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PERÙ

di Daniele Dottorini - Enciclopedia del Cinema (2004)
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Perù

Daniele Dottorini

Cinematografia

La prima proiezione pubblica in P. risale al 2 gennaio 1897, quando furono proiettati alcuni corti con il sistema Vitascope di Thomas Alva Edison. Già dal 1899 sono documentate le prime proiezioni di brevi film girati direttamente nel Paese, sia relativi alle zone montagnose del P. sia realizzati in luoghi caratteristici della città di Lima e prodotti dalle case di produzione europee (come Pathé Frères) che avevano installato i propri uffici di rappresentanza a Lima. Ben presto nacquero nella capitale le prime sale cinematografiche. Il primo film a soggetto fu Negocio al agua (1913) di Federico Blume, mentre, secondo alcuni storici, il primo film interamente prodotto in P. fu Los centauros peruanos (1911), breve documentario sulle esercitazioni della cavalleria. Sempre nel 1913 uscì anche Del manicomio al matrimonio, prodotto dalla Compañia Internacional Cinematográfica su soggetto della scrittrice María Isabel Sánchez Concha. Negli anni successivi cominciò a svilupparsi un genere cinematografico teso al recupero in chiave avventurosa e romantica di leggende popolari e di eroi nazionali; primo esempio di questa tendenza fu Luis Pardo (1927) di Enrique Cornejo Villanueva, ispirato alla figura di un celebre bandolero degli inizi del Novecento, che è inoltre il primo lungometraggio peruviano. Grande successo di pubblico e di critica ebbe anche La Perricholi (1928) di Enzo Longhi, dramma storico di notevole interesse per la ricostruzione accurata degli ambienti e dei personaggi. Nel 1930 uscì quello che viene considerato il primo film comico peruviano, Como Chaplin, del regista cileno Alberto Santana, autore anche del primo film sonoro, Resaca (1934). Lo sviluppo della cinematografia peruviana, che all'inizio sembrava potenzialmente in grado di competere con quelle argentina e messicana, subì un ridimensionamento dopo la crisi economica internazionale del 1929: l'afflusso di pubblico nelle sale diminuì e la nascente industria cinematografica nazionale subì un arresto. La produzione però non si interruppe grazie anche alla nascita, a partire dalla fine degli anni Trenta, di case di produzione come la Amauta Film (attiva dal 1937 al 1940) e la Huascaran Films (nata nel 1943) che realizzarono opere di largo consumo, ispirate ai generi in voga nel cinema statunitense, messicano o argentino e interpretate dai primi divi locali, quasi tutti famosi attori delle radionovelas peruviane. Fu in questo periodo che si rafforzarono il carattere e la diffusione prettamente nazionali del cinema peruviano. Nel corso degli anni Quaranta, tuttavia, si verificò una crisi produttiva dovuta sia alla mancanza di stanziamenti governativi sia, in parte, al dominio della cinematografia messicana, che godeva tra l'altro di finanziamenti statunitensi. La produzione si limitò ad alcuni tentativi di creare prodotti esportabili all'estero, come il melodramma La Lunareja (1946) di Bernardo Roca Rey. Intanto, nel 1944, l'allora presidente Manuel Prado rese obbligatoria la produzione di un cinegiornale nazionale periodico e di documentari sulla vita del Paese. Si gettarono così le basi (ampliate dal 1958, con la nascita del primo canale televisivo peruviano) per la creazione di un'infrastruttura produttiva che permise alla cinematografia peruviana di svilupparsi, pur tra alti e bassi, nel corso dei decenni successivi. Gli anni Cinquanta videro la nascita di una nuova generazione di cinefili e giovani registi: anche se l'unico lungometraggio uscito durante il periodo fu La muerte llega al segundo show (1958) di José María Rosello, la produzione di documentari continuò ininterrotta e il cinema si diffuse rapidamente presso i giovani intellettuali della capitale. Mentre a Lima nascevano i primi cineclub, a Cuzco si formò un gruppo di registi interessati all'uso del documentario come strumento di conoscenza delle culture più antiche del Paese, la cosiddetta Scuola di Cuzco, attiva dal 1955 al 1961, che ebbe una notevole influenza sulle generazioni successive. A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, le mutate condizioni economiche del Paese e un golpe militare (1968) che portò al potere un governo di ispirazione populista favorirono la nascita sia di nuovi luoghi di fruizione cinematografica (nacquero nuove sale e numerosi cineclub, soprattutto nelle zone urbane), sia di una nuova generazione di registi influenzati dalle varie nouvelle vagues europee. Esemplare è la figura di Armando Robles Godoy che, con film come Ganarás el pan (1965), La muralla verde (1969) ed Espejismo (1973), disegna una società attraversata da forti