Pesaro
Come parte dei territori donati alla Chiesa dai Franchi (774), nel Medioevo P. fu ripetutamente coinvolta nel conflitto tra papato e impero. Divenuta dominio della signoria dei Malatesta alla fine del 13° sec., nel gennaio del 1445 fu venduta da Galeazzo Malatesta, travolto dai debiti, al duca di Milano Francesco I Sforza, a condizione che questi la cedesse al proprio fratello Alessandro (Istorie fiorentine VI xi 5), appena unitosi in matrimonio con Costanza dei Varano, la potente casata che dominava su Camerino. Gli Sforza, che furono signori di P. e del suo contado dal 1445 al 1512, ricevettero nel luglio del 1447 da papa Niccolò V il titolo di vicari; un istituto, quello del vicariato, creato dalla curia romana per sancire, nonostante le apparenze, il possesso di quei territori dello Stato della Chiesa che venivano di fatto amministrati in piena autonomia dalle signorie locali, anche talvolta in aperto contrasto con il papato stesso (Ambrogiani 2003, p. 17).
Ma alla fine del Quattrocento il vicariato degli Sforza appariva in serio pericolo, destinato di lì a poco a essere travolto, insieme alle altre signorie minori dell’Italia centrale, dall’impresa di Cesare Borgia, il duca Valentino. P., infatti, costituiva uno dei tasselli territoriali irrinunciabili della nuova entità statale in formazione, e Giovanni Sforza, succeduto al padre Costanzo nel 1483, nulla poté contro le abili manovre di papa Alessandro VI che nel 1497 gli impose anche l’annullamento del matrimonio contratto nel 1493 con sua figlia Lucrezia Borgia. Risparmiata nel corso della prima impresa militare del Valentino contro Imola e Forlì (nov. 1499), nell’estate del 1500 (in aprile il ducato di Milano era caduto in mano francese) P. patì il crescente isolamento politico di Giovanni Sforza che ancora sperava in un intervento in suo favore dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo. Ma la nuova campagna militare era pronta (Prima legazione in Francia, M. alla Signoria, Blois, 26 sett. 1500, LCSG, 1° t., pp. 473-78), e nel mese di ottobre la situazione precipitò: Giovanni abbandonò P., dove il popolo era in rivolta, e il Valentino entrò in città il 27, per ripartirne appena due giorni dopo. Quando, nella seconda metà del 1502, durante la terza fase della sua impresa, Cesare Borgia dovette fronteggiare la rivolta di importanti città del suo ducato (Cagli, Gubbio, Urbino) ed evitare che il contagio si propagasse a Rimini, P. e Fano, in una lettera da Imola ai Dieci di Balìa del 23 ottobre M. sottolineò come il Valentino ritenesse P. la meno affidabile delle sue conquiste, la «terra più sospetta» (LCSG, 2° t., p. 392; Ambrogiani 2009, p. 328), dove di conseguenza era opportuno lasciare il presidio più imponente.
Fallito il progetto borgiano, Giovanni Sforza rientrò in città all’inizio di settembre del 1503 e governò la città fino al 1510; due anni più tardi, morto precocemente suo figlio Costanzo, per volontà di papa Giulio II la città passò al duca di Urbino, Francesco Maria I Della Rovere. Allontanato da papa Leone X, che nel 1516 destinò la città a suo nipote Lorenzo de’ Medici, nel 1519 Della Rovere riuscì a riprendere possesso di P., dove la sua famiglia rimase al potere fino al 1631.
Bibliografia: F. Ambrogiani, Vita di Costanzo Sforza (1447-1483), Pesaro 2003; M.L. De Nicolò, Cesare Borgia, Pesaro e la ‘mala fine’ dei Varano, in Cesare Borgia di Francia gonfaloniere di Santa romana Chiesa (1498-1503). Conquiste effimere e progettualità statale, Atti del Convegno di studi, Urbino 4-6 dicembre 2003, a cura di M. Bonvivi Mazzanti, M. Miretti, Ostra Vetere-Ancona 2005, pp. 149-71; F. Ambrogiani, Vita di Giovanni Sforza, Pesaro 2009.