perversioni
Pedofilia
La pedofilia è la perversione caratterizzata dall’attrazione sessuale per i bambini. Nella psicopatologia del pedofilo si riscontrano i meccanismi psichici tipici delle perversioni: il diniego e la scissione diseguale dell’Io. Secondo la psicoanalisi, il vero problema di questo tipo di perverso è l’incapacità di incontrarsi sessualmente con una persona adulta sua pari e l’età dei bambini insidiati corrisponde a quella alla quale, a suo tempo, si è arrestato il suo sviluppo psicosessuale. I pedofili sono spesso abilissimi nel procacciarsi la fiducia degli altri adulti in ambienti a elevata presenza di bambini, come scuole, palestre, asili. Anche se sono apparentemente in grado di svolgere una vita ‘ufficiale’ quasi del tutto normale, è solo nel ricorrente e compulsivo comportamento sessuale privato perverso, fantasticato o messo in atto, che essi ritrovano la possibilità dell’eccitazione sessuale e di un parziale soddisfacimento pulsionale. Come tutti i perversi, il pedofilo paga un prezzo psicologico elevatissimo: deve spendere molte energie per ottenere un piacere sessuale effimero e ripetitivo, che nasce dal bisogno di placare un’angoscia interna molto profonda e potenzialmente destrutturante. La perversione sessuale infatti, contrariamente a ciò che comunemente si crede, non è un ‘di più’ fatto di piaceri segreti e di trasgressioni, ma un drammatico ‘meno’ regressivo, causato da un arresto grave della crescita psicologica.
La psicoanalisi contemporanea ha ampiamente documentato l’importanza e la frequenza, anche nei soggetti perversi, delle angosce primarie di separazione e di differenziazione, che si sommano, potenziandole, alle angosce relative al complesso edipico legate alla percezione delle differenze tra i sessi e le generazioni. La ‘soluzione’ pedofilia protegge il soggetto malato non soltanto dall’angoscia di castrazione di fronte all’altro, ma più in profondità anche dall’angoscia di annichilimento e di separazione, poiché la piccola vittima è sotto il suo controllo. La pedofilia è una patologia particolarmente grave e socialmente pericolosa, sia perché coinvolge soggetti in tenera età, non in grado di comprendere ed elaborare adeguatamente ciò che accade nella relazione (ciò che di per sé costituisce un trauma psichico grave), sia per la spiccata tendenza all’aggressività e al sadismo, anche se praticati con le forme della dolcezza, come nei casi di pedofilia praticati da donne su bambini di ambo i sessi, che oggi sembrano in aumento o che forse oggi siamo maggiormente in grado di riconoscere. Il pedofilo, che spesso è stato egli stesso vittima da bambino di abusi sessuali, riesce a malapena a dare una connotazione libidica al proprio mondo affettivo fatto di odio, disperazione e rabbia, in un tentativo disperato di ‘legare’ e di controllare la distruttività interna tramite l’eros, ciò che rende la pedofilia particolarmente adatta a rientrare nella definizione psicoanalitica della perversione sessuale come forma erotica dell’odio.
Sul piano giuridico si unificano i reati di pedofilia con quelli più generici di abuso sui minori, quali i casi di molestie inflitte ad adolescenti da parte di adulti psicosessualmente immaturi. Entrambi i crimini rientrano nell’ambito degli abusi sui minori, ma solo quelli a carico di bambini e bambine in età prepubere, ancora privi delle caratteristiche sessuali secondarie che connotano il corpo sessualmente maturo, rientrano a rigore nella definizione di pedofilia. Inoltre, il criterio oggettivo della differenza di età tra vittima e carnefice o dell’età cronologica di chi subisce la seduzione pedofila sono di massima importanza sul piano giuridico, ma dal punto di vista della psicoanalisi è più significativa la fantasia inconscia del pedofilo, tesa difensivamente a evitare l’incontro con la sessualità adulta.
Non è possibile tracciare un percorso psicopatologico univoco della pedofilia, poiché ogni storia clinica è unica nella propria complessità. Ci sono peraltro caratteristiche della relazione che inevitabilmente si crea tra un pedofilo e le proprie piccole vittime che assumono un’importanza eziologica particolare. Un grande analista del passato, Sándor Ferenczi, ha definito «confusione delle lingue fra adulti e bambini» (Scritti, 1933) una situazione relazionale in cui il naturale bisogno affettivo del bambino, non scevro da un’ingenua seduttività ma sempre teso al soddisfacimento di bisogni basilari di tenerezza e di riconoscimento, si incontra non già con una capacità genitoriale di comprensione e di contenimento, quanto piuttosto, malauguratamente, con una risposta perversa e sessualizzata. Al linguaggio della tenerezza del bambino l’adulto pedofilo risponde con il linguaggio dell’erotizzazione e della sopraffazione, più o meno violenta. Questa confusione di linguaggi libidici risulta altamente traumatica per il bambino, che non è in grado di discernere e di elaborare, integrandole in sé, le componenti eccitanti e affettive della sessualità. La piccola vittima prova confusione, angoscia, risentimento e, tipicamente, un senso di colpa e di vergogna che si ripercuoterà negativamente sul successivo sviluppo psicosessuale. Il pedofilo, per contro, è del tutto incapace di sperimentare un autentico sentimento di colpa. Egli utilizzerà inconsciamente la ‘confusione delle lingue’ per razionalizzare e giustificare in vari modi il proprio comportamento, facendo largo uso di quelle difese psicologiche basate sul diniego, sulla scissione e sulla regressione all’ambiguità. In questo senso, il drammatico aumento dei casi di pedofilia in diversi e svariati contesti sociali (dalla semplice violenza familiare agli abusi nelle situazioni scolastiche o seminariali fino al moderno e famigerato ‘turismo sessuale’) sembra essere esso stesso il riflesso di un mutamento epocale nelle caratteristiche di base delle strutture psicopatologiche della nostra epoca.