pensare [indic. pres. II singol. pense; cong. imperf. I singol. pensasse]
Il verbo è d'impiego piuttosto largo, con un campo di estensione semantica sostanzialmente analogo a quello dell'uso moderno.
Mentre altri vocaboli appartenenti alla medesima famiglia lessicale (‛ pensamento ', ‛ pensoso ', ‛ pensiero ' e ‛ ripensare ': v. le rispettive voci) contribuiscono in maniera significante a esprimere alcuni aspetti caratteristici della poetica e della problematica dantesche, il verbo, pur nella varietà dei costrutti sintattici cui dà vita talora in modo difforme dall'italiano moderno e pur nell'ampiezza delle sue attestazioni, solo in qualche accezione, e per giunta scarsamente documentata, assume significati esorbitanti dai valori che gli sono tuttora propri, né, a differenza di ‛ pensiero ', consente di documentare in che modo si siano venute evolvendo la sensibilità lessicale e l'attività speculativa di Dante.
1. Usato assolutamente indica in modo generico l'attività del pensiero, anche in quanto si attua nella parola: Cv II VII 4 lo pensiero è propio atto de la ragione, perché le bestie non pensano, che non l'hanno; III IV 11 più ampi sono li termini de lo 'ngegno [a pensare] che a parlare (per l'inadeguatezza della parola a rendere compiutamente gli oggetti del pensiero, cfr. Ep XIII 84, Cv III IV 3, ecc.); Pd XIV 11 A costui fa mestieri, e nol vi dice / né con la voce né pensando ancora, / d'un altro vero andare a la radice; e così XV 63.
Più frequentemente, fuori del linguaggio filosofico o teologico, vale " riflettere ", " meditare ": Vn III 8 mantenente cominciai a pensare, e trovai che l'ora ne la quale m'era questa visione apparita, era la quarta de la notte stata; Cv II VIII 13 vedemo continua esperienza de la nostra immortalitate ne le divinazioni de' nostri sogni... se bene si pensa sottilmente (per l'espressione cfr. Pd XXXII 51 li pensier sottili); Pg IX 25 Fra me pensava: ‛ Forse questa fiede / pur qui per uso... '; Pd XXXIII 135 'l geomètra che tutto s'affige / per misurar lo cerchio... non ritrova, / pensando, quel principio ond'elli indige. Altri esempi in Vn XIX 3 (seconda occorrenza), XXII 7, XXIX 3, Rime dubbie XX 1, If XII 31 (prima occorrenza), XXIII 13, Pg XX 148.
Vale " concepire con il pensiero ", " ideare ", in Pg XXIX 42 Or convien che... / Uranìe m'aiuti col suo coro / forti cose a pensar mettere in versi; si noti come l'infinito sia inserito in un sintagma che, nonostante la forma, ha valore passivo.
È riferito all'attività del pensiero o, meglio, ai singoli atti nei quali quest'attività si concreta, anche quando è usato all'infinito con funzione di sostantivo e quindi come sinonimo di ‛ pensiero ': Pg XXVIII 39 / com'elli appare / subitamente cosa che disvia / per maraviglia tutto altro pensare, e XIX 57; Rime XCIII 2. Analogamente i sintagmi quel ch'io penso (Pd IX 21) e quel ch'ei pensa (XXIV 9) sono perifrasi per " il mio (e ‛ il suo ') pensiero ".
Spesso indica che i contenuti mentali sono oggetto di attività diverse da quelle della sola riflessione.
Tema della seconda stanza di Cv II Voi che 'ntendendo è, com'è noto, il ricordo di Beatrice che sostiene il cuore dolente di D. con la soavità della visione della beatitudine di lei nella gloria di Dio. Nell'esposizione della lettera dei vv. 14 ss. della canzone (Suol esser vita de lo cor dolente / un soave penser, che se ne gia / molte fiate a' pie' del nostro Sire, / ove una donna gloriar vedia), D. così si esprime: ciò è a dire, che io pensando contemplava lo 'regno de' beati (VII 5): com'è evidente, qui pensando non indica riflessione intellettuale ma concentrazione mistica, immaginazione, rappresentazione mediante la fantasia; e così al § 6 (due volte).
