PERSEO (Περσεύς, Perseus)
Eroe, figlio di Zeus e di Danae, la figlia di Acrisio. A questi un oracolo aveva predetto che sarebbe morto per mano del figlio di Danae. Perciò, quando Danae partori P. Acrisio fece rinchiudere madre e figlio in un'arca di legno e li gettò a mare. Rappresentazioni di Danae, P. e dell'arca si trovano per la prima volta attorno al 490-80 su vasi attici di Leningrado e Boston. Una lèkythos del Pittore di Icaro di Providence rappresenta Danae e P. durante il viaggio in mare. Altri vasi rappresentano l'approdo dell'arca nell'isola di Serifo dove dei pescatori la trassero in salvo con una rete. L'arrivo a Serifo era un motivo popolare anche nell'arte imperiale, soprattutto negli affreschi pompeiani.
Mentre P. cresceva a Serifo, il re dell'isola, Polidette, s'innamorò di Danae. Per eliminare il figlio di lei, lo incaricò di portargli la testa della Medusa. Per poter essere in grado di domare la terribile Gorgone, l'eroe viene dotato con l'aiuto divino del berretto di Ade che rende invisibili (῎Αιδος κυνέη), dei coturni alati e della kìbisis. Quest'ultima era una bisaccia nella quale doveva mettere la testa mozzata della Medusa, la cui vista pietrificava ogni essere umano. Alcuni monumenti ci mostrano come P. costringa le Graie, sorelle delle Gorgoni, privandole del loro unico occhio comune, a indicargli la via che porta dalle ninfe che posseggono i tre oggetti dell'equipaggiamento. I più antichi sono una pisside a fondo bianco di Atene ed un frammento di cratere di Delo, ambedue del 430-425. Su un'idria calcidese di Londra troviamo la consegna degli oggetti da parte delle ninfe. Secondo una versione che risale ad Eschilo, P. ricevette da Hermes il berretto di Ade e i coturni alati. Su una situla àpula di Londra e un cratere a campana della Campania appartenente alla Collezione Astarita è invece Atena a consegnare l'ἅρπη all'eroe. Nell'impresa contro la Gorgone Atena è anche in seguito, insieme ad Hermes, la divinità protettrice di Perseo.
L'uccisione della Medusa e la fuga di P. dinanzi alle due sorelle di costei che lo inseguono sono i motivi preferiti dell'arte greca arcaica. Un pìthos a rilievo della Beozia ed un'anfora attica arcaica di Eleusi ci offrono le più antiche raffigurazioni dell'uccisione della Medusa e rispettivamente della fuga dinanzi alle Gorgoni e al tempo stesso le rappresentazioni più antiche finora del mito di Perseo. Già i più antichi monumenti che illustravano l'uccisione della Medusa, mostrano P. con la testa voltata. Da ciò consegue quanto sia remota la forma mitologica che definisce mortale la vista della Gorgone (v.), per quanto le testimonianze letterarie inizino appena con Pindaro. Anche artisti più tardi permettono molto raramente all'eroe di guardare il Gorgoneion o la stessa Medusa.
Un numero maggiore di monumenti, eseguiti prevalentemente nell'epoca arcaica e per lo più di origine extraattica, presentano Crisaore e Pegaso, i figli della Medusa, che nascono all'atto della sua decapitazione sorgendo dal suo torso. Spesso è rappresentato uno solo dei figli. Medusa vinta durante il sonno da P. si trova appena nel V sec. nell'arte attica, ma non fu mai un tema troppo frequente.
