Vedi PERIKLYMENOS dell'anno: 1965 - 1965
PERIKLYMENOS (Περικλύμενος)
Figlio di Neleo, o, secondo altri, di Posidone, ricordato in Euripide (Fenicie, v. 1156) e di Clori. Appartiene all'epopea tebana, giacché è fra i più accaniti difensori della città dall'assalto dei Sette. Uccide Partenopeo, a quel che narra Pausania (ix, 18, 6), lanciandogli sulla testa un macigno divelto dalle mura, e ucciderebbe anche Anfiarao, che già incalza alle spalle, se Zeus non squarciasse la terra con la sua onnipotente folgore seppellendo nelle sue viscere il carro dell'indovino (su questo episodio cfr. Pind., Nem., ix, vv. 57 ss.).
La tradizione tramandata sotto il nome di Mimnermo, secondo cui P. sarebbe stato l'amante di Ismene, e con essa sarebbe stato ucciso da Tideo, καρὰ ᾿Αϑηνᾶς ἐγκέλευσις, può risalire allo stesso ciclo della Tebaide, anche se l'unico documento figurato che abbiamo con la tragica scena mostra P. nudo che fugge davanti a Tideo, onde se ne ha quasi una contraddizione col carattere bellicoso che nelle fonti sopra menzionate è attribuito all'eroe. Si tratta di un'anfora corinzia da Caere, nella Collezione Campana, rappresentante Tideo nudo, dipinto di bruno, che si appresta a trafiggere Ismene, distesa sulla kline, con il busto scoperto, mentre P., anch'egli completamente nudo, ma dipinto di chiaro, fugge verso sinistra, ove è a cavallo lo scudiero di Tideo, Clito. In basso un fregio con due sfingi e un'arpia. Per il Welcher la scena, ben individuata nei suoi componenti grazie alle iscrizioni con i nomi che li accompagnano, avrebbe luogo all'aperto, davanti alla città, ma egli stesso è poi il primo a rendersi conto dell'assurdità di una scena d'alcova (e a ciò sembra proprio alludere la nudità d'Ismene) all'aria aperta. Più esattamente il Robert pensa che essa si compia nelle stanze della reggia tebana ove P. viene sorpreso con l'amata.
Bibl.: H. Lewy, in Roscher, III, 2, 1902-1909, c. 1967-68, s. v., n. 3. Sull'anfora ceretana: Mon. Inst., VI, 1858, tav. XIV; F. G. Welcher, Alte Denkmäler, V, Gottinga 1864, pp. 253-60, tav. XIV; C. Robert, Bild und Lied. Archäologische Beiträge zur Geschichte der griechischen Heldensage (= Philologische Untersuchungen, V), Berlino 1881, pp. 20-1, nota 19.