Com'è confermato dall'eco dell' ‛ auctoritas ' di Virgilio (Aen. II 12 " animus meminisse horret "), l'idea del ricordo prevale in If XXXIII 6 disperato dolor... 'l cor mi preme / già pur pensando, pria ch'io ne favelli. Ancor più complesso e pregnante è il significato del verbo in II 41 tal mi fec'io 'n quella oscura costa, / perché, pensando, consumai la 'mpresa / che fu nel cominciar cotanto tosta, ben chiarito dal commento del Sapegno: " Come se dicesse: immaginai tutto il corso dell'impresa, previdi tutti gli ostacoli che in essa avrei incontrati ", mi resi " conto della follia... dell'azione intrapresa ".
Una particolarità sintattica è offerta dall'uso del gerundio preceduto dal verbo ‛ dire '; il sintagma, di significato identico a quello di " dire nel pensiero " (v. PENSIERO), non indica una riflessione vera e propria, ma piuttosto un rimuginare nella memoria un fatto consimile a quello descritto o anche un parlar fra sé, un formulare silenziosamente il pensiero: Pg XXIII 28 Io dicea fra me stesso pensando: ‛ Ecco / la gente che perdé lerusalemme... '; Pd XXI 44 E quel... / si fe' sì chiaro, ch'io dicea pensando: / ‛ Io veggio ben l'amor che tu m'accenne '.
Com'è stato fatto osservare nelle rispettive voci, ‛ pensiero ' e ‛ pensoso ' assumono spesso nella lingua del tempo il senso rispettivamente di " angoscia " e di " dolente ". Analogamente p. può significare " essere pensieroso ", " essere preoccupato " o, addirittura, " provare angoscia ", secondo un'accezione largamente documentata nella lirica d'amore (cfr. Guinizzelli Ch'eo cor avesse 7 " m'angoscia 'l profondo pensare ", cioè " l'interno, doloroso travaglio "; altri esempi nelle note del Barbi a Vn VIII 8 5, X 1): Rime LX 2 Deh ragioniamo insieme un poco, Amore, / e tra'mi d'ira che mi fa pensare; Vn XXXIV 2, XXXVII 8 9. Con la particella pronominale pleonastica: Vn X 1 troppa gente ne ragionava oltre li termini de la cortesia; onde molte fiate mi pensava duramente. Usato al gerundio in funzione di participio presente con il significato di " pensieroso ": Fiore CXLI 3 e quella là trovò molto pensando, / come se fosse d'una voglia ria, " come se fosse di malumore "; e così Vn XII 3.
2. Abbastanza frequente è l'uso intransitivo con un complemento di persona introdotto dalle preposisizioni ‛ a ' o ‛ di ', e in questo caso il contenuto mentale è definito in rapporto a un comportamento affettivo o sentimentale del soggetto nei confronti della persona verso la quale si rivolge il suo pensiero.
Nel D. canonico gli esempi di complementi di persona retti dalla preposizione ‛ a ' sono piuttosto rari, giacché la reggenza più consueta è quella espressa mediante ‛ di '. Che le due costruzioni non abbiano identico valore risulta dall'esempio di Vn XL 2, dove ricorrono entrambe: Li quali peregrini andavano... molto pensosi; ond'io, pensando a loro, dissi fra me medesimo: " Questi peregrini... forse pensano de li loro amici lontani ". Pare indubbio che la seconda costruzione indichi un particolare interesse affettivo, più ricco e intenso, nutrito di malinconia, di ricordi, d'amore. Come che sia, il sintagma con ‛ di ' è l'unico usato allorquando la persona verso cui si volge il pensiero è la donna amata: Vn XXXIX 3 cominciai a pensare di lei... con tutto lo vergognoso cuore; Rime CIII 27 mi triema il cor qualora io penso / di lei in parte ov'altri li occhi induca. Altri esempi in Vn III 2 e 3, IV 1 (sostantivato), XXIII 3 (prima occorrenza), XXXVIII 1 (3 volte, di cui una con costrutto assoluto), XXXIX 2, XLI 7 (vi ricorre l'infinito sostantivato). E vada qui anche Cv III VI 4 le Intelligenze del cielo la mirano, e... la gente di qua giù gentile pensano di costei, quando più hanno di quello che lor diletta; oggetto del pensiero della gente è la Donna gentile, simbolo della Filosofia; nonostante il contenuto concettuale del passo, l'esempio è calzante data la tendenza di D. ad assumere il linguaggio della lirica d'amore per esprimere la sua adesione alla speculazione filosofica (v. PENSIERO).
