DE ANDREIS (D'Andrea, D'Andrei), Perretto (o Pietro)
Si ignorano data e luogo della sua nascita, che però possiamo supporre avvenuta ad Ivrea. La provenienza del D. dalla città piemontese è difatti chiaramente attestata dai documenti, sebbene i suoi biografi abbiano anche affermato e discusso una più antica origine provenzale, o dalmata, della famiglia (cfr. doc. del 28 ott. 1390 in Cutolo, p. 132 n. 44, e Rossi, p. 2). Il padre, Giovanni Antonio, che fu più volte anziano della Repubblica di Genova e ambasciatore della stessa al duca di Milano nel 1361, si trovava appunto ad Ivrea verso la metà del sec. XIV.
Già, come pare, sotto il regno di Carlo III d'Angiò Durazzo il D. si stabilì nel Regno di Napoli, dove fu poi investito della contea di Troia. In un documento del 28 ott. 1390 risulta fare parte a Gaeta della piccola corte del re Ladislao, con le funzioni di siniscalco e ciambellano. Nell'estate del 1403 seguì il re in Dalmazia. Ma già prima che la spedizione avesse luogo, a partire dal 27 maggio 1401, il D. era stato nominato viceré per tutti i possedimenti rivendicati dalla Corona oltre Adriatico, in gran parte ancora da conquistare, e che oltre la Dalmazia comprendevano principalmente la Croazia e l'Ungheria.
Il 19 ott. 1403 Ladislao, che si apprestava a tornare in Puglia per calmare gli animi della popolazione locale, assunse l'impegno di rinunciare alla progettata costruzione di castelli nelle città di Sebenico e Traù e affidò il mantenimento delle sue promesse al D., che sarebbe rimasto in Dalmazia con le funzioni e il titolo di maresciallo del Regno. Il 15 novembre., partito ormai il re, il D. decise, insieme con il viceré, il duca di Spalato, di non inviare in Puglia, secondo gli ordini di Ladislao, una galeotta che doveva essere armata dal Comune di Sebenico, ma di destinarla invece alle esigenze difensive locali. In questo stesso periodo, quale rappresentante di re Ladislao, assieme con il conte di Spalato e al voivoda di Bosnia, concluse anche un accordo con il Comune di Sebenico, che si impegnava a versare al re 900 fiorini entro la Pasqua del 1404.
Nell'autunno successivo il D., abbandoriata ormai definitivamente la Dalmazia, si trovava di nuovo nel Regno di Napoli accanto al suo sovrano., Alla morte del pontefice napoletano Bonifacio IX, Ladislao di Durazzo, temendo un accordo dei cardinali con il papa avignonese Benedetto XIII, sostenitore del suo antagonista Luigi Il d'Angiò, si precipitò a Roma, dove giunse il 19 ott. 1404 alla testa del suo esercito. Lo accompagnò nella spedizione romana anche il De Andreis. Già due giorni prima dell'arrivo delle forze durazzesche era stato eletto dal conclave Innocenzo VII, un papa che si presumeva gradito al re napoletano. Ladislao assunse il ruolo di paciere fra i Romani, che con i loro tumulti avevano fornito il pretesto alla sua venuta, e il nuovo pontefice, stabilendo e garantendo le condizioni dell'accordo tra le parti. In loro esecuzione il Campidoglio, che era stato oggetto degli assalti.popolari e difeso dal senatore di Roma in nome del nuovo papa, il 27 ottobre venne consegnato dal camerario pontificio in mano al D., il quale vi passò la notte e il giorno dopo lo affidò a sua volta ai Romani, con l'impegno da parte loro che da fortezza, quale era diventato, tornasse ad avere le funzioni di palazzo del Comune e di tribunale pubblico e fosse ad arbitrio del re Ladislao stabilire chi vi potesse risiedere.
