BARRILE, Perdicasso
Appartenente alla nobile famiglia napoletana dei Barrile, fu investito nel primo decennio del sec. XV della contea di Monteodorisio, con molta probabilità dopo aver sposato Giovannella di Borgo, a quanto pare figlia di Cicco di Borgo, conte di Monteodorisio, il quale nel 1402 era stato destituito dal giustizierato dell'Abruzzo ulteriore da re Ladislao di Durazzo (cfr. Cutolo, Re Ladislao, II, p.117). Scarse e frammentarie sono le notizie biografiche: capitano nell'esercito di re Ladislao, il B. cadde prigioniero di Luigi II d'Angiò l'11 maggio 1414 nella battaglia di Roccasecca. Riappare al seguito di Ladislao, quando questi, il 22 maggio 1414, nel suo accampamento sito nei pressi di Assisi, strinse un accordo con le sue vecchie avversarie Firenze e Siena, alla cui stipulazione solenne il B. funse da testimone. Rimase fedele alla causa durazzesca anche dopo la morte di Ladislao, avvenuta il 3 ag. 1414, e viene ricordato fra i capitani del potente esercito, lasciato da Ladislao alla sorella ed erede Giovanna II, il cui grosso, sotto l'alto comando di Muzio Attendolo Sforza, al momento della morte del re si trovava nell'umbria e nelle Marche.
In occasione della spedizione di Muzio Attendolo Sforza contro Roma, che, ribellatasi dopo la morte di Ladislao contro la dominazione durazzesca, aveva aperto le porte a Braccio da Montone il 16 giugno 1417, il B. dovette riunirsi insieme con gli altri baroni del Regno e con le sue truppe all'esercito dello Sforza, che lo aspettò alcuni giorni a Pietramala. Tardò però a venire e fece sapere allo Sforza che lo avrebbe raggiunto sulla strada di Roma insieme a Iacopo Caldora. Lo Sforza partì, ma venutigli alcuni dubbi sulla fedeltà dei due capitani, li fece arrestare presso Frosinone (agosto 1417) e relegare nella rocca di Salvaterra, allora in possesso dei Caetani, affidandoli alla custodia del nipote Marco Attendolo.
Secondo i biografi sforzeschi il B. e il Caldora avrebbero infatti iniziato trattative con Braccio, con l'intenzione di accerchiare lo Sforza e di impadronirsi del comando delle sue truppe. Il B. fu destituito dalla sua contea, ma - a quanto pare per l'intervento di Sergianni Caracciolo, favorito della regina ed accanito nemico dello Sforza - venne rilasciato già alla fine dello stesso anno e investito di nuovo della contea di Monteodorisio il 22 dic. 1417. A partire da questa data il B. non mostrò più alcuno spirito di ribellione. Le fonti lo ricordano ancora nel 1424, quando egli invocò l'aiuto di Francesco Sforza contro Braccio, il quale, penetrato nell'Abruzzo per porre l'assedio ad Aquila, dovette anche minacciare la contea di Monteodorisio. Nel 1432 risulta membro del consiglio della regina Giovanna, la quale poi nel suo testamento lo designò a far parte del consiglio di reggenza che dopo la sua morte - avvenuta il 2 febbr. 1435 - doveva governare il Regno fino alla venuta dell'erede al trono, Renato d'Angiò.
Il B., che una statistica del Regno di Napoli, composta nel 1444, indicava fra i più alti baroni del reame, continuò ad occupare un posto di considerevole rilievo anche nei primi anni dei regno di Alfonso il Magnanimo. Infatti, quando il re aragonese, il 3 giugno 1442, fece la sua solenne entrata a Napoli, il "magnificus vir et miles" Perdicasso B. insieme a tre altri gentiluomini prestò al re il giuramento di fedeltà per il seggio di Capuana, per antica tradizione seggio della più alta nobiltà napoletana. Il B. fu poi chiamato da Alfonso nel suo "sacro consiglio", tribunale supremo del regno, fondato dal, re, e vi rimase al più tardi fino al 1449, quando il re decise di ammettere a questo ufficio solo giuristi. Il B. pare morisse poco dopo il 1450, dato che alla fine del 1452 Giovannella di Borgo, contessa di Monteodorisio, vendette la contea ad Ifíigo d'Avalos, che ne fu investito da Alfonso il 28 dic. 1452 (Regesto della Cancelleria Aragonese di Napoli, a cura di I. Mazzoleni, Napoli 1951, p. 13).
Fonti e Bibl.: Biondi Flavii Forliviensis Historiarum ab Inclinatione Romanorum Libri XXXI, Basileae 1531, Dec. III, Lib. I, p. 406; Leodrisii Cribelli De Vita Sfortiae Vicecomitis, in L. A. Muratori, Rer. Italic. Script., XIX, Mediolani 1731, coll. 675-77; A. Minuti, Vita di Muzio Attendolo Sforza, a cura di G. P. Lambertenghi, in Miscellanea di storia italiana, VII, Torino 1869, pp. 205-207; Descrizione della Città di Napoli e statistica del Regno nel 1444, a cura di C. Foucard, in Arch. stor. per le prov. Napoli, Il (1877), pp. 736, 757; I Diurnali del Duca di Monteleone, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXI, s, a cura di M. Manfredi, p. 95; Iohannis Simonetae Rerum Gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium Ducis Commentarii, ibid., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, p. 12; A. G. Sununonte, Dell'Historia della Città e Regno di Napoli, II, Napoli 1675, p. 619; A. Di Costanzo, Storia del Regno di Napoìi, Napoli 1839, pp. 243 s., 285; B. Candida Gonzaga, Memorie delle Famiglie Nobili delle Province Meridionali d'Italia, I, Napoli 1875, p. 108; N. Faraglia, Storia della Regina Giovanna II d'Angiò, Lanciano 1904, pp. 22, 91-95, 281, 383 n., 418; Id., Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò, Lanciano 1908,-p. 4; A. Cutolo, Re Ladislao d'Angiò Durazzo,Milano 1936, 1, DI). 372, 422; 11, p. 219; G. Beltrani, Gli Orsini di Lecce e di Taranto durante il Regno di Giovanna II, in Arch. stor. Per le prov. napol.,n. s., XXXVI (1956), p. 105; R. Moscati, Ricerche su Alfonso d'Aragona, in Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell'Università di Roma, 1 (1961), p. 33.