Gli esempi di sintagmi con ‛ a ', oltre a quello già citato (Vn XL 2), sono solo due, ed entrambi poco significativi. In Rime XCI 60 s'io procaccio di valere, / non penso tanto a mia proprietate [" al mio utile privato "] / quanto a colei che m'ha in sua podestate, la mancanza della reggenza con ‛ di ' nel v. 61 è evidentemente suggerita dal precedente sintagma con ‛ a ', normale quando il complemento è espresso da un nome di cosa. In Pg XI 63 non pensando a la comune madre, / ogn'uomo ebbi in despetto, l'anormalità della costruzione è forse dovuta al significato del verbo, che non indica un'inclinazione affettiva ma vale " tener conto ", " ricordare "; quale che sia infatti l'interpretazione che si dà a comune madre (la Terra, Eva, ecc.), è evidente che tutto il verso vuol dire: " non riflettendo, non considerando che tutti gli uomini hanno un'origine comune ".
Le occorrenze del Fiore danno tutte motivo a incertezze interpretative. In IX 7 Ragione rimprovera Amante di aver troppo pensato / a que' che ti farà gittar in vano, / ciò è Amor; la stessa espressione è ripetuta in X 4. Il contesto suggerisce di spiegare " tu ti sei troppo preoccupato di Amore ", " ti sei data eccessiva cura di lui ", ed è quindi da ritenere che la costruzione indichi interesse, con un valore frequentemente assunto dalla preposizione ‛ a ' dopo verbi indicanti un atteggiamento assunto nei riguardi di qualcuno. Valore d'interesse o di comodo il sintagma sembra anche avere in CXXXV 11. Qui Falsembiante tenta di convincere Malabocca a recedere dalla sua ostilità nei confronti di Amante; se questi, osserva Falsembiante, tenesse al fiore tanto quanto voi credete, già da tempo vi avrebbe ucciso, avendogli voi fatto tal oltraggio. / Ma non vi pensa e non si n'è accorto, / e tuttor... vi mostra buon coraggio. L'esegesi più immediata è quella " non fa progetti sul vostro conto, anzi non si è neppure accorto della vostra offesa "; ma poiché vi può avere valore neutrale, l'espressione potrebbe anche significare: " di questa vostra offesa Amante non si ricorda affatto ", " non le dà alcun peso ". Nessuna incertezza suscita per l'esegesi semantica l'esempio di IX 1 Dogliendomi in pensando del villano [lo Schifo] / che sì vilmente dal fior m'ha lungiato...; non risulta invece chiaro se del villano dipenda da dogliendomi o da in pensando; quanto a questa forma di gerundio retta dalla preposizione ‛ in ', si tratta di un gallicismo ben attestato fino almeno a tutto il Trecento.
Le due costruzioni con ‛ a ' o con ‛ di ' ricorrono anche quando il sintagma terminale è dato da un sostantivo indicante cosa. Nel D. canonico gli esempi più numerosi di reggenza con ‛ a ' si hanno quando p. assume il valore di " concentrare la riflessione " su qualche cosa: Vn XII 5 pensando a le sue parole, mi parea che m'avesse parlato molto oscuramente; Rime LXVIII 29 Pensando a quel che d'Amore ho provato, / l'anima mia non chiede altro diletto; If XII 31 Tu pensi / forse a [nella '21 in] questa ruina; Pg II 11 come gente che pensa a suo cammino. Altri esempi in Vn III 9, XVIII 8 e 9, XXIII 3 (seconda occorrenza), XXVI 4, XXXI 13 46, XXXII 3. Il verbo conserva lo stesso valore anche quando segue un complemento retto dalle preposizioni ‛ in ' o ‛ sopra ': If X 113 fate i saper che... pensava / già ne l'error che m'avete soluto; Rime dubbie XXVIII 9; con ‛ sopra ': Vn XXXII 1 cominciai a pensare... sopra quello che detto avea de la mia donna.
