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perfido

di Enrico Malato - Enciclopedia Dantesca (1970)
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perfido

Enrico Malato

D. usa due volte l'aggettivo, in If XIX 50 Io stava come 'l frate che confessa / lo perfido assessin, e in Pd XVII 47 si partio Ipolito d'Atene / per la spietata e perfida noverca.

È merito del Pagliaro aver dimostrato che nel primo luogo - e di conseguenza nel secondo - la qualifica di p. non vuole sottolineare genericamente la natura di malvagio del sicario, che è valore estensivo acquisito più tardi dal vocabolo, ma in aderenza al suo significato etimologico la slealtà del comportamento di colui che, già condannato a morte, nel momento dell'esecuzione si decide a rompere la fede e a rivelare il segreto del mandante (v. ASSESSINO). Analogamente la qualifica di " traditrice " ben più che quella generica di " malvagia " si adatta al comportamento della noverca Fedra che falsamente accusa Ippolito (cfr. Pd XVII 47). Nel senso specifico di " infedele ", " sleale ", del resto, p. era termine comune nel linguaggio religioso e profano medievale.

Bibl. - H. De Lubac, Exegèse médiévale. Les quatre sens de l'écriture, II 1, Parigi 1961, 143 ss.; Pagliaro, Ulisse 263-269.

Vocabolario
pèrfido
perfido pèrfido agg. [dal lat. perfĭdus, der. di fĭdes «fede, fedeltà, lealtà», col pref. per- indicante deviazione]. – 1. Propr., che rompe la fede o la parola data: questa innamorata sarà leale, quest’altra p. (Leopardi); più comunem.,...
perfìdia
perfidia perfìdia s. f. [dal lat. perfidia, der. di perfĭdus «perfido»]. – 1. L’esser perfido; comportamento sleale, subdolo e malvagio volto intenzionalmente a far male agli altri: conosco la sua p.; la p. degli uomini mi fa più male che...
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