PERIODO
. Grammatica. - Deriva dal greco περίοδος che rappresenta però il concetto di "insieme di frasi oratorie arrotondate" tradotto latinamente da Cicerone ambitus verborum. Il periodo tipico è rappresentato dall'insieme di una proposizione (v.) e di tutte le proposizioni che da essa dipendono: lo studente che ha pagato le tasse, che ha superato gli esami, è ammesso, ecc. In senso più largo, periodo è l'insieme delle proposizioni, non importa se principali o dipendenti, riunite in una superiore unità di pensiero e delimitate da una pausa più netta. Simbolo grafico della pausa è un segno di punteggiatura: e poiché questa non segue regole logiche, la definizione formale di periodo, insieme di proporzioni contenute nell'intervallo fra due segni di "punto", rende possibile che lo stesso ragionamento sia espresso in uno o in molti periodi: Il cane, giunto presso alla porta, si ferma. Annusa. Fissa gli occhi; oppure Il cane si ferma, annusa, fissa gli occhi. Il periodo dunque non è una unità logica come la proposizione, ma un'unità estetica, affettiva.
Il periodo si può classificare secondo la natura delle proposizioni che lo compongono. Si dice "paratattico" quello composto di proposizioni principali coordinate, "ipotattico" quello composto di proposizioni principali e dipendenti. Successioni paratattiche e ipotattiche si possono trovare riunite in uno stesso periodo: Re Carlo Alberto che combatté con sfortuna per la liberazione dell'Italia morì nel 1849, Re Vittorio Emanuele II che unificò l'Italia morì nel 1878. Uno stesso concetto può essere rappresentato da un periodo paratattico e da un periodo ipotattico: mangia, beve, s'addormenta, oppure: dopo aver mangiato e bevuto s'addormenta.
Anche secondo il significato si può classificare il periodo: per esempio quello ipotetico composto di una proposizione condizionale dipendente (protasi; v.) e di una principale (apodosi; v.): se vai, t'accompagno.