La reggenza con ‛ a ' si ha anche quando dal contesto risulta che la riflessione implica l'idea di un'azione da compiere, di un progetto da attuare o di un comportamento da assumere: If XI 15 " Alcun compenso ", / dissi lui [a Virgilio], " trova che 'l tempo non passi / perduto ". Ed elli: " Vedi ch'a ciò penso "; Pd XXII 137 quel consiglio per migliore approbo / che l'ha per meno [cioè che non attribuisce alcun valore ai beni mondani]; e chi ad altro pensa / chiamar si puote veramente probo; Fiore CII 14 Costretta-Astinenza... / Altr'or si fa novizza, altr'or professa; / ma che che faccia, non pensa ch'a male. E così LXXXI 8, CXXXIII 12.
La costruzione con ‛ di ' è prevalentemente attestata nel Fiore. In due esempi il sintagma vale " prendersi cura di una cosa ", " occuparsene con sollecitudine ": LXXVIII 11 dell'armadure ciaschedun pensò; CXXXVIII 14. Ha sfumatura semantica di poco diversa in LXV 1 Sovr'ogne cosa pensa di lusinghe, " preoccupati soprattutto di lusingare " la vanità della donna. Il senso di XXXVI 9 Onde di ciò pensar non è mestiero, è chiaro (" non è necessario preoccuparsi di ciò "); è invece dubbio se il verbo sia transitivo o intransitivo, giacché di potrebbe reggere tanto ciò quanto pensar. Unico esempio di queste accezioni nel D. canonico è Pg VII 45 è buon pensar di bel soggiorno, è bene " preoccuparsi di trovare " un luogo dove trascorre bene la notte.
3. Come transitivo p. è molto più frequente che non nell'italiano moderno. Se il complemento oggetto è un sostantivo astratto o comunque non indicante persona, p. ha per lo più il significato di " porre mente " a una cosa, " prestarvi particolare attenzione ": Vn XXXV 6 5 Allor m'accorsi che voi pensavate / la qualità de la mia vita oscura; Cv IV III 7 Altri fu di più lieve savere: che, pensando e rivolgendo questa diffinizione in ogni parte, levò via l'ultima particula; If XVII 99 Gerïon, moviti omai: / le rote larghe, e lo scender sia poco; / pensa la nova soma che tu hai. E così Vn XIX 1 (prima occorrenza), XXIII 21 29 (ripreso ai § § 29 e 31), XLI 1, Rime XL 12, XCI 49.
Non è del tutto perspicua la sintassi di If II 17 se l'avversario d'ogne male / cortese i fu, pensando l'alto effetto / ch'uscir dovea di lui... / non pare indegno ad omo d'intelletto. Secondo alcuni, soggetto di pensando è l'avversario d'ogne male, Dio, il quale sarebbe stato benevolo nei confronti di Enea in considerazione (pensando) degli eventi che sarebbero derivati da lui; ma c'è chi collega il gerundio con omo d'intelletto, soggetto logico della principale: a un uomo assennato, che consideri l'alto effetto... non può sembrare indegno... (cfr. Pagliaro, Ulisse 79 ss.).
Altre volte si avvicina al significato di " considerare " e implica l'idea dell'apprezzamento e della valutazione: Vn XIX 5 5 Io dico che pensando il suo valore [quando, riflettendo sulla virtù di madonna, " valuto quanto ella vale "], / Amor sì dolce mi si fa sentire (parafrasi al § 16); Fiore CLI 2 cuore umano / non penserebbe [" non sarebbe in grado di valutare "] il gran dolor ch'i' sento. Vada qui anche Pd XXIII 64 chi pensasse il ponderoso tema / e l'omero mortal che se ne carca, / nol biasmerebbe se sott'esso trema; in questo esempio p. è assunto in due accezioni diverse, come chiarisce il Mattalia: " chi riuscisse a misurare... il peso del tema che io dovrei affrontare, e (riflettesse) che... la spalla che se ne carica è di uomo mortale... "; e poi: " pensasse: non tanto ‛ pensare ' quanto: stabilire la misura esatta ".
