pensamento
Provenzalismo, già largamente documentato nella lirica d'amore e nella poesia dottrinale del Duecento; ricorre nel lessico dantesco come sinonimo di " pensiero " (v.), quasi sempre in rapporto all'esperienza d'amore sottesa allo schema psicologico-narrativo della Vita Nuova.
Ovviamente, per il " bisogno medievale di concretizzare quanto più possibile l'astratto " (Bosco, in D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 18), D. dà corpo al mondo interiore degli affetti, cioè ai propri p., oggettivandoli in una rappresentazione che, se non è realistica, per lo meno li esteriorizza con un gusto figurato di origine cavalcantiana: Vn XIII 1 mi cominciarono molti e diversi pensamenti a combattere e a tentare, ciascuno quasi indefensibilmente; tra li quali pensamenti quattro mi parea che ingombrassero più lo riposo de la vita. E così XV 1 e 3, XXXV 1, XXXIX 2, Rime LXI 7, XCVI 4, Cv II VIII 1.
A una diversa accezione semantica si richiama l'unico esempio della Commedia. Dopo che mi fui allontanato dagli accidiosi, narra D., novo pensiero dentro a me si mise, / del qual più altri nacquero ... / e tanto d'uno in altro vaneggiai, / che... / 'l pensamento in sogno trasmutai (Pg XVIII 145). Il contesto suggerisce di dare a p. il valore di " condizione, stato di chi pensa ", mentre con pensiero è indidicato ciascuno degli atti in cui si concreta l'attività della mente che pensa.
Nel Fiore compare due volte la locuzione ‛ avere p. '; essa vale " proporsi " in XXXVI 14 Megli'amo di Fortuna esser guerrero / ched i' a ciò avesse pensamento; " ricordarsi " in CLI 3 gran dolor... / i' sento / tratutte l'ore ch'i' ho pensamento / de be' basciar.