PERIEGETI (περιηγηταί)
Questa parola ὁ περιηγηρής, usata in alcuni documenti epigrafici greci di età romana nel significato di carica sacerdotale (I. G., iii, 721, 1335; iv, 723; xii, 2, n. 484) è però ben più nota nel senso di guida per forestieri. Il verbo περιηγεῖσϑαι viene talora usato nel significato di "descrivere" mentre ξεναγεῖν vale talora "introdurre". Sarà, per il nostro scopo, anzitutto da distinguere la περιήγησις come descrizione geografica, alla quale appartiene l'opera di Dionisio il periegeta (Eustath. in Dion., p. 211, 30; 213, 3 ss.; 214, 30 ss.) o dello pseudo Scimno (vv. 91 ss.), da quella che costituisce un genere letterario tutto particolare. Quest'ultima, pur conservando certe descrizioni geografiche, dà una quantità di notizie storiche, mitiche, religiose ed antiquarie, che si ricollegano alla antica ἱστορία ionica di Ecateo e di Erodoto, come ha rilevato il Pasquali. È questa che interessa lo storico dell'arte antica, e ad essa ha dato un contributo fondamentale il più notevole dei p. che conosciamo, Pausania (v.). Qui ci occuperemo dei p. minori che hanno preceduto Pausania, dei quali ci è rimasta qualche testimonianza utile ai fini della storia dell'arte classica.
Diodoro il p., vissuto nei primi decennî del III sec. a. C., è autore di un'opera intitolata Περὶ μνημάτων e di un'altra Περὶ τῶν δήμων, ambedue relative all'Attica (cfr. Plut., Quaest. conv., v, 3, = 1 e viii, 4, 3). Più informati siamo su Eliodoro di Atene, anch'egli indicato come p., autore di un'opera in 15 libri sull'acropoli di Atene, della quale si ricorda soltanto però il i libro (Athen., vi, 229 E); qualche filologo gli ha anche attribuito le descrizioni che si trovano nelle Vite dei dieci oratori dello pseudo Plutarco, ma senza argomenti decisivi. I pochi frammenti che son giunti della sua opera attestano una certa cura dei dettagli monumentali; i più interessanti frammenti riguardano la costruzione dei Propilei e quella della statua di Atena Nike. Probabilmente è vissuto nella seconda metà del II sec. a. C.
Più noto è Polemone di Ilio; dalle liste delfiche risulta che egli fu prosseno nel 177-176 a. C. (Syll. inscr. Gr., 1i3, 585); visse ai tempi di Tolomeo Epifane come ci dice la Suda. I titoli che ci restano ed i frammenti rivelano ampiezza di interessi ed accurata preparazione dei materiali che servivano di base alle sue ricerche; pare che si servisse anche di documenti epigrafici, e questa sua tendenza gli fece dare ironicamente l'appellativo di στηλοκόπας = (Athen., vi, 234 d). L'opera più importante era su Atene e sugli anathèmata dell'Acropoli; una parte riguardava i quadri che erano conservati nei Propilei, un'altra i demi attici e la Via Sacra; altre opere, infine, descrivevano la stoà poikìle di Sicione, i thesauròi delfici, e la città di Ilio (in tre libri), la città di Pisa nell'Elide con gli agoni olimpici, le ktìseis delle città della Focide, del Ponto e della Sicilia; altre ancora trattavano dei fiumi, delle antichità sacre, del viaggio di Eratostene il geografo ad Atene, e di una polemica contro lo storico Timeo e contro lo scultore ed erudito Antigonos di Caristo. Di carattere periegetico sembra che fosse lo ῾Ελλαδικός che dava ad esempio il numero degli ex voto femminili contenuti nel santuario di Olimpia e che trattava anche del santuario di Delfi; le ῾Ελληνικαί ἱστορίαι contenevano molte notizie di carattere mitologico. Gli interessi di Polemone sembrano tuttavia di natura scientifica e non pare che la sua periegesi avesse uno scopo pratico.
Invece i due frammenti che ci sono giunti di un papiro di Hawara dimostrano intenti pratici di descrizione concreta. Il testo originale era probabilmente già scritto nel III sec. a. C., ma il papiro risale soltanto alla fine del I d. C. I frammenti trattano principalmente delle località portuali del Pireo e del Falero, della forma del porto di Atene paragonata a quella di un kàntharos, dell'orologio solare del porto di Zea, del tempio di Artemide a Munichia, della lunghezza delle mura del Pireo e del Falero.
Un altro periegeta è Eraclide, vissuto forse tra il 260 ed il 229 a. C. che nelle sue opere rivela interessi topografici. L'opera principale si intitolava forse Περὶ τῶν ῾Ελλάδος πόλεων, e di essa ci è giunto un riassunto di Dicearco. Interessante è il giudizio di carattere urbanistico su Atene; se ne biasimano la irregolarità delle strade e la povertà delle case "tanto che gli stranieri lì per lì vedendola non crederebbero che si tratti della celebre città di Atene" e soltanto si persuaderebbero quando vedessero i famosi monumenti. Altre notizie riguardano le città della Beozia come Oropos, Tanagra e Tebe (della quale si sottolineano i costumi femminili) e la piccola città di pescatori di Anthedon ed infine Calcide in Eubea "ricca di palestre, di portici, santuarî, teatri, statue e di un'agorà".
Anteriore a Silla (86 a. C.) sembra la periegesi di Menecle e Callicrate che riguardava Atene e specialmente il Ceramico e le sue tombe.
Bibl.: Sui periegeti considerati: C. Müller, Fragmenta Historicorum Graecorum, nn. 679-689; L. Preller, Polemonis fragmenta, Lipsia 1883; M. Bencker, Der Antheil der Periegese in der Kunstschriftestellerei der Alten, Diss., Monaco 1890; B. Keil, in Hermes, 30, 1895, p. 199 ss.; F. Drexel, in Ath. Mitt., XXXVII, 1912, p. 119 ss.; G. Pasquali, in Hermes, 48, 1913, p. 161 ss.; H. Hitzig, in Festgabe H. Blümner, 1914, p. i ss.; U. Wilcken, in Genethliakon C. Robert, 1910, p. 191 ss.; H. Bischoff, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, c. 725 ss., s. v. Perieget; W. Judeich, Topographie von Athen, Monaco 1931, pp. 11; 211 ss.; H. Pernice, in Handbuch der Archäologie, Monaco 1939, I, p. 240 ss.