PERSIA (XXVI, p. 806; App. I, p. 927)
Popolazione (XXVI, p. 811). - È probabile che ammonti oggi a non meno di 17 milioni di ab. (10 a kmq.). Quella di Ṭeherān è oggi raddoppiata rispetto al 1933 (699.110 ab. nel 1942); e raddoppiata anche quella di Iṣfahān (205.000 ab.). I centri urbani con oltre 100.000 ab. erano nel 1942 saliti a 7 (oltre i 5 del 1933, Hamadān e Resht).
Condizioni economiche (p. 814). - La seconda Guerra mondiale non ha modificato profondamente la struttura economica della Persia; cambiamenti notevoli appaiono tuttavia in confronto con l'anteguerra. Nel campo agrario è patente la tendenza a sviluppare le colture industriali (cotone, tabacco, barbabietola da zucchero) a scapito di alcune produzioni imposte dalla tradizione (papavero da oppio) e destinate soprattutto al consumo interno. L'allevamento mantiene la sua importanza con qualche non rilevante guadagno numerico rispetto al 1933 (i bovini contano ora circa 3 milioni di capi, ed è del pari in aumento la produzione dei bozzoli). I successi più cospicui riguardano l'industria estrattiva ed in primo luogo il petrolio. Dal 1937 ha corso la concessione alla American-Iranian Oil Co. di nuovi perimetri nel Khorāsān e nel Māzandarān orientale. La produzione è all'incirca quadruplicata nell'ultimo quindicennio (20,5 milioni di tonnellate nel 1947), ciò che ha portato la Persia al quarto posto fra i grandi produttori mondiali. Pel resto l'industria persiana, pur avendo realizzato qualche progresso ed essendosi alquanto moderizzata, rimane tutt'ora impari così alle risorse, come ai bisogni del paese.
Comunicazioni (p. 817). - Nell'agosto 1938 venne inaugurata la Transpersiana, dal Caspio (Bender-i-Gez) al Golfo Persico (Bender-i Shāhpur) per Ṭeherān, Qumm, Sulṭānābad e Dizfūl (1394 km.), di capitale importanza per la vita del paese. In costruzione le linee Ṭeherān-Meshhed, già in esercizio fino a Shāhrīd (314 km.) e la Ṭeherān-Tabrīz, di cui è stato completato il tratto fino a Zengiān (315 km.). In complesso, oggi, 2310 km. di ferrovie, più di tre volte quanti ve n'erano quindici anni fa.
Commercio estero (p. 817). - La bilancia commerciale si mantiene attiva; negli ultimi anni il valore delle esportazioni, nelle quali predomina di gran lunga il petrolio, è stato all'incirca doppio di quello delle importazioni (56,2 e 53,2 milioni di sterline, contro 28,6 e 26,i rispettivamente, nel I945-46 e 1946-47). Fra i clienti e i fornitori primeggiano l'URSS e gli U. S., seguiti, a notevole distanza dall'India e dalla Gran Bretagna.
Finanze - Il debito pubblico interno alla fine del 1947 era di 4359 milioni di riyal di cui 3859 colla Banca nazionale. Il debito estero è costituito da un residuo per 700.000 sterline di un prestito di 1.250.000 sterline contratto con la Gran Bretagna nel 1911 e da due prestiti concessi dagli Stati Uniti, uno di 7,5 milioni di dollari, rimborsabile in sette anni, per l'acquisto di residuati di guerra e un altro di 10 milioni di dollari, rimborsabile in dodici anni a partire dal 1950, per l'acquisto di materiale bellico. La circolazione è passata da 990 milioni di riyal nel 1939 a 6570 al 30 giugno 1948 ed è coperta da oro (oltre 4 miliardi di riyal), divise estere (circa 1,7 miliardi) e anche dal valore dei gioielli della corona. La Persia fa parte, come membro originario, del Fondo monetario internazionale, con una quota di 25 milioni di dollari, e della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, con una quota di 24 milioni.
