Vedi PERSEPOLI dell'anno: 1965 - 1996
PERSEPOLI (v. vol. VI, p. 70)
Delle quattro maggiori città degli Achemenidi, le nostre conoscenze su Ecbatana e Babilonia purtroppo non sono migliorate, mentre quelle su Susa sono state approfondite notevolmente grazie agli scavi (v. iranica, arte). Anche l'idea che abbiamo di P. è mutata, ma a ciò hanno contribuito solo in parte gli scavi riportando alla luce gli impianti del palazzo (Taǰvidi) a S della Terrazza del «Gran Re». Tutte le altre indicazioni su P. sono derivate da un riesame dei risultati degli scavi precedenti relativi a iscrizioni, tavolette (Cameron; Hallock), architettura, rilievi e relative tecniche.
Se prescindiamo dalla magistrale pubblicazione degli scavi, fortunatamente proseguita anche dopo la morte di E. F. Schmidt, sono stati soprattutto Ann Britt e Giuseppe Tilia a fornire nuovi impulsi. Sebbene essi abbiano pubblicato solo relazioni preliminari assai concise della loro attività protrattasi per molti anni, hanno tuttavia attirato l'attenzione su varie importanti questioni: a) il luogo della Terrazza fu determinato, almeno in parte, dalla vicinanza di cave di pietra, per le quali rimase aperta una porta; b) l'accesso principale originario alla Terrazza si trovava a S e fu aggiunto solo in una fase tarda; c) poco dopo la Terrazza fu allargata verso O e venne aggiunta l'odierna scalinata monumentale di NO; d) l'ampiezza dell’apadāna (Sala delle Udienze) fu ampliata nel corso della costruzione; e) i rilievi rinvenuti nella Tesoreria si trovavano originariamente al centro della facciata dell’ apadāna; f) il complesso più ricco e maggiormente rifinito era la scalinata di Artaserse I, in seguito incorporata nel Palazzo H; g) in tutta P. i dettagli quasi ovunque sono incompiuti; h) da ciò e dalle varie tecniche in alcuni casi è stato possibile determinare la successione dei lavori: dal muro della Terrazza, il tačara (Palazzo di Dario I), l’apadāna, sino alla tomba incompiuta; i) i rilievi più importanti, soprattutto le figure dei sovrani e dell'«uomo nel disco solare alato», erano dipinti a colori vivaci.
Con questa visione più articolata ricavata dai coniugi Tilia si è dissolta in gran parte una concezione su cui tutti concordavano ampiamente: quella secondo cui la Terrazza sarebbe stata progettata dagli architetti di Dario I come un complesso unitario per la festa del nuovo anno, la cui processione doveva riflettersi nei rilievi (Ghirshman; Erdmann). Pertanto, sono state proposte altre interpretazioni di feste o rappresentazioni di tipo esclusivamente politico non legate a momenti liturgici; i rilievi non sono più intesi come ingenuamente narrativi; il calendario dei primi Achemenidi non conteneva il nowruz degli antichi Persiani.
La convalida delle datazioni dei singoli edifici e dei rilievi deve ovviamente legarsi alle iscrizioni più note da tempo: DPd-g, sul muro S dalla Terrazza: contiene una delle prime liste dei territori appartenenti a Dario; DPh, sulle lamine d'oro e d'argento collocate nelle fondazioni dell’apadāna: Sardi come frontiera occidentale dell'impero; DPa-c e XPk (principe), nel tačara, stipiti della porta mediana, stilisticamente più recenti: Dario col titolo di «Gran Re», Serse senza titolo, come principe ereditario; XPg, nel tačara, scalinata meridionale: Serse come «Gran Re»; DPbH e XPd-e, negli ingressi NE e NO dell’hadiš: Serse come «Gran Re», Dario come defunto?; XPg, su mattoni smaltati dalle torri dell’apadāna: Serse si fregia del titolo di «Grande Re», mentre indica suo padre come il committente precedente dell'edificio; XPb, sulle facciate dell’apadāna: Serse, senza più alcuna menzione del padre; XPf e XPi, dall’harem, su una lastra di pietra rinvenuta sotto l'angolo di SE e su un pomello di porta; XPa, nella «Porta di tutti i Paesi»; XPh (Daiva), nella Stanza dello Scriba, angolo di SE della Terrazza: il regno di Serse in una disposizione relativamente posteriore; XPI e XPf, riutilizzata nel Palazzo a S della Terrazza; A1P 100-S.- S., su una lastra di pietra di fondazione, angolo SE della Sala delle Cento Colonne: Artaserse I menziona Serse come ideatore dell'edificio; A1Pa, sulla facciata principale incorporata nel Palazzo H: Artaserse I; A3Pa-b, nel Palazzo H, facciata con guardie: Artaserse III; A3Pb, sulla scalinata occidentale del tačara·. Artaserse III; A?P, sulla tomba VI: scritte connesse alle figure di sostegno.
