Vedi PERGE dell'anno: 1965 - 1996
PERGE (v. vol. VI, p. 51)
La ripresa delle attività di scavo ha permesso un inquadramento più chiaro dei nuclei principali del centro urbano e dell'area extraurbana.
Il tessuto urbano, con l'acropoli a N, si è esteso verso S secondo uno schema regolare impostato su due grandi assi viari (N-S e E-O) risalente all'età ellenistica. A tale periodo si datano i resti più antichi: l'imponente cinta muraria e un piccolo tempio extraurbano. Di forma tendente al rettangolare e conservato soprattutto nel settore E, il perimetro murario è stato in parte rialzato in età tardo-antica; aveva camminamenti su due livelli, terminazione merlata ed era inframezzato da torri quadrangolari con un frontone timpanato in corrispondenza della facciata esterna. La porta meridionale, nella sua prima fase ellenistica, sembra prevedesse una corte a ferro di cavallo aperta verso l'esterno, con due imponenti torri circolari alle estremità, chiusa invece verso l'interno da una struttura muraria circolare con una porta centrale. Le torri, di almeno quattro piani, avevano, al terzo, le finestre alternate con scudi a rilievo e inquadrate da una decorazione architettonica a lesene con architrave e fregio dorico. Il sistema difensivo potrebbe risalire alla prima età ellenistica, ma anche ad una fase più tarda, per i possibili confronti di età seleucide (Lauter).
I resti più antichi all'interno dell'area urbana si conservano nel settore NO e risalgono alla prima età imperiale. Si tratta di un complesso a pianta quadrata, forse una palestra con annessi ambienti per lo svolgimento delle attività ginniche e scolastiche: un'iscrizione bilingue (R. Cagnat e altri (ed.), Inscriptiones Graecae ad res Romanas pertinentes, III, Parigi 1906, n. 789) riporta la dedica dell'edificio all'imperatore Claudio da parte di un notabile locale, C. Iulius Cornutus, noto anche da un'altra iscrizione sull'epistilio della porta O delle mura (CIL, III, 6734).L'area era forse precedentemente occupata dall'agorà di età ellenistica, data la sua vicinanza con l'incrocio delle due arterie principali della città J La loro sistemazione definitiva con portici appartiene invece a età imperiale e, in corrispondenza del loro incrocio nell'area settentrionale della città, si elevava un arco a campata unica orientato in senso E-O; pilastri angolari tuscanici ne ornavano i piloni, mentre il secondo ordine ionico, in corrispondenza dell'attico, era marcato agli angoli da semicolonne e chiuso dalla trabeazione canonica con cornice a dentelli, ma con una esigua campitura liscia al posto del fregio; a coronamento dell'ordine inferiore era un timpano «spezzato» sul quale s'impostava l'archivolto del fornice dell'arco: si tratta del più antico esempio finora datato con sicurezza in area microasiatica in quanto sulle due facce dell'attico correva la lunga iscrizione dedicatoria di Demetrios e Apollonios, influenti cittadini di P., in onore di Apollo e Artemide Pergàia, al tempo del legatus pro praetore C. Caristanius Fronto, ossia tra l'80 e l’84 (İnan, 1989).
