Vedi PESARO dell'anno: 1965 - 1996
PESARO (Πισαῦρον, Pisaurum, etnico Pisaurensis)
Città della Regione vi augustea situata alle foci del fiume omonimo (Pisaurus, attuale Foglia) sulla costa adriatica, lungo la via Flaminia, tra Fanum Fortunae (Fano) ed Ariminum (Rimini) (Mela, ii, 4, par. 5; Ptol., iii, 1, 22; Itin. Ant., pp. 100, 126; Itin. Hieros., p. 615; Tab. Peut.).
In seguito alla spartizione dell'ager Gallicus vi fu fondata nel 184 a. C. una colonia romana (probabilmente marittima), con pieno diritto di cittadinanza romana (Liv., xxxix, 44; Vell. Pat., i, 15). Se il centro di Pisaurum preesistesse alla colonizzazione nel suo luogo definitivo non sappiamo, ma è lecito immaginarlo collegato con lo abitato piceno che, come ha rivelato la ricca ed estesa necropoli di Novilara con le note stele funerarie, sorgeva a meno di 7 km ad O della città e fu fiorente soprattutto nella prima Età del Ferro. Da Livio (xii, 47) si apprende che nel 174 sotto la direzione dei censori vi furono eseguite opere pubbliche, quali l'erezione di un tempio a Giove e la costruzione di una strada. Venne occupata da Cesare nella guerra civile (Bell. civ., i, 11, 12; Cic., