periodo ipotetico
Il periodo ipotetico (detto meno spesso costrutto condizionale) è una costruzione formata da due frasi, la principale (detta apodosi, cioè «conseguenza») e una subordinata ipotetica (detta protasi, cioè «premessa»; detta anche, più di recente, condizionale) introdotta dalla congiunzione se. Tra le due frasi si instaura una relazione di coerenza (➔ coerenza, procedure di). Tipicamente, il periodo ipotetico codifica un ragionamento naturale, il cosiddetto ragionamento ipotetico.
Il ragionamento ipotetico concerne le cause degli eventi o i motivi delle azioni. Invece di ragionare su cause e motivi reali, però, ragioniamo su cause o motivi non reali: possibili, irreali o addirittura impossibili. Una condizione è una causa o un motivo non reale. In un costrutto causale come (1) si ragiona sulla relazione di causa tra due fatti realmente accaduti:
(1) la neve si è sciolta perché è piovuto
In un costrutto ipotetico come (2) si immagina la stessa relazione causale, però la causa non è data come reale ma solo come possibile. Lo stesso vale per (3) e (4), ove si parla di motivi dell’azione (➔ finalità, espressione della):
(2) se piove, la neve si scioglierà
(3) Laura si è iscritta a lingue per diventare interprete
(4) se Laura volesse diventare interprete si iscriverebbe a lingue
Anche i motivi del dire possono dar luogo a ragionamenti condizionali: è il caso dell’es. (5), che si interpreta come «se hai fame, ti comunico che c’è un bar aperto dietro l’angolo»:
(5) se hai fame c’è un bar aperto dietro l’angolo
Del pari, il costrutto ipotetico codifica processi di inferenza:
(6) se il frigo è vuoto, è tornata Silvia
che significa «se il frigorifero è vuoto, non può averlo svuotato che Silvia, quindi Silvia è tornata».
Sebbene il contenuto della relazione sia lo stesso, ragionare su cause o su condizioni è profondamente diverso. In un ragionamento causale, la causa è reale, dunque è ozioso chiedersi che cosa sarebbe accaduto se la causa non si fosse verificata. In un ragionamento ipotetico, invece, la realtà della causa è sospesa, e ha quindi senso chiedersi non solo che cosa succede nel caso in cui la protasi si verifica, ma anche che cosa succede nel caso in cui la protasi non si verifica.
Se la protasi p si verifica, la risposta è semplice: al suo verificarsi segue l’effetto q. In (2), ad es., se piove (protasi), la neve si scioglie (apodosi). Se p non si verifica, invece, non possiamo escludere che q si verifichi per un’altra causa: la neve, ad es., potrebbe sciogliersi per il vento caldo. Il costrutto condizionale presenta la protasi come una causa di q, ma non esclude altre possibili cause. In termini tecnici, p è data come condizione sufficiente, ma non necessaria, di q. Se vogliamo escludere altre possibili cause, possiamo usare il costrutto cosiddetto bicondizionale (7), che presenta la premessa p come sola possibile causa di q, o, in termini tecnici, come condizione necessaria e sufficiente di q:
(7) solo se piove la neve si scioglierà
In quanto mezzi di codifica, i costrutti condizionale e bicondizionale sono nettamente distinti, come mostra il confronto tra (8) e (9): (8) è coerente perché l’intervento di una causa diversa dalla pioggia è ammesso; (9), viceversa, è incoerente, in quanto una causa diversa è esplicitamente esclusa:
(8) se piove la neve si scioglierà; però potrebbe sciogliersi anche per il vento caldo
(9) ?solo se piove la neve si scioglierà; però potrebbe sciogliersi anche per il vento caldo
Nella dinamica comunicativa, tuttavia, il costrutto condizionale tende a essere interpretato come se fosse un bicondizionale. Di fronte all’enunciazione di (2), ad es., un interlocutore è portato a ritenere che se non piove la neve non si scioglierà. La ragione di ciò non va cercata nel significato del costrutto (cioè nella semantica), ma nella pragmatica, cioè negli atteggiamenti e nelle aspettative del parlante e dell’ascoltatore che accompagnano l’uso. Il fatto stesso che il parlante abbia messo a fuoco una tra le infinite cause possibili – nel nostro caso, la pioggia – porta l’interlocutore a ritenere che tutte le altre, per quanto ipotizzabili, non siano rilevanti per il verificarsi dell’effetto.