I portici delle due arterie principali erano di ordine ionico (salvo rifacimenti corinzi), ornati da statue e pavimentati a mosaico, talvolta con iscrizioni relative al proprietario del retrostante esercizio e all'attività ivi svolta. A partire dal loro incrocio, l'arteria principale N-S, larga 20 m, si snoda con andamento non perfettamente rettilineo, per c.a 300 m in direzione della porta meridionale, mentre il breve tratto verso l'acropoli si concludeva scenograficamente con un ninfeo monumentale che alimentava un grande canale posto al centro della strada, largo 2 m e attraversato a intervalli da ponticelli. Il ninfeo, vera e propria mostra d'acqua monumentale a terminazione di un lungo acquedotto, è databile, in base alle iscrizioni e ai frammenti scultorei, al II sec., con rifacimenti nel III. L'impianto, a U larga, aveva nel prospetto di fondo il suo punto di maggiore impatto visivo per la presenza di una grande fontana ai cui lati si aprivano due ampi passaggi ad arco, attraverso i quali il percorso della via colonnata proseguiva fino all'acropoli; si è pertanto supposto che anche il fronte posteriore dell'edificio fosse decorato. I numerosi frammenti architettonici hanno permesso di integrare gli scarni resti della struttura in opera quadrata con un doppio ordine di colonne corinzie in corrispondenza delle due quinte laterali e del corpo centrale; quest'ultimo, più articolato, era costituito da una struttura tetrastila, sormontata da due edicole timpanate, che incorniciava la vasca e le tre retrostanti nicchie con statue: quella centrale, rappresentava Kestros, il principale fiume della Panfilia, sotto forma di divinità fluviale.
Sempre in età imperiale, lo sviluppo di P. verso S portò alla creazione di un importante polo nel settore intorno alla porta meridionale. Subito a E di quest'ultima è stata individuata un'ampia area quadrangolare identificata come quella dell'agorà e databile alla prima metà del II sec.; l'ampia piazza (m 75 per lato) era delimitata da porticati corinzi che davano accesso alle retrostanti botteghe disposte su due file, una rivolta verso la strada e l'altra verso la piazza interna; ciascuno dei quattro ingressi all'agorà è costituito da un ambiente rettangolare con due colonne in facciata mentre al centro della piazza sorgeva una costruzione circolare di cui resta solo il basamento a blocchi squadrati caratterizzato dalla presenza di otto nicchie: ricostruito con un corpo superiore di forma cilindrica e una peristasi di sedici colonne corinzie, e con una copertura conica, lo si è voluto considerare un edificio di carattere religioso, analogo al Tempio di Tyche nell'agorà della vicina Side (Mansel, 1975).
In questa zona della pitta, sono attestati alcuni importanti intçryenti urbanistici Voluti da Plancia Magna, figlia di M. Plgncips Varus, senatore romano e governatore della Bitinia, espiente di una delle più note famiglie di P., che fu anche sacerdotessa del culto imperiale. Della sua tomba resta l'alto basamento appena fuori della porta tardoantica nel settore meridionale delle mura. A lei si deve la ricostruzione del complesso della grande porta ellenistica: il perimetro della corte fu rifatto secondo uno schema inverso al precedente, in forma di ellisse dimezzata, chiusa verso l'esterno (in direzione delle torri, rimaste inalterate e utilizzate come monumentali piloni della porta) e aperta invece verso l'area cittadina (Lauter). Su questo fronte fu eretto un arco monumentale a tre fornici, sul quale trovarono posto le statue di Nerva divinizzato e di Adriano con altri membri della famiglia imperiale, mentre su ciascun lato dell'attico le iscrizioni ricordavano la munificenza di Plancia Magna. L'arco completava idealmente la ricchissima decorazione interna della corte, con doppio ordine di colonne corinzie che inquadravano ventotto nicchie contenenti statue di personaggi mitologici, di divinità e di membri della famiglia dei Planci. La stessa Plancia Magna fece decorare il muro che delimitava a O l'area immediatamente all'esterno della porta urbica con tre nicchie contenenti statue, delle quali una autocelebrativa.