Come già era avvenuto in Dalmazia, dopo la partenza dei re il D. rimase a Roma e gli fu affidato il comando delle truppe napoletane. L'11 novembre fu, infatti, presente alle cerimonie per la incoronazione di Innocenzo VII e cavalcò accanto al papa per le vie della città con Orsini e Colonna. Il 20 ag. 1405 fu protagonista, Con gli uomini al suo comando, di un fatto d'armi presso il Borgo e ponte S. Angelo. Erano infatti ripresi a Roma i disordini e le lotte tra le fazioni, tanto che il papa era stato costretto a rifugiarsi a Viterbo. Affiancarono il D. negli scontri Giovanni Colonna e Gentile da Monterano e le loro forze furono calcolate dai contemporanei in 3.000 uomini. L'episodio si risolse in una sconfitta e nella ritirata da Roma delle forze napoletane dopo l'intervento vittorioso, il 26 agosto, delle milizie pontificie condotte da Paolo Orsini. Il D., ritirandosi verso Sud, fece allora nelle campagne romane un enorme bottino di animali da pascolo, ovini e bovini, il cui valore sarebbe asceso a più di 100.000 fiorini, che portò con sé in Campagna, la provincia pontificia il cui rettorato era stato da Innocenzo VII concesso per un quinquennio a re Ladislao.
Tornato in Vaticano, il papa dichiarò deposto Ladislao di Durazzo per i suoi interventi negli affari interni dello Stato pontificio, condannando anche i suoi seguaci e collaboratori. Tra questi, il 18 giugno 1406, venne destituito dalle sue cariche anche il De Andreis. Pochi giorni dopo, il 27 giugno, il D. concludeva a Torre di Mezza Via una tregua con Paolo Orsini e con Marciano Migliorati, nipote del papa, che preludeva alla riappacificazione tra Innocenzo VII e Ladislao. La conclusione della pace, avvenuta a Napoli, fu solennizwta a Roma, il 6 agosto, al ritorno dell'ambasceria, con il battesimo in S. Spirito della figlia di Paolo Orsini, alla quale fecero da padrini per procura il re di Napoli e lo stesso De Andreis.
Nella primavera del 1408 il D. seguì in armi il re Ladislao in una nuova spedizione che si risolse nella occupazione di Roma., dalla quale era assente il nuovo pontefice Gregorio XII, e dell'Italia centrale. Il 20 aprile, provenendo con l'esercito da Ostia, il D. si accampava a S. Paolo col re, i Colonna e gli altri baroni napoletani e il giorno successivo si abboccava con Paolo Orsini, ottenendo la consegna al're della città di Roma. Il 12 giugno lo troviamo accampato nel contado di Todi, assieme con altri capitani d'arme napoletani, ai quali il Comune di Perugia deliberò di elargire "confectiones, vinum, ceram et alia". Si recò quindi a Lucca presso Gregorio XII. Il 17 luglio era di ritorno a Roma e il 24 proseguiva per Napoli, dove intanto era ritornato Ladislao. Il 30 settembre il D. tornò a Roma, entrandovi per porta S. Giovanni e cavalcando per la città fino al palazzo di S. Apollinare, dove stabilì la sua residenza. Il 7 ottobre, a seguito delle disposizioni trasmesse da Siena al castellano da Gregorio XII, il D. poté entrare a Castel Sant'Angelo. Il 15 ottobre entrò in Perugia insieme col vicerè: F. Riccardi, che era stato nominato da Ladislao, secondo i patti conclusi con la dedizione della città umbra, per controllare ogni decisione di quel Consiglio, e vi fu onorato con ricchi doni. Il 22 genn. 1409 era con Paolo Orsini a Foligno, dove gli venivano inviati ambasciatori dal Comune di Perugia. Il 14 giugno era di nuovo a Napoli dove presenziava a corte ad un atto in favore di Antonio de Sangro.
Tornò a Roma con molti altri capitani il 25 settembre e si stabilì in Trastevere, attendendo alla difesa della città minacciata ora dalle forze che sostenevano Alessandro V, il papa eletto dal concilio di Pisa. Nei mesi successivi sono documentate diverse attività e alcuni provvedimenti da lui presi in questo senso, fortificando tra l'altro ponte S. Pietro e porta S. Spirito, ma causando notevoli danni e distruzioni. Non ha, però, fondamento l'asserzione che sia divenuto senatore. Il 29 dicembre ebbe la peggio presso porta Settimiana nello scontro con gli avversari comandati da Paolo Orsini, tornato ostile a re Ladislao, e riuscì a stento ad evitare la cattura, spogliandosi delle armi e delle vesti e fuggendo con l'aiuto di una fune gettatagli da una finestra.
