perché (per che)
Congiunzione (e, quando compare in proposizioni interrogative, avverbio interrogativo), la cui funzione principale, nella lingua di D., è quella di esprimere un nesso di causalità, che va inteso, in senso più generale, come la relazione intercorrente tra due fatti, concetti, ecc., tali che il verificarsi dell'uno implica il verificarsi dell'altro (e dunque fondamentalmente riconducibile alla funzione matematico-logica X se Y, ovvero X implica Y: si confronti in particolare Crisari, ecc., p. 122). Da questo punto di vista si possono ricondurre alla relazione di causalità così definita due tipi di rapporti logico-sintattici che nella grammatica tradizionale sono tenuti in genere ben distinti: da una parte, com'è ovvio, il rapporto ‛ causale ' tout court (o di ‛ causa efficiente ' secondo Aristotele), e dall'altra, quello ‛ finale ' (o di ‛ causa finale ', sempre in Aristotele). Si tratta in sostanza solo di uno spostamento del ‛ fuoco ' d'interessi nel parlante (cioè di una diversa ‛ specificazione ' ovvero messa in risalto di quelle componenti semantiche sottostanti sulle quali si vuol porre l'accento): nel primo caso l'aspetto marcato è il ‛ fatto ' dell'implicazione in sé e per sé (‛ fatto ' inteso sostanzialmente su di un livello ‛ oggettivo ' anche se può venire tendenzialmente spostato verso la possibilità o l'ipoteticità, ma sempre come aspetto secondario, e quindi sempre su di un piano ‛ fattuale ': in tal senso il p. è stato denominato, nella letteratura, ‛ congiunzione causale reale '); nell'altro caso l'accento viene a porsi invece sulla componente ‛ volontaristica ' dell'implicazione, cioè su di un suo particolare aspetto ‛ desiderativo ': al riguardo, l'Alinei (p. 291) ritiene che l'interpretazione corretta dei fatti sia quella di pensare a un verbo desiderativo inespresso, ponendo a contrasto le frasi: " ti scrivo perché desidero che tu sia al corrente " / " ti scrivo perché tu sia al corrente ", per cui " si realizza con la cancellazione del verbo desiderativo... la sintesi dell'aspetto causale con l'aspetto volitivo... che definisce dialetticamente il nuovo rapporto di finalità "; resta tuttavia oscurato, in tale approccio, il fatto cruciale di essere la componente di ‛ volontarietà ' una specificazione ulteriore dell'implicazione di causa, e non un'aggiunta ‛ in più ', ‛ dall'esterno ', come rilevano appunto il Crisari, Parisi e la Puglielli (p. 127). Nelle opere di D., p. compare (in grafia unita) 440 volte: 253 complessivamente nella Commedia, 107 nel Convivio, 24 nella Vita Nuova, 28 nelle Rime, 9 nelle Rime dubbie, 12 nel Fiore, 7 nel Detto. Per l'impiego della grafia divisa, da parte dei diversi editori, cfr. 6.
1. La funzione fondamentale di causalità efficiente si esprime nella forma sintattica più generale, e ‛ canonica ', della proposizione causale dipendente da una proposizione principale con la quale instaura un rapporto di causa ed effetto; in questo caso la congiunzione ha il valore di " il motivo, la ragione, la causa (per cui) " che, come meglio si vedrà più sotto, può giungere sino a una condizione di consequenzialità, con il valore di " in quanto (che) ", rimanendo tuttavia sempre preminente la relazione di causalità. Si deve dire anche che, in complesso, la consecutio temporum dei verbi delle due proposizioni non presenta divergenze degne di nota da quella dell'italiano contemporaneo; le particolarità (in genere sostanzialmente stilistiche) che talora si possono rilevare, come potrà vedersi meglio nell'esemplificazione che si dà più sotto, non sembrano tanto proprie della costruzione sintattica in esame, quanto dovute a un particolare uso dei tempi (e dei modi) verbali veri e propri, e andranno quindi studiate sotto tale punto di vista.