Lo studio puntuale di queste iscrizioni rivela che la decorazione dei rilievi fu eseguita procedendo dall'alto verso il basso, lasciando per ultima la facciata con le scalinate (tačara; apadāna), e inoltre che due immagini di sovrano dalla medesima forma, a destra e sinistra di una porta, possono raffigurare padre e figlio.
Se a ciò si aggiungono considerazioni stilistiche (Calmeyer; Koch; Porada) e antiquarie (Roaf), si ricava per P. una vivace sequenza di edifici e della loro decorazione scultorea. Il mutamento forse più convincente riguarda la corona dei sovrani (von Gall; contra Porada).
Della prima età achemenide ci sono noti pochi resti di palazzi presso il fiume Pulvar, c.a 3 km a Ν e a O della Terrazza dei Palazzi (Tilia): poiché nella pianta e nell'imponente decorazione architettonica lapidea a rilievo rammentano Pasargade, forse anch'essi risalgono all'età di Ciro il Grande o di Cambise.
La preparazione della Terrazza, un'opera sicuramente considerevole, è attestata dalle iscrizioni di Dario I (v. supra) fin dall'epoca iniziale, mentre la fondazione dell'apadāna solo alquanto più tardi; quest'ultima si riconnette alla datazione di alcune monete greche e persiane (da ultima Root). Questo sovrano deve aver inaugurato in precedenza alcuni altri edifici: la prima Tesoreria, che fu subito ingrandita e sopra la quale Serse fece poi costruire il c.d. harem (Schmidt); il piccolo palazzo denominato tacara nelle iscrizioni, i cui rilievi sulla porta permettono di distinguere uno stile più antico e uno più recente; infine, una parte dei palazzi posti a S della Terrazza, nei quali A. Tajvidi ritrovò cretule risalenti all'epoca di questo monarca. Da qui Dario ha utilizzato sicuramente la scala meridionale per giungere alla Terrazza. Probabilmente le sculture più antiche di P. costituiscono un fregio non completato, raffigurante guardie mede, al margine meridionale della terrazza più elevata, che in seguito fu distrutta o ricoperta dal tetto dell'harem. Due archivi di tavolette d'argilla scritte in elamitico (Cameron; Hallock) e l'ampliamento della Tesoreria mostrano la raison d'être di P. nella sua fase di fondazione: centro dell'amministrazione locale della regione principale del Fārs, ben difeso da tutti i lati. Recentemente l'emissione delle monete è stata datata meglio di quanto fosse possibile sinora grazie all'impronta di un darico su una tavoletta del 501 a.C. (Root).
Non è certo se le modifiche della pianta generale - scalinata monumentale rivolta verso O, ampliamenti dell’apadāna e la rinuncia al vallo che doveva circondare quest'ultimo dal lato occidentale - furono realizzate ancora sotto Dario o già con Serse I. Dalle iscrizioni sappiamo con certezza che soltanto questo sovrano completò il tačara, fondato da suo padre, fece innalzare delle mura a difesa dell’ apadāna, e più tardi arricchì le sue scalinate con i noti fregi con portatori di offerte. Sappiamo inoltre che egli fece erigere la «Porta di tutti i Paesi», la quale non aveva scopi di difesa, il proprio palazzo, denominato hadiš nelle iscrizioni e il c.d. harem, a motivo del quale dovette modificare la Tesoreria fondata da suo padre. Infine egli pose ancora le fondamenta della Sala delle Cento Colonne. Fu dunque Serse a fornire a P. l'aspetto complessivo che ha oggi; nei suoi edifici si trovano la maggior parte dei rilievi nello stile achemenide ufficiale di corte: i servi che salgono celermente le scale dei palazzi di abitazione, nell’harem i ritratti dei sovrani e degli eroi regali in lotta con i mostri, e soprattutto le enormi composizioni delle scalinate dell'apadāna, la corte e la «delegazioni» di popoli vassalli dell'impero in atto di portare doni. Impulso e centro di tale composizione all'epoca di Serse erano i rilievi della Tesoreria, che raffigurano questo sovrano e il principe ereditario/coreggente Dareiaios.
