PERTARITO
– Del figlio di re Ariperto si ignora la data di nascita, probabilmente da collocare intorno alla metà del quarto decennio del VII secolo. Alla sua morte nel 661 il re agilolfingio Ariperto, secondo una procedura unica nella storia longobarda e prossima piuttosto a quella franca, divise il Regno tra i due figli maschi Pertarito e Godeberto (v. la voce in questo Dizionario); mentre Godeperto risiedette a Pavia, Pertarito scelse come sede Milano, l’antica capitale e metropoli. Presto tra i due si accesero gravi conflitti e Godeperto cercò di prevalere con il sostegno di Grimoaldo, duca di Benevento, il quale pugnalò il giovane re e prese possesso della capitale, spodestando anche Pertarito; per consolidare la propria posizione, inoltre, sposò la figlia di re Ariperto, sorella dei due legittimi successori.
L’inferiorità politica e militare portò Pertarito a fuggire presso gli Avari, ma dopo un certo periodo Grimoaldo I, volendosi apparentemente riappacificare con il cognato, gli consentì di far ritorno a Pavia per poi tentare di eliminarlo; avvisato delle intenzioni del re, Pertarito fuggì in Neustria presso la regina dei Franchi Balthild. Questi stretti rapporti con il mondo franco provocarono un intervento in aiuto di Pertarito da parte dei Franchi di Neustria; penetrati nell’Italia nordoccidentale nel 663, furono però sconfitti e respinti da Grimoaldo. Quando nel 671 questi morì lasciò a Garibaldo, il figlio minorenne avuto dalla figlia di Ariperto, un Regno territorialmente ingrandito e coeso. Ma per poche settimane: nello stesso anno Pertarito tornò infatti dal suo esilio presso i Franchi e rovesciò il nipote; ricevuto dai rappresentanti della corte pavese al passaggio delle Alpi, seguendo la tradizione fu elevato al trono a Pavia da un’assemblea di popolo.
Presto il re riuscì a raggiungere un accordo con il figlio maggiore di Grimoaldo, Romualdo duca di Benevento, il quale liberò Rodelinda e Cuniperto, rispettivamente moglie e figlio di Pertarito, i quali erano stati tenuti prigionieri a Benevento dal tempo della sua fuga, in cambio del riconoscimento di una posizione pressoché autonoma nell’Italia meridionale. Per garantire alla sua dinastia il controllo del Regno, inoltre, verso il 680 Pertarito associò al trono il giovane figlio Cuniperto, il quale riuscì presto a esercitare una grande influenza sulla politica longobarda.
Sulla scia del padre, Pertarito condusse una politica tendente alla pacifica convivenza con l’elemento cattolico romano e con i Bizantini: perseguì il potenziamento della Chiesa cattolica, fece costruire monasteri e chiese, offrì il suo sostegno all’opera di evangelizzazione e incoraggiò i vescovi a far ritorno alle diocesi, tanto che nel 679-680 venne convocata dall’arcivescovo Mansueto una sinodo provinciale a Milano al fine di contrastare la questione monotelita in un panorama in cui la Chiesa cattolica nell’Italia padana appare rafforzata e riorganizzata. Consentì inoltre che sedici vescovi longobardi suffraganei di Milano partecipassero alla sinodo che papa Agatone (v. la voce in questo Dizionario) aveva convocato a Roma nel marzo 680 per dare le istruzioni ai legati che dovevano recarsi a Costantinopoli per il concilio ecumenico.
Nello stesso periodo concluse un armistizio con l’imperatore Costantino IV (668-685) sulla base del riconoscimento formale da parte bizantina dell’esistenza di un Regno longobardo in Italia.
La pace fu probabilmente ratificata da inviati longobardi, i quali nel 680-681 presero parte a Costantinopoli al concilio che condannò il monotelismo. Bisanzio si rassegnò allora anche sotto il profilo giurisdizionale alla perdita di gran parte dell’Italia, mentre Pertarito e il figlio Cuniperto rinunciarono all’ulteriore espansione territoriale longobarda.
In seguito ai successi politici di Pertarito, sotto la guida del duca di Trento Alahis si costituì un’energica opposizione nelle regioni nordorientali del Regno longobardo; è possibile che sia stata la cooptazione al trono di Cuniperto, e dunque l’orientamento dinastico della politica di Pertarito, a suscitare la ribellione. Sembra che il re abbia cercato di sedare il conflitto con l’aiuto degli alleati: truppe agilolfinge marciarono dalla Baviera contro Alahis, ma questi riuscì a sopraffarle.
Rifugiatosi a Trento, dove Pertarito lo strinse d’assedio, con una sortita il ribelle riuscì a cacciare il re mentre Cuniperto, legato da amicizia con Alahis, negoziò una riappacificazione di breve durata strappata al prezzo della concessione del ducato di Brescia.
È probabile che il testo dell’Origo Gentis Langobardorum sia stato compilato durante il regno di Pertarito; esso contiene infatti tutte le informazioni necessarie per ricondurre la genealogia di Pertarito a Teodelinda e alla prestigiosa dinastia letingia, mentre non menziona il legame di Grimoaldo con Alboino e i duchi del Friuli.
Pertarito morì nel 688 e fu sepolto a Pavia nella basilica di S. Salvatore a Porta Marenca costruita da suo padre Ariperto e ormai individuata come chiesa dinastica.
In segno di riconoscenza per la riconquista del trono, Pertarito aveva invece fatto costruire presso le mura della capitale un monastero dedicato a S. Agata e destinato a ospitare le donne longobarde della città regia, mentre Rodelinda aveva promosso la costruzione di S. Maria alle Pertiche presso il cimitero extramurano. L’evoluzione cattolica della monarchia corrispondeva a un generale movimento della società longobarda verso l’integrazione della Chiesa nella vita associata e si rafforzarono i collegamenti tra le famiglie nobili e le istituzioni religiose, anche di nuova fondazione. Il potere restò al figlio Cuniperto, da tempo «consors regni» e quindi partecipe degli orientamenti del padre.
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