1.1. Si esemplifica innanzitutto per l'uso dell'indicativo, che è normale in queste proposizioni con funzione di causalità efficiente: If I 119 vederai color che son contenti / nel foco, perché speran di venire / ... a le beate genti, e 125 quello imperador che là sù regna, / perch'i' fu' ribellante a la sua legge, / non vuol che 'n sua città per me si vegna (qui, come in diversi altri casi, la secondaria assume quasi l'aspetto di un inciso, di frase parentetica all'interno del discorso, aspetto sottolineato anche dal taglio dei versi); IV 35 ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi, / non basta, perché non ebber battesmo; Pg IX 126 Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa / d'arte e d'ingegno avanti che diserri, / perch'ella è quella che 'l nodo digroppa; X 3 la porta / che 'l mal amor de l'anime disusa, / perché fa parer dritta la via torta (si noti che anche in questi due ultimi esempi la causale coincide con il verso), e 41 Giurato si saria ch'el dicesse 'Ave! '; / perch'iv'era imaginata quella / ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave; XXV 66 più savio... fé disgiunto / da l'anima il possibile intelletto, / perché da lui non vide organo assunto; Pd I 7 vidi cose che ridire / né sa né può chi di là sù discende; / perché appressando sé al suo disire, / nostro intelletto si profonda tanto, / che...; III 56 questa sorte che par giù cotanto, / però n'è data, perché fuor negletti / li nostri voti, e vòti in alcun canto; XX 89 Io veggio che tu credi queste cose / perch'io le dico, ma non vedi come (e cfr. XXVI 106); XXXIII 92 La forma universal di questo nodo / credo ch'i' vidi, perché più di largo, / dicendo questo, mi sento ch'i' godo.
Per le opere minori: Cv I V 7 Per nobilità, perché lo latino è perpetuo e non corruttibile, e lo volgare è non stabile e corruttibile; II VIII 14 la dottrina veracissima di Cristo... è via, verità e luce: via, perché per essa sanza impedimento andiamo a la felicitade... verità, perché non soffera alcuno errore; luce, perché allumina noi ne la tenebra de la ignoranza mondana; II XIV 20 Tutte scienze chiama regine... e questa chiama colomba perché è sanza macula di lite, e questa chiama perfetta perché perfettamente ne fa il vero vedere; IV XXIX 9 si dice una bianca massa, perché li grani onde è la massa sono bianchi; Vn VIII 5 5 Amor sente a Pietà donne chiamare, / mostrando amaro duol per li occhi fore, / perché villana Morte in gentil core / ha miso il suo crudele adoperare; Rime XLVIII 16 erta pulcella nuda / ... a torno gir non osa, / perch'ella non ha vesta in che si chiuda (anche qui la causale coincide con il verso); CI 12 il dolce tempo che riscalda i colli / e che li fa tornar di bianco in verde / perché li copre di fioretti e d'erba; Rime dubbie XVIII 5 voi sempre vo' servire, / perché più bella siete; Fiore XXX 7 E perch'ella dottava tradigione, / mise lo Schifo in sul portal primiere, / perch'ella il sentia aspro cavaliere; CII 6 metto pena perch'ella rimagna / con meco, perch'ell'è di gran soffrenza; Detto 84 ma non del mi', certano; / perch'i', per le', certan ho / che ciaschedun s'abatte.
Si vedano ancora i casi di If II 41, XX 15, XXIV 137, XXV 5, XXVII 116, Pg II 129, V 18, VI 42, XI 102, XVIII 124, XXVIII 10 (dove la '21 legge per cui), 75 e 108, XXXIII 48, Pd V 126, VII 68 e 71, XIII 118, XIV 125 (la '21 legge però che), XX 34, XXI 102, XXII 67, XXVI 10, XXXIII 19; Cv I I 12 (si osservi l'impiego di p. in queste ‛ inferenze causali ', caratteristico, ma non esclusivo, del Convivio), XI 8, II VII 4, VIII 7, XIII 23, III I 6, IX 6 e 8, IV IX 7 (due volte), X 7 (due volte), XXV 3; Vn XIX 13 59 (parentetica), XXII 9 8, XXXI 10 27 (è notevole che tutti questi casi compaiano nelle parti in poesia); Rime XCI 6, XCV 7, CI 15, CVI 131, Rime dubbie II 8, XI 5, XXX 9; Fiore I 2, XCIX 11, CCXXXII 13.
1.1.1. Per l'impiego alquanto particolare (soprattutto da un punto di vista stilistico, e in genere non divergente da quello italiano moderno) dei tempi verbali in queste dipendenti, si possono vedere i casi di If IX 14, X 113 (dove la '21 legge che), XX 38, Pg X 122, Pd IX 33, Vn XXXIII 8 20, Rime XC 28, Fiore X 2, XCIV 11, CXII 6, CCVIII 14; per l'impiego del condizionale, con forte valore ipotetico, in luogo dell'indicativo bastino invece gli esempi di Cv III Amor che ne la mente 13 mi convien lasciare... perché dirlo non savrei; IV VII 8 perché non valente... sarebbe da chiamare colui che, non avendo alcuna scorta, non fosse ben camminato; e Rime LXXXIII 27 lor messione a' bon non pò piacere, / perché tenere / savere fora, e fuggiriano il danno.