Durante il suo volo di ritorno dall'uccisione della Medusa, P. libera da un mostro marino la figlia di Kepheus e di Cassiopea che sono localizzati in Palestina (Ioppe-Giaffa) o in Etiopia. Quale sacrificio espiatorio a Ketos, l'eroina era stata esposta sulla riva del mare ed incatenata ad una roccia. Un'anfora tardo-corinzia di Berlino offre una versione modificata poiché Andromeda aiuta P. nell'uccisione di Ketos. Alcuhi vasi attici rappresentano Andromeda incatenata; specialmente bello il cratere a calice, a fondo bianco, del Pittore della Phiale di Agrigento e numerosi vasi dell'Italia meridionale. Un dipinto di Nikias, su questo soggetto molto celebre nell'antichità, è riconoscibile, in diverse varianti, su numerosi monumenti dell'epoca imperiale. Strettamente affine è il mito della liberazione di Esione per opera di Eracle; anch'esso fu rappresentato più volte in forma molto simile.
Sette vasi dell'Italia meridionale e sei specchi etruschi ci presentano P. ed Atena che guardano il Gorgoneion in una sorgente. Per quest'episodio non è conosciuta finora una fonte letteraria. Durante l'ellenismo la scena si generalizzò sostituendo Andromeda ad Atena. Ciò è testimoniato specialmente da affreschi. Al suo ritorno nell'isola di Serifo P. espone il Gorgoneion in un'assemblea popolare, per cui tutti i presenti vengono pietrificati ad eccezione di Ditti. Una pelìke di Hermonax al Museo di Villa Giulia rappresenta l'attimo prima della pietrificazione di Polidette e del suo seguito; il re con la metà inferiore del corpo pietrificata è il tema di un cratere a campana di Bologna dipinto dal Pittore di Polidette, così soprannominato dal mito rappresentato. P. quindi donò il Gorgoneion alla sua protettrice Atena, la quale lo fissò sulla sua egida. Questa è la scena che sembra rappresentata su un cratere a campana di Napoli.
Durante le celebrazioni funebri in onore di Polidette o, secondo quanto riferiscono altri autori, durante gli agoni sportivi in Larissa, P., lanciando il disco, uccise incidentalmente suo zio Acrisio. Questi, secondo la prima versione, sarebbe venuto a Serifo per uccidere P. stesso a causa della predizione dell'oracolo; secondo un'altra forma del mito, per sfuggirgli. P. a cui Argo, la città del nonno, era invisa a causa della morte di questi da lui stesso causata, scambiò con suo zio Proitos il dominio di Argo con quello di Tirinto dove continuò a vivere. Muovendo da qui fondò Micene. Più tardi fu considerato fondatore di parecchie città dell'Asia Minore (cfr. Nonnos, Dion., 13, 461 per Salamina di Cipro).
Nell'ambito di Argo è localizzata anche la lotta di P. contro l'infiltrazione del culto di Dioniso, lotta la quale, secondo una versione, si concluse con la vittoria del dio, secondo un'altra, con quella dell'eroe. Questa tradizione sembra indicare quanto sia antica la leggenda di P. e può essere considerata un indizio che l'eroe sia stato un personaggio storico o, meno verosimilmente, originariamente un dio. È anche contraria alla tesi spesso sostenuta che P. sia originario dell'Oriente (v. tuttavia khumbara).
Le raffigurazioni di P. appartengono alle più antiche rappresentazioni mitologiche dell'arte greca ed erano molto diffuse anche nell'epoca imperiale. Notevolmente rare sono invece le riproduzioni dell'eroe in scultura a tutto tondo. Importanti sono una testa le cui copie sono conservate a Londra e a Roma, una testa di Villa Albani che con ogni probabilità rappresenta P., un torso conservato in più repliche a Roma, Napoli, Firenze ed anche la statua in bronzo di un adolescente di Anticitera.
