PENNELLO
. Nella sua forma più comune è un mazzo di peli fissato all'estremità di un manico di legno o costretto nel cannello di una penna d'uccello. È l'arnese del pittore, del disegnatore, del ceramista, del decoratore, del doratore, del verniciatore, dell'imbianchino, ciascuno dei quali lo adopera nella qualità e nella foggia più adatta al proprio lavoro. È lo strumento maggiore della pittura, chiamato a trasfondere nella materia lo spirito dell'artista; e come tale deve essere ubbidientissimo alla mano, pronto ad assecondarne l'impulso. I peli più usati sono, per ordine di finezza, quelli dello zibellino, della martora, della puzzola, dello scoiattolo, del ghiro, dell'orecchio del bue e le setole del maiale.
Gli antichi chiamarono il pennello penicillum o penicillus, derivando il nome dalla designazione antiquata della coda, penis. Questo evidentemente per i pennelli fatti di setole, o comunque di peli di animali: poi la designazione si estese anche a utensili che avevano gli stessi usi, ma erano costituiti di batuffoli di spugna, e infine il nome di penicillo si estese a indicare anche la spugna stessa, e precisamente quella, fra le tre qualità che Plinio specifica, più molle e più fitta. I pennelli di spugna non si può escludere che fossero usati anche in pittura, a colorire superficie estese: certo furono usati per impacchi e per spennellature in medicina, e specialmente in oculistica, come appare dai sigilli di oculisti romani.
Nella pittura il penicillo fu usato sia per la decorazione di vasi, sia per quella di pareti e di quadri a tempera; spesso troviamo il suo nome a indicare la pittura stessa, in contrapposto all'encausto, in cui la cera colorata si applicava sul fondo con una paletta. Non mancano rappresentazioni figurate di pittori in atto di eseguire le loro opere col pennello in mano, quasi simbolo della loro attività. Ad Apollodoro maestro di Zeusi, si attribuiva il merito di aver dato gloria al pennello, usandolo nelle rappresentazioni in prospettiva.
Gli Egizî usarono gli steli di un giunco, la cui estremità macerata nell'acqua, liberava le fibre formandone un fiocco.
Un finissimo pennello naturale è dato da una pennuzza, detta penna del pittore, che alcuni uccelli e specialmente la beccaccia hanno alla base delle remiganti.
Dal Libro dell'Arte di Cennino Cennini (cap. LXVI e LXV) si rileva il modo col quale i pittori dell'epoca preparavano i loro pennelli, sia di vaio sia di seta. Per i primi si prendevano code di vaio cotte, se ne tiravano fuori i peli più lunghi, che ne formano la punta, e con sei od otto di tali punte si faceva un pennello morbidissimo, "da metter oro in tavola". Con gli altri peli del mezzo, scelti fra i più diritti e sodi, bagnati in acqua chiara, legati con filo o seta incerata, e messi su per un cannello di penna d'avvoltoio, d'oca, di gallina o di colombo, sostenuto da una asticciuola di legno a fuso, si facevano pennelli per più ragioni, modellandoli con le forbicine e arrotondandone la punta sul porfido. Con le setole del porco bianco si faceva prima un pennello grosso da imbiancare e bagnare muri, finché le setole si dirozzassero e divenissero morbide al punto da poter servire al pittore. Purtroppo l'industria moderna non ci offre più simili setole che non ha il tempo di preparare.
Nei pennelli d'oggi, salvo in quelli da acquarello che sono rimasti come gli antichi, il pelo è fissato al manico per mezzo di una viera metallica cilindrica o appiattita. Per la pittura a olio i pennelli piatti sono oggi i più usati a causa della preferenza per la pennellata separata e grassa. La qualità, la forma, le dimensioni del pennello variano considerevolmente a seconda del lavoro che esso è chiamato a compiere e dei materiali che deve stendere. Particolarmente importante per il pittore, oltre alla lunghezza e alla qualità del pelo, è la forma dell'estremità: a punta sfilata, a punta tonda, a fiocco, a spatola, piatta, sfrangiata. Da essa dipendono le caratteristiche della stria colorata e naturalmente ogni artista ha le sue preferenze: "il pennello è in pittura come la dizione nell'eloquenza, e ciascuno ha il suo dire" ha scritto il Milizia. Così ogni scuola ha creato i suoi pennelli; e ad alcuni di essi rimane tuttora il nome dell'artista che li ideò (Palizzi, Cremona, Carcano). Il pennello si può impugnare come la penna, oppure per l'estremità del manico, ciò che permette di volgerlo facilmente in ogni senso. I Giapponesi, come gli antichi Greci, lo impugnano a guisa di pugnale.