Quest'area fu poi interessata da altri cospicui interventi di età severiana, quando sulla stessa parete O furono costruiti un ninfeo e il pròpylon d'accesso a un vasto complesso termale: la piazza, di forma trapezoidale, aveva così acquistato una struttura architettonicamente più definita, considerando che sull'altro lato lungo orientale correva un portico, prosecuzione di quello dell'arteria N-S. Questo secondo ninfeo (c.d. meridionale), è ricostruibile con una facciata monumentale articolata in due ordini di nicchie scandite da colonne corinzie, con corpo centrale a edicola. All'estremità S è inglobata una grande e profonda nicchia (forse in relazione con un'originaria fonte sacra) la cui decorazione, sempre su due ordini, era coronata da un timpano spezzato, nel cui rilievo frontonale la figura principale era quella di Artemide Pergàia. Le iscrizioni riportano la dedica del ninfeo alla dea, signora di P., e all'imperatore Settimio Severo e ai membri della sua famiglia, le cui statue erano collocate nelle nicchie.
Del pròpylon monumentale di accesso alle terme, dedicato anch'esso all'imperatore Settimio Severo e alla sua famiglia, resta solo il basamento marmoreo a gradini, dal quale spiccavano due file di quattro colonne corinzie con una ricca trabeazione e copertura piana; di notevole qualità i soffitti d'architrave, decorati da medaglioni centrali, tondi o romboidali, decorati a rilievo con scene mitologiche.
Il retrostante complesso delle terme meridionali, parzialmente addossato alle mura ellenistiche, ê tra i più importanti del sito e di particolare rilevanza per l'architettura delle terme-ginnasio dell'Asia Minore in età imperiale. Articolati in maniera asimmetrica, i dieci ambienti risultano disposti perpendicolarmente o parallelamente l'uno all'altro, per una superficie complessiva di circa 1 ha. Oltre alla successione in tepidarium, calidarium e frigidarium, si sono individuati altri vani con impianto a ipocausto, con piscine e probabilmente anche un complesso fontana-piscina. Un'ampia palestra era circondata da una galleria colonnata sul cui lato Ν si è pensato di riconoscere una sala imperiale, per l'ampiezza dell'ambiente e per il rinvenimento di numerosi frammenti di statue e, soprattutto, delle basi con dedica agli imperatori Augusto, Traiano e Adriano. Un lungo ambiente rettangolare absidato è attualmente noto come «galleria di Klaudios Peison», poiché questo personaggio compare come dedicante nelle iscrizioni di molte delle numerose statue - almeno trentadue - ivi ritrovate, tra le quali la c.d. danzatrice e numerose figure mitologiche.
Nella zona settentrionale della città è assai ben conservato un altro complesso termale - le c.d. terme settentrionali - in opera quadrata di travertino con solide coperture voltate e databile al III secolo. In zona suburbana si conservano gli imponenti resti del teatro e del vicino stadio. Per il deterioramento dell'iscrizione, la data precisa di costruzione del teatro è ignota, ma è plausibile che l'impianto, di tipo greco-romano, risalga al I sec. o, al massimo, al primo ventennio del II sec., forse nuovamente per intervento munifico di Plancia Magna. L'edificio è tra i più grandi e ricchi d'Asia Minore: la cavea (diam. m 113,50) aveva una capacità stimata di 14.000 spettatori; si ritiene che, nel III sec. d.C., siano stati aggiunti il summum maenianum e la transenna che circonda l'orchestra, che fu quindi usata per combattimenti gladiatori. Le testimonianze relative all'architettura della scenae frons mostrano la tipica articolazione a due ordini di colonne corinzie con edicole timpanate e statue, su un alto podio decorato con rilievi a soggetto mitologico: di particolare qualità quelle relative alla vita di Dioniso.
Tra gli altri soggetti, assai deteriorati (Lapiti, Amazzoni, Giganti e Centauri), una scena di sacrificio con al centro Tyche che sostiene nella destra l'idolo di Artemide Pergàia. Della facciata tergale, traforata da diciotto finestre, resta essenzialmente la zona basamentale, ove l'addossamento di uno spesso muro, nel quale sono ricavati cinque nicchioni, fa pensare alla costruzione in epoca più tarda (probabilmente antonina) di un ninfeo, del quale si sarebbero conservate anche alcune colonne della facciata, probabilmente su due ordini, nonché resti del bacino e del sistema di adduzione idrica.
