Per una ghirlandetta
. - Ballata (Rime LVI; schema: xyz; Ab Ab; byz). Appena quattro codici - Vaticano lat. 3214, Chigiano L VIII 305, Raccolta Bartoliniana (duplice redazione: testo Beccadelli con varia lectio del Bembino) e Chigiano L VI 219 - conservano questa prima ballata di Dante.
Essa fu pubblicata nel 1812 dal Fiacchi in una lezione che, pur essendo quella autentica, fu giudicata un rifacimento popolare. Infatti, fino all'intervento chiarificatore del Barbi nel 1910, la rima veniva stampata e letta nella forma pubblicata dal Witte nel 1828, che era frutto delle gravi e gratuite modificazioni operate dal Betti. In epoca posteriore all'edizione del Barbi diede ancora il proprio avvallo alla vecchia e superata redazione wittiana l'Ortiz, che a essa non seppe rinunciare perché, meglio dell'altra, rispondeva al suo tentativo di costruire una singolare interpretazione della ballata, specialmente dell'ultima strofa, dov'egli scorse un'esemplificazione del " vanto trobadorico ". Lo stesso testo del Barbi non è, tuttavia, pacificamente e tutto allo stesso modo accettabile, specie nei passi frutto di ricostruzione congetturale.
Quanto alla cronologia, la maggior parte dei critici concorda nell'assegnare al tempo della Vita Nuova la composizione della lirica: dedicata alla prima donna dello schermo (ma cfr. Fioretta), andrebbe annoverata tra le cosette per rima (Vn V 4). I modi sono quelli cavalcantiani, tuttavia più gracili; secondo alcuni, però, si può parlare soltanto d'influssi più generalmente stilnovistici (dati dell'immaginazione stilnovistica sono la ghirlanda, l'angiolel d'amore umile) e richiamare i nomi di Lapo Gianni e dell'Alfani. Tecnica e intonazione, nonché il centro d'ispirazione, riecheggiano da vicino Deh, Violetta (la donna è probabilmente la stessa) e il gruppo di rime a essa collegate (v. DEH, VIOLETTA, CHE IN OMBRA D'AMORE).
La ballata si risolve, conformemente alla musica che la doveva accompagnare, in un puro gioco di forme esili e vaporose, in un intrecciarsi lieve e prezioso di parole dalla grazia finemente vezzeggiativa (ghirlandetta, angiolel, Fioretta, parolette) e di richiami allusivi.
Il tratto più felice è la ripresa per l'accenno suggestivo, proprio perché indeterminato, alla ghirlandetta e quindi alla donna che la portava. I versi, brevi e agili, introducono quasi un " gentile e festoso rito primaverile, rimembranza poetica delle primavere cantate dai provenzali e, fors'anche, trasfigurazione lirica del costume della Firenze contemporanea " (Mattalia). La grazia dello spunto, donde nasce e si snoda la ballata, la ricchezza e il rilievo del meccanismo quasi ‛ barocco ' piacquero al Boccaccio, che volle offrirne (cfr. spec. vv. 4-7) un originale ampliamento in una pagina del Filocolo (IV 43).
Bibl. -M. Barbi, in " Il Marzocco " 2 gennaio 1910; Barbi-Maggini, Rime 203-207; Dante's lyric poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, II 62-64.