PERLE (fr. perles; sp. perlas; ted. Perlen; ingl. pearls)
Le perle si possono, dal punto di vista zoologico, definire quali produzioni di Molluschi, formate delle stesse sostanze, che costituiscono la conchiglia. Da questa definizione si ha, come logica conseguenza di notevole e generale interesse, che sono perle vere tutte e soltanto quelle prodotte da Molluschi, perle false tutte le altre produzioni consimili, e naturali, siano pure di origine animale, e artificiali. Perle vere si possono trovare di grandezza, di forma e di colore diversi, sferiche, emisferiche, piriformi, spesso irregolari, e in sede varia o aderenti alla faccia interna della conchiglia o incapsulate nei tessuti dell'animale, in Molluschi marini e d'acqua dolce, e possono essere formate o da madreperla o da prismi calcarei o da conchiolina o, ciascuna, da due o più di tali sostanze, delle quali risulta composta la conchiglia del mollusco; ma molte di queste perle vere interessano soltanto il naturalista, non avendo alcun valore commerciale. Invece s'intendono generalmente col nome di perle, le perle di sostanza madreperlacea usate in gioielleria, alcune delle quali, le perle fini o perle orientali, sono pregiatissime, e per Molluschi perliferi s'intendono quei Molluschi, per lo più con forte strato interno della conchiglia (v. lamellibranchi; molluschi) madreperlaceo, sia marini sia d'acqua dolce, nei quali si possono trovare tali perle.
Molluschi perliferi. - Sono perliferi alcuni Lamellibranchi marini e d'acqua dolce, alcuni Gasteropodi e anche un Cefalopode, il Nautilus (vedi nautiloidei) dell'Oceano Indiano. Tra i Lamellibranchi marini il gen. Meleagrina (v.) è quello dal quale si ottiene la maggior quantità e la migliore qualità delle perle fini, che si formano soprattutto nelle seguenti quattro specie:1. Meleagmna margaritifaa L. o Meleagrina di Tahiti, diffusa nella Nuova Guinea, in Australia, nella Nuova Caledonia, rara a Ceylon e nel Golfo Persico, con forte strato di madreperla; è la specie di maggiore dimensione (20 cm. di diametro); 2. Meleagrina Martensi Dunker, che sembra propria del Giappone, di piccole dimensioni (7-8 cm. di diametro); 3. Meleagrina vulgaris Gould, o Meleagrina di Ceylon, diffusa nell'Oceano Indiano, nel Golfo Persico, passata, se pur non si tratti di altra specie, dopo il taglio dell'istmo di Suez, nel Mediterraneo (coste della Tunisia, della Libia, di Malta), di dimensioni medie (10-12 cm. di diametro), ma molto variabili; 4. Meleagrina californica Carp., limitata all'America Centrale, tanto sulle coste dell'Oceano Atlantico, quanto su quelle dell'Oceano Pacifico, di dimensioni medie.
Queste meleagrine, le cosiddette ostriche perliíere, si trovano in banchi naturali, monospecifici o polispecifici, su fondo roccioso, sino a profondità di circa 50 m. o poco più, nei mari caldi, e le singole specie formano perle alquanto differenti.
Ma, oltre alle meleagrine, formano perle, per lo più di scarso o nullo valore commerciale, anche altri Lamellibranchi marini; così sono talvolta perliferi Molluschi dei generi: Pinna, con perle di color rossastro, un tempo assai ricercate, Mytilus, che può dare (M. edulis) perle di colore vario dal blu scuro al biancastro, qualche volta della grandezza di un pisello, Modiola, Ostrea, che, come la comune O. edulis, forma talora perle bianche opache, quasi porcellanacee, Spondylus, Tridacna, Pecten, Venus e altri.