Diamo qui di seguito le cifre dei bilanci:
Bibl.: H. Sotoudeh, L'évolution économique de l'Iran, Parigi 1937; E. Migliorini, Strade e Commercio dell'Iran, Milano 1940; L. P. Elwell-Sutton, Modern Iran, Londra 1942; W. S. Haas, Iran, Oxford 1945; H. Pirnia, A short survey of the economic conditions of Iran, Teheran 1945; R. Groseclose, Introduction to Iran, New York 1947; R. N. Gupta, Iran: an economic study, Nuova Delhi 1947.
Storia (xXVI, p. 839; App. I, p. 927). - La seconda Guerra mondiale travolse la neutralità e indipendenza della Persia non meno di quanto era accaduto nella prima. Tuttavia le ideologie in nome delle quali gli Alleati dichiaravano di combattere, e il progresso innegabile del senso di nazionalità e di coscienza civile, maturatosi in Persia nel ventennio del regime Pahlawī, attenuarono la scossa e permisero al paese di superare la crisi, affrontando i problemi del dopoguerra in una situazione interna ed internazionale incomparabilmente migliore.
La Persia dichiarò la propria neutralità nel 1939, allo scoppio del conflitto franco-anglo-tedesco, e la ribadì nel giugno del 1941, quando la Germania attaccò l'URSS. Ciò nonostante, subito si profilarono difficoltà avendo la Gran Bretagna iniziato una pressione diplomatica per l'espulsione dei numerosi sudditi tedeschi che, in veste soprattutto di tecnici, si trovavano nell'Irān. La situazione precipitò rapidamente: il 25 agosto 1941, mentre gli ambasciatori sovietico e inglese presentavano un ultimatum al governo di Ṭeherān, truppe delle due potenze avevano già iniziato, da nord e da sud, l'invasione del territorio persiano.
La Persia infatti aveva, nel quadro della guerra, capitale importanza, oltre che per i suoi giacimenti petroliferi, anche perché, attraverso il suo territorio, si potevano minacciare tanto l'India quanto l'URSS e perché la comunicazione transiraniana-mar Caspio rappresentava una delle vie migliori per l'invio di rifornimenti all'Unione Sovietica.
Due colonne motorizzate sovietiche (gen. Novikov), dalla Georgia, scesero, una lungo il Caspio, su Morān, e porti di Pehlevī e Banderi-Shūh, che furono occupati con sbarchi, e l'altra su Tabrūz. Gli Inglesi (gen. Quinan), sbarcarono nel porto di Bänder Shāhpūr sul golfo Persico e puntarono verso l'interno, mentre altre truppe, partite dalla regione di Bassora e da quella a nord-est di Baghdād, raggiunsero ‛Abbādān e el-Mohammerah. Il giorno dopo venivano occupate, dai sovietici Dilman, Tabrīz e Ardabīl, e dai Britannici la zona petrolifera di Ahwāz, mentre reparti aviotrasportati si impadronivano del centro petrolifero di Nafṭ-i- Safid. Il 28 agosto, mentre l'avanzata concentrica degli Alleati si sviluppava favorevolmente, un nuovo governo persiano chiedeva un armistizio e ordinava alle proprie truppe di desistere da ogni resistenza. I Sovietici continuarono la loro marcia, conquistarono Qazvīn, si portarono a circa 80 km. da Ṭeherān e si fermarono in seguito a trattative intercorse fra i governi di Mosca e di Londra. L'occupazione della Persia fu completata e vennero presiediati i principali porti, le ferrovie e i centri petroliferi; truppe anglo-russe entrarono a Ṭeherān il 18 settembre 1941.
Due giorni prima, Riẓā Shāh Pahlāwīaveva abdicato in favore del figlio Moḥammed RiẓāKhān, che il 17 settembre giurava dinanzi al Parlamento. L'ex-sovrano veniva in seguito deportato nell'isola Mauritius.
