Perù
Ricchezza, ma solo da esportazione
Dopo la conquista spagnola dell’Impero inca, per secoli il Perù fu considerato il paese più ricco della terra: produceva argento, oro e altri metalli, legni pregiati, lane finissime. Ma queste ricchezze naturali, oggi come allora, in gran parte vengono esportate e godute in altri paesi, e il Perù fatica molto ad avviare un solido sviluppo, ostacolato anche dalle condizioni geografiche
Il territorio del Perù è formato da una fascia tra Oceano Pacifico e Ande, dal clima molto caldo e arido, ma importante per la pesca e molto popolosa (qui si trova la capitale Lima); da una regione andina – cima più alta è il Nevado Huascarán, 6.768 m – a clima subequatoriale mitigato dall’altitudine, dove si trovano le poche terre coltivabili e vaste risorse minerarie (argento e altri metalli) e dove sorgono i monumenti inca che attirano il turismo internazionale; e infine una porzione di foresta amazzonica, a est, a clima caldo-umido, poco abitata e ricca di petrolio. Il Rio delle Amazzoni nasce sul versante orientale delle Ande come molti suoi affluenti, e dalla città di Iquitos si può navigare fino all’Oceano Atlantico. La navigazione interna è molto sviluppata, anche sul Lago Titicaca. I collegamenti fra le tre regioni sono difficili e l’integrazione economica è scarsa.
La popolazione, per metà formata da Indios che parlano lingue come il quechua e l’aymara, non ha buone condizioni di vita: un peruviano su due è considerato povero.
Sede di antichi insediamenti, il territorio dell’attuale Perù fu assoggettato nel 15° secolo dagli Inca, che crearono un vasto impero. Il loro dominio fu distrutto in pochi anni dalla conquista spagnola, iniziata da Francisco Pizarro nel 1532. In preda alle razzie dei conquistadores, il paese fu riportato all’ordine dalla Corona negli anni Settanta del 16° secolo. Ricco di risorse minerarie, esso divenne teatro di un sistematico sfruttamento degli Indios, ridotti in stato servile. Tra Sei e Settecento il Perù entrò in una fase di declino, cui contribuirono l’esaurimento dei giacimenti e il drastico calo di una popolazione decimata da condizioni di vita e di lavoro disumane e dalle malattie.
Nel 1821 José de San Martín proclamò l’indipendenza del paese, lasciandone la guida a Simón Bolívar che vi rimase fino al 1826. Da allora, per quasi mezzo secolo furono i militari a governare il Perù. Negli anni Ottanta ebbe inizio una massiccia penetrazione di capitali stranieri, in primo luogo statunitensi, che esercitarono una crescente influenza sugli equilibri interni. Tra i primi anni del Novecento e la fine degli anni Trenta il Perù fu sottoposto a dittature civili e poi militari, a cui si oppose l’Alleanza popolare rivoluzionaria americana (APRA), che divenne una delle principali forze politiche del paese.
Nella seconda metà del Novecento il Perù ha visto avvicendarsi al governo, attraverso elezioni ma anche ripetuti colpi di Stato, forze conservatrici, giunte militari, gruppi moderati e democratici, generali riformatori e nazionalisti. Il tutto sullo sfondo di aspri contrasti sociali e dello sviluppo di un forte movimento di guerriglia e del terrorismo. Negli anni Novanta il paese ha ritrovato una relativa stabilità con Alberto Fujimori, il quale ha inaugurato una politica neoliberista che, almeno in termini economici, ha dato importanti risultati. Accusato di corruzione e fortemente contestato, nel 2000 Fujimori si è ritirato dalla vita politica. Le elezioni del 2001 hanno portarto al governo Alejandro Toledo.