Tra i Gasteropodi marini perliferi si possono ricordare lo Strombus gigas, che dà perle rosee piuttosto pregiate, l'Haliotis od orecchia di mare, con perle di diversi colori dall'azzurro al verde con iridescenza metallica, i Turbo, i Trochus, che dànno, come l'Haliotis, perle madreperlacee, piuttosto belle. Anche il Cefalopode Nautilus dà perle madreperlacee. I Molluschi perliferi d'acqua dolce sono tutti Lamellibranchi e tra essi la Margaritana margaritifera L., che vive nelle acque dell'Europa centrale, in Francia e anche nella Scozia, è forse il più importante; ma sono perlifere anche alcune specie del genere Unio, fra le quali una del Mississippi, molto síruttata in America; specie del genere Anodonta, delle quali una del subgenere Dipsas, il Dipsas plicatus, dei fiumi della Cina è ab antiquo riconosciuto perlifero e come tale allevato; specie del genere Quadrula e altri.
Formazione delle perle. - Gli antichi, che già apprezzavano e usavano come prezioso ornamento le perle orientali, conoscevano la loro origine da Molluschi e conoscevano anche alcuni Molluschi perliferi, ma nulla sapevano circa la loro formazione, sulla quale s'intessevano graziose leggende. Solo nella seconda metà dell'Ottocento s'iniziò una serie di ricerche, condotte con severo metodo scientifico, che valsero ad illuminare il processo di formazione delle perle orientali.
Già il Réaumur (1717) aveva compreso come la formazione delle perle fosse dovuta allo stesso processo per il quale si forma la conchiglia del mollusco perlifero, e a questo primo asserto scientifico fecero seguito altre osservazioni. E quando fu dimostrato essere la conchiglia del mollusco dovuta ad una secrezione dell'epitelio che riveste la superficie esterna (ossia quella ad immediato contatto con lo strato più interno, spesso madreperlaceo, della conchiglia) del mantello del mollusco (v. molluschi; conchiglia) e dimostrato anche esser tutte le perle vere sempre costituite dalle stesse sostanze delle quali risulta composta la conchiglia, fu chiaro dover essere la perla un prodotto dell'attività secretrice, sia pur abnorme, di quello stesso epitelio. La formazione delle perle trovate aderenti alla superficie interna della conchiglia poteva così essere spiegata. Infatti, se, ad es., un corpo estraneo penetra fra lo strato madreperlaceo e l'epitelio che lo secerne, poiché questa secrezione di madreperla è continua, sul corpo estraneo sarà anche depositata la madreperla, via via che si forma, sicché il corpo estraneo ne rimarrà completamente coperto e produrrà, dopo un certo tempo e per un certo tempo, una protuberanza nello strato madreperlaceo (bolla, soffiatura di madreperla) o anche una perla aderente per una superficie più o meno grande alla conchiglia (bisperla o mezzaperla), della quale il corpo estraneo sarà il centro o nucleo. Ma non si poteva così spiegare la formazione delle più pregiate perle orientali, quelle sferiche o subsferiche, piriformi, a superficie completa (dette anche perle vergini), che si trovano isolate nello spessore del mantello fuori di ogni contatto con la conchiglia. Si poteva supporre e si suppose doversi anche in questo caso la formazione della perla alla presenza di un corpo estraneo, che, irritando i tessuti, desse luogo alla formazione di un prodotto patologico. Nel 1852 il De Filippi aveva dimostrato che nelle perle prodotte in un'Anodonta si trovava un parassita, il Distomum duplicatum: la formazione delle perle era quindi determinata da un'infestione parassitaria. Di qui la teoria parassitaria dell'origine delle perle, che risulta in molti casi esatta, di qui la nota affermazione del Dubois, esser la perla l'elegante sarcofago di un verme. Ma questo parassita, od altro corpo estraneo nello spessore del mantello, si trova in contatto di tessuti (muscolare e connettivo) incapaci di secernere madreperla; restava quindi aperto il problema della formazione della perla in tali condizioni. Il problema fu risolto da F. Alverdes, il quale nel 1913 poté stabilire che una perla nello spessore del mantello, nel tessuto connettivo o nel tessuto muscolare, libera ed isolata, si formerà soltanto quando, insieme al parassita o a qualsivoglia corpo estraneo, penetri in profondità nel mantello una porzione dell'epitelio esterno secernente. Questa porzione di epitelio affondata tra gli altri tessuti, circonda a mo' di sacco il corpo estraneo, seguita a vivere e a secernere madreperla, che si dispone in strati concentrici intorno al corpo, inglobandolo, sicché dall'attività secretoria di questo sacco perlifero si ha, in tempo più o meno lungo, una perla fine, completamente libera, della quale il corpo estraneo è il nucleo.
