DUCATI, Pericle
Nacque a Bologna l'ii luglio 1880 in una famiglia di origine trentina, da Angelo, avvocato, e da Efisa Mazzetti. Compiuti gli studi classici, si laureò in lettere nell'ateneo bolognese nel 1904, allievo di Edoardo Brizio per l'archeologia e di Giosue Carducci per la letteratura italiana. Negli anni seguenti frequentò la Scuola italiana di archeologia di Roma. e di Atene e nel 1908 pubblicò I vasi dipinti nello stile del ceramista Midia. Contributo allo studio della ceramica attica, in Mem. della R. Accad. dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, XIV, pp. 93-174, senza dubbio il contributo più rilevante e di maggior respiro della sua prima attività scientifica dedicata principalmente allo studio dell'arte greca. Ispettore presso il Museo civico di Bologna dal 1909, sotto la direzione di Gherardo Ghirardini, nel 1912 ebbe la cattedra di archeologia nell'università di Catania.
A Catania il D. restò per tre anni accademici, in un periodo che vide l'incremento delle sue ricerche sulla storia dell'arte etrusca (dal Contributo allo studio degli specchi etruschi figurati, in Römische Mitteilungen, XXVII [1912], pp. 243-285, alle Pitture funerarie degli Etruschi, in Atene e Roma, XVII [1914], pp. 129-144, alle Osservazioni di demonologia etrusca, in Rend. della R. Accad. dei Lincei, s. 5, XXIV [1915], pp. 515-580, alla memoria Sui riti funebri dei sepolcreti etruschi felsinei, in Attie mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 4, V [1915], pp. 415-469), in aggiunta alle indagini sulla pittura vascolare greca culminate nel Saggio di studio sulla ceramica attica figurata del sec. IV av. Cr., pubblicato nel 1916, in Mem. della R. Accad. dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, XV, pp. 273-369.
Chiamato all'insegnamento dell'archeologia nell'università di Torino nel 1916, il D., oltre ad attendere alla pubblicazione di ricerche dedicate, ad esempio, alla definizione degli Aspetti dell'arte in Etruria, in Atene e Roma, XIX (1916), pp. 169-187, o allo studio della Sedia Corsini, in Monumenti antichi pubblicati a cura della R. Accad. dei Lincei, XXIV (1916), coll. 401-458, avviò la stesura della prima edizione di un manuale di storia dell'Arte classica (Torino 1920), che voleva essere anzitutto "basato ... su di una valutazione ... adeguata e su di una metodica distribuzione dei monumenti", non potendo la storia dell'arte antica essere condotta "sulla documentazione degli artisti", come la storia dell'arte medievale e moderna: sarebbe stata la successione dei monumenti ad offrire al lettore "dalla nascita alla morte uno sviluppo organico in varie fasi", un'evoluzione "lenta e progressiva", senza "bruschi passaggi" e senza "recise interruzioni" in cui si dovesse ammettere "una impronta decisamente personale". Nel corso della trattazione non sarebbe stata seguita la "ripartizione in architettura, scultura, pittura, arti minori", ma si sarebbe "cercato di riconnettere e di fondere insieme vari generi artistici appartenenti a determinati indirizzi". Le vicende dell'arte greca e dell'arte italica non sarebbero state trattate separatamente; ma ne sarebbero stati esaminati "i monumenti sincroni" (pp. VII-XI).
Il D. passò quindi a Bologna a ricoprire, nel 1920, la cattedra di archeologia che era stata di Ghirardini e ad assumere, nel 1921, la direzione del Museo civico.
A Bologna fu portata a compimento la Storia della ceramica greca, in due volumi stampati a Firenze con la data del 1922 il primo, senza data il secondo (ma, certamente, 1923), opera d'impianto non propriamente solido e neppure organico, ma lucida nell'esposizione, con la quale si preferiva dare, più che una sintesi, "una scelta commentata di monumenti rappresentativi" (Mansuelli, 1946, p. 10). Ancora nel 1923 uscivano il Contributo allo studio dell'arce etrusca di Marzabotto, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 4, XIII, pp. 69-106; la Guida del Museo civico di Bologna (Bologna); e l'ampia monografia che cercava di precisare le caratteristiche della produzione figurativa del "villanoviano" bolognese in rapporto con quella della civiltà atestina (La situla della Certosa, in Mem. dell'Accad. delle scienze dell'Istituto di Bologna, s. 2, V-VIII [1920-23], pp. 23-95). Un disegno dell'Arte di Grecia e di Roma, concepito "ad uso delle scuole e delle persone colte * e pubblicato a Torino nel 1924, necessitò ben presto di una nuova edizione realizzata ancora una volta a Torino l'anno seguente.