L'aspetto esteriore di P. è molto vario. Il copricapo, l'῎Αιδος κυνέη, è riprodotto in diversi modi, come un petaso (più tardi spesso alato), un berretto di pelo, un pilo, un berretto piumato (teste di Londra-Roma), un berretto frigio o di pelo. La kìbisis, la bisaccia per il Gorgoneion, è talora molto grande, talora estremamente piccola. Spesso manca del tutto. Egli porta i coturni alati già sull'anfora proto-attica di Eleusi. All'inizio l'arma dell'eroe è prevalentemente una corta spada, appena nella seconda metà del VI sec. l'ἅρπη diviene il suo attributo preferito. Nell'arte etrusca e sulle monete di Amiso l'ἅρπη è sporadicamente munita di ali. Su vasi dell'Italia meridionale e su monumenti romani, l'arma di P. è spesso formata da una combinazione di spada e ἅρπη. Spesso P. è munito anche di una o due lance, mentre è raramente fornito di elmo e scudo o corazza. L'eroe veste un breve chitone, un lungo mantello o tiene sul braccio la clamide. Fino all'inizio del periodo classico al chitone va spesso aggiunta una pelle. Fino al V sec. a. C. P. è quasi sempre imberbe nella scena della decapitazione della Medusa, e invece barbuto nelle rappresentazioni della fuga.
P. era importante non solo come figura mitologica o di culto, ma fu posto in connessione anche con una costellazione. Su parecchi monumenti, anzitutto sulla oinochòe del Pittore di Schuwalow di Ferrara, egli appare in uno schema che corrisponde a quello della costellazione greca di Perseo. Inoltre vi erano altri tipi che perdurarono anche nell'arte post-antica. L'identificazione di P. ed Andromeda con una costellazione ebbe per conseguenza che, sui vasi dell'Italia meridionale, il mito di Andromeda fu adoperato per esprimere le speranze d'immortalità; riguardo a ciò sono da citare in testimonianza un'anfora di Bari ed una tazza di Taranto.
Dopo il tramonto dell'antichità la figura di P. godette di vasta risonanza, e ciò è chiaro non solo dalle carte astrologiche. Le immagini di P. ed Andromeda rappresentavano il simbolo della riconciliazione coniugale. Nota è anche l'influenza del mito di Andromeda sulla leggenda di San Giorgio, l'uccisore del drago.
Monumenti considerati. - Cratere a calice di Leningrado, Stephani 637: K. Schauenburg, Perseus in der Kunst des Altertums, p. 7 s., tav. i, 2. Hydrìa Boston 13.200: Beazley-Caskey, Vases Boston, ii, n. 69, tav. 34. Lèkythos di Providence: C. V. A., Providence, i, tav. 17, 2; J. D. Beazley, Red-fig., 482, 13. Vasi con l'approdo dell'arca a Serifo: H. Luschey, in Bull. Ant. Besch., 24-26, 1949-1951, p. 26 ss. Recupero con la rete su una pyxis a figure rosse di proprietà privata: C. Clairmont, in Am. Journ. Arch., lvii, 1953, p. 92 ss., tav. 50 s. Pitture pompeiane con l'arrivo a Serifo: G. E. Rizzo, La pittura ellenistica-romana, tav. 68; K. Schauenburg, op. cit., p. 10 s. Pyxis di Atene: J. Böhlau, in Ath. Mitt., xi, 1896, tav. 10. Frammento di cratere da Delo: J. D. Beazley, in Journ. Hell. Stud., lxvii, 1947, p. 7 s., fig. 4. Hydrìa calcidese di Londra: A. Rumpf, Chalkidische Vasen, tav. 15. Situla àpula di Londra, British Museum F. 83: K. Schauenburg, op. cit., tav. 3, n. 1. Cratere Astarita: id., ibid., tav. 