Perversione
Perversione (dal latino pervertere, "sconvolgere, mettere sottosopra") indica un mutamento in senso ritenuto deteriore, patologico, di un processo psichico, di un sentimento, di un comportamento, di una tendenza istintiva. Nell'ambito sessuale il termine, usato specialmente in passato, è riferito a sindromi psicopatiche, caratterizzate da deviazioni dal comportamento sessuale considerato normale, per cui l'istinto sessuale viene rivolto verso un oggetto anomalo o trova soddisfacimento con pratiche erotiche diverse dal comune amplesso.
sommario. 1. Teorie sulle perversioni sessuali. 2. Orientamenti e caratteristiche. 3. Parafilie. □ Bibliografia.
1. Teorie sulle perversioni sessuali
Non è sempre facile stabilire una norma precisa sulla quale misurare un comportamento sessuale sano e adeguato. Per es., nel mondo antico, comportamenti sessuali oggi ritenuti di tipo perverso, quali la pedofilia (v.) e l'esibizionismo, erano spesso tollerati o persino incoraggiati, come lo sono di fatto nel mondo attuale alcune attitudini in certo modo perverse, come il voyeurismo pornografico. Quando ha iniziato a occuparsi di questi comportamenti, la scienza medica ha spesso giudicato i perversi sessuali come possibili degenerati, tarati, non molto lontani da coloro che venivano considerati costituzionalmente criminali o amorali; attraverso i contributi di quattro studiosi, vissuti tra Ottocento e Novecento, essa ha tuttavia cercato di penetrare l'universo della sessualità deviante. Il primo studioso, lo psichiatra viennese R. von Krafft-Ebing, autore del famoso Psychopatia sexualis (1886), coniò i termini sadismo (v.), tratto dall'attitudine perversa preconizzata dal marchese D.-A.-F. de Sade, e masochismo (v.), forgiato sul nome di uno scrittore austriaco dell'epoca, L. von Sacher-Masoch, ed elaborò una lista completa di tutte le perversioni note. Il secondo, H. Ellis, scrisse Studies in the psychology of sex (1897-1928), un'opera monumentale sulla sessualità, il cui primo volume tratta, appunto, delle perversioni. Seguono A. Moll, con il libro Untersuchungen über die Libido sexualis (1897), e S. Freud, la cui opera fondamentale sul comportamento deviante, Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, risale al 1905. Mentre i primi tre scienziati non hanno elaborato una vera e propria teoria, Freud ne ha proposta una che resta la più esauriente, da un punto di vista psicologico, anche se non vi sono trattati gli aspetti culturali, sociologici, etici, che a questi fenomeni sono connessi.
Secondo Freud, la malattia o il disturbo precede la salute e la normalità: queste appaiono conquiste progressive e successive. Infatti, alla base della teoria psicoanalitica dei comportamenti devianti, è il concetto di una disposizione infantile perversa: nel bambino piccolo (è questo uno dei grandi temi della psicoanalisi) esiste già una forma di sessualità, che Freud chiamerà 'pregenitale' e che è ancora qualcosa di frammentario o di parziale. Così il bambino (normale o meno) è 'perverso polimorfo', in quanto propenso a condotte di tipo perverso (come il desiderio di osservare i genitali, ma anche l'urina e le feci, o di esibirsi, di sporcarsi, o, eventualmente, di essere crudele, addirittura sadico, nei confronti dei fratellini o di animali). La perversione nell'adulto sarebbe allora il risultato di un'insufficiente maturazione della psicosessualità, con una fissazione a stadi evolutivi infantili, o una regressione, cioè un ritorno a comportamenti infantili in apparenza superati. La perversione sarebbe il versante negativo della nevrosi (v.), perché, mentre il nevrotico inibisce le sue fantasie erotiche impedendo loro di tradursi automaticamente in atti, il perverso è disinibito e non si perita di tradurre in atto qualsiasi fantasia o desiderio erotici. In seguito Freud modificò parzialmente tale sua visione del comportamento perverso, avvicinandolo di più alla psicosi (v.), in quanto il perverso, come lo psicotico, sembrano non tener conto della realtà.
Altri psicoanalisti dopo Freud hanno ampliato la teoria delle perversioni: M. Klein le considera disturbi dell'identità sessuale di tipo schizoide, mentre R. Stoller le ritiene soprattutto comportamenti atti a riparare le ferite affettive subite nell'infanzia. A quella psicoanalitica si contrappone la teoria antropologica; assai poco strutturata, essa presenta, tuttavia, interessanti contributi di ricercatori e scienziati fenomenologi, come E.V. von Gebsattel, E. Straus e M. Boss. Secondo questa teoria, non bisogna limitarsi a considerare una data pulsione o un istinto, che spingerebbero il soggetto a un comportamento perverso, ma l'intera personalità. Per es., Straus, in Geschehnis und Erlebnis (1930), sostiene la tesi secondo la quale se una persona si interessa alle feci è perché vuole soprattutto mettersi in contatto con "il rivoltante, il corrotto, il decomposto".