Un trattato anglo-russo-persiano, firmato il 28 dicembre 1941, e ratificato dal Parlamento persiano il 30 gennaio successivo, regolava la nuova situazione: per esso le due potenze occupanti si impegnavano a salvaguardare la sovranità della Persia, a difenderla da ogni aggressione, e a ritirare le loro truppe entro sei mesi dalla cessazione delle ostilità. La Persia da parte sua concedeva libero transito alle truppe alleate, e rompeva la relazioni diplomatiche con i paesi dell'Asse (i sudditi tedeschi e italiani erano stati già precedentemente consegnati agli Alleati, e da essi rimpatriati o internati). L'entrata in guerra degli Stati Uniti, seguita in quel tempo, poneva in primo piano la Persia come via di transito per gli aiuti americani alla Russia, e trasformava l'occupazione preventiva anglo-russa in una grandiosa collaborazione logistica degli Alleati per alimentare la resistenza sovietica, che nel 1942 raggiungeva a Stalingrado e nel Caucaso la massima inflessione verso Oriente. La ferrovia transiraniana, debitamente potenziata e in parte addirittura rifatta da tecnici americani, si rivelò un'arteria ideale per il convogliamento del materiale sbarcato nel Golfo Persico verso il nord. Così la Persia veniva sempre più strettamente avvinta alla causa degli Alleati: il 9 settembre 1942 essa dichiarava la guerra alla Germania, e nel dicembre dell'anno seguente ospitava a Ṭeherān lo storico convegno dei Tre Grandi, che tracciava le linee della riconquista d'Europa, ribadendo a un tempo solennemente l'impegno di rispettare e restaurare in pieno, a guerra ultimata, la sovranità persiana. Il più o meno spontaneo lealismo per la causa alleata, del resto sempre più chiaramente prossima alla vittoria, fruttò anche alla Persia, sul finir della guerra, l'ammissione fra le Nazioni Unite.
Contemporaneamente a questi eventi esterni, una rapida evoluzione costituzionale e sociale si verificava all'interno. Caduto con l'abdicazione dello Shāh Riẓā l'autoritarismo sovrano, che per quasi un ventennio aveva praticamente tenuto in pugno il paese, si sviluppava una intensa vita politica attorno al Parlamento e ai partiti. I ministeri che si succedettero durante l'occupazione alleata (Furūghī, Qavām as-Salṭanah, Suheilī, Hakīmī), se ebbero allentata la pressione da parte della Corona, essendosi il nuovo Scià chiuso in uno stretto riserbo costituzionale, dovettero affrontare le delicate relazioni con le autorità militari occupanti, crisi economiche e alimentari, uno sporadico riaffiorare di rivolte nelle provincie. Tra i nuovi partiti, emerse presto il progressista Tūde (Blocco" o "Massa"), filorusso, a cui si contrappose il moderato e conservatore Millet, filobritannico. La scissione europea in due ideologie e due blocchi, esplosa nel dopoguerra, fu già anticipata in Persia da questa incipiente ripresa politica sotto la duplice o triplice occupazione, con il polarizzarsi delle forze interne attorno ai due gruppi alleati e già potenzialmente rivali.
In questa atmosfera si inserì, alla fine del 1945, la crisi dell'Azerbaigiān (v. in questa seconda App., vol. I, pp. 343-44). Il governo persiano sotto l'abile guida del vecchio Qavām as-Salṭanah giunse nel marzo 1946 a un accordo su queste basi: ritiro delle truppe sovietiche entro un mese (lo sgombero sovietico si compì effettivamente entro il 6 maggio; Inglesi e Americani si erano già ritirati dall'anno precedente); fondazione di una società petrolifera russo-persiana; regolamento diretto amichevole della questione dell'Azerbaigiān fra il governo centrale e quello regionale. Ma il passo decisivo per la restaurazione dell'autorità centrale fu compiuto da Ṭeherān pochi mesi dopo, quando in occasione delle elezioni generali truppe governative entrarono quasi senza trovar resistenza nella provincia ribelle (occupazione di Tabrīz, 12 dicembre 1946). Il capo del governo regionale azerbaigianico, Pīshāvarā, fuggì nell'URSS, qualche altro fu giustiziato, l'URSS non reagì al fatto compiuto, e quello che era sembrato per un momento problema suscettibile delle più gravi complicazioni internazionali si trovò sciolto con insperabile facilità. La vittoria di Qavām as-Salṭanah non risparmiò peraltro al suo ministero nuove complicazioni nel 1947. Il parlamento nell'ottobre di quest'anno annullava la concessione petrolifera stipulata con l'URSS nel marzo 1946, provocando una protesta russa e il richiamo dell'ambasciatore, e ai primi di dicembre Qavām as-Salṭanah era obbligato a dimettersi. Gli succedevano varî altri gabinetti, e per ultimo (novembre 1948) quello di Moḥammed Sayyid, che nel febbraio 1949, in seguito a un attentato allo Shāh, ha sciolto il partito di sinistra Tūde e introdotte misure restrittive della libertà di stampa.