In due esempi vale " ideare ", " progettare ", " concepire con la mente " cosa che poi andrà eseguita: Cv IV V 13 Muzio... fallato avea lo colpo che per liberare Roma pensato avea; If XXII 108 Odi malizia / ch'elli ha pensata per gittarsi giuso! (in entrambi i casi l'oggetto logico retto dal verbo è il sostantivo [colpo e malizia] anche se quello grammaticale è il pronome relativo).
In un esempio, l'unico in cui compaia al passivo (ma in Cv II VIII 13 [già citato], III I 12, Pd XXIX 91 [Non vi si pensa quanto...: v. oltre] è usato con il ‛ si ' impersonale), il verbo allude all'ideazione dell'opera d'arte: Rime CII 66 io ardisco a far... / la novità ... / che non fu mai pensata in alcun tempo, ho avuto l'ardire di realizzare la forma della sestina rinterzata, mai prima " ideata " da altri (e cfr. VE II XIII 12).
Unico esempio di complemento oggetto formato da nome di persona è Cv III Amor che ne la mente 72 Questa è colei ch'umilia ogni perverso: / costei pensò chi mosse l'universo (ripreso in VIII 22 e XV 15). Come osservano Barbi-Pernicone (ad l.), la loda alla Donna gentile corrisponde, nel senso allegorico, alle lodi della sapienza che è subietto materiale (XIV 1) della Filosofia. Il valore concettuale dell'espressione risulta pertanto chiaro dal commento secondo il senso allegorico datone a XV 15 (nel divino pensiero essa [la Sapienza] era quando lo mondo fece), a sua volta suggerito da Sap. 9,9 " tecum sapientia tua, quae novit opera tua, / quae et adfuit tunc, cum orbem terrarum faceres ". Si potrebbe perciò tradurre: " Dio, pensando, pose costei a oggetto del proprio pensiero ".
In un numero rilevante di esempi il complemento oggetto è formato da un pronome dimostrativo, relativo o interrogativo neutro. In questi casi le accezioni di p. non si differenziano da quelle già illustrate.
Ha senso generico nei seguenti esempi: Vn XXXVIII 2 che pensero è questo, che in così vile modo vuole consolare me e non mi lascia quasi altro pensare? (ma l'espressione è sintatticamente ambigua: pensare potrebbe essere anche infinito sostantivato con il valore di " pensiero "; in questo caso altro fungerebbe da attributo e non da complemento oggetto); If XXXIII 41 Ben se' crudel, se tu già non ti duoli / pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava; Fiore CXXXVI 2 Ser Malabocca si fu ripentuto / di ciò ch'egli avea detto o pur pensato; e così Cv III VIII 2 (dove compare nella traduzione di Ecli. 3,22); Fiore LXXX 11.
In due casi, inserito in proposizioni interrogative dirette, sottolinea la prolungata intensità della riflessione di D. e l'invito rivoltogli da Virgilio o da Beatrice a liberarsi dal suo stato d'animo accorato e assorto: If V 111 Quand'io intesi quell'anime offense, / china' il viso, e tanto il tenni basso, / fin che 'l poeta mi disse: " Che pense? "; Pg XXXI 10 Poco sofferse; poi disse: " Che penne? Rispondi a me; ché le memorie triste / in te non sono ancor da l'acqua [del Lete] offense ". È appena opportuno osservare come, se i due esempi sono formalmente identici, in realtà il verbo esprime atteggiamenti affettivi diversi: ricco di commossa comprensione il richiamo di Virgilio, ispirato da un senso severo di giustizia il rimprovero di Beatrice. Può essere qui registrato anche Pg XXIV 133 " Che andate pensando sì voi sol tre? ", / sùbita voce disse.