Nel luglio 1410 il D. era nuovamente a Perugia, incaricato dal re di provvedere alla difesa della città. Nel giugno 1412 era con le sue truppe nei pressi di Ostia, da dove, assieme con Muzio Attendolo Sforza, passato al servizio di Ladislao, minacciava Roma., in mano a Giovanni XXIII. Il 17 giugno toglieva. il campo e si dirigeva a Napoli. Faceva ritorno a Roma un anno dopo, quando Ladislao di Durazzo occupava militarmente la città. Il re, alla sua partenza, gli affidava, il 1° luglio 1413, il governo della zona di Trastevere, col compito di impadronirsi di Castel Sant'Angelo, che occupò ufficialmente il 15 novembre. Il 20 prese la via del ritorno verso Napoli.
Il 3 novembre 1414 la regina Giovanna II, succeduta al fratello Ladislao, lo incaricò, insieme con Pandolfello Alopo, di ricevere gli ambasciatori giunti a Napoli dalla Repubblica di Firenze e dalla Curia di papa Giovanni XXIII per trattare la conclusione di una lega. Il 20 maggio 1415 fu nominato gentiluomo del Maggior Consiglio della Repubblica di Venezia. Fu anche conte d'Ascoli, oltre che di Troia, ed ebbe numerosi altri feudi, tra i quali quelli di Zuncolo, Tresanti, Castelluccio, Montelloro, Torre Orsaia, Apricena, Candelaro, Tertiberi, Montecorvino, Pietra, Vulturino, Motta, Caraiti e Versantino. Ebbe pure signoria su Manfredonia, dove, nell'agosto del 1415, si fece incontro a Giacomo di Borbone, conte de La Marche, che veniva nel Regno di Napoli per sposare la regina Giovanna. Accompagnò, poi, il conte fino a Benevento, partecipando alla congiura che portò all'arresto dello Sforza.
Il D. morì a Napoli nel settembre 1415 (ma secondo alcuni sarebbe morto due anni più tardi) con sospetto di avvelenamento. balla moglie Margheritella della Marra, che poi si risposò in seconde nozze con Francesco Orsini, aveva avuto due figli, Pietro Paolo ed Ettore, i cui feudi alla sua morte furono sequestrati da Giovanna II perché ribelli, e una figlia, Giannina, che divenne damigella della regina.
Fonti e Bibl.: L. Cribellus, De vita rebusque gestis Sfortiae bellicosissimi ducis ac initiis Francisci Sfortiae vicecomitis eius filii Mediolanensium ducis illustrissimi, in L. A. Muratori, Rerum Italic. Script., XIX,Mediolani 1731, coll. 665 ss.; M. Sanudo, Vitae ducum Venetorum, ibid., XXII, ibid. 1733, col. 893; I Diurnali del duca di Monteleone, in Rerum Italicarum Scriptores, 2 ed., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, p. 94; Il diario romano di Antonic di Pietro dello Schiavo, ibid XXIV, 5, a cura di F. Isoldi, pp. 3 ss., 10, 13 s., 28 s., 34, 36, 43, 46, 48-54, 74, 80, 83; Listire o odnogajih izmediu juknoga Slavenstva i mletaéke Republike (Fonti riguardanti le relazioni degli Slavi meridionali con la Repubblica di Venezia), V, a cura di S. Liubié, in Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium, V, Zagabriae-Zagreb 1875, pp. 23, 28, 36; S. Infessura, Diario della città di Roma, a cura di O. Tommasini, Roma 1890, in Fonti per la storia d'Italia, V, p.12; Theodoricus de Nyem, De scismate libri tres, a cura di G. Erler, Leipzig 1890, pp. 192, 194; F. A. Vitale, Storia diplomatica dei senatori di Roma, II,Roma 1791, pp. 378 s.; G. V. Ciarlanti, Mem. istor. del Sannio, IV,Campobasso 1823, p. 222; G. Rossi, Della vita di P. d'Andrea conte di Troia, Napoli 1844; N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d'Angiò, Lanciano 1904, pp. 10, 22, 25, 48, 57; P. Pagliucchi, I castellani del Castel S. Angelo di Roma, I,Roma 1906, p. 50; A. Cutolo, Re Ladislao d'Angiò Durazzo, Napoli 1969, pp. 132, 269, 292, 300, 327, 372, 377, 388, 398, 407, 411, 441, 447; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, a cura di A. Casalegno, Torino 1973, 111, pp. 1749, 1753, 1760, 1767 s.