PEPPER, Arthur Edward, detto Art
Altosassofonista e clarinettista statunitense di jazz, nato a Gardena (California) il 1° settembre 1925, morto a Los Angeles il 15 giugno 1982. Esordì nel 1943 con ingaggi nelle orchestre di Gus Arnheim, B. Carter e Stan Kenton; quindi fu in Europa con le truppe statunitensi e si esibì a Londra e a Parigi. Dal 1947 al 1952 fu uno dei punti di forza della big band di Kenton, con cui registrò alcuni brani come solista (tra gli altri, il celebre Art Pepper, 1950). Nel 1951 partecipò all'incisione del manifesto del jazz californiano, l'LP Modern sounds del trombettista S. Rogers, in cui si segnala una sua ispirata interpretazione di Over the rainbow. Con un proprio complesso, fondato nel 1952, realizzò Everything happens to me, Surf ride e vari altri brani − alcuni dei quali col tenorsassofonista J. Montrose (Thyme Time, Deep purple, Nutmeg, Cinnamon, ecc.) − che, fondati su di un finissimo gioco contrappuntistico, appaiono ricchi di uno swing assai intenso
Arrestato per uso di stupefacenti, e poi liberato, riprese in pieno l'attività musicale, incidendo tra il 1954 e il 1956 alcuni fra i suoi brani migliori (Diane, Melancholy Madeline, Abstract Art, Funny blues, Angel wings, Holiday flight), nonché, col trombettista C. Baker, Minor yours e, col tenorsassofonista B. Perkins, Diana Flow e Zenobia. Specie nelle ballads il suo lirismo straordinario si rivela compiutamente, esaltato dalla straordinaria misura del fraseggio e dalla purezza assoluta del sound emesso dal suo sax contralto. Nel 1956 incise LP che sono considerati tra le perle del jazz californiano: The way it was, in collaborazione con il tenorsassofonista Warne Marsh (col quale perfezionò le fughe e il contrappunto sperimentati in precedenza con Montrose e Perkins), A. Pepper meets the rhythm section, A. Pepper+eleven, Gettin' together (in cui suonava anche il sax tenore), Smack up e Intensity (gli ultimi tre del 1960). Dopo varie, dolorose vicende che lo condussero anche in carcere, minato nel fisico e nel morale, solo nel 1975 riprese a incidere; e Living legend segnò il suo grande ritorno. Con l'aiuto della giornalista L. Miller, che diventò sua moglie e con la quale scrisse la toccante autobiografia Straight life (1979), riuscì a riprendere a pieno ritmo l'attività musicale, effettuando tournées in Giappone (1978) e in Europa (1980; fu anche a Roma) e registrando alcuni tra i capolavori della storia del jazz (specie quando si trovò a fianco musicisti a lui perfettamente congeniali, come i pianisti M. Leviev o G. Cables, il contrabbassista Bob Magnusson e il batterista C. Burnett); tra questi: But beautiful, Las cuevas de Mario, You go to my head (nei quattro LP At the Village Vanguard), Angel eyes (in Sideman), Close to you alone (in One september afternoon), Everything happens to me (in Roadgame) e le reinterpretazioni delle sue ballads più alte, tra cui Patricia (in Laurie's choice) e Diana, cui si aggiungeva l'intensa Our song (in Winter moon, con un'orchestra d'archi).
Lo stile di P., nella prima fase originale mistione di quelli di Carter e di L. Young, accoglie nella seconda fase elementi espressionistici di sapore sfumatamente coltraniano; il lirismo impressionistico si fa più icastico, accendendosi, nei momenti di maggior tensione drammatica, in grida laceranti che subito si placano con effetto conturbante. Massimo esponente dello stile californiano, P. è sicuramente il più grande solista bianco della storia del jazz. Alla sua arte e alle vicende della sua vita è stato dedicato il film diretto da D. McGlynn Art Pepper: notes from a jazz survivor (1982).
Bibl.: J. McKinney, A. Pepper, in Metronome, 1960; J. Tynan, The return of A. Pepper, in Down beat, 1960; Id., End of the road, ibid., 1960; Id., A. Pepper's not the same, ibid., 1964; L. Underwood, Pepper's painful road to pure Art, ibid., 1975; P. Welding, Rewards of the straight life, ibid., 1979; R. Gordon, Jazz West Coast, Londra 1986; A. Tercinet, West Coast Jazz, Marsiglia 1986.