1.2. Talora, e per lo più in principio di frase, p. viene fatto precedere da diverse congiunzioni e avverbi (come ‛ e ', ‛ o ', ‛ ma ', ‛ ora '), che, conferendo al discorso un tono di maggiore espressività, tendono a far risaltare il collegamento logico-sintattico con quanto affermato in precedenza, e a sottolinearne il rapporto di causalità. Esempi con ‛ e p. ': Cv II IV 12 E perché questa vita è più divina... manifesto è che questa è da Dio più amata (si tratta di un modulo tipico della prosa, in particolar modo del Convivio: si vedano anche i casi di I XI 16 e 19, II V 14, XII 9, III III 14, XIV 8, IV VIII 16, XII 8 e 16, XXVII 9; ma si veda anche Vn XXXI 9 7 E perché me ricorda... / non voi parlare altrui, e Fiore XXX 5); un po' diverso il caso di Pg XVII 109 e perché intender non si può diviso, / e per sé stante... / da quello odiare ogne effetto è deciso (ripresa di un precedente perché mai causale); non va per altro esaminato qui Vn XIX 16 ne la prima dico a cu' io dicer voglio... e perché io voglio dire (che andrà invece fra i casi di ‛ dire p. ', per cui cfr. 1.5.).
Gli esempi di ‛ o p. ' (Rime CIII 6) e di ‛ or p. ' (Pg XVIII 103), con valore causale, sono scarsissimi; al contrario, assai numerosi, e presenti in tutte le opere dantesche, i casi di ‛ ma p. ': If XI 19, 25 e 29 Tutti son pien di spirti maladetti; / ma perché poi ti basti pur la vista, / intendi come e perché son costretti. / D'ogne malizia... / ingiuria è 'l fine ... / Ma perché frode è de l'uom proprio male, / più spiace a Dio ... / Di vïolenti il primo cerchio è tutto; / ma perché si fa forza a tre persone, / in tre gironi è distinto e costrutto; e ancora XXIV 37, Pg XXI 25, XXVI 83, XXIX 19, XXXII 154, XXXIII 139, Pd IV 70, V 35, VII 106, XXIX 70 e 127, XXXII 139; Cv IV XII 20, XX 2; Rime LXXXVIII 8, CXVI 5. In particolare, vi sono dei casi in cui questo sintagma si presenta in relazione a un precedente ‛ non ', in genere con una causale implicita o esplicita (p. o ‛ per '): Pg XX 41 Io ti dirò, non per conforto / ch'io attenda di là, ma perché tanta / grazia in te luce; Pd XVII 10, XXXIII 109; Cv III IX 10 (interessante in quest'ultimo caso la presenza del tipo ‛ essere p. ', che, sia pure in un diverso contesto, si ritrova anche in II VII 6).
Un uso che può essere avvicinato, infine, a quelli appena esaminati, è quello di ‛ sol p. ', in If XXIX 116 e in Fiore X 4.
1.3. La presenza del congiuntivo (che non sia richiesto da altre motivazioni sintattiche, quale l'attrazione, ecc.), in una proposizione del tipo sin qui considerato, tende a sfumarne il valore causale tendenzialmente verso l'ipotesi (o addirittura la possibile irrealtà), ma in un senso assai meno netto dell'impiego del condizionale (modo ‛ ipotetico ' per eccellenza, nei confronti del valore generalmente ‛ ottativo-possibilistico ' del congiuntivo; cfr. gli esempi in 1.1.1.): Pg XVII 119 è chi podere, grazia, onore e fama / teme di perder perch'altri sormonti; Cv III IV 7 non dovemo vituperare l'uomo perché sia del corpo... laido; Rime CIV 90 se colpa muore perché l'uom si penta; Fiore XC 10 ciascun dice ch'è religioso, / perché vesta di sopra grossa lana, / e 'l morbido bianchetto tien nascoso; in quest'ultimo passo non pare ci si trovi di fronte a un caso di p. concessivo - che richiede obbligatoriamente il congiuntivo: cfr. 3. -, in quanto la frase che avrebbe tale valore (o meglio valore concessivo-limitativo della realtà) dovrebb'essere quella del v. 11, cioè appunto quella all'indicativo, e non la precedente, al congiuntivo. Invece, sembra più corretto, e assai più aderente al senso di tutto il passo, pensare che, nel discorso di Falsembiante, il congiuntivo stia a marcare la ‛ folle opinione ' della gente qualsiasi, mentre l'indicativo corrisponde al pensiero genuino di chi parla, ben aderente alla realtà dei fatti.