Alcuni pennelli grossi e piatti si chiamano pennellesse.
È in grande voga oggidì, specialmente fra i decoratori, il cosiddetto pennello ad aria o areografo che in realtà è un vaporizzatore ad aria compressa presa da una bombola di acciaio od ottenuta mercé un piccolo motocompressore elettrico. Esso ha largamente e assai vantaggiosamente sostituito i comuni pennelli, non solo nei grandi lavori di tinteggiatura e verniciatura, ma anche nella pittura decorativa che s'è per suo mezzo arricchita di preziose possibilità di esecuzione. Si fabbricano anche pennelli di vetro filato che servono per lavorare con acidi e sostanze corrosive.
I pennelli nuovi devono, prima di essere adoperati, essere lasciati a bagno nell'acqua per varie ore, sia per liberarli dalla colla con cui si usa tenere a freno il pelo, sia soprattutto per far gonfiare il pelo stesso in modo che forzando nella montatura non abbia a staccarsene dietro l'invischiamento del colore. La lavatura dei pennelli è operazione delicata e indispensabile specialmente dopo il lavoro con materie grasse. In questo caso essa si può fare con benzina o petrolio. A tale scopo vi sono scatole di latta a doppio fondo, il primo dei quali bucherellato funziona da filtro permettendo al colore disciolto di passare e depositarsi al disotto, lasciando sempre limpido il liquido alla superficie. Tuttavia la lavatura migliore rimane sempre quella fatta con acqua calda e sapone bianco di Marsiglia, stropicciando il pennello fra le dita con cura, e risciacquandolo poi ripetutamente con acqua corrente. I pennelli vanno protetti dalle tarme con essenze odorose: la canfora e la naftalina sono da sconsigliare perché ne danneggiano il pelo. Il Cennini insegnava di intriderli in argilla.
Bibl.: H. Blümner, Technologie und Terminologie der Gewerbe und Künste der Griechen und Römern, IV, ii, Lipsia 1887, p. 429; A. Héron de Villefosse e H. Thédenat, Cachets d'oculistes Romains, I, Parigi 1882, passim; E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, II, Monaco 1923, p. 620; sul pennelleggiare, v.: A. P. Laurie, The Brush-wort of Rembrandt and his School, Oxford 1932.
Fabbricazione dei pennelli.
Materie prime. - Il materiale usato per la fabbricazione dei pennelli è il pelo degli animali, generalmente quello del dorso e della coda.
Le setole dei maiali rappresentano una materia prima di grande importanza in questa industria: vengono adoperate particolarmente per la fabbricazione di pennelli da muro, da pasta, da colla, da vernice, ecc. Le migliori setole di maiale, della lunghezza da 4 a 10 centimetri, provengono dalla Francia e dall'Europa centrale, Polonia, Romania, Bulgaria, oltre alla Russia che fornisce buone setole di colore grigio, lunghe, forti ed elastiche, in specie dalla Siberia e dagli Urali; ma le maggiori quantità, a cagione del prezzo, sono fornite ai mercati europei e americani dalla Cina; queste setole, meno pregiate delle precedenti, sono nere e si distinguono, secondo la provenienza, in setole di Tien-tsin, ossia delle regioni del nord della Cina, più lunghe e più fini, adatte per la fabbricazione di pennelli da pittura, e setole di Han-kow, ossia delle regioni del sud, più corte e più dure, adatte per pennelli da vernice.
Oltre alle setole, sono usati peli di molti altri animali: i pennelli più fini si fanno col pelo della coda del kolinsky, della faina, della puzzola, del vaio, dello scoiattolo, dello zibellino, della martora; i più grossolani col pelo del tasso; si adoperano anche i peli di vacca, capra, cavallo, ecc.
