perspettiva
Scienza (latino perspectiva, " ottica ") che riguarda sia l'occhio come organo sia il fenomeno della visione. Mentre nel primo aspetto, fisiologico, è legata alla medicina (Ippocrate, Galeno, Avicenna), nel secondo, esterno, è considerata in dipendenza dalla geometria, come indica D. in Cv II XIII 27 E ancora la Geometria è bianchissima, in quanto è sanza macula d'errore e certissima per sé e per la sua ancella, che si chiama Perspettiva (cfr. anche III 6).
Partendo dalle dottrine aristoteliche sulla natura, posero i fondamenti di questa scienza Euclide (330-275 a.C.) nell'Optica e nella Catoptrica e Tolomeo (morto c. 178) nell'Optica. Nel Medioevo la perspectiva ricevette impulso e approfondimento dagli arabi Al Kindi (morto c. 873) e Ibn al Haitan - Alhazen - (c. 965-1039), il cui trattato tradotto in latino circolò nel nostro Occidente a partire dal XIII secolo. In questo tempo per i dotti neoplatonici la luce prende valore soprannaturale, e Roberto Grossatesta la considera prima forma generante del creato, finché tale indirizzo filosofico non fu condannato da s. Tommaso. Altri autori - Ruggero Bacone (1210 - c. 1269), Vitellione, la cui Perspectiva è del 1270 - trattarono scientificamente della visione, ordinandola e disponendola alla nuova sensibilità, e John Peckham (c. 1240 - 1292) la riassunse in un piccolo compendio - Perspectiva communis -, che fu il testo commentato dagli ottici successivi fino ai primi del XV secolo. Assieme all'ottica fisiologica, la teoria della visione divenne parte della disciplina professata dai medici, alla cui corporazione, in Firenze - Arte dei medici e speziali -, erano iscritti anche i pittori, e a cui, per poter partecipare alla vita politica della sua città, dovette iscriversi anche Dante. È allora che la P. comincia a interessare, oltre ai letterati (Cavalcanti, D.) gli artisti (Giovanni Pisano, Giotto, Taddeo Gaddi).
Ma solo nei primi decenni del secolo successivo - 1424-1425 - Filippo Brunelleschi, con geniale intuizione, da alcune sue leggi ricaverà il primo metodo razionale di rappresentazione grafica: perspectiva artificialis. L'invenzione avrà conseguenze capitali nella pittura (Masaccio) e nel rilievo (lo ‛ stiacciato ' di Donatello), nonché nella teoria sull'arte (il De Pictura di L. B. Alberti), e ne deriverà addirittura il cambiamento di significato del vocabolo, che correggendosi da ‛ perspettiva ' in ‛ prospettiva ' verrà a significare: " rappresentazione dello spazio e del volume sul piano della pittura ". A questa deviazione seguirà, alla fine del sec. XVI, con gli scritti di Keplero e le esperienze di Galileo, la vera e propria ‛ catastrofe dell'ottica antica ' cioè un rapido processo evolutivo che determinerà la fine di quella scienza, assieme a cui tutta una zona della sensibilità verrà a inaridirsi ed estinguersi.
Si può esser certi che D. conobbe la P. perché la nomina e la descrive in Cv III IX. Oltre al suo enciclopedismo, doveva indurlo a conoscerla e ad approfondirla la sua singolare apertura verso il fenomeno visuale. D'altronde la coscienza che certi passi del poema dovessero spiegarsi col riferimento alla p. era viva negli antichi commentatori - Benvenuto, Lana, Ottimo, Anonimo -, ma si affievolisce più tardi - Varchi -, e in seguito nei commenti il nome stesso viene a scomparire. Quando, a cominciare dall'epoca illuminista fino a tutto l'Ottocento e oltre, gli aspetti scientifici del poema tornano a occupare l'attenzione degli studiosi - Torelli, Libri, Caverni, Passera - il riferimento è perso del tutto. In seguito (Tea, Nardi, Busnelli) si è tornati a porre la necessità del riferimento storico ai testi della perspettiva.
Già nello Stil nuovo erano filtrati alcuni termini propri a questa scienza. Così la " placentia animae quae pulchritudo dicitur " di Vitellione era confluita nella " piagenza " del Cavalcanti (Nardi) e i " flores et viridia " (Alhazen) in " li fiori e la verdura " (pure Cavalcanti). In D. l'acquisizione è profonda e sistematica. La canzone Amor, che movi tua vertù da cielo, probabilmente destinata al Convivio (Contini, Rime 121-125), poteva sintetizzare in esso un capitolo dedicato appunto alla P., di cui essa richiama le tre parti, riguardanti la visione diretta, riflessa e rifratta.