L’effetto pragmatico, chiamato implicito di bicondizionalità, è ancora più vistoso se invece di un fenomeno naturale mettiamo a fuoco il comportamento motivato di una persona. Immaginiamo un padre che dice a suo figlio: se finisci i compiti ti lascio andare a cinema. Privo dell’implicito se non finisci i compiti non esci, il messaggio è insensato.
La relazione condizionale si esprime di preferenza nel periodo ipotetico: se grandina (protasi), il raccolto andrà perso (apodosi). Nel discorso, il ragionamento condizionale ricorre molto volentieri anche alla sequenza, che in molti contesti esalta la sua forza argomentativa.
Il periodo ipotetico si esprime in italiano con due sistemi, uno standard, di registro medio-alto, e uno più colloquiale, di registro substandard (➔ registro).
3.1.1 Il sistema substandard. Il sistema substandard ha due forme. La prima, che si serve dell’➔imperfetto o del ➔ trapassato prossimo indicativo tanto nella protasi che nell’apodosi, esprime l’irrealtà:
(10)
a. se Giorgio partiva prima prendeva il treno
b. se avevo preso il treno delle nove a quest’ora ero già arrivato
La seconda, che ha tutti gli altri tempi dell’indicativo, esprime la possibilità:
(11)
a. se vieni subito ti accompagno al treno
b. se Giorgio è già uscito prenderà il treno
Oltre che negli usi colloquiali, il sistema substandard compare in testi di registro più alto con funzione di mimesi del parlato spontaneo:
(12) se mi s’accostava un passo di più, lo infilavo, il birbone (Alessandro Manzoni, I promessi sposi XXXIV)
Sono anche frequenti, non solo nel parlato, i casi di contaminazione tra i due sistemi:
(13) Che Italia avremmo avuto se capitava dieci anni fa (titolo del «Corriere della sera»).
3.1.2 Il sistema standard. Il sistema standard ha tre forme, dette tradizionalmente periodo ipotetico della realtà, della possibilità e dell’irrealtà.
La forma detta della realtà ha un tempo dell’indicativo tanto nella protasi che nell’apodosi:
(14) se Mauro viene entro le nove lo accompagno al treno
La forma detta della possibilità ha il congiuntivo imperfetto nella protasi e il condizionale semplice nell’apodosi:
(15) se Mauro venisse entro le nove lo accompagnerei al treno
La forma detta dell’irrealtà ha il congiuntivo trapassato nella protasi e il condizionale composto o semplice nell’apodosi:
(16) se Mauro fosse venuto entro le nove lo avrei accompagnato al treno
Nelle forme della possibilità e dell’irrealtà, la protasi può essere priva della congiunzione se, soprattutto quando il soggetto è sottinteso:
(17) avessi avuto i soldi, avrei comprato quel rustico
Tale struttura si presenta anche in alcune frasi fatte:
(18) fossi in lui, farei diversamente
Il sistema standard si distingue quindi dal substandard perché offre tre opzioni invece di due. La scelta, tuttavia, è comunque tra la possibilità e l’irrealtà, in quanto la realtà della protasi è incompatibile con la relazione condizionale. Vediamo dunque nel dettaglio come i due valori si distribuiscono fra le tre forme.
La forma detta dell’irrealtà suggerisce in prima istanza che il fatto indicato dalla protasi non sia reale, come mostra l’esempio seguente:
(19) se Giorgio avesse preso il treno delle due a quest’ora sarebbe a casa
Tuttavia, la possibilità nel passato, anche se di grado basso, non è esclusa in presenza di un contesto coerente, per es.:
(20) prova a telefonare a Giorgio: se avesse preso il treno delle due a quest’ora sarebbe a casa
La forma detta della possibilità si comporta in modo simile. In prima istanza, suggerisce la possibilità della protasi (21); tuttavia, non esclude l’irrealtà nel presente (22):
(21) se Mauro fosse in casa lo accompagnerei al treno
(22) peccato che il telefono squilli a vuoto: se Mauro fosse in casa lo accompagnerei al treno
Il comportamento della forma detta della realtà è ancora più complesso. L’opzione favorita non è la realtà, ma la possibilità:
(23) se piove restiamo in casa a giocare a carte
La realtà può essere attivata in presenza di un contesto coerente, ma in questo caso la relazione ipotetica si disattiva, per fare posto alla causa o al motivo, come nel dialogo:
(24)
– Piove
– Se piove restiamo in casa a giocare a carte
Il paradigma delle forme standard offre dunque due opzioni alternative per l’espressione della possibilità. La forma detta della realtà suggerisce una possibiltà di grado alto, mentre la forma detta della possibilità suggerisce una possibiltà di grado basso. Per questo l’uso della prima forma è coerente in un contesto come quello dell’es. (25), mentre l’uso della seconda è coerente in un contesto come quello di (26):
(25) credo che Mauro sia in casa: se è in casa lo accompagno al treno
(26) credo che Mauro non sia in casa: se fosse in casa lo accompagnerei al treno
Il sistema substandard, in definitiva, non è solo un’opzione di registro meno alto per esprimere gli stessi messaggi, ma uno strumento più povero di opzioni.
