PERIODO
. Matematica. - 1. Si dice che una funzione f(x) ammette come periodo un numero ω, se non cambia valore, quando alla variabile x si aggiunge ω, cioè se, per qualsiasi valore di x (tale che x e x + ω appartengano al campo, in cui è definita la funzione), si ha
e in tal caso la funzione considerata si dice periodica. L'esempio più semplice di funzioni periodiche è fornito dalle funzioni circolari sen x, cos x, ecc. (v. circolari, funzioni), le quali ammettono tutte il periodo 2π, dove è il noto rapporto della lunghezza della circonferenza al rispettivo diametro.
Quando una funzione f(x) ammette un periodo ω, è pure periodo per essa ogni multiplo mω di ω, dove m denota un qualsiasi intero, positivo o negativo. Il periodo ω si dice primitivo per la f(x), se per tale funzione nessun sottomultiplo di ω è periodo. Così per sen x e cos x è periodo primitivo 2 π, mentre per tang x è tale π.
Lo studio generale delle funzioni periodiche si ricollega storicamente alla schematizzazione matematica e alla rappresentazione analitica di quegli svariati fenomeni - meccanici, fisici, astronomici - che si dicono appunto periodici, in quanto a eguali intervalli di tempo (periodi e, talvolta, anche cicli) ripresentano, in tutto o in parte, le medesime caratteristiche. E, più particolarmente, dal problema delle corde vibranti ha avuto origine la teoria delle serie trigonometriche (v. curve; equazioni; fourier). In forza di un classico teorema del Fourier, ogni funzione periodica di periodo ω è, sotto condizioni qualitative molto late, rappresentabile per mezzo di una serie della forma
dove le an, bn designano convenienti costanti; e questa decomposizione di una funzione periodica, comunque complessa, nella somma d'infinite funzioni periodiche del cosiddetto tipo armonico (v. armonico: Moto armonico; cinematica, n. 16)
rispecchia in molti ordini di problemi fisici un'effettiva analisi di un fenomeno nei suoi componenti elementari.
2. Al problema della periodicità si riconnettono larghi ed elevati sviluppi nella teoria delle funzioni di variabile complessa. Qui l'esempio più semplice di funzione periodica è dato dall'esponenziale ex (dove e denota il cosiddetto numero del Neper; v. logaritmo), la quale, mentre nel campo reale è costantemente crescente, assume nel campo complesso il periodo (immaginario puro) 2πi, come si riconosce tenendo conto che, per la cosiddetta equazione di Eulero eix = cos x + i sen x (v. funzione, n. 42), si ha e2πi = 1. E va rilevato l'intimo nesso, che codesta equazione stabilisce, nel campo complesso, fra l'esponenziale e le funzioni circolari.
Quali generalizzazioni di queste funzioni elementari semplicemente periodiche (cioè dotate di un unico periodo primitivo) si possono considerare le funzioni ellittiche (v. funzione, n. 33), le quali si definiscono come quelle funzioni analitiche meromorfe (cioè aventi, come sole singolarità a distanza finita, punti d'infinito di ordine intero), che ammettono due periodi indipendenti ω, ω′ e quindi tutti i periodi mω + m′ ω′ (dove m, m′ denotano due interi relativi quali si vogliano). Esse provengono dall'inversione degl'integrali ellitici; e, nel campo delle funzioni analitiche uniformi, non si può andare oltre questa doppia periodicità, perché (teorema di G. C. J. Jacobi, 1835) una funzione analitica uniforme non può ammettere più di due periodi indipendenti senza ridursi a una costante.
Per generalizzare la doppia periodicità bisogna porre il problema dell'inversione degl'integrali delle funzioni algebriche sotto una forma più larga; e si perviene a gruppi di funzioni analitiche uniformi di p argomenti, dotate di 2p periodi, cioè alle cosiddette funzioni abeliane (v. abfliano; funzione, n. 48).