L'esser riuscita a recuperare la sovranità e l'indipendenza, l'aver superato con successo la crisi dell'Azerbaigiān, e potuto assumere un atteggiamento indipendente di fronte all'URSS è stata non piccola fortuna per la Persia in questo agitato dopoguerra. Se l'equilibrio mondiale si conserverà, essa dovrà soprattutto risolvere i suoi problemi interni; lo sviluppo della sua nascente democrazia, per la prima volta effettiva dopo la rivoluzione del 1906, e profonde riforme sociali, che eliminino la struttura ancora quasi feudale della sua economia. Le profonde tracce materiali e spirituali lasciate nel paese dal quinquennio dell'occupazione alleata non debbono andar perdute, ma occorrerà un lungo periodo di pace, e di prudente e progressivo assetto interno, perché esse possano dare i loro frutti migliori, evitando alla Persia le due piaghe di cui ha alternativamente sofferto: l'anarchia retriva e la tirannia progressista.
Letteratura neopersiana (XXVI, p. 843).
L'abituale difficoltà di procurarsi notizie aggiornate sul movimento letterario nella Persia contemporanea si è ancora accresciuta in questi ultimi anni. Il panorama letterario che è dato ricostruire è quindi probabile sia già lievemente invecchiato, ma è comunque quello che le più recenti fonti disponibili permettono di delineare: voci rinnovatrici nella poesia, della generazione nata dopo il 1890, sono quelle di ‛Ishqī(n. 1895), di Rashād Yāsimā (n. 1896), della poetessa Parvīn, i quali negli antichi schemi e motivi classici hanno versato una fresca vena di sensibilità moderma e talora hanno anche tentato nuove forme metriche e stilistiche. Altri battono ancora le vie tradizionali, come Nawbakhī autore di un Pahlavi-nāme, che verseggia sul modello firdusiano la storia nazionale di Persia, dalla caduta dei Sasanidi al regime di RịzāShāh. Ancor più fecondo e originale è il rinnovamento della prosa, inaugurato da Gemāl Zāde, nonostante una certa freddezza e apatia del pubblico, che, negli strati culturalmente educati, si nutre a preferenza di letteratura straniera, specie francese. Emerge già, ciò nonostante, un gruppo di narratori contemporanei come Moḥammed Ḥigiāzī, Ṣādiq Hidāyet, Deḥātī, Rahnumā; il primo, cultore soprattutto del romanzo borghese, e il secondo di tendenza veristica e sociale, descrittore della vita degli operai e contadini, che sinora non aveva forse mai attirato l'attenzione dell'alta letteratura in Persia. Gli eventi dell'ultimo decennio, con la caduta dell'autocrazia, l'occupazione straniera, e un avvio di lotta democratica nel paese, hanno certo avuto riflesso nella letteratura, ma di ciò si hanno ancora troppo vaghe notizie.
Assai avanzata appare la cultura persiana negli studî storici e filologici (edizioni critiche e commenti di classici, storie letterarie, ecc.), dove il decauo della iranistica indigena, Moḥammed Qazvīnī, è circondato di una valente schiera di giovani (Sa‛īd Nafīsī, Qāsim Ghanā, Abbās Iqbāl), esperti della tecnica filologica europea.
Bibl.: A. Bausani, Notizie su poeti persiani contemporanei, in Oriente moderno, XXV (1945), pp. 28-41; R. Lescot, Le roman et la nouvelle dans la littérature iranienne contemporaine, in Bulletin de l'Institut français de Damas, IX (1943), pp. 83-101.