In diversi casi, di spiccata impronta retorica, il congiuntivo compare in frasi precedute da ‛ non ' (cfr. F. Ageno, Il verbo, p. 389) e, spesso, seguite da altra causale (se esplicita, all'indicativo) introdotta da ‛ ma ', assumendo in tal caso valore ipotetico-limitativo del reale (più che semplicemente ipotetico): Pd IV 37, XVIII 10 qual io allor vidi / … qui l'abbandono: / non perch'io pur del mio parlar diffidi, / ma per la mente che non può redine (e va anche notato il rafforzamento mediante pur); Cv IV Le dolci rime 3, Vn XIX 4 3, Detto 292; un po' diverso il caso di Cv II VI 1 non dico udite perch'elli odano alcuno suono ... ma dico udite ... ch'è intendere per intelletto. Forse dipendente da avvegna che, che introduce la principale, è il congiuntivo in Pg XXVIII 135.
1.4. Anche nelle proposizioni interrogative, p. (qui come avverbio interrogativo) conserva la funzione di nesso causale, in cui tuttavia la distinzione tra causa efficiente e finale (che non è più legata funzionalmente all'opposizione indicativo/congiuntivo, ma dipendente dai rapporti contestuali) non sempre risulta chiaramente definibile, e definita, e anzi si presenta per lo più in una sorta di ‛ neutralizzazione ', con il valore di " causa in genere ": If II 121-123 Dunque: che è? perché, perché restai, / perché tanta viltà nel core allette, / perché ardire e franchezza non hai...? (si vedano, per la successione incalzante di due o più p., anche If XI 73, 75 e 76, XIII 33 e 35, XXXII 79 e 81; e cfr. anche VII 30); Pd XXIV 99 L'antica e la novella / proposizion che così ti conchiude, / perché l'hai tu per divina favella? (da osservare l'inversione del predicato e dell'oggetto, poi ripreso, a sottolineare il ‛ fuoco ' dell'interrogazione); e, ancora, If IX 94, X 125, XX 34, XXIX 5, XXXII 54, Pg V 10, XIV 25, XXI 113, Pd XXIII 70, XXV 122, Vn XIV 2. Interessante il nesso ‛ domanda-risposta ': If XVIII 118 e 120 " Perché se' tu sì gordo / di riguardar più me...? " / ... " Perché... / già t'ho veduto coi capelli asciutti... "; si veda anche Cv IV VII 8.
Spesso, a puntualizzare la direzione della domanda (e talora a scopo strettamente stilistico), l'interrogativa è accompagnata (per lo più preceduta) da un vocativo o da una frase vocativa: If IX 94, Pg V 105 O tu del ciel, perché mi privi?; XII 96 o gente umana... / perché a poco vento così cadi? (e vedi anche XIV 86); XV 90, XVII 36 e 73 (0 virtù mia, perché sì ti dilegue?); XXX 96; Rime dubbie XI 14 Amore, o perché m'abbandoni?.
1.4.1. Non pochi i casi di rafforzamento dell'interrogazione mediante l'impiego di ‛ e ': If VII 21, X 60, Cv II Voi che 'ntendendo 35 (ripreso in II IX 6), Vn XII 4 (Segnore de la nobilitade, e perché piangi tu?, in cui la congiunzione ha quasi un valore paraipotattico), XXII 14 5 e 17; con ‛ ma ': If I 76, Pg II 90, XXXIII 82; con ‛ o ': Rime dubbie XI 14 (già citato, unico caso); con ‛ pur(e) ': If V 21, XIV 123, Pg III 22, XXIX 61, Pd XXVII 57, Vn XV 1; con ‛ (co)sì ': Pg XII 96, XVII 73, XXX 96, Vn XXIII 18 12, Detto 88.
Con interiezioni, If XXXIII 66 e 153; Pg V 51 deh, perché vai? deh, perché non t'arresti?, e Rime dubbie XXVII 5 (‛ ohimé p. ').
Seguito da una negazione, corrisponde retoricamente a un invito a fare quello che si chiede nell'interrogazione (ed equivale quasi a un " non c'è, a mio avviso, alcun motivo perché tu non faccia... "): If I 77 Ma tu perché ritorni a tanta noia? / perché non sali il dilettoso monte ...?; II 123, XXXIII 66 e 153, Pg V 51 (citato qui sopra), VI 114, XXXIII 23, Pd IX 79, Cv IV VII 8, XVII 11, Vn XXXVIII 3, Rime CIII 24 e 59.