Il vicino stadio (lungh. m 234, e larg. m 34), che poteva contenere c.a 12.000 persone, conserva gran parte delle gradinate poggianti su possenti strutture voltate, usate come depositi o botteghe: le numerose iscrizioni ritrovate col nome e la professione degli occupanti, unitamente ai frammenti della decorazione architettonica, permettono di datarlo al II sec. d.C.
Le necropoli si sviluppavano lungo le strade che partivano dalle quattro porte, in particolare da quella O, da cui provengono i numerosi sarcofagi con decorazione a rilievo (tipo c.d. panfilico).
I culti di P. sono attestati ancora solo in base a fonti epigrafiche e letterarie: non fa eccezione il tempio extraurbano di Artemide Pergàia. Si trattava di uno dei più importanti santuari della Panfilia e doveva sorgere sulla sommità di una collina presso la città almeno dal IV sec. a.C. (Ps. Scyl., Per., 83; Strab., XIV, 4,2); la sua eccezionale ricchezza e le sue dimensioni destavano ammirazione ancora in età adrianea, benché tra l’80 e il 79 a.C. fosse stato spogliato dei suoi tesori da Verre (Cic., Verr., II,1,54 e 4,71; III,3,54). Sulla collina İyilik Belen (c.a 8 km a SO della città) è stata rinvenuta un'iscrizione frammentaria con una lista di offerte, presumibilmente dedicate alla dea e quindi pertinenti al tempio (Pace). Nella zona della vicina collina di Koca Belen, a 850 m dalla porta urbica S, sono stati messi in luce gli scarsi resti di un tempio dorico, prostilo e tetrastilo le cui colonne, però, sono caratterizzate da fitte scanalature di tipo ionico; datato tra il 200 e il 150 a.C., questo tempio di piccole dimensioni (m 23 x 14) non ê stato finora riferito con certezza ad alcuna divinità (Mansel, 1975). Dal momento però che, sempre in quest'area, sono stati visti anche frammenti architettonici di ordine ionico riferibili a un tempio di grandi dimensioni, essa rimane quella più indicata per la localizzazione del famoso santuario extraurbano di Artemide, specie per la presenza di un percorso colonnato, identificato come una via sacra, prosecuzione extraurbana della principale arteria della città.
La facies tardoantica di P. è ben attestata: tra il III e il IV sec. viene fortificata l'acropoli e costruita una porta urbica antistante a quella monumentale di età ellenistico-romana, priva ormai di una reale valenza difensiva. La struttura, a blocchi squadrati, presenta un'unica apertura ad arco che, sul fronte interno decorato a nicchie, venne monumentalizzata da un pròpylon corinzio tetrastilo coronato da un frontone c.d. siriaco. Due sono le chiese individuate, una nel settore SO della città e l'altra nell'area dell'ampliamento meridionale delle mura, caratterizzate dal tipico impianto costantiniano a tre navate con ampio transetto e abside inclusa e precedute da un quadriportico (Rott, 1908). Di notevole interesse è il rinvenimento di un tetraconco con deambulatorio, che sorgeva presso il muro perimetrale Ν della c.d. palestra di C. Iulius Cornutus, ma i rapporti strutturali sono ancora incerti: l'esatto allineamento degli assi di questi due edifici permette di ipotizzare una continuità d'uso, forse con diverse funzioni, della palestra. Databile al IV sec., il tetraconco può farsi rientrare tra i più antichi esempi del tipo finora individuati nell'area vicino-orientale e non è da escludere che sia inquadrabile in quella fase di forte fervore costruttivo che coinvolse anche P. all'epoca di Costantino (Eus., Const., III, 44). Sede vescovile fino al VI sec., P. conserva molti resti che attestano un'intensa attività costruttiva in età bizantina (specie in quella giustinianea), tra i quali una grande cisterna sull'acropoli (MacKay, 1990).
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