PERUZZI
. Antica famiglia di Firenze, notevole per la parte che prese alla vita politica della città per tutto il tempo del reggimento comunale, e per l'importanza che ebbe nella vita economica durante un intero secolo, dalla metà del XIII alla metà del XIV. Dell'antichità della casata fanno testimonianza versi di Dante (Par., XVI, 126), che ricollegano il nome di "quei della Pera", col nome della porta per cui si entrava nel piccolo cerchio della prima Firenze; e assai addietro negli anni ci riportano anche le dirette attestazioni documentarie, che provano la personalità storica di Amideo. Da costui, vissuto all'inizio del Duecento, si partirono i due grandi rami della famiglia: di Filippo e di Arnoldo, estinto, il primo, nel corso del sec. XVII e continuato, il secondo, nelle persone che oggi si trovano iscritte nel Libro d'oro e nell'Elenco ufficiale della nobiltà italiana con i titoli di patrizî fiorentini e di marchesi.
I P. ebbero palagi e torri nel quartiere di Santa Croce nel popolo di S. Piero Scheraggio, costruiti in parte sulle rovine della seconda cerchia delle mura acquistate dal comune, nel 1286, da Pacino di Arnoldo: e in quelle magnifiche magioni, rivaleggianti con i pubblici edifici, ospitarono con sfarzo principesco re e imperatori; nel 1310 il protettore di Firenze e capo del partito guelfo Roberto d'Angiò, e nel 1439 Giovanni VIII Paleologo recatosi a Firenze in occasione del concilio per l'unione delle chiese greca e latina. La cappella gentilizia, affrescata da Giotto, si trova nel tempio di Santa Croce.
Alla vita politica cittadina i P. parteciparono con 54 priori, primo dei quali, quasi all'inizio di quella magistratura, fu nel 1284 Filippo di Amideo che nel 1260 era stato console della lega Guelfa contro Farinata, e che nel 1303 avrebbe fornito i mezzi finanziarî alla congiura di Filippo il Bello, per l'attentato di Anagni; con nove gonfalonieri di giustizia; con ufficiali preposti al govemo di castelli e di città soggette, e alla direzione delle arti; con una quantità di funzionarî assegnati agli uffici militari e civili. L'affermarsi della casa Medici, prima ancora che il suo predominio fosse sanzionato con la creazione del principato, segnò il declino della fortuna politica dei Peruzzi, molti dei quali abbandonarono Firenze recandosi in varie città d'Italia e d'oltralpe: dove, appunto nel Quattrocento, diede origine al ramo francese dei marchesi de Perussis, spentosi nel 1907. L'avversione fra le due famiglie, la medicea e la peruzziana, cessò col tramonto della potenza della prima: anzi, in seguito al matrimonio, avvenuto nel 1783, fra un Bindo Simone P. e Anna Maria Luigia di Averardo di Pietro Paolo de' Medici, il ramo che ne discese unì i due cognomi e i due stemmi in uno solo (v. peruzzi, ubaldino).
Più che per la partecipazione alla vita politica e per i parentadi che legarono i P. alle principali famiglie fiorentine, il nome di questa casata è passato alla storia per l'importanza della compagnia mercantile, che fu, nella seconda metà del sec. XIII, una prima compagnia di Filippo di Amideo, a far parte della quale entrarono nel calendimaggio del 1300 i figli di Arnoldo, dando vita a quella grande società che per la larghezza del campo d'azione, per la forza dei capitali, per l'audacia delle iniziative fu detta con orgoglio dal Villani, che ne fece parte, una colonna della cristianità. Sotto la guida successiva di Filippo, di Tommaso di Arnoldo, di Giotto di Arnoldo, di Bonifazio di Tommaso di Arnoldo, e infine del fratello di Bonifacio, Pacino, la compagnia si dedicò a ogni sorta di affari, al commercio, all'industria, alle operazioni di banca, impiantando succursali nei principali punti di traffico, e nei grandi centri politici (in Italia a Barletta, a Genova, a Napoli, a Pisa, a Venezia, in Sardegna, in Sicilia, e all'estero ad Avignone, a Bruges, a Cipro, a Londra, a Maiorca, a Parigi, a Rodi, a Tunisi), alla direzione delle quali avvicendò un personale numeroso e di prima qualità, che dà la misura della grandiosità e della precisione dell'organizzazione. Naturalmente, data la situazione politica dell'Europa nel primo cinquantennio del sec. XIV, che vide la lotta tra Angioini e Aragonesi e l'inizio della guerra dei Cento anni, i campi di azione più proficui apparvero il Mezzogiorno d'Italia, l'Inghilterra e la Francia; ed è appunto a Napoli, a Londra e a Parigi che i rapporti fra i sovrani e la compagnia Peruzzi raggiunsero una tale entità che si può dire che essa, da sola o in unione con le consorelle dei Bardi e degli Acciauoli, abbia avuto in pugno le finanze di quei principi; soprattutto in Inghilterra, dove Edoardo III finì per abbandonare ai mercanti fiorentini la riscossione di tutti i proventi del regno in restituzione dei prestiti enormi ottenuti per le spese della corte e per le esigenze delle guerre in Scozia e contro la Francia. Se le accennate ragioni, a cui si deve aggiungere il fatto dell'esportazione della lana dall'Inghilterra e del grano dal regno di Napoli, e delle operazioni di compravendita di merci, di cambio di monete nelle fiere di Champagne, avevano fatto assumere tanta importanza alle succursali londinese, parigina e napoletana, ciò non toglie che anche le altre sedi fossero attivissime: e soprattutto quella di Rodi, dove i cavalieri dell'Ordine gerosolimitano attinsero largamente ai forzieri dei P. In breve volgere di tempo la compagnia si trovò impegnata a fondo nelle vicende politiche dei varî settori dove esplicava la sua attività, mentre il comune di Firenze richiedeva dai suoi mercanti, e in specie dalle grandi banche, contribuzioni sempre più gravose per far fronte ai nemici, e per attuare il piano di espansione territoriale imposto da quelle stesse condizioni che fatalmente avviavano a passare dall'organizzazione repubblicana alla signoria. Fu così che mentre i bilanci sociali del primo trentennio del Trecento dettero utili altissimi, a partire dal bilancio del 1 luglio 1335 cominciarono le perdite, che, divenendo sempre più gravi, portarono al clamoroso fallimento del 1343. Dice il Villani che, allora, dal re d'Inghilterra i Peruzzi avanzavano 600.000 fiorini d'oro e da quello di Napoli 100.000, mentre il re di Francia li aveva cacciati dal regno confiscando tutti i loro beni. Le cifre sono sicuramente esagerate, e lo studio diretto dei documenti del tempo tende a ridurle: ma non di tanto però, che esse sole non bastino a provare la straordinaria vastità delle operazioni dei P., e a giustificare come il fallimento di questa potente società, seguito a breve distanza da altri crolli di aziende fortissime (v. bardi), e infine dal dissesto della folla dei mercanti minori, abbia segnato un punto decisivo nella storia economica e nella storia politica di Firenze.
Bibl.: L. S. Peruzzi, Storia del commercio e dei banchieri di Firenze in tutto il mondo conosciuto dal 1200 al 1345, Firenze 1868; A. Sapori, La crisi delle Compagnie mercantili dei Bardi e dei Peruzzi, Firenze 1926; id., I libri di commercio dei P. (edizione integrale dei libri superstiti), Milano 1934.