1.4.2. Un esempio caratteristico della forte connotazione retorica che assume l'interrogativa diretta causale quando il verbo è all'infinito, è quello di If II 31 Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede? (che in D. però, oltre al caso citato, sembra sconosciuto).
1.5. Le proposizioni causali possono venire introdotte da verbi esprimenti interrogazione o domanda (‛ chiedere ', interrogare ', ‛ domandare ', ecc.), e in questo caso hanno ovviamente valore interrogativo (‛ indiretto '): Pd XV 58 ch'io mi sia e perch'io paia / più gaudïoso a te, non mi domandi. Più spesso, p. è retto da un verbo ‛ dicendi ' ‛ videndi ' o ‛ sciendi ', e in tal caso il valore interrogativo (anche solo accennato) pare molto più sfumato nei confronti dell'asserzione pura e semplice del nesso di causalità richiesto dal verbo; va notato che in taluni casi l'opposizione formale congiuntivo/indicativo (nella dipendente causale) sembrerebbe assunta a marca funzionale della presenza (assenza) di un valore interrogativo sottinteso: tuttavia non si può trascurare quanto al riguardo si è notato in 1.3.
Ecco gli esempi, distinti secondo i diversi verbi reggenti; ‛ dire p. ': Pg XIX 94 Chi fosti e perché vòlti avete i dossi / al sù, mi dì (anche qui l'inversione, come si è già notato, rivela un preciso accorgimento stilistico di ‛ focalizzazione '); e ancora XX 35, XXI 34 e 35, Pd XXI 58, tutti casi in cui la connotazione interrogativa sembra assai forte, mentre pare il contrario (con prevalenza quindi dell'aspetto puramente causale) in If II 50 e 87, XXXIII 15, Pd VII 63, Cv I X 14, Vn XXXI 4, XLI 4, e anche XV 8 (col condizionale); ‛ far dire p. ', in Rime LXVIII 46; ‛ vedere p. ', col congiuntivo: If XI 88 e 89 tu vedrai ben perché da questi felli / [cioè quei de la palude pingue] sien dipartiti, e perché men crucciata / la divina vendetta li martelli; con l'indicativo invece in Pg XIX 138, Cv II XIII 1 (‛ come e p. '), III XI 15; ‛ discernere p. ', in Pg XVI 131; ‛ cernere p. ', in Pd XXI 77 (anche se la dipendenza dal verbo è mediata da una circonlocuzione nominale); ‛ guardare p. ', in Rime LVIII 11 non guardare perché a lei mi fidi (si badi all'impiego del congiuntivo); ‛ sapere p. ', col congiuntivo: Pg XIX 97, Pd V 127 non so chi tu se', né perché aggi / ... il grado de la spera; con l'indicativo invece in Pg XXI 80 (nello stesso modulo sintattico); si noti anche che con questo verbo compare l'unico caso di causale ellittica del verbo: If XXX 59 0 voi che sanz'alcuna pena siete, / e non so io perché; ‛ intendere p. ', in If XI 21 (‛ come e p. ') e in Pd XXIV 68; ‛ pensare p ', in Vn XII 12 24; ‛ ragionare p. ', in Cv I VIII 18 e, col congiuntivo (che qui ha connotazione ottativo-limitativa), III IV 10. Sembrano da annoverare qui anche i casi di ‛ far vedere p. ', in Cv I IV 1, e di ‛ mostrare p ': Cv I VI 4 (‛ E p. ... mostrare ', tipo che si ritrova anche in II I 4, ma con il verbo al congiuntivo), II VIII 1 (‛ come e p. ').
Più complesso è il caso di nessi (in genere con il congiuntivo) come ‛ maravigliare p. ', in Pd III 25 e Vn XXX 1 (mentre sono diverse le occorrenze di Pg XX 76 e Pd XX 101), e anche come Rime CXVI 2 convien pur ch'io mi doglia / perché la gente m'oda. Infine, in dipendenza da un gruppo predicativo ‛ essere + aggettivo ', in Pd VII 56 perché Dio volesse, m'è occulto.
1.6. In alcuni casi il valore causale (efficiente) della congiunzione viene rafforzato, nel contesto, sin quasi a instaurare un rapporto di consequenzialità tra le due proposizioni (e in questo caso p. ha chiaramente il valore di " poiché ", " siccome "); questo rafforzamento è spesso sottolineato dalla compresenza di ‛ e ', ‛ ma ', e in un caso di ‛ mai ': Cv IV XX 5 Perch'io sono di cotale schiatta, io sono nobile; If XI 109 (‛ e p. '), XVI 49, XXXII 5, Pg XXXIII 73, Rime LXXXVIII 8, Detto 191 (tutti casi di ‛ ma p. '); Cv III Amor che ne la mente 61 (‛ e p. '; si confronti anche, per un nesso diverso, I XII 7); Pg XVII 106 Or, perché mai non può da la salute / amor del suo subietto volger viso, / da l'odio proprio son le cose tute.
2. Come congiunzione finale, p. ha il valore di " lo scopo, il fine (per cui) ", e si accompagna obbligatoriamente col congiuntivo; ecco alcuni tra gli esempi più significativi (si noti come questo costrutto si presenti spesso insieme a un comparativo): If XV 6 [i] Fiamminghi... / fanno lo schermo perché 'l mar si fuggia; XXIV 151 detto l'ho perché doler ti debbia; Pg XXXI 43 e 44 perché mo vergogna porte / del tuo errore, e perché altra volta / ... sie più forte ...; Pd X 141 la sposa di Dio surge / a mattinar lo sposo perché l'ami; Cv I X 14 di ciò farò... speziale capitolo, perché più notevole sia la loro infamia; IV II 8 le parole... si deono molto discretamente sostenere e lasciare, [sì] perché bene siano ricevute e fruttifere vegnano, sì perché da la loro parte non sia difetto di sterilitade; Rime XCI 62 'l fo perché sua cosa in pregio monti; Fiore LXXXVIII 12 Perch'i' la mia malizia me' ripogna, / vest'io la roba del buon frate Alberto; e si vedano ancora If XXI 57, XXVI 22, Pg VII 123, VIII 96, XII 16 (quasi parentetico), XIII 64, XV 48 e 130, XX 85 (finale, secondo il Barbi, il Mattalia, e anche il Porena), XXII 135, XXVI 42, XXVIII 97, XXX 108, XXXII 151 (‛ e come p. '), XXXIII 85 (in risposta); Pd III 100, VI 31 (perché tu veggi, che si ritrova anche in VII 123, XXIX 73), e 114 (si noti l'uso dei tempi, assai peculiare), VII 123 (il verbo è al congiuntivo: cfr. il Mattalia, e A. Castellani, Nuovi testi 70-71), VIII 33 e 78, XV 87, XXIV 56, XXV 66, XXX 87, XXXII 50; Cv II XI 2, III VIII 10, IX 14, IV VII 9; Rime XLVIII 12, LXVII 88, LXXXIX 11, CVI 129, CXVI 2.
2.1. Rafforzato da ‛ e ' (per lo più in principio di periodo, come anche con ‛ ma '): If XXVIII 133, XXXII 67 (‛ E p. non ', come in Pg XIII 112), XXXIII 127, Pg XXV 76, Pd XII 67, Cv IV III 10, XXVII 20 (si veda anche Rime dubbie XXVII 10); rafforzato da ‛ ma ', in If XI 20, XXIV 140, XXIX 133, Pg XVII 88, XXII 74, XXV 28, Pd VIII 137, IX 109, XI 73 (‛ Ma p. non '), XIII 91, XV 64, XXII 34, Rime CVI 53, talora preceduto da ‛ non ' (+ causale), come in Pd XVII 11 non perché nostra conoscenza cresca / per tuo parlare, ma perché t'ausi / a dir la sete (la prima causale in questi casi può essere tanto finale che efficiente); e ancora XXV 59, XXI 14, Cv III IX 10. È in ripresa con ‛ or ' solo in Pg XVIII 61.
2.2. La causale finale può comparire in dipendenza di verbi, come ‛ pregare ' (Pd I 36; cfr. anche XXXIII 31), o ‛ supplicare ' (Pd XXVI 95); si vedano anche i casi di Pg XXVII 84 il mandrïan che fori alberga / ... guardando perché fiera non lo [ il pecuglio] sperga (si confronti un passo analogo in Boccaccio Dec. I 1 45 " non vorrei che voi guardaste perché... "), e di Fiore CII 5 metto pena perch'ella [Costretta-Astinenza] rimagna / con meco.