Nel 1925 venivano stampati a Torino (senza indicazione di anno) i due volumi dell'Etruria antica, un compendio agile ed apprezzato per concretezza, eleganza di stile ed efficacia di espressione. Due anni dopo ne sarebbe stata realizzata una seconda edizione; mentre a Firenze il Comitato permanente per l'Etruria patrocinava l'edizione della Storia dell'arte etrusca e la Società editrice d'arte illustrata (Roma-Milano) si assicurava la collaborazione del D. e di Giulio Quirino Giglioli per un nuovo testo di Arte etrusca.
Indubbiamente l'Etruria era di moda (Reinach, luglio-dicembre 1927, p. 314); ma per il D. non si trattava di seguire una moda. 1 suoi contributi erano il risultato di un interesse coltivato da lungo tempo, che nell'epigrafe dedicatoria dell'Etruria antica faceva risalire volentieri all'insegnamento di Brizio. E per la Storia dell'arte etrusca va sottolineato che si trattava, dopo quello di Jules Martha (L'art eltrusque, Paris 1899), del primo tentativo che si faceva "di collocare e di classificare nel tempo in varie e successive fasi di progresso e di regresso delle forme il patrimonio dell'arte etrusca". Notevole, comunque, il tentativo di distinguere nel complesso della produzione artistica esaminata aspetti e manifestazioni proprie dei "vari centri" e delle "differenti regioni del territorio dell'Etruria", al di là dell'impronta unitaria che essa mostrava per essere quasi "un innesto, avvenuto a più riprese, talora anche con intervalli più o meno brevi" dell'arte greca (p. 9).
Negli stessi anni in cui si dedicava alla storia dell'arte e della civiltà etrusca (nel 1928 sarebbe stato stampato a Roma un altro lavoro d'insieme intitolato agli Etruschi) il D. attendeva alla composizione del primo volume (I tempi antichi) della Storia di Bologna pubblicata a cura del Comune (Bologna 1928), e vi descriveva "la successione stratigrafica delle varie culture" che avevano fatto la storia della città rapportando eventi e condizioni locali "allo sviluppo generale delle civiltà" dell'Italia antica (Mansuelli, 1946, p.8). A tutta questa produzione etruscologica (sono sempre del 1928 la Guida alle antichità di Marzabotto e di Bologna, in Studi etruschi, II, pp. 773-790, e lo studio sui Demoni infernali etruschi, in Nuova Antologia, 1° febbraio, pp. 337-351) si affianca la nuova indagine su Prassitele (Firenze 1928), considerato, per le attestazioni della sua attività in diverse regioni del mondo greco, un "artista itinerante" attivo fra Peloponneso, Attica ed Asia.
Negli anni seguenti, prima dei Pontische Vasen pubblicati nei Bilder griechischer Vasen, a cura di J. D. Beazley e di P. Jacobsthal (V, Berlin 1932), non si registrano interventi di rilievo da parte del Ducati. Cresce, invece, e di molto, la sua collaborazione a giornali, a periodici e ad enciclopedie: da Polemica a Gerarchia, da Leonardo all'Illustrazione italiana, dal Telegrafo all'Ordine fascista, dal Giornale di Genova al Comune di Bologna, dal Resto del carlino al Corriere della sera, dalle Vie d'Italia all'Enciclopedia Italiana. Si tratta di un centinaio di articoli, che nelle intenzioni del D. dovevano essere divulgativi e di facile lettura, e, al tempo stesso, articolati e precisi, in cui si affrontavano temi di archeologia e di storia dell'arte antica, oltre che di tutela del patrimonio archeologico, di commercio antiquario e di frodi in archeologia. Interessanti, perché rivelatori del comportamento del D., gli interventi destinati a periodici di stampo dichiaratamente fascista. Il D., che al fascismo aveva assicurato per tempo la propria adesione (nel 1925 aveva preso parte al convegno di Bologna "per le istituzioni fasciste di cultura" e firmato il Manifesto degli intellettuali del Fascismo), si adoperava volentieri per trasferire temi e vicende di storia antica, in primo luogo dell'Etruria e di Roma, nelle giustificazioni ideologiche del nuovo regime. Ma i suoi contributi riuscivano, per cosi dire, sdoppiati: le pagine (spesso conclusive) di contenuto più espressamente di parte si giustapponevano, come scisse e senza alcun intimo legame, ad una precedente rigorosa esposizione dei fatti.