tensioni esistenziali più che sociali, mediante una forma filmica visionaria e antirealista in cui si avvertono gli echi della lezione di Luis Buñuel e di Ingmar Bergman. Nel 1972 venne varata la legge sul cinema, di impostazione liberale, che, attraverso una serie di sovvenzioni ai privati, favorì la nascita e lo sviluppo di un'industria nazionale del cinema, anche se concentrata in poche imprese. Mentre all'inizio gli effetti della nuova legge favorirono soprattutto la produzione di cortometraggi, dalla fine degli anni Settanta la normativa diede nuovi impulsi anche alla realizzazione di lungometraggi; la produzione si caratterizzò inoltre per lo sviluppo di due distinti filoni cinematografici, uno legato allo sviluppo urbano del Paese e l'altro alla realtà rurale, entrambi caratterizzati da una volontà di denuncia delle contraddizioni e dei conflitti sociali del P., attraversato da forti contrasti e disparità nella distribuzione della ricchezza quasi tutta nelle mani di una minoranza di origine europea. Tra i maggiori rappresentanti del primo filone spicca Francisco J. Lombardi che con Muerte al amanecer (1977), sulle ultime dodici ore di vita di un criminale, Muerte de un magnate (1980), storia di un operaio indio che sequestra il suo principale, e La ciudad y los perros (1985), da un romanzo di M. Vargas Llosa, disegna, con un linguaggio crudo ed essenziale, una realtà urbana e crudele. L'attenzione al cinema etnologico e politicamente consapevole si concretizza invece nel cinema di Federico García: se in Kuntur wachana ‒ Donde nacen los cóndores (1977) e Laulico (1979) si raccontano le forme dello sfruttamento della terra e delle popolazioni autoctone nei grandi latifondi da parte dei colonizzatori, in El caso Huayanay: testimonio de parte (1980), incentrato sulla morte di un leader meticcio, e Túpac-Amaru (1983), biografia del primo capo del movimento anticolonialista, si cerca di restituire visibilità a una parte nascosta della storia del Paese. In quegli anni si sviluppò inoltre un movimento cinematografico (il cosiddetto indigenismo) teso alla creazione di un cinema militante legato alla cultura indigena, tra i cui rappresentanti spicca Luis Figueroa ‒ regista formatosi nella scuola di Cuzco, coregista (con Eulogio Nishiyama) di uno dei film manifesto della stessa scuola, Kukuli (1961) ‒, autore in cui l'attenzione ai temi della lotta tra culture differenti si affianca a uno sguardo capace di rendere vitali le espressioni di una cultura antica e rituale come quella india, come dimostra in Chiaraje (1975) e in Yawar fiesta (1979), incentrati sulle antiche feste e sui rituali religiosi delle popolazioni dell'interno, e in Los perros hambrientos (1976), ambientato durante le lotte agrarie degli anni Venti. Il movimento indigenista si è sviluppato anche negli anni Ottanta, con registi come Jorge Reyes ‒ autore de La familia Orozco (1983), saga familiare che segue il processo di modernizzazione del Paese ‒ e con Gregorio (1984), storia di un contadino costretto a emigrare in città, firmato dal collettivo di registi del Grupo Chaski il cui progetto era quello di mostrare le condizioni di vita della popolazione ai margini delle grandi città. Peculiarità del Grupo Chaski (F. Espinoza, S. Kaspar e A. Legaspi) e di altri giovani registi nati artisticamente negli anni Ottanta, è l'uso del video come forma di documentazione sociale e di sperimentazione formale. Nel 1992 è entrata in vigore la nuova legge sul cinema, tesa alla promozione, anche attraverso la politica delle coproduzioni internazionali, del cinema nazionale. Nel 1995 è stato istituito il Co.Na.Cine (Consejo Nacional de Cinematográfia), struttura tesa a promuovere finanziariamente progetti cinematografici nazionali. Gli anni Novanta hanno visto aumentare il numero di lungometraggi prodotti in P., alcuni dei quali hanno avuto circolazione internazionale, come Pantaleón y las visitadoras (1999; Pantaleon e le visitatrici) di Francisco J. Lombardi, anche se la tendenza alla chiusura del mercato ha continuato, a essere una costante del cinema peruviano.

Bibliografia

I.L. Frías, Il lungometraggio peruviano alla ricerca di una voce propria, e Per una storia del cinema peruviano, in America Latina: lo schermo conteso, Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro, Venezia 1981, pp. 58-63 e pp. 250-59.

O. Getino, La tercera mirada. Panorama del audiovisual latinoamericano, Buenos Aires 1996, passim.

T. Halperin Donghi, Historia contemporánea de América Latina, Madrid 1997, passim.

P.A. Paranaguá, America Latina: appunti su una storia frammentata, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 4° vol., Americhe, Africa, Asia e Oceania, Torino 2001, pp. 153-301.

Vedi anche
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