Dai versi della Commedia si può estrarre un compendio dell'intera materia della P., restituendole l'ordine che essa ha nei trattati. Alla fisiologia dell'occhio è riferito il senso di dolore che a quest'organo infligge la luce: Pd XX 31, XXVI 70-75, XXVIII 13-18, XXXIII 76-77; e l'abbaglio che esso ne riceve: Vn XLI 6; Cv III Amor che ne la mente 59-62 e VIII 14; If III 134, X 69, Pg II 37-40, VIII 34-36, IX 81, XV 7-11 e 22-33, XVII 52-54, XXVII 58-60, XXXII 1-3 e 7-12, Pd I 54-58, III 129, IV 139-142, V 3, XIV 76-78, XX 31-32, XXI 10-12, XXIII 31-33 e 79-84, XXV 27, 118-120, 122-123 e 138, XXVI 1-2 e 20, XXVII 4 ss., XXIX 8-9, XXX 11, 46-51 e 56-60, XXXIII 76 e 82-84. Con riferimento alla p. sono descritti effetti di luce: Pg XXIV 137-138, Pd I 60, VIII 16, XIV 52-54, 67 69, XVI 28-29, XXV 79-81, XXVIII 91. Alla parte prima dei trattati di p. che tratta della visione diretta spettano gl'inganni ottici - deceptiones visus -, richiamati genericamente in Pg XXII 28-30. Poi sono esaminati: la scarsezza di luce: Amor, che movi tua vertù da cielo 13-15; If XV 17-21, XXXI 10-11, 22-27 e 37-38. La distanza e il suo variare: Pg II 13-42, X 49-54. Il moto contro il cielo: If XXXI 136-139. Il moto impercettibile nella distanza: Pg III 58-60. Il moto veloce: Pg VIII 103-105, Pd VII 8-9. Lo scorcio: Pg X 112-120. L'assimilazione della forma mediante il colore: Pg XIII 7-9 e 43-48. La persistenza della luce: Pg XXIX 73-75. L'apparenza variabile: Pd XIV 109-117. La luce più distinta in campo scuro: Pg XXVII 88-90. La riflessione apparente (fenomeno falso): Pd III 10-14. La parte seconda dei trattati di P. tratta della visione riflessa. Genericamente vi è fatto riferimento in Pg XV 67-75, e diffusamente nel Paradiso, dove le anime dei beati, che risiedono nell'Empireo, appaiono riflesse a D. in ciascuno dei nove cieli. Seguono vari fenomeni: la riflessione perpendicolare sullo specchio piano: Pd I 49-51. La riflessione obliqua: Pg XV 16-24. La simmetria della visione speculare: Pd XXVIII 4-11. L'identità della riflessione a diverse distanze (fenomeno falso): Pd II 97-105. La parte terza dei trattati è sulla visione rifratta. Da qui è tratta la descrizione dell'arcobaleno: Pg XXI 50-51, XXV 91-93, XXIX 76-78, Pd XII 10-21, XXXIII 115-120. L'alone: Pd X 67-69, XXIII 94-95, XXVIII 22-24. I meteoriti: Pg V 37-40, Pd XV 13-18. I parelî: Pd XXVI 103-108. L'atmosfera: Pg II 13-15, III 16, XXX 25-27, Pd V 133-135. Il rosso delle nubi: Pd XXVII 28-30. Il crepuscolo: Pd XIV 70-74. La luna: Pg XVIII 76-78. La scintillazione delle stelle: Pg XII 90. La scintillazione del mare: Pg I 115-117. Il vacillare degli aspetti nel mezzogiorno: Pg XXXIII 103-105.