Dagli studî dell'Alverdes e di altri ricercatori è stato chiaramente stabilito che la formazione di una perla è possibile solo quando si sia formato un sacco perlifero, che può costituirsi, ma non sempre si costituisce, intorno ad un corpo estraneo. Spesso questo è un parassita e allora si potranno avere perle d'origine parassitaria, ma assai più spesso si trovano in meleagrine e in anodonte, nello spessore del mantello e in altri organi, anche nei muscoli, centinaia di parassiti, ma non perle, perché non si è formato nessun sacco perlifero. Per lo sviluppo della perla è condizione fondamentale la formazione del sacco perlifero, accessoria la funzione del parassita, che può essere assolta da qualsiasi altro corpo stimolante, il quale sarà il nucleo della futura perla.
Ma la natura del nucleo delle perle, il quale può anche non trovarsi, non ha alcuna importanza né influenza sulle caratteristiche delle perle stesse, mentre, ad es., la forma della perla dipende fondamentalmente dalla forma del sacco perlifero. Un sacco perlifero si può formare nello spessore del mantello o anche nei muscoli (sacchi perliferi e, quindi, perle muscolari) per accidente naturale e allora si avrà una perla naturale o meglio, secondo il Boutan, accidentale; quando la formazione del sacco perlifero è dovuta all'intervento dell'uomo, si avrà una perla coltivata, ed anche questa sarà una perla vera. Poiché il sacco perlifero, nel quale si forma la perla fina, è dato da cellule epiteliali di quello stesso epitelio che secerne lo strato madreperlaceo della conchiglia, la perla stessa avrà alcuni dei caratteri peculiari di quella madreperla, e sono questi che permettono talora, ma non sempre, al pratico di riconoscere con una qualche sicurezza da quale mollusco sia stata prodotta una perla.
Il riconoscimento di una perla, operazione che ha grande importanza in gioielleria, si fonda soprattutto su caratteri della superficie esterna e di questi i più importanti sono tre: lo splendore, la lucentezza e l'oriente. Questi tre caratteri sono tutti dovuti a giuochi di luce sulla superficie esterna della perla, superficie che al microscopio si mostra coperta da sottili linee ondulate e da piccoli solchi. Lo splendore, per il quale ogni perla si rivela, sopra una superficie scura, come un punto luminoso, è comune alla perla e alla madreperla del mollusco produttore ed è dovuto, secondo il Boutan, alla riflessione quasi totale della luce sulla superficie della perla; la lucentezza dà un senso di luce brillante e vellutata, talora iridescente; l'oriente, prodotto da un fenomeno di scomposizione della luce, dà una sensazione di translucidità profonda: lucentezza e oriente insieme dànno quella che si dice "l'acqua" della perla. Altri caratteri, quali il peso specifico, che oscilla fra 2,651 e 2,686, la durezza, l'elasticità, non sono di grande importanza per il gioielliere: in molte perle false questi caratteri sono stati abilmente eguagliati. Più interessante può essere la composizione chimica delle perle, le quali risultano di acqua 2,23%, sostanza organica 5,94%, carbon. di calcio 91,72%, residui o,11%; composizione questa qualitativamente uguale a quella della madreperla, sicché, come questa, le perle si sciolgono lentamente in acidi deboli, lasciando un residuo insoluto di sostanza organica (conchiolina). Splendore, lucentezza e oriente, i quali ci sono dimostrati anche dalle bisperle, ma soltanto sulla loro superficie libera, concorrono con altri caratteri, quali la forma, il colore, la grandezza, a determinare il valore venale di una perla. È noto che le perle più pregiate sono le perle marine complete (sferiche, piriformi, ecc.) e tra queste pregiatissime quelle di meleagrina, che si ottengono dai cosiddetti banchi perliferi.
Pesca dei Molluschi perliferi. - I banchi perliferi più anticamente conosciuti sono quelli del Golfo Persico, del Mar Rosso (interessanti per l'Italia i banchi delle Isole Dahlac di fronte a Massaua) e di Ceylon; di più recente scoperta quelli del Mar delle Antille, della Colombia, di Panamà, dei Messico, del Golfo di California, del Perù, e quelli dell'Oceania sulle coste settentrionali e occidentali dell'Australia, delle isole Hawaii, delle isole Paumotu, di Tahiti e infine, in mari molto meno caldi, quelli del Giappone e quelli del Madagascar. La pesca sui banchi si effettua o con la draga o con i palombari o a tuffo. Con la draga si raschiano via dal fondo le meleagrine insieme a molti altri esseri viventi sul banco e questo sistema si pratica a Ceylon e nel Golfo Persico, più per saggiare le condizioni del banco, che non per scopo industriale. Con i palombari si lavora specialmente sui banchi americani, a Panamà, dove motobarche trasportano i palombari con tutto il loro armamento sul luogo di pesca. Ogni palombaro, calatosi sul banco, stacca con le mani inguantate soltanto i molluschi più grandí, evìtando così lo spopolamento dei banchi, e depone i molluschi raccolti in un suo recipiente contrassegnato; la sua mercede è proporzionale al peso del materiale raccolto. A Ceylon la pesca della Meleagrina vulgaris si effettua a tuffo, sotto il rigoroso controllo del governo inglese; i banchi perliferi si trovano a profondità tra i 15 e i 18 metri e non sono aperti alla pesca tutti gli anni, ma soltanto quando con la draga si è potuto saggiare il banco e stabilire che, essendo ben popolato, potrà forse dare una pesca redditizia. La pesca dura dalla mattina alla sera e tra i tuffatori ve ne sono alcuni, quasi tutti arabi, capaci di restare immersi anche per 70 secondi. Del materiale pescato e portato, senza aprirlo, alla costa si fanno tre parti: due di queste spettano al governo, una ai pescatori, i quali vendono subito sul posto la loro parte, ma ne ricavano un guadagno quasi sempre molto meschino. I banchi del Golfo Persico, in vicinanza della penisola di Katar, a profondità tra 6 e 15 metri, sono sfruttati da secoli e sempre e soltanto da tuffatori. La pesca si esercita da giugno a settembre e allora accorrono sui banchi, dai più lontani paesi costieri, centinaia di battelli, comandati e armati da padroni, che ingaggiano a condizioni miserrime marinai e tuffatori. Questi, dall'alba alla notte, compiono, aiutandosi nella discesa con una grossa pietra, nella salita con una corda, anche 40 immersioni della durata media di un minuto e in ogni immersione riescono a strappare alla roccia al massimo una cinquantina di meleagrine, dalle quali non ritraggono mai tanto guadagno da poter pagare il debito contratto con il padrone per il vitto a bordo e a terra. I tuffatori muoiono ancor giovani, spesso paralizzati, sempre poverissimi.
Anche al Giappone si pesca a tuffo la Meleagrina Martensi, ma la pescano abili tuffatrici, le "figlie del mare", le quali sono ben trattate e guadagnano molto.
Più fortunati di tutti potevano considerarsi, sino a qualche anno fa, i pescatori di perle malgasci, che potevano raccogliere meleagrine perlifere a profondità inferiori a due metri; ora, però, essendosi esauriti i banchi superficiali, la pesca deve effettuarsi a profondità molto maggiori.
Qualche anno fa (1923) si calcolava che nella pesca delle perle trovassero impiego centomila persone, delle quali circa quattro quinti in Asia; in Europa la pesca delle perle d'acqua dolce dà lavoro a circa 1200 persone. Il rendimento dei banchi perliferi marini è molto variabile: ad annate di buona pesca ne succedono altre di pesca molto magra, e di tali variazioni, che sembrano cicliche, nonostante molte osservazioni e molte ipotesi, le cause ci sono ancora ignote; ad ogni modo, ad evitare il sacrificio inutile di migliaia di molluschi e la problematica raccolta di perle troppo piccole, i banchi vengono per lo più lasciati in riposo per 7 anni, tempo ritenuto necessario all'accrescimento delle perle.