Il pelo del kolinsky (zibellino rosso) è il più pregiato: di color rossogiallo è lungo meno di 4 cm. ed è notevole per la sua elasticità e finezza; proviene dalla Russia e dalla Siberia ed è adoperato per pennelli per pittura ad acquerello e a olio. Anche il pelo dello scoiattolo è assai pregiato e di esso si fa un largo uso; è di colore variabile, dal rosso al blu, grigio e nero, e ha una lunghezza massima di 8 cm.; è molto soffice e proviene anch'esso in gran parte dalle regioni fredde della Russia e dalla Siberia (specialmente dalla provincia di Kazan′). Il pelo di tasso è preso dal corpo dell'animale, anziché dalla coda, e come il pelo della puzzola è usato per pennelli per rifinitura e per vernici.
Manifattura dei pennelli. - I peli arrivano al fabbricante dai paesi di produzione allo stato grezzo. Per togliere loro la curva naturale che hanno, si ammucchiano in mazzetti legati alle estremità, e si lasciano poi bollire per tre ore, anche allo scopo di sterilizzarli. In seguito essi vengono scelti secondo la grossezza, facendoli passare attraverso vagli di rame, e poi secondo la lunghezza, da cui dipende il loro valore. La legatura delle setole al manico (generalmente di legno; in qualche tipo, di penna d'oca) può essere di diversi tipi, secondo l'uso del pennello: le legature di cuoio, di metallo, di spago, di filo di ferro sono le più comuni; in quanto al legante può essere la gomma mastice, il cemento sintetico, la pece, la colla. Anche il legante dipende dall'uso del pennello: se viene adoperato nell'acqua il cemento sintetico serve meglio della gomma mastice e della colla; quest'ultima è molto usata per il suo basso prezzo.
Per la manifattura dei pennelli si pesa dapprima la quantità precisa di setole o peli occorrente per un pennello, poi, tenendo il fascio di setole in mano, in modo che le radici siano tutte da una parte, si passa diverse volte su un pettine. In seguito si mettono, dalla parte della punta (quella che deve lavorare), in un recipiente a forma di V che si sbatte vigorosamente sul banco in modo che le estremità al fondo si eguaglino. Dalla parte opposta (della radice, che è la parte che viene legata) si eguagliano con le forbici, si legano con due o tre giri di spago forte e si spingono nella ghiera di metallo, in cui vi è il legante (colla, pece o cemento); poi si mettono a essiccare. Se il legante è la gomma mastice, l'operazione è assai delicata perché occorre calcolare bene il tempo d'immersione e il peso specifico del bagno, affinché la gomma non salga lungo il fascio di setole, per capillarità, oltre un dato limite. Tolti dal bagno di gomma e benzolo, sono posti in stufe per la vulcanizzazione, operazione che si presenta anch'essa piuttosto delicata per non rovinare le setole.
Alcune di tali operazioni, che possono anche variare secondo l'uso dei pennelli, sono oggi compiute nelle principali fabbriche, a macchina.
I varî tipi di pennelli si distinguono specialmente per l'uso cui sono adibiti: i pennelli per la pittura a olio o ad acquerello e per miniatura devono avere la punta sottile, una certa rigidezza e nel tempo stesso una certa elasticità; quelli per pittura ad acquerello debbono essere più lunghi e più pieni di quelli per pittura a olio; quelli per decorare la porcellana devono avere punta ottusa; quelli per imbianchini, incollatori, verniciatori, ecc., hanno i peli disposti su un disco più o meno grande, o sono piatti (pennellesse); i pennelli usati come tiralinee, hanno i peli legati e incollati a punta; cosi quelli per ornato.
Produzione e commercio. - L'industria del pennello è nata in Italia verso il 1750 e si è andata sviluppando mantenendosi però, fino al 1900, sotto forma di artigianato. Dal 1900 al 1910 essa ebbe il suo maggiore sviluppo, tanto che ora essa conta 65 fabbriche di cui 15 importanti, oltre a numerosi artigiani; esse sono situate principalmente nella Lombardia, nel Piemonte e nell'Emilia. Alcune di queste fabbriche hanno filiali e depositi nei principali mercati del mondo (Francia, Spagna, Gran Bretagna, Egitto e Americhe). Attualmente in Italia si producono per venti milioni di lire all'anno di pennelli, di cui una parte viene esportata (specialmente pennelli per verniciatori e per decoratori).