Dal 1933 in avanti, in anni dominati dalle collaborazioni al Corriere della sera ed all'Enciclopedia Italiana, il D. affiancò alla cura della quarta edizione dell'Arte di Grecia e di Roma (Torino 1933: la quinta avrà la data del 1938) ed alla composizione del primo volume (Milano 1936) della Storia d'Italia diretta da Pietro Fedele (L'Italia antica dalle prime civiltà alla morte di Cesare) la pubblicazione, a scopo divulgativo, di una storia della Scultura romana e della Scultura etrusca (Firenze 1934), parallelamente ad un'esposizione delle vicende della Scultura greca, in quattro volumi dedicati alla trattazione dell'Arcaismo, dei Tempi aurei (in due parti) e dell'Ellenismo (ibid. 1934).
Assolutamente convinto della "funzione educativa e sociale della divulgazione", il D. riteneva inutile, in tema di storia dell'arte antica, avanzare nuove teorie generali e tendeva "piuttosto che ad una ricostruzione storica, alla valutazione delle singole opere", rilevando per ciascuna di esse "l'efficacia emotiva, i sentimenti" suscitati nell'osservatore ed indicando, lui "maestro del pubblico", nei caratteri dei diversi autori e delle singole correnti "analogie e rapporti, anticipazioni e ritorni" (Mansuelli, 1946, pp. 10-11). Nel 1937 pubblicava Le pitture della tomba delle leonesse e dei vasi dipinti, in Monumenti della pittura antica scoperti in Italia, I, 1, pp. 1-22, severamente recensite da Ranuccio Bianchi Bandinelli (Studi etruschi, XII [1938], pp. 377-379).
Con Bianchi Bandinelli il D. aveva discusso il 22 ottobre di quell'anno dei caratteri del ritratto etrusco in età ellenistica ed aveva dichiarato di "non saper seguire certe ... tendenze filosofeggianti" (con riguardo specialmente alle "ricerche di struttura" di Guido von Kaschnitz-Weinberg): egli preferiva continuare a dichiararsi "seguace e discepolo" dell'archeologia filologica di Adolf Furtwängler e, in ultima istanza, rimanere fermo a quella concezione rigidamente evoluzionistica della storia dell'arte antica (dalle origini ad un periodo di massima fioritura, alla decadenza), che era stata di Johann Joachim Winckelmann (Bianchi Bandinelli, 1937, p. 493).
Nel 1938 il D. pubblicava a Parigi Le problème étrusque, con il quale ribadiva l'identificazione, già suggerita da Brizio (La provenienza degli Etruschi, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 3, III [1885], pp. 119-234), degli Etruschi con i portatori della civiltà orientalizzante e degli Umbri con i precedenti incineratori villanoviani. L'anno seguente stampava a Torino la terza edizione "interamente riveduta" dell'Arte classica e nella prefazione (pp. XV-XVI) non mancava di polemizzare con chi voleva che le opere d'arte fossero valutate secondo un'oggettiva "distribuzione di valori ... diversi nei diversi tempi" e con chi riteneva, secondo il rilievo di Bianchi Bandinelli (1973, p. 47), una pura occasione di "sterili frasi" e di "cattiva letteratura" la considerazione della "sola esteriorità formale" e la descrizione dei sentimenti provocati negli spettatori dall'opera d'arte. Contemporaneamente mandava in stampa L'arte di Roma dalle origini al sec. VIII (Bologna 1939), per contribuire a quella Storia di Roma, "finalmente romana e italiana", patrocinata dal regime e pubblicata per cura dell'Istituto di studi romani. Negli anni seguenti si adoperava per l'edizione di uno dei quaderni dedicati, all'indomani della promulgazione delle leggi razziali e sempre per iniziativa dell'Istituto di studi romani ' al tema dei rapporti fra "civiltà di Roma e problemi della razza" (Italia preromana e stirpe italica, Roma 1940) e per la pubblicazione di un nuovo libro divulgativo sulla Pittura etrusca, italo-greca e romana, realizzata a Novara ed a Vienna contemporaneamente (1941).
