PENTEO (Πενθεύς)
Re mitico di Tebe, figlio di Echion uno degli Sparti nati dai denti del Drago e da Agave figlia di Cadmo. Il nome non diversamente da altri in cui è presente la stessa radice, quali Megapenthes, Pentesilea, annuncia già un destino di pene e di sofferenze. Si tratta infatti di un eroe impegnato in una sconsigliata impresa, la resistenza a Dioniso e al suo culto, e di conseguenza destinato in partenza alla rovina.
P. non figura in Omero o in Esiodo. La sua notorietà, parallelamente a quella di Licurgo è apparentemente dovuta alla tragedia, dove le glorie e i sacrifici cruenti del mondo dionisiaco trovano la loro più naturale espressione. Di conseguenza accanto ad Eschilo e ad Euripide la storia di P. è stata trattata da Xenokles, da Iophon, Chairemon e dallo Pseudo-Thespis in Attica, da Likophron in ambiente alessandrino e da Pacuvio e da altri a Roma.
I più antichi documenti figurati riferibili alla storia di P. sono uno psyktèr della cerchia di Euphronios nel museo di Boston databile tra il 510-500 a. C. e frammenti di uno stàmnos del Pittore di Berlino in Oxford di almeno due decennî posteriore. Queste due figurazioni ci danno l'ultimo atto dell'atroce dramma: P. già morto, smembrato dalle menadi furenti, che ne portano in trionfo il capo e gli arti schiantati. Nel più antico psyktèr di Boston l'eroe appare barbato e maturo, un vero re invece del giovinetto tracotante e irresponsabile della tradizione euripidea: mentre già il Pittore di Berlino dà un carattere di poetica giovinezza al capo reciso. Oltre al nome iscritto, è in generale appunto questa nota di crudeltà più scoperta e totale che differenzia la storia di P. da quella per certi aspetti parallela di Orfeo. Le menadi abbattono Orfeo, ma fanno scempio di Penteo. Nel primo caso si tratta di intolleranza femminile, nel secondo di una vendetta contro gli offensori di Dioniso. In particolare è la madre stessa dell'eroe, Agave, che ne distacca la testa dal busto e la porta in trionfo, come appare in una coppa attica della metà del V sec. nel Museo di Villa Giulia, o in altre figurazioni romane di menadi furenti.
Più recente appare invece il motivo della "caccia tragica" in cui il tracotante cacciatore diviene cacciato e vittima. Così in una pyxis di Heidelberg databile intorno al 420 P. ci appare armato di aste nel suo palazzo mentre le menadi infuriano all'intorno. E nella ceramica italiota, sempre più strettamente collegata con la materia teatrale, P. è figurato nella boscaglia, sorpreso dalle menadi nel suo inane agguato.
Il notissimo dipinto della Casa dei Vettii ci presenta invece P. come un'ampia figura al centro del quadro, le membra aperte a ruota quasi a preannunciare lo smembramento.
In un singolare rilievo del Museo delle Terme dalla via Portuense P. si difende con l'asta da due menadi: mentre in un sarcofago frammentario del Camposanto di Pisa ancora una volta il tema volge sullo smembramento del misero corpo abbattuto.
Il disco dal Museo Kircheriano che viene inteso come un immagine realisticamente fedele di una rappresentazione teatrale, forse della tragedia di Euripide, non si riterrebbe al di sopra di ogni sospetto. Il disegno fiacco e il procedimento narrativo confuso e senza alcun risalto drammatico sembrano caratteri decisamente non classici. Un P. tracotante in abito militare, opposto al trepido conformismo dei vecchi Cadmo e Tiresia sarebbe da intendere in una tarda coppa d'argento sassanide dell'Ermitage.
Figurazioni della storia di P. parallelamente a quella di Licurgo sono ricordate da Pausania come esistenti nel tempio di Dioniso in Atene. Una figurazione delle baccanti con P. è anche descritta nelle Immagini di Filostrato (320, 15).
Bibl.: Rapp, in Roscher, III, 2, 1897-909, c. 1925-43, s. v. Pentheus; W. Göber, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, c. 542 ss., s. v. Pentheus; P. Hartwig, in Jahrbuch, VIII, 1892, p. 157 ss.; L. Curtius, Pentheus, in 88. Winckelmannspr., 1929; Fr. Brommer, Vasenlisten, 343; J. D. Beazley-Caskey, Oxford, II, 1954, p. 66. Psyktèr Boston: Beazley-Caskey, 2°, n. 66. Stàmnos Oxfod: C.V.A., tavv. 25-1. Coppa Villa Giulia 2668: C.V.A., 37, i. Pyxis Heidelberg: L. Curtius, op. cit., tav. i. Rilievo Terme: Bull. Com., 1887, tav. 13. Disco dal Museo Kircheriano: K. Weitzmann, Ancient Book Illumination, Cambridge Mass. 1959, p. 60.