Ci sono alcune forme di periodo ipotetico che non si comportano secondo le attese e che sono interessanti per le loro proprietà discorsive, messe in evidenza dagli usi letterari: si tratta dei costrutti cosiddetti biaffermativi, binegativi e controfattuali.
I costrutti biaffermativi sfruttano la forma detta della real-tà: il parlante concede all’interlocutore una premessa data come vera per rivendicare un’affermazione data come altrettanto ben fondata. Per questo il costrutto si presta a un uso polemico, come nel dialogo tra Dante e Farinata nell’Inferno (X, 46-51):
(27) Poi disse [Farinata]: «Fieramente furo avversi
a me e a miei primi e a mia parte,
sí che per due fïate li dispersi».
«S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte»,
rispuos’io lui, «l’una e l’altra fïata;
ma i vostri non appreser ben quell’arte»
Come risulta dall’esempio, il nesso tra protasi e apodosi non si giustifica per i contenuti, ma rivendica un diritto di parola: «se tu hai il diritto di affermare p, allora non puoi negarmi il diritto di affermare q».
Anche i costrutti binegativi sfruttano la forma della realtà per rivendicare un diritto di parola, ma con orientamento capovolto: un binegativo sfrutta la palese assurdità della conseguenza per screditare una premessa:
(28) se tu sei una persona sincera io sono Giulio Cesare
Il costrutto controfattuale è, come la ➔ metafora, un gioco dell’immaginazione, che ci fa ipotizzare una situazione impossibile per spingerci a trarne tutte le conseguenze con coerenza spietata. Un esempio famoso è il sonetto LXXXVI di Cecco Angiolieri (vv. 1-4):
(29)
S’i’ fosse fuoco, ardereï ’l mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempesterei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei
s’i’ fosse Dio, mandereil’ en profondo
Le cosiddette condizionali libere (Lombardi Vallauri 2004; 2010) sono atipiche in quanto compaiono prive dell’apodosi:
(30) se lo dici tu ...
(31) Se la cosa dipendesse da me ... (Manzoni, I promessi sposi I)
(32) Un agnello se nessun lo tocca, ma se uno vuol contraddirgli ... (Manzoni, I promessi sposi I)
Non si tratta, palesemente, di forme di ➔ ellissi. Nel caso dell’ellissi (per es.: – Pensi di comprare un appartamento? – Se avessi i soldi ...) l’➔intonazione è tipicamente sospensiva e l’apodosi non compare perché presente nel co-testo (➔ contesto). Nel caso della condizionale libera, invece, l’intonazione è conclusa, segno che la protasi, anche se sintatticamente subordinata, è data come autosufficiente sul piano comunicativo. La ragione sta nel fatto che la conseguenza non ha un contenuto preciso, ma rinvia a un atteggiamento generico condiviso dagli interlocutori: se lo dici tu, ad es., è coerente con un atteggiamento come «va bene così»; se ti sei dimenticato con «tanto non ci si può far nulla». Le condizionali libere possono comparire anche in forma di domanda (33) e servono anche per dare ordini in forma delicata (34):
(33) se andassimo al cinema?
(34) se ti vuoi accomodare ...
Il ragionamento condizionale trova un’espressione tipica nella sequenza di frasi, dove si manifesta sia come cooccorrenza, sia, più tipicamente, come alternativa. Nel primo caso si hanno costrutti come:
(35)
a. tu paghi e io non ti denuncio
b. paga e non ti denuncio
c. non paghi? ti denuncio
Nel secondo, abbiamo costrutti come:
(36)
a. paga o ti denuncio
b. o paghi o ti denuncio
Tutti questi costrutti equivalgono, nella loro struttura formale, a se paghi non ti denuncio e naturalmente esaltano l’implicito se non paghi ti denuncio. Il ladro che dice o la borsa o la vita! non ammette che si possano salvare sia la vita, sia la borsa.