Può anche significare " opinare ", " ritenere ": Cv IV XV 6 Asini ben si possono dire coloro che così pensano, " che hanno questa opinione "; Pd II 58 Ma dimmi quel che tu da te ne pensi. Con il valore di " progettare ", " proporsi ": XVII 50 Questo si vuole e questo già si cerca, / e tosto verrà fatto a chi ciò pensa là dove Cristo tutto dì si merca; IX 43, Fiore LXXIV 4, LXXX 13, Detto 255.
4. Conserva le medesime accezioni quando ha reggimento verbale.
Con l'infinito preceduto dalla preposizione ‛ di ' compare quasi esclusivamente nella Vita Nuova e nel Fiore (un esempio nel Convivio e uno nelle Rime dubbie) con il valore di " proporsi ", " progettare ", " prendere in considerazione l'opportunità di fare alcunché ": Vn V 3 mantenente pensai di fare di questa gentile donna schermo de la veritade; Cv II Voi che 'ntendendo 48 Mira quant'ell'è pietosa e umile / ... e pensa di chiamarla donna, omai!; Fiore XXIX 2 Quando Gelosia vide il castel fatto, / sì si pensò d'avervi guernimento. Altri esempi in Vn XIII 6, XIX 3 (prima occorrenza), XXIV 2, e 7 5 (ripreso al § 10), XXXI 1, Rime dubbie VI 9; Fiore II 14, IV 9, LXVIII 8 e 12, CXXVI 1, CLXXIV 1, CCIV 12, CCXXIV 3, CCXXVIII 11, Detto 347.
Nel Fiore è attestata anche la reggenza dell'infinito mediante la preposizione ‛ a '; in questo caso p. vale " provvedere ", " agire in modo da ": LVII 13 E 'mmantenente pensa a gir pelando / colui che prima tanto l'ha lodata; CXCVII 11 ched e' si contegna come saggio, / che non pensasse a far nessun ardire; LXIV 3 e 8, CXXVII 8, CLIV 12, CLXIII 3, CLXX 12. Indica preoccupazione sollecita e accorta nell'unico esempio in cui il sintagma terminale è retto da ‛ in ': LXXIII 12 in ben guardar il fior molto pensava.
Seguito dal solo infinito ricorre soltanto in poesia, quasi sempre con il valore di " proporsi ": If XVI 107 Io avea " una corda intorno cinta, / e con essa pensai alcuna volta / prender la lonza; Pg XV 41 io pensai, andando, / prode acquistar ne le parole sue. E così anche Rime dubbie VII 11, XXX 5, Fiore XXXVIII 5, XCIII 4. Quando è rafforzato dalla particella pronominale pleonastica, l'idea del proposito diventa secondaria rispetto a quella dell'attuazione del progetto concepito: Fiore CLXXIX 12 femina non dee servire / insin ch'ella non è prima pagata; / ché quando ha fatto, e' si pensa fuggire, / ed ella si riman ivi scornata. In un esempio vale " credere ", " ritenere ": Pd XV 35 dentro a li occhi suoi ardeva un riso / tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo / de la mia gloria.
5. Molto più frequente nel D. autentico è la costruzione con la proposizione oggettiva, la quale è invece quasi assente dal Fiore (un solo esempio).
Vale " riflettere " in Pd IV 106 voglio che tu pense / che la forza al voler si mischia, e fanno / sì che scusar non si posson l'offense; Rime L 21 i' mi penso ben, donna, che vui / per man d'Amor là entro [nel mio cuore] pinta sete (si noti la particella pronominale); Rime dubbie XXVIII 5, Fiore XXXIII 5. Si aggiunga Pg XII 84 pensa che questo dì mai non raggiorna: Pd XVIII 5 Muta pensier; pensa ch'i' sono / presso a colui ch'ogne torto disgrava; If XXIX 8, Pd XVIII 131, XXVII 140.