Nell'attuale non vi è sostanzialmente accordo né sull'origine né sulla classificazione delle perversioni. Un consenso generale sembra esservi solo sulla non inclusione nel quadro dei comportamenti perversi dell'omosessualità, sia maschile sia femminile, nonché della sodomia, dei rapporti orogenitali (fellatio e cunnilingus), del transessualismo o di altre situazioni dove sia in gioco il problema dell'identità sessuale vera e propria. Pure l'incesto non rientrerebbe, di per sé, in un comportamento tipicamente perverso. Vista dunque la perplessità vigente nell'accettare senza critiche una delle teorie già costituite, ne deriva una serie di orientamenti possibili d'indagine e di valutazione che nascono in seguito a ricerche o a sviluppi di differenti punti di vista. Un primo orientamento è propenso a supporre l'intervento di meccanismi cerebrali nel costituirsi e nel manifestarsi dei comportamenti devianti, con una presumibile predisposizione genetico-ereditaria; un secondo evidenzia una possibile dimensione psicosocioculturale del fenomeno, sia che ci si riferisca al passato infantile del soggetto, sia che se ne valuti l'intera storia personale. Un punto che oggi si mette in rilievo è l'eventualità che l'adulto con comportamento sessuale deviante sia stato vittima nella sua infanzia di abusi e violenze sessuali.
Tre caratteristiche più o meno comuni si riscontrano, oggi come ieri, e spesso ben evidenti, in tutte le perversioni. La prima è la tendenza predominante, e alla fine esclusiva, che il comportamento deviante assume sul resto della vita sessuale del soggetto: in altre parole, il perverso finisce non solo per prediligere il proprio comportamento deviante, ma si limita sovente a quello (più raramente ne vengono attuati insieme diversi). La seconda è quella che viene chiamata egosintonia (la compatibilità delle pulsioni con il proprio ideale dell'Io), per cui il deviante è quasi sempre convinto di non poter agire altrimenti, che il suo comportamento non sia poi così negativo e, di conseguenza, non avverte senso di colpa. La terza è che gli impulsi devianti non sono presenti in maniera costante, ma discontinua, e che, se in genere il soggetto non ne è disturbato, lo può essere dal particolare momento in cui essi si manifestano, come se fosse allora sorpreso dal loro apparire. Queste caratteristiche, inoltre, tendono ad associarsi ad altre problematiche, per le quali, per es., il deviante, che apparentemente è dotato di fantasie erotiche 'strane', in pratica mostra una scarsa capacità immaginativa e fantastica; oppure il soggetto, pur in apparenza interessato a ottenere il piacere a tutti i costi, in genere rivela una scarsa capacità di gestirlo, utilizzarlo e farlo proprio. È da notare, infine, che statisticamente la maggioranza dei soggetti con condotte sessuali anomale è composta di uomini.
L'American psychiatric association (1994) nel DSM-IV (Diagnostic and statistical manual of mental disorders) ha classificato i principali comportamenti devianti sotto il nome di parafilie; analoga classificazione figura anche nell'ICD-10 (The ICD-10 classification of mental and behavioural disorders) dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS; World health organization 1993). Anche per l'OMS i comportamenti sessuali devianti sono associati a disturbi psichiatrici, anche se molti soggetti che manifestano comportamenti di quel tipo non sembrano sempre affetti da disturbi mentali. Il DSM-IV comprende nelle parafilie: esibizionismo, feticismo, pedofilia, sadismo, masochismo, travestitismo, voyeurismo. Vi aggiunge pure il 'frotteurismo' (dal francese frotteur), cioè l'impulso a toccare e a strofinarsi a persone non consenzienti. Considera ancora come parafilie, non ben specificabili, la necrofilia (desiderio di copulare con cadaveri), la zoofilia (desiderio di avere rapporti sessuali con animali), la coprofilia e l'urofilia (interesse erotico per feci e urina), la clisterofilia (bisogno erotico di ricorrere ai clisteri) e l'interesse marcato per particolari linee telefoniche a carattere erotico. Nell'ICD-10 sono presenti le stesse parafilie, solo che il frotteurismo vi è inserito come parafilia minore (o non ben specificabile). Per queste classificazioni è necessario che il soggetto in causa manifesti il suo comportamento deviante per almeno sei mesi.