La sequenza incrementa la forza argomentativa, soprattutto nei casi in cui il parlante cerca di influenzare una scelta dell’interlocutore, e la protasi ha la forma di una domanda o di un ordine: paga o ti denuncio; non paghi? io ti denuncio.
La coesistenza, in italiano, di due sistemi di costrutti condizionali molto diversi è la spia di un percorso storico travagliato, punto di convergenza di spinte eterogenee: la frontiera, incerta nelle implicazioni modali e mobile nel tempo, tra congiuntivo e indicativo, l’eredità del latino, la spinta innovativa del condizionale e dell’imperfetto indicativo. Alcuni esiti interessanti di queste complesse derive, prive di riscontro nella norma standard di oggi, affiorano nella storia dell’italiano e nella geografia delle sue varietà e dei suoi dialetti. Osserviamo alcuni esempi non canonici di combinazioni nell’ambito della possibilità e dell’irrealtà.
La forma più conservativa, di ascendenza latina, ha il doppio congiuntivo, secondo il tipo se ci fosse acqua, bevessi. È vitale nei dialetti meridionali (➔ meridionali, dialetti), ad es., nel sicil. vivissi, si ci fussi acqua (Rohlfs 1954: § 744), e affiora nelle varietà meridionali di registro substandard:
(37) se io fossi uomo ci andassi ogni sera (Danilo Dolci, cit. in Mazzoleni 20012: 754)
Nell’italiano antico si trovano anche esempi di protasi al presente congiuntivo, una forma latina che non ha avuto seguito:
(38) Perché se ciò sia, noi staremo in lungo riposo (Novellino LXXXIV, cit. in Mazzoleni 2010)
Tra le forme più particolari, il doppio imperfetto indicativo, perno del sistema substandard dell’italiano d’oggi, è attestato nell’italiano letterario dei primi secoli, per es. in ➔ Dante, e poi in ➔ Niccolò Machiavelli e ➔ Alessandro Manzoni:
(39) Se potuto aveste veder tutto
mestier non era parturir Maria (Dante, Purg. III, 38-39)
(40) se io non vi conoscevo presto, io vi davo con questo stocco (Machiavelli, La mandragola, atto IV; cit. in Rohlfs 1954: § 749)
Questa soluzione è diffusa tra i dialetti sudorientali, in particolare nel Salento:
(41) vivía ci nc’era acqua «berrei se ci fosse acqua» (cit. in Rohlfs 1954: § 748)
Il doppio condizionale, attestato episodicamente nei dialetti, soprattutto meridionali (mbivaria si nci saría acqua «berrei se ci fosse acqua»; Rohlfs 1954: § 746), è diffusissimo nell’italiano popolare degli incolti e dei semicolti:
(42) se farei il boia riuscirei bene (cit. in Mazzoleni 20012: 754)
Il tipo se potevo lo farei, che mescola le due strutture e corrisponde all’esito standard francese si je pouvais, je le ferais (➔ lingue romanze e italiano), è invece attestato solo sporadicamente nei dialetti italiani (Rohlfs 1954: § 750).
Lombardi Vallauri, Edoardo (2004), “Pragmaticizzazione” dell’incompletezza sintattica nell’italiano parlato: le ipotetiche sospese, in Il parlato italiano. Atti del Convegno nazionale (Napoli, 13-15 febbraio 2003), a cura di F. Albano Leoni et al., Napoli, M. D’Auria (Cd Rom).
Lombardi Vallauri, Edoardo (2010), Free conditional in discourse, «Linguisticae Investigationes» 33, pp. 50-85.
Mazzoleni, Marco (20012), Le frasi ipotetiche, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 2º (I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione), pp. 751-784 (1a ed. 1991).
Mazzoleni, Marco (2010), I costrutti condizionali, in Grammatica dell’italiano antico, a cura di G. Salvi & L. Renzi, Bologna, il Mulino, 2 voll., vol. 2°, pp. 1014-1043.
Rohlfs, Gerhard (1954), Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 3 voll., vol. 3° (Syntax und Wortbildung) (trad. it. Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 3°, Sintassi e formazione delle parole, 1969).