Lavorazione e valore delle perle. - In genere le meleagrine pescate vengono aperte a terra e accuratamente esaminate per trarne tutte le perle che possono contenere, sia le perle fini incluse nei tessuti del corpo del mollusco, sia le bisperle, attaccate alla superficie interna della conchiglia e anche quelle, non rarissime, che per il successivo accrescersi degli strati della valva, sono rimaste incluse nella massa della valva stessa. In alcune pescherie, a Ceylon, p. es., i molluschi sono lasciati putrefare e, tolte le valve della conchiglia, si separano le perle con ripetuti lavaggi dei tessuti; altrove si fanno bollire e poi si procede alla separazione delle perle. La proporzione dei molluschi perliferi è molto bassa, talora occorre aprire mille meleagrine per avere una sola perla di un discreto valore, onde tutti gli anni si sacrificano inutilmente milioni e milioni di meleagrine, delle quali si possono utilizzare soltanto le valve per trarne madreperla, sicché recentemente si è cercato (Ceylon) d'individuare con i raggi X quali delle meleagrine raccolte, e ancora chiuse e viventi, fossero perlifere; finora però tale sistema non ha avuto larga applicazione.
Estratte le perle, queste vengono, sui luoghi di pesca, separate in lotti diversi, designati con nomi varî secondo la forma, il colore e spesso la grandezza, mediante vagli calibrati. Quando arrivano sui mercati di Parigi e di Londra, i gioiellieri procedono poi con criterî commerciali a ulteriori separazioni: si separano le perle di meleagrina da quelle di altri molluschi marini, in base a differenze di acqua e di colore; le bisperle dalle perle complete e queste, siano esse sferiche, piriformi, a bottone, vengono distinte in gruppi, che, nonostante il nome, non indicano il banco d'origine, ma piuttosto un insieme dei caratteri comuni (colore, acqua), che in genere si riscontrano più frequenti in un dato banco: si hanno in tal modo le perle orientali, le perle del Golfo Persico, di Ceylon, d'Australia, ecc.
Fanno classe a sé le perle complete di forma irregolare o perle barocche o scaramazze, quasi sempre perle muscolari e le perle piccolissime o semenza.
Prima d'essere poste in commercio, le perle intere (perle vergini) vengono lavorate e il lavoro usuale è quello della perforazione (perforate, sono anche dette perle vedove), affidata a provetti operai; talora però si cerca di togliere o di attenuare eventuali difetti: così si disidratano le perle per togliere una lieve tinta verdastra, che qualche volta presentano; si ringiovaniscono, strofinandole con polveri impalpabili, le perle invecchiate, che per alterazione dello strato esterno hanno perduto la lucentezza e sono divenute giallastre; talora con un lavoro molto delicato e rischioso si cerca di far rivivere una perla morta o ghiacciata, togliendole tutti gli strati superficiali, spesso parzialmente o totalmente opachi per cristallizzazione della sostanza perlacea, fino a trovare, quando esista, uno strato perfetto con tutte le sue caratteristiche di superficie. Con processi tenuti gelosamente segreti si colorano e si decolorano (con i raggi ultravioletti) alcune perle scadenti e si procede anche ad altre manipolazioni, quasi fraudolente, per aumentare il valore venale di esse.
Il valore delle perle è molto fluttuante e dipende da fattori economico-sociali molto complessi e dalla moda, ma è certo che le perle fini restano sempre fra le gemme più pregiate. Tali furono sin dalla più remota antichità; furono celebri le due perle piriformi di Cleopatra, valutate 60.000 sesterzi, delle quali una fu portata a Roma con il tesoro della regina e figurò sulla Venere del Pantheon.
Il valore venale di una perla è in funzione della sua bellezza, la quale è data, oltre che dai tre caratteri specifici della vera perla (splendore, lucentezza e oriente), dalla forma, dalla grandezza o meglio dal peso, e dall'assenza di difetti. L'unità di peso usata per le perle è il grano = 1/4 di carato = 1/20 di grammo. A Parigi, il maggior mercato di perle, si stabilisce il valore di una perla sulla base del quadrato del suo peso: questo si dice "valeur à une fois le poids": p. es., il valore di una perla di 10 grani sarà 100. Questo prezzo base è fisso per ciascuna perla; l'acquirente poi, esaminata la perla, moltiplica questo prezzo per un coefficiente, che varia secondo la bellezza della perla, secondo le necessità che spingono all'acquisto e secondo le condizioni del mercato, e fa un'offerta dichiarando quante volte è disposto a pagare il prezzo base: così, per esempio, una perla di 10 grani acquistata a 40 volte il peso a quadrato costerà 4000 franchi.