3. Si presentano diversi casi in cui p., pur senza perdere il carattere di nesso di causalità (ma l'effetto atteso risulta non realizzato, ‛ mancato ', con uno sfalsamento dei rapporti di dipendenza), assume il valore di " per quanto ", " sebbene ", con una denotazione chiaramente concessiva (anche in questo caso si ha sempre il congiuntivo): si tratta di un uso peculiare al fiorentino di quest'epoca, successivamente passato in desuetudine (basti. il confronto di Rohlfs, Grammatica § 784): If XXXII 100 Perché tu mi dischiomi, / né ti dirò ch'io sia, né mosterrolti; IV 64, VIII 121, XV 15, Pg V 58, VIII 131, XIV 55 Né lascerò di dir perch'altri m'oda, XVII 15; Pd X 43 (dove il solo Scartazzini legge per che, sempre però con valore concessivo), XXI 102; Cv IV IX 6 perché noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso, e perché noi volessimo che 'l silogismo con falsi principii conchiudesse veritade dimostrando, e perché noi volessimo che la casa sedesse così forte pendente come diritta, non sarebbe (si confronti il commento ad l. di Busnelli-Vandelli); Rime dubbie VII 5, Fiore XCVII 3; si vedano anche If XXVII 22, Pg VI 38, XXX 55, Cv I IX 9.
3.1. Abbastanza particolari sono i tre casi che seguono: da una parte If XIII 57 voi non gravi / perch'io un poco a ragionar m'inveschi; dall'altra Pg VI 88 Che val perché ti racconciasse il freno / Iustinïano, se la sella è vòta?, e Rime LXXIII 7 E non le val perché dorma calzata, / merzé del copertoio c'ha cortonese.
Per il primo di questi casi già Benvenuto vedeva con chiarezza l'aspetto concessivo (" quasi dicat: licet implicem me longa narratione, non extaediet vos sermo parum prolixus "), che è confermato dal Sapegno, con rinvio a Dec. VI 10 4 " né vi dovrà esser grave, perch'io... alquanto in parlar mi distenda "; anche il Branca (ad l.) commenta: " Con valore concessivo data la proposizione principale negativa ", e rinvia, per l'uso di p. ‛ concessivo ', ai passi di I 8 3, III 1 24, 3 43, VIII 10 33 (ma per tutta la questione si vedano le note del Mussafia, pp. 500 ss.).
Più complessi gli altri due casi per i quali, oltre al commento del Buti al passo del Purgatorio (" che giova perché... "), che peraltro sembra una vera e propria parafrasi (ma va visto anche il commento del Lana, che interpreta con un'ipotetica: " Che giova se... "), l'unico ad affermare senz'altro il valore concessivo del costrutto, riferendosi al passo delle Rime, è il Contini. Al riguardo va notata una certa oscillazione, tra i diversi editori, per quanto concerne la connessione più o meno stretta tra ‛ valere ' e ‛ perché ': tutti gli editori sino alla '21 leggevano che val, perché, con una virgola (come poi leggeva anche lo Scartazzini, riportando il passo del Buti succitato), mentre più tardi si è preferito vedervi un costrutto unitario. Quello che si deve rilevare è che l'impiego di p. stabilisce certamente nel contesto un nesso di causa ed effetto, assai più forte della semplice dichiarativa, con un valore che, in conseguenza dell' ‛ effetto mancato ', non può formalmente non avvicinarsi a quello del concessivo, sia pure con divergenze insopprimibili (che però sembra possano venire in ultima analisi ascritte al costrutto assolutamente idiosincratico, anche se i dubbi al riguardo non sono affatto eliminati).
4. Per l'uso di p. come sostantivo si possono rammentare in D. soltanto i casi di If XXXII 135 dimmi 'l perché... per tal convegno, e Pg III 93 (‛ non sapere il p. '), con il valore di " il motivo ", " la causa " (non pare, invece, di " lo scopo ", " il fine "); un po' diverso Pg VIII 69 colui [Dio] che... nasconde / lo suo primo perché.
5. Se in Cv IV IV 4 va letto, con il Fraticelli, -[Il] perché (ma cfr. l'ediz. Simonelli, ad l.), questo è l'unico caso d'impiego, nelle opere di D., di un costrutto che appare ben attestato nella prosa a lui contemporanea (basti al confronto, fra gli altri, la citazione del Compagni III 5).
6. Vi sono alcuni casi nei quali, anche se gli editori hanno preferito la separazione delle due parti (ma talora si tratterà di una svista quanto mai comprensibile), per e che sembrano formare un tutto unico, cioè un p. vero e proprio.
6.1. Un posto senz'altro a parte richiedono gli esempi del Fiore, in base all'edizione semidiplomatica del Parodi: Fiore VII 6 (sicuramente causale), CIV 13, CXXI 10 (concessivi, come riconosce lo stesso editore: cfr. il glossario), CLIV 11 (probabilmente concessivo).