I testi in cui troviamo rispondenze a questi passi della Commedia e delle altre opere di D. sono essenzialmente: Alhazen De Aspectibus (il titolo di questo e degli altri trattati può variare nei manoscritti in De Visu, Perspectiva, Optica) consultabile nell'ediz. di F. Risner, Opticae thesaurus, Basilea 1572. Vitellione o Witelo Perspectiva, edita a Norimberga nel 1535, poi col titolo Opticae libri decem aggiunta all'Opticae thesaurus di Alhazen nella stessa edizione del Risner. Ruggero Bacone Perspectiva, parte dell'Opus maius, ediz. J.H. Bridges, Oxford 1897, II 3, anche riassunta nell'Opus tertium, ediz. A.G. Little, Aberdeen 1912. Queste opere sono riassuntive dei trattati di Euclide e Tolomeo, coi qual i un contatto di D. non è accertabile. In esse noi troviamo sui fenomeni notati o investigati da D., a livello psicologico, il chiarimento che la scienza del suo tempo poteva offrire. Talvolta le leggi espresse nei teoremi offrono una semplice delucidazione, talvolta sembrano aver offerto qualche definizione e vocabolo, o addirittura suggerito qualche immagine. Certo che quando la Perspettiva di Vitellione (IV 109) ha spiegato come " corpora... a longe visa in colore similia, et ad invicem propinqua, creduntur continua, et propter hoc tabulae parietis vel scamni apparent quandoque continuae ", ci risulta facilmente accessibile l'effetto di assimilazione della forma mediante il colore che D. descrive nel XIII del Purgatorio, dove rispetto alla prima apparenza - Ombra non lì è né segno che si paia: / parsi la ripa e parsi la via schietta / col livido color de la petraia (vv. 7-9) -, sollecitato da Virgilio, egli riesce a distinguere qualcosa di nuovo: Allora più che prima li occhi apersi; / guarda'mi innanzi, e vidi ombre con manti / al color de la pietra non diversi (vv. 46-48). La P., in questa prima parte della visione diretta in cui è essenzialmente scienza chiarificatrice di errori, gl'insegna a soccorrere il senso con la ragione: necessaria a districare quelle che i trattati chiamano " intentiones visibiles ", la cui distinta percezione si altera ogni volta ne vengano meno le condizioni essenziali di moderazione. D. descrive esattamente il processo tecnico per cui l'obietto comun, che 'l senso inganna è certificato dalla virtù ch'a ragion discorso ammanna, cioè dall'estimativa (Pg XXIX 47-49). Dopo di che sarà da notare il grado di approfondimento diverso di ciascun fenomeno, dai più semplici descrittivamente - scintillazione degli astri - ai più complicati - leggi della riflessione, arcobaleno -.
D., conscio del valore dell'esperienza (Pd II 95-96), assume nei confronti dei fenomeni un atteggiamento appunto sperimentale, e si fa descrittore di esperimenti di ottica - tipici quelli della riflessione -, determinanti per il rapporto arte-scienza che nell'ambiente fiorentino evolverà in artisti quali Brunelleschi, L.B. Alberti, Leonardo. Ma è indubbio che anche lo suggestiona l'aspetto specioso di questa disciplina, rispetto alla quale " nulla tantam suavitatem et pulchritudinem utilitatis habet " (Bacone); e anche in questa direzione sarà identificabile nell'arte fiorentina un filone di fantasiosa applicazione inventiva che va da Giotto e Taddeo Gaddi a Ghiberti e Paolo Uccello. Nell'intraprendere il viaggio ultraterreno la P. agguerrisce i suoi occhi che si preparano a sostenere continue prove, di smarrimenti, equivoci, abbagli eccessivi. Finché, salito al cielo astronomico a cui corrisponde il Paradiso, i suoi occhi non ricevono un potenziamento soprannaturale. In Pd I 55-57, è spiegata la ragione per cui più oltre è detto: io compresi / me sormontar di sopr'a mia virtute; / e di novella vista mi raccesi (XXX 56-58). Ma prima di raggiungere quest'ordine trascendente, D. descrive l'oltretomba in quei termini di pura visualità di cui lo hanno reso cosciente i trattati di Perspettiva.
Bibl. -Degli studi che hanno per oggetto i passi danteschi riguardanti l'ottica, qui vanno richiamati soltanto, perché di carattere complessivo: N. Busetto, Saggi di varia psicologia dantesca, Prato 1905, 8 e passim.; E. Passera, Le cognizioni oftalmologiche di D., in " Archivio di Storia della Scienza " III (1921) 3 ss. La storicizzazione del rapporto inizia con G. Boffito, La teoria della visione di D. e di Cecco d'Ascoli, in " Rivista di Fisica, Matem. e Scienze Nat. " (1929) 67-73; ID., Quali esperienze e leggi dell'ottica furono note a D. e a Cecco d'Ascoli?, ibid. (1930) 225-228; i confronti testuali con E. Tea, Witelo prospettico del secolo XIII, in " L'Arte " III (1927) 3 ss.; B. Nardi, Alla illustrazione del Convivio dantesco, in " Giorn. stor. " XCVIII (1930) 83; ID., D. e la cultura medievale, Bari 1949; ID., Il canto XV del Purgatorio, Roma 1953; A. Parronchi, La perspettiva dantesca, in " Studi d. " XXXVI (1960) 5-103, poi in Studi su la dolce prospettiva, Milano 1964, 3-90; Vitellione, Teorema della bellezza, trad. di A. Parronchi, Milano 1958 (1967²). Per la posizione della P. nel pensiero medievale, v. G. Federici-Vescovini, Studi sulla prospettiva medievale, Torino 1965.