Con la partecipazione dell'Italia al secondo conflitto mondiale il D. parve piegarsi su questioni di preistoria e di protostoria, massime dell'Emilia e della Romagna (Preistoria e protostoria dell'Emilia, Roma 1941), e di antichità bolognesi. Ne traeva motivo dai materiali del Museo di Bologna. Il quale, tuttavia, sotto la sua direzione. anche per i contrasti insorti con la nuova soprintendenza alle Antichità affidata alle cure di Salvatore Aurigemma, aveva finito per essere escluso da ogni attività di tutela e di ricerca, fino a diventare di fatto un museo "chiuso", senza alcun incremento delle sue collezioni, nemmeno con i nuovi pezzi che si rinvenivano sporadicamente nell'area urbana (Morigi Govi, p. 476).
Alle deliberazioni del Gran Consiglio il 25 luglio e, soprattutto, alla firma dell'armistizio l'8 sett. 1943 il D. reagì rinnovando la sua lealtà al partito fascista ed aderendo quindi alla Repubblica sociale italiana. Il 23 dicembre fu nominato componente del tribunale provinciale straordinario per la provincia di Firenze (presidente, Umberto Amaduzzi); ma il 16 febbr. 1944, nelle settimane di tensione che si ebbero a Bologna dopo le condanne a morte comminate dal tribunale speciale di guerra per l'uccisione di Eugenio Facchini (28 gennaio), fu "revolverato" per rappresaglia. Morì, per le ferite riportate, il 17 ottobre seguente a Cortina d'Ampezzo (Belluno).
Presidente della Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna e della sezione bolognese dell'Istituto di studi romani, il D. fu vicepresidente dell'Istituto di studi etruschi, socio dell'Accademia dei Lincei e dell'Accademia d'Italia, della Pontificia Accademia romana di archeologia, dell'Istituto archeologico germanico, dell'Accademia romana di S. Luca e di quella Etrusca di Cortona.
Un elenco di più di mille titoli di opere del D., in Mansuelli, 1946, pp. 19-46.
Bibl.: Necrologie in Corriere della sera, 10 nov. 1944; L'Illustrazione italiana, 12 nov. 1944, pp. I, 712; Studi etruschi, XIX (1946-47), pp. 395 s.; G. A. Mansuelli, In memoria di P. D.: 1880-1944, Bologna 1946; Id., P. D., in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per l'Emilia e la Romagna, IX (1943-44), pp. 3-5; G. Q. Giglioli, Commemoraz. del socio P. D., in Rend. della Pont. Acc. romana di archeologia, XXVII (1951-52), pp. 111-135 (con elenco delle opere, fornito da G. A. Mansuelli a pp. 119- 135). Si veda inoltre: S. R[einach], in Revue archéologique, gennaio-giugno 1926, p. 365; gennaio-giugno 1927, p. 309; luglio-dicembre 1927, pp. 314 s.; R. Bianchi Bandinelli, La riunione della Sezione archeologica, in Studi etruschi, XI (1937), pp. 489-494; Id., Storicità dell'arte classica (1943), Bari 1973, ad Indicem; Id., Introduzione all'archeologia classica come storia dell'arte antica, a cura di L. Franchi Dell'Orto, Roma-Bari 1976, ad Indicem; M. Cristofani, L'arte degli Etruschi. Produzione e consumo, Torino 1978, ad Indicem; L. Canfora, Ideologie del classicismo, Torino 1980, ad Indicem; D. Manacorda, Per un'indagine nell'archeologia italiana durante il ventennio fascista, in Archeologia medievale, IX (1982), pp. 443-470; G. Morigi Govi, Il Museo dopo il 1821: attività e progetti, in Dalla Stanza delle antichità al Museo civico. Storia della formazione del Museo civico archeologico di Bologna, a cura di C. Morigi Govi-G. Sassatelli, Bologna 1984, pp. 475-480; M. Pallottino, Etruscologia, Milano 1984, ad Indicem; L. Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Palermo 1985, ad Indicem; M. Cagnetta, Antichità classiche nell'Enciclopedia Italiana, Roma-Bari 1990, ad Indicem. Per le condizioni di archeologia, filologia classica e storia antica, nelle quali operò il D. fra 1915 e 1945, si veda G. Bandelli, Le letture mirate, in Lo spazio letterario di Roma antica, a cura di G. Cavallo - P. Fedeli - A. Giardina, IV, Roma 1991, pp. 361-397.