Dopo l'assassinio di questa coppia di sovrani un figlio più giovane, Artaserse I Makròcheir, fece allontanare questi rilievi per portarli nella Tesoreria (Tilia), probabilmente perché raffiguravano i due cospiratori principali, il comandante delle guardie e il tesoriere, rimpiazzandoli con rilievi di soldati della guardia (Shahbazi). Egli fece portare a termine la Sala delle Cento Colonne, le cui fondamenta erano già state poste da Serse: un edificio che gareggia con l’apadāna in grandezza e magnificenza. Nuovo fu probabilmente il trìpylon, una costruzione di passaggio al centro dell'intero impianto, forse al limite tra la zona privata e quella pubblica dei palazzi. Le iscrizioni previste non sono state eseguite e la datazione si può ricavare dall'analisi stilistica dei membri della nobiltà, di fattura molto grossolana, raffigurati in atto di salire le scale, e dei portatori del trono sullo stipite (Calmeyer; Roaf), di esecuzione migliore. Anche il fregio dei portatori di offerte è realizzato in modo molto accurato e morbido: in seguito esso fu incorporato a SO della Terrazza e la sua ricostruzione è un ulteriore risultato dei coniugi Tilia. Un'alta qualità accanto a una grande forza espressiva contraddistingue i rilievi della Sala delle Cento Colonne: bisogna presupporre che sia subentrato un mutamento stilistico durante il lungo regno di Artaserse I. Anch'egli deve aver fatto costruire altri edifici presso i palazzi ai piedi della Terrazza, come mostrano le basi con iscrizioni di Serse, qui riutilizzate. Mancano testimonianze dell'attività amministrativa, che tuttavia potrebbe dipendere dal cambiamento di materiali di scrittura: forse il passaggio dalle tavolette d'argilla elamitiche alle pergamene aramaiche.
Tutti questi edifici e rilievi rimasero incompleti, quello della porta di accesso alla Sala delle Cento Colonne addirittura in un abbozzo estremamente grossolano. Ciò è forse in relazione al fatto che a P. non c'è alcun tipo di iscrizione di Dario II Nòthos, che fu forse il primo a non essere sepolto a Naqš-e Rostam, vicino a P. (Ctesia). Nella Tesoreria non si è trovato nulla di databile posteriormente al V sec., e tutto ciò porta a pensare che P. non venne più utilizzata come sede del «Gran Re».
Non sappiamo esattamente da quando il palazzo fu usato nuovamente, sebbene ne conosciamo la nuova utilizzazione: come luogo di sepoltura dei sovrani. Che ciò avvenisse nel palazzo degli antenati corrisponde a un'antica usanza babilonese e assira.
Nella zona del palazzo abbiamo un impianto sepolcrale incompiuto e altri due pressoché completi, copie di quelli più antichi a Naqš-e Rostam, che possiamo attribuire con una certa probabilità ad Artaserse II Mnèmon (tomba V?) e ad Artaserse III Ochòs; iscrizioni di quest'ultimo su edifici mostrano che egli tornò a costruire sulla Terrazza del Palazzo.
Lo stile dei rilievi di una facciata con scalinate, che egli aggiunse al tacara di Dario, si può mettere bene a confronto con quelli della tomba VI.
Entrambi gli aspetti - quello dei sepolcri regali e dei palazzi - sono tratti anche nell'unica descrizione antica di P., rimastaci in Diodoro Siculo (XVII, 71, 3 ss.): sulla Terrazza (àkra), abitazioni di sovrani e strateghi, assieme a Tesorerie (dunque più della sola che conosciamo!); sul monte con cui confina a E, numerose tombe. Questa descrizione risale al massimo all'epoca di Dario III, ma più probabilmente al periodo dell'occupazione da parte di Alessandro Magno. Dalle iscrizioni non apprendiamo nulla riguardo agli strateghi; forse erano costruzioni composte da materiale di spoglio come il tardo Palazzo H. Diverse tombe di privati, ancora non pubblicate, sono state anche scoperte sul Kuh-e Rahmat.
Per il prossimo futuro bisogna aspettarsi ulteriori indicazioni - anche in mancanza di scavi - dalle tavolette e soprattutto dalle impronte di sigillo su di esse, e dalle osservazioni che si possono trarre dalle ricerche nelle cave di pietra.
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