Questo sistema vale sia per le perle isolate sia per le collane; in questo caso si applica dividendo le perle in tanti lotti, ciascuno formato da perle tutte di ugual peso, e si stabilisce il prezzo base (quadrato del peso) di ogni lotto, ma a determinare il valore delle collane entra in giuoco un altro fattore: la differenza di grossezza fra le perle che le formano (o caduta).
Ci mancano dati statistici esatti e recenti sulla produzione mondiale delle perle accidentali; negli anni prebellici si valutava a circa 20.000 il numero delle perle (di peso superiore o uguale o di poco inferiore a un carato) commerciabili e vendibili isolate, affluenti ogni anno sul mercato mondiale.
Intorno al 1910 si ritenevano attendibili i dati qui sotto riportati di produzione annua (valore in lire italiane): Australia L. 4.250.000, Ceylon L. 2.500.000, Persia L. 2.000.000, Venezuela L. 1.250.000, e per i banchi delle Isole Dahlac si stimava che la produzione superasse le L. 200.000 annue.
Perle coltivate. - Ma la diffusione delle perle vere come gemme, che andò sempre aumentando anche in Europa, sicché da Filippo il Bello in poi molti legislatori dovettero occuparsene nelle leggi suntuarie, è stata assai recentemente molto agevolata dall'introduzione sul mercato di perle complete coltivate. I tentativi di ottenere perle sottoponendo a speciali trattamenti i molluschi marini sono certo molto antichi: secondo Filostrato gli Arabi erano capaci di coltivare le perle ab antiquo; i Cinesi già nel sec. XI si occupavano con successo di tale produzione, quale ancor oggi dà nel Che-Kiang lavoro a molte migliaia di persone. Ma allora, come oggi, i Cinesi producevano perle incomplete, aderenti alla conchiglia, ottenute introducendo tra il mantello e la conchiglia di un mollusco di acqua dolce, il Dipsas plicatus Leach, corpi estranei (sferette metalliche o di madreperla, piccoli simulacri di Budda metallici), i quali sono assai rapidamente, in poco più di un anno, ricoperti da uno strato di madreperla; si ottengono così anche bisperle di forma diversa, che hanno largo mercato nel paese e fuori. Questa industria dalla Cina passò in altre contrade e fu tentata in Europa sulle Unio, a Ceylon, a Tahiti e nel Giappone sulle meleagrine. Nel Giappone dalla Meleagrina Martensi si ottennero perle emisferiche, aderenti alla conchiglia, che, completate, con una calotta di madreperla, erano e sono montate su gioielli di non grande costo. Sono queste le perle giapponesi, bisperle emisferiche, ottenute da coltivazione e che si producono anche in California.