3, 2. Vasi con l'uccisione di Medusa e l'inseguimento di P.: F. Brommer, Vasenliste zur griechischen Heldensagen2, p. 207 ss.; K. Schauenburg, op. cit., p. 19 ss. Inoltre un'anfora tirrenica in commercio (fuga di P. dinanzi alle tre Gorgoni che lo inseguono come sullo sköphos di Merklin: E. v. Merklin, Ein sköphos aus der Werkstatt des Theseusmalers, in Arch. Anz., 1943, p. 1 ss., figg. 1 ss.). Pìthos beotico: R. Hampe, Frühe griechische Sagenbilder in Böotien, p. 56 ss., tav. 38. Inoltre il frammento di una replica, parimenti al Louvre: id., ibid.; A. De Ridder, in Bull. Corr. Hell., xxii, 1898, p. 457. Anfora protoattica di Eleusi: G. Mylonas, ᾿Ο προτοαττικὸς ἀμϕορεὺς τῆς ᾿Ελευσῖνος, Atene 1957. Rilievo fittile di Siracusa: P. Orsi, in Mon. Ant. Linc., xxv, 1918, c. 614 ss., tav. 16. Frontone di Corfù: G. Rodenwaldt, Korkyra, ii, p. 135 ss. Medusa vinta durante il sonno: K. Schauenburg, op. cit., p. 54 s. Monumenti con la liberazione di Andromeda: L. Preller-C. Robert, Die griechische Heldensage, ii4, 1, 237 ss.; F. Brommer, in Marb. Winckel. Pr., 1955, p. 1 ss.; J. Fontenrose, Python, pp. 276 ss., 293 ss., 304 ss., 347 ss. Anfora corinzia di Berlino: E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., fig. 190; H. Payne, Necrocorinthia, n. 1431. Cratere a calice di Agrigento: L. v. Matt, Das antike Sicilien, tav. 123. Vasi italioti con P. e Andromeda: K. Schauenburg, op. cit., p. 55 ss. Pitture attribuite a Nikias: B. Neutsch, Der Maler Nikias von Athen, p. 36 ss.; id., in Röm. Mitt., liii, 1938, p. 183 ss.; G. Lippold, Antike Gemàldenkopien, p. 94. Liberazione di Esione: F. Brommer, op. cit., p. 4 ss.; J. Fontenrose, op. cit., p. 347 ss.; K. Schauenburg, op. cit., p. 57, nota 378. Vasi italioti e specchi etruschi con P. e Atena: id., op. cit., p. 77 s. Pitture con Andromeda che guarda nelle sorgenti il Gorgoneion: F. Matz, in Marb. Winchel. Pr., 1947, p. 9 s. Cratere di Bologna con Polidette: G. Libertini, in Boll. d'Arte, 1933, p. 497; J. D. Beazley, Red-fig., 665, 2. Cratere a campana di Napoli: K. Schauenburg, op. cit., p. 79, tav. 37, 1; H. Heydemann, 2202. Testa di P. Londra-Roma: E. Langlotz, Perseus, in Sitz. Ber. Heid., phil.-hist. Kl., 1951, fig. 1. Testa Albani (collocata sull'Atena Albani): Brunn-Bruckmann, 220; E. Langlotz, Arch. Eph., 1953-4, p. 20 ss.; id., Der triumphirende Perseus, Colonia 1960; K. Schauenburg, op. cit., p. 108 ss. Torso Roma-Napoli-Firenze ("Cacciatore"): E. Langlotz, op. cit., p. 20 e passim. Bronzo di Anticitera: R. Lullies, Griechische Plastik, p. 71 s., tav. 208 s. Stàmnos di Heidelberg: K. Schauenburg, op. cit., tav. 22. Kölix di Berlino 3973: Ann. Inst., 1878, tav. s. Monete di Amiso: B. V. Head, Historia numorum, 502. Oinochòe di Ferrara: P. E. Arias, Spna, p. 61, fig. 104 s.; K. Schauenburg, op. cit., p. 129 ss. dove si indicano, anche le rappresentazioni di P. con la corona ràdiata. Atlante Farnese: G. Thiele, Antike Himmelsbilder, tav. 2 ss. Tavola bronzea a Salisburgo: O. Benndorf, in Osterr. Jahreshefte, VI, 1903, p. 32 ss. Anfora di Bari e tazza di Taranto: K. Schauenburg, op. cit., p. 61 ss., tav. 24, 1; 25, 1.
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