ottengono da un tornio automatico a revolver che pratica i fori interni, mentre le due scanalature in cui deve scorrere il perno d'arresto sono intagliate da una fresa speciale. Gli altri pezzi, come giunzioni, condutture, perni, ecc., sono fatti con frese di testa, tornî, punte a elica perforanti, ecc., che lavorano in modo vario secondo il pezzo che si vuole ottenere. Seguono le operazioni di pulitura, zigrinatura, stampigliatura, ecc.
Per la lavorazione, della celluloide nella fabbricazione dei tipi a riempimento automatico si adoperano gli stessi mezzi.
In Germania si è iniziato un nuovo tipo di lavorazione basato sullo stampaggio a iniezione, mediante l'impiego di materie plastiche.
Fabbricazione dei pennini. - I pennini hanno bisogno di una lavorazione molto accurata, per la quale occorrono una ventina di operai, specializzati ciascuno in un'operazione diversa. Tale è infatti il numero delle operazioni occorrenti perché un pennino sia pronto e inoltre ogni ditta fabbrica almeno dieci numeri di pennini di diversa grandezza e in ogni numero vi sono almeno venti gradazioni di punte, diverse per flessibilità, durezza, scorrevolezza, elasticità. L'oro adoperato è in lega col rame a 14 o 18 karati ed è anzitutto ridotto al laminatoio in strisce dello spessore di 1/3 mm. e della larghezza necessaria allo sviluppo del pennino. Dalla striscia si tranciano con un bilanciere i pezzi delle dimensioni volute che vengono ripassati al laminatoio, per ridurli allo spessore richiesto lasciando invariato lo spessore della punta, e ricotti.
Dopo una prima sagomatura, la foratura e la stampigliatura del marchio, ai pennini viene data la curvatura necessaria con un colpo di speciali bilancieri e poi passano alla sgrassatura, mediante immersione in un bagno di acido solforico. Segue l'applicazione dell'iridio che si può praticare con l'arco voltaico avendo per anodo la punta del pennino e per catodo l'iridio appoggiato su un pezzo di carbone di storta. In seguito viene praticato il taglio con una lamina circolare di rame del diametro di 25 mm. girante alla velocità di 3500-4000 giri al minuto. Le operazioni di rifinitura consistono nella rettifica delle punte, importantissima, nella levigatura e pulitura delle stesse e nella brillantatura finale del pennino con alcool e rosso inglese.
Produzione e commercio. - La diffusione della penna stilografica è assai diversa da un paese a un altro, ciò essendo dovuto, oltre che al tenore di vita, alla presenza o meno d'importanti fabbriche dell'articolo: così, mentre negli Stati Uniti il 60% degli abitanti adopera penne stilografiche, in Germania il 50%, in Gran Bretagna il 45%; in altri paesi dell'Europa centrale e settentrionale il 20-25%, in Italia tale percentuale è del 15% circa.
In Italia l'industria delle penne stilografiche è sorta durante la guerra mondiale; nel 1917 e nel 1918 sono state fondate a Torino due fabbriche, mentre altre due sono state aperte in seguito a Bassano Veneto e a Firenze. La produzione totale si aggira sui 1,5 milioni di pezzi all'anno.
Nonostante lo sviluppo di questa produzione, l'importazione di penne stilografiche in Italia è ancora notevole; da qualche anno si è avviata una certa esportazione principalmente verso la Francia, la Spagna, il Belgio, l'Egitto, l'America Meridionale.