Ma verso il 1913 i Giapponesi sulla base delle ricerche del Mishukawa e del Mikimoto riuscivano nei loro allevamenti di Meleagrina Martensí a ottenere perle complete, libere, nello spessore del mantello, le quali lanciate sul mercato gettarono grave allarme fra i gioiellieri di tutto il mondo. Esse sono prodotte in massima parte nella baia di Ago, a Gokasho, ove il Mikimoto, in acque tranquille, largamente comunicanti con il mare aperto, ha impiantato un allevamento di Meleagrina Martensi. Questi molluschi, allevati in apposite gabbiette metalliche, capaci ognuna di un centinaio d'individui e sospese a mezz'acqua, vengono raccolti a tre anni d'età, quando la conchiglia è già ben resistente, e sottoposti a operazioni molto delicate. A un certo numero di meleagrine viene asportata una valva, così da mettere allo scoperto il mantello senza lederlo; da questo viene asportato un pezzo dell'epitelio secretore della conchiglia, con il quale si ravvolge un piccolo nucleo di madreperla, che rimane quindi chiuso in una specie di sacco, del quale viene legata la bocca. Si apre allora un'altra meleagrina con molta delicatezza e le s'innesta il sacchetto nel connettivo profondo del mantello, si toglie la legatura al sacchetto, si lava la ferita e poi la meleagrina viene riportata in mare, in apposite gabbie. Normalmente dopo sette anni, salpate le gabbie, si procede alla raccolta delle meleagrine e quindi delle perle. Quest'industria, i cui procedimenti sono, nei loro dettagli essenziali, tenuti segreti, lancia dal 1921 in poi ogni anno sul mercato bellissime perle complete, che vengono vendute a prezzi molto inferiori a quelli delle perle accidentali. Per distinguere le perle coltivate da quelle accidentali, se ne esamina l'interno o per sezione o attraverso il foro di perle perforate, o con metodi assai complessi (radiografie e diagmmmi di diffrazione); in tal modo si può quasi sempre stabilire la presenza nelle perle coltivate di un nucleo di madreperla, di dimensioni maggiori di quelle del nucleo delle perle accidentali. Anzi con la radiografia o con uno speciale apparato, il perlometro Reichert, è possihile determinare il volume del nucleo di madreperla di una perla coltivata, e di conseguenza, conoscendosi il volume di tutta la perla, lo spessore della sostanza perlacea che riveste detto nucleo, sicché si può avere una base sicura per stabilire il prezzo di una tale perla. Ma non è possibile dalla natura del nucleo dedurre con sicurezza matematica se la perla in esame sia coltivata o accidentale, poiché, oltre tutto, la natura del nucleo delle perle accidentali è svariatissima, quella del nucleo delle coltivate è a volontà del coltivatore e infine perché si possono avere perle sia accidentali sia coltivate senza nucleo.
Perle false. - L'industria delle perle false, che ogni giorno più si perfeziona e ha segreti gelosamente mantenuti, è molto fiorente e i suoi prodotti si possono dividere in due categorie: perle false soffiate, cioè a nucleo cavo, e perle false a nucleo solido.
Perle soffiate sono le perle parígine, fabbricate con sferette cave di vetro opalìno sottile e resistente, rivestite di uno strato di essenza d'oriente. Quest'essenza si estrae con procedimento assai lungo dalle squame argentee di un pesce d'acqua dolce, l'Alburnus lucidus, o dalla vescica natatoria dell'Argentina sphyranea e in America dalle squame dell'aringa, in tale quantità da essere esportata sino in Francia.
Da Parigi, dove sono le più grandi fabbriche di perle soffiate, si esportano ogni anno in tutto il mondo per più di un milione di tali prodotti.
Tra le perle a nucleo solido, molto note le perle di Roma, con nucleo sferico d'alabastro, il quale con immersioni successive viene rivestito da successivi strati di un miscuglio, dato da polvere minutissima di madreperla sospesa in una soluzione di colla di pesce. Altre perle false hanno il nucleo solido di vetro durissimo, altre di madreperla, e questi nuclei sono ricoperti con miscele che dànno loro l'apparenza perlacea. Queste falsificazioni possono dare risultati sorprendenti e vi sono operai specializzati che possono fabbricare copie in perle false di collane di perle fini di gran valore, raggiungendo una tale perfezione, che ne possono restare ingannate persone esperte; basta però un semplice esame microscopico della superficie di una perla falsa per svelarne subito la qualità.
Bibl.: E. Korschelt, Perlen, in Fortschr. d. naturwiss. Forsch., Berlino 1913; U. Pierantoni, Note e studi sulle perle naturali e coltivate, in Atti del R. Ist. d'incoragg., LXXIII, ii, Napoli 1922; Donald K. Tressler, Marine products of commerce, New York 1923; L. Boutan, La perle, Parigi 1925; J. W. Schmidt, Perlmutter und Perlen, in Die Rohstoffe des Tierreichs, Berlino 1928; F. Haas, Bau und Bildung der Perlen, in Bronn, Klassen u. Ordn. d. Tierreichs, Lipsia 1931; P. Aloisi, Le gemme, Firenze 1933.