Nel senso di " ritenere ", in Vn XIX 1 pensai che parlare di lei non si convenia che io facesse, se io non parlasse a donne in seconda persona; XX 2 (due volte); di " supporre ", in If XXXIII 59 ambo le man per lo dolor mi morsi; / ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia / di manicar, di sùbito levorsi; Vn VII 2, Rime dubbie XII 3, Cv I X 10, III I 11, If XII 41, XVI 56, XXVII 123, Pd XXI 32. In un caso l'oggettiva è costruita con l'accusativo e l'infinito, alla latina: Cv III I 12 per lo 'ntendimento de la sua grandissima virtù si può pensare ogni stabilitade d'animo essere a quella mutabile.
In alcuni esempi il sintagma terminale è formato da proposizioni finali o, meglio, volitive, e in questo caso p. assume il valore di " provvedere " (Fiore LXVII 2 se tua donna cade in malattia, / sì pensa che la faccie ben servire), o di " stare attento a " (CXCI 9 Perciò ciascuna pensi, quando dona, / che doni nella guisa c'ho parlato). Se poi il soggetto della proposizione secondaria è diverso da quello della principale, p. assume contemporaneamente la doppia accezione di " essere del parere che " e di " consigliare ": If I 112 Ond'io per lo tuo me' penso e discerno / che tu mi segui; Fiore CLV 9 Non ch'i' te dica ch'i' voglia pensare / che tu d'amor per me sie 'nviluppata.
In un ulteriore gruppo di esempi regge una proposizione interrogativa indiretta. L'accezione più frequente è quella di " riflettere ", ma può avvicinarsi anche al senso di " preoccuparsi ": Pd XIII 92 perché paia ben ciò che non pare, / pensa chi era, e la cagion che 'l mosse; Pg XXII 142 Più pensava Maria onde / fosser le nozze orrevoli e intere, / ch'a la sua bocca (la dipendente è implicita in Rime XCI 43 Io son servente, e quando penso a cui / ... son contento). E così, con l'uno o l'altro dei valori più volte indicati e facilmente individuabili dal contesto, Vn XIV 11 2, XXXIII 1, Pg XXV 25, Pd XI 118, XXIX 91, Fiore CLXIII 6, CCI 5. Merita la pena osservare che, quando la proposizione secondaria precede la principale, si ha sempre il ricorso al pronome neutro epanalettico: Pd XXII 11 Come t'avrebbe tramutato il canto, /e io ridendo, mo pensar lo puoi; e così Vn XII 12 24, Rime dubbie XIX 7, If XXXIV 92, Pg IV 67.
Un gruppo di esempi a sé è costituito dai passi nei quali D. si rivolge direttamente al lettore per tenerne desta o sollecitarne l'attenzione (v. APPELLO AL LETTORE). In questi esempi p. è per lo più usato nella forma esortativa dell'imperativo: If VIII 94 Pensa, lettor, se io mi sconfortai / nel suon de le parole maladette; e così XX 20, XXXIV 26, Pg X 110 (due volte), XXXI 124, Pd V 109. L'esortazione assume un diverso giro di frase in Pd X 23 Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco, / dietro pensando a ciò che si preliba, e anche il valore del verbo (" meditando ") è lievemente diverso da quello consueto.
6. Il participio passato ricorre tre volte, sempre nel Convivio. Conserva valore verbale in IV V 20 più chiedere non si dee, a vedere che spezial nascimento e spezial processo, da Dio pensato e ordinato, fosse quello de la santa cittade. Molto vicino a questo passo è quello di I III 2, dove D. afferma che la difficile concettosità del trattato è stata da lui " voluta " per fuggire l'infamia che l'esilio e la povertà gli avevano causato: La qual durezza, per fuggir maggior difetto, non per ignoranza, è qui pensata. Preceduto da negazione assume il valore di " non premeditato " e quindi di " fortuito ", " occasionale ": IV XI 7 [talvolta le ricchezze] vengono da pura fortuna, sì come quando sanza intenzione o speranza vegnono per invenzione alcuna non pensata.
Per la variante pensar, accolta dalla '21 in luogo di pensier in Pg XXIX 21, v. Petrocchi, Introduzione 216, 382. V. anche RIPENSARE.