6.2. Per le altre opere, gli unici casi in cui le due parole sembrano assumere un valore unitario non controvertibile (almeno nell'interpretazione della maggior parte dei commentatori), sono quelli di If XXI 63 i' ho le cose conte, / per ch'altra volta fui a tal baratta, e di Pg IV 132 (che la '21 legge unita) per la Commedia (invece, i passi di Pd XIV 45 e XXI 89 sono dipendenti dalla diversa interpretazione testuale, mentre per XXVIII 105 l'edizione Petrocchi adotta la grafia divisa su proposta del Del Lungo, che interpreta " conforme alla quale loro simbolica qualità "); per il Convivio cfr. I IV 8 e II XIV 5; per l'annosa questione di Pg XXII 40, completamente legata all'interpretazione del passo, si vedano le conclusioni del Petrocchi, ad locum.
6.3. Da ultimo, va rilevata la grafia sempre divisa in dipendenza (con valore causale) da termini quali ‛ cagione ', ‛ ragione ', ecc. (anche sottintesi, come ‛ causa ' o ‛ motivo '; per tutto questo cfr. CHE 8.5.): il valore di relativa (causale) è senz'ombra di dubbio prevalente, tuttavia (anche se non andrà accolta la distinzione p. / ‛ per cui ' proposta dal Rohlfs, Grammatica § 774) non si possono non ricordare qui i casi di Cv IV X 3 secondamente si mostra ragione perché (dell'affermazione precedente: lo 'mperadore essere stato erroneo ne la diffinizione di nobilitade), e di Vn XXIX 2 Perché questo numero fosse in tanto amico di lei, questa potrebbe essere una ragione, e forse anche il fatto che, con questi termini, non compare mai in D. ‛ per cui ' (ma, in tale contesto, ‛ cui ' in genere sembra riservato alle persone, o alle cose personificate, e quindi il rilievo può non avere alcuna pertinenza).
7. Del tutto inclassificabile, in quanto subito dopo una lacuna del testo, è il caso di Detto 361 Perch' Amor m'aggia matto, / o che mi tenga a matto / Ragion... ad amo / ch'ell'aggia non m'ha crocco (che comunque, in base al senso complessivo del passo, non pare affatto da collegare alla frase immediatamente seguente, ma a qualcosa che precede, non pervenutoci: solo si può azzardare che il nesso sembra piuttosto causale, in senso generale, che relativo; ma anche qui i dubbi non sono affatto assenti). Si veda anche IMPERCHÉ.
Bibl. - A. Mussafia, Osservazioni... su questa edizione e sulla sintassi del Boccaccio, in G. Boccaccio, Il Decameron, a c. di P. Fanfani, Firenze 19241², II, 437-544 (già apparso in " Rivista ginnasiale " IV, Milano 1857, 733-766 e 857-908); M. Miltschinsky, Der Ausdruck des konzessiven Gedankens in den altnorditalienischen Mundarten, Beiheft 62, " Zeitschrift für romanische Philologie ", Halle 1917 (in particolare per le congiunzioni causali con valore concessivo, pp. 110 ss., 131 ss.); L. Sorrento, Sintassi romanza, Varese-Milano 1950, 271-323; C. Segre, La sintassi del periodo nei primi prosatori italiani, in " Memorie Acc. Naz. Lincei, Cl. sc. morali " s. 8, IV (1952) 39-193 (in particolare alle pp. 179 ss.), ora in Lingua Stile e Società, Milano 1963, 79 ss.; F. Brambilla Ageno, Il verbo nell'Italiano antico, Milano-Napoli 1964 (specialmente alle pp. 389 ss., e anche 324); H.-P. Ehrliholzer, Der sprachliche Ausdruck der Kausalität im Altitalienischen, Winterthur 1965; M. Alinei, Appunti per un'analisi strutturale di alcuni tipi sintattici italiani, in " Lingua e Stile " I (1966) 281-303 (in particolare alle pp. 283-285 e 290-293); A. Puglielli; Strutture sintattiche del predicato in italiano, Bari 1970, 138-144; C. Schwarze, Untersuchung zum syntaktischen Stil der italienischen Dichtungssprache bei D., Berlino-Zurigo 1970; M. Crisari, D. Parisi, A. Puglielli, Le congiunzioni temporali, spaziali e causali in italiano, in " Grammatica trasformazionale italiana; atti del Convegno internazionale di studi, Roma, 29-30 novembre 1969 ", Roma 1971, 117-134 (in partic. alle pp. 122-125); J. Schmitt Jensen, Subjonctif et hypotaxe en Italien, Odense 1971.