PEREDEO
– Nacque da Sundruda e da Pertuald, un facoltoso aristocratico collegato con la corte pavese e fidelis di Liutprando. Si seguono le sue vicende sin dal 720 in coincidenza con l’istituzione della chiesa e monastero di S. Michele Arcangelo detto in Cipriano, a oriente della città murata di Lucca e presso l’abitazione della famiglia del vescovo.
Nella stesura della carta di fondazione furono coinvolti a vario titolo i parenti più stretti di Pertauld come i figli Peredeo e Sundipert che appoggiarono l’iniziativa, e un nipote di nome Pietro il quale stese il documento e definì lo zio Pertuald un vir magnificus, appellativo riservato a personaggi collegati con il sovrano. L’atto chiarisce come la corte pavese non fosse il solo orizzonte politico e culturale, avendo Pertuald partecipato a un pellegrinaggio a Roma presso la tomba degli apostoli, pratica assai diffusa tra l’aristocrazia dell’Europa settentrionale. Pertuald seguì inoltre le indicazioni romane circa le regole della vita comune e previde il sostentamento di una comunità monastica organizzata gerarchicamente, ma non dispoticamente sottomessa ai suoi figli o eredi. Infine, la consistenza e la distribuzione del patrimonio donato, dall’alta Garfagnana alla Toscana meridionale, lasciano intendere un’elevata disponibilità economica che trova conferme, per es., nella divisione del patrimonio familiare del 761-762 tra Peredeo e il nipote Sunderad.
La notizia dell’ingresso di Peredeo tra le fila del clero è tarda; era ancora un diacono quando nel 750 intervenne come testimone in una charta repromissionis rogata nella cattedrale di Lucca e relativa alla chiesa di S. Regolo in Gualdo, l’area della Maritima dove i discendenti di Pertuald ebbero interessi patrimoniali.
Era già vescovo, eletto da pochissimo, tra l’inizio di luglio 754 e il settembre 755 allorquando si occupò dello stato patrimoniale dell’episcopato, inoltrando alla corte pavese la richiesta di copia di uno degli ultimi atti stipulati dal suo predecessore. L’iniziativa testimonia la crescita del titolare della cattedra episcopale lucchese quale referente politico e amministrativo; un processo già riscontrabile nel primo trentennio del secolo (durante il regno di Liutprando), ma che si rafforzò con la gestione di Peredeo e che trova ulteriore conferma nella notizia di approvvigionamenti di grano e di sale dovuti un tempo da alcuni possessori della Maritima al duca di Lucca e, dal 768, al titolare della cattedra di S. Martino.
Tra le varie iniziative riconducibili al vescovo si devono ricordare l’intensa e costante attenzione verso la moralizzazione dei costumi degli ecclesiastici e il controllo dell’organizzazione diocesana.
Rientra in questa prospettiva la rifondazione di S. Colombano, lo xenodochium nel suburbio meridionale di Lucca istituito nel 730 da tre gasindi regi e dall’arciprete Sichimund, fratello di Talesperiano vescovo, e sostenuto anche dal successore Vualprand (il predecessore di Peredeo). Non fu un’iniziativa riconducibile a esigenze di natura architettonica o di patronato artistico, come invece nel caso di S. Michele in Cipriano che fu ricostruita da Peredeo poco distante da dove Pertuald l’aveva fondata. Fu piuttosto un tentativo di ricompattare su nuove basi il sistema clientelare coagulatosi intorno alla gestione e al controllo delle istituzioni ecclesiastiche di maggior prestigio in città e sul territorio.
Altrettanta attenzione venne rivolta da Peredeo all’amministrazione delle rendite dei beni ecclesiastici; importanti novità nella maniera di definire le prestazioni lavorative, inoltre, sono state rintracciate a partire dal 777, in coincidenza con la reintegrazione di Peredeo dopo un’esperienza come ostaggio in Francia (a seguito della conquista del 774) e l’impegno nel servizio regio.
Il suo testamento si conserva in duplice copia e fu dettato dall’anziano vescovo nel marzo del 778. Difficile ipotizzare che la sua stesura sia nata dal coinvolgimento nella spedizione promossa da Carlo dietro le pressioni di papa Adriano I per riprendere Terracina e guidata dal conte di Verona Volfuino con l’ausilio di armati di Tuscia, Spoleto e Benevento. Dopo un silenzio di circa un anno, Peredeo fu nuovamente attivo a Lucca per l’ultima volta alla fine del febbraio 779.
Analogamente a quello del suo immediato predecessore Vualprand, il testamento di Peredeo mette in evidenza quali furono le linee guida del suo operato e conferma come avesse fortemente investito nel rilancio dello xenodochio di S. Colombano di Lucca. Non solo vi aveva rafforzato la vocazione all’accoglienza introducendo la tradizione di sfamare ogni settimana dodici pauperes, ma a questa attività aveva sottoposto anche la chiesa di S. Frediano di Verriana, presso S. Gervasio in Valdera, un’istituzione che secondo le parole del vescovo era stata promossa e dotata con beni di famiglia e destinata anch’essa alla susceptio peregrinorum, in realtà riconducibile a un altro gruppo familiare che ne cedette i diritti all’episcopato sotto Peredeo.
Il radicamento dei familiari di Peredeo in Lucchesia ebbe successo nel lungo periodo e diede vita al lignaggio dei Cunimondinghi dal nome di un loro esponente che ebbe forti interessi in Garfagnana.
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