Classificazioni a parte, il comportamento parafiliaco più diffuso è certamente il sadomasochismo. Sadismo e masochismo appaiono sovente associati. Nel passato si pensava che il sadismo riguardasse soprattutto gli uomini e il masochismo quasi sempre le donne. In realtà, esistono donne che preferiscono nettamente un comportamento sadico e uomini che mostrano chiare preferenze masochiste. Si direbbe tuttavia che i maschi prediligano un masochismo 'morale', nel senso che manifestano sovente il bisogno di essere umiliati e sottomessi, al punto di 'firmare' con donne dominatrici e sadiche dei 'contratti di schiavitù'. Molti sadici e masochisti possono scambiarsi i ruoli e, per es., flagellarsi a vicenda. Poiché nel quadro dei comportamenti sadomasochistici è frequente l'inserzione, soprattutto negli organi genitali, di spilli, borchie, catenelle e persino lucchetti, non si può non stabilire una certa analogia con il piercing, oggi così ampiamente diffuso. Segue come frequenza il voyeurismo: il 'guardone' si compiace di scrutare coppie nella penombra, aggiungendo fantasie a quanto può davvero percepire. Se in genere si limita a osservare, a spiare, talvolta può 'entrare in scena' e divenire violento con le persone che sembrava essersi limitato a guardare. Nell'esibizionismo il soggetto (maschio) mira a turbare chi lo osserva (spesso minori o donne isolate) e giungere a una masturbazione in pubblico. Ma se la ragazza che osserva gli si avvicinasse per un chiaro approccio, egli si ritrarrebbe spaventato, perché non è il rapporto sessuale il suo desiderio. Può esistere anche un esibizionismo femminile, ma di norma è più discreto e mascherato di quello maschile. Quanto alla pedofilia, essa può esercitarsi nell'intimità di una famiglia e al di fuori (come più spesso accade), con bambini cioè non appartenenti al proprio parentado. Il pedofilo è colui (o colei, perché esistono anche casi di pedofilia femminile) che si sente più in sintonia (egosintonia) con il proprio comportamento e che molte volte non esita a qualificarlo utile per i bambini presi di mira. Si tratta inoltre di un soggetto che nega perlopiù gli atti che gli sono attribuiti e che recidiva con grande facilità, anche dopo essere stato eventualmente punito con la reclusione. A volte può divenire estremamente aggressivo e pericoloso per i minori con cui cerca di avere o ha dei rapporti, giungendo fino all'omicidio. Il feticismo (v. feticcio) parrebbe, al contrario, un comportamento deviante innocuo, benché in diversi casi il feticista possa anch'egli divenire aggressivo per procurarsi l'oggetto-feticcio desiderato. Erano noti nel passato i feticisti 'tagliatori di trecce'. Oggi feticci più comuni sono, per es., la biancheria intima femminile o le scarpe. Ciò va di pari passo con l'interesse che i feticisti hanno spesso per il piede, non si sa bene se per l'odore che emana (perché anche la biancheria intima femminile sporca è da loro ricercata) o per la collocazione lontana dagli organi genitali. Per finire, il travestitismo può essere di tipo pubblico (per es. travestiti che si danno alla prostituzione) e di tipo strettamente privato; può, inoltre, riguardare l'intero abbigliamento (cioè un uomo che si veste da donna) oppure soltanto l'abbigliamento intimo. Il travestito non deve essere confuso con il transessuale (v.): quest'ultimo, infatti, desidera cambiare, grazie all'aiuto della chirurgia, la propria morfologia e identità sessuale, mentre il travestito si accontenta e si compiace unicamente del travestimento. Alcuni soggetti sembrano sessualmente interessati alle persone anziane (gerontofili), mentre chi pratica l'asfissiofilia, cerca, attraverso automanipolazioni o eteromanipolazioni di strangolamento o soffocamento, un'eccitazione sessuale particolare e più intensa. Tale comportamento sembra diffondersi non solo nel mondo maschile ma anche in quello femminile. Da notare, infine, che finché il comportamento deviante può restare (salvo per la pedofilia e l'esibizionismo) nei limiti di qualcosa di ludico, una sorta di gioco erotico, la società potrebbe forse tollerarlo e integrarlo nell'attività erotica generale. Quando invece i limiti del gioco vengono oltrepassati per l'impulso irrefrenabile a ottenere quel piacere e con quelle modalità, con un totale asservimento alla propria deviazione, tale comportamento è un problema e diviene spesso anche un pericolo per la società stessa, segnando il passaggio da una possibile 'normalità', o da una patologia latente, a una patologia dichiarata.
G. Abraham, D. Vlatkovic, Douleur et plaisir, Genève, Georg, 1995.
American psychiatric association, Diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM-IV), Washington, APA Press, 19944 (trad. it. Milano, Masson, 1995).
M. Boss, Sinn und Gehalt der sexuelle Perversionen, Bern, Huber, 1947 (trad. it. Milano, Sugar, 1962).
S. Freud, Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, Leipzig-Wien, Deuticke, 1905 (trad. it. in Id., Opere, 4° vol., Torino, Boringhieri, 1970, pp. 443-546).
Perversions, ed. S. Lorand, M. Balint, New York, Random House, 1956 (trad. it. Milano, Feltrinelli, 1965).
R.J. Stoller, Sex and gender, London, Hogarth, 1968.
World health organization, The ICD-10 classification of mental and behavioural disorders, Genève, WHO, 1993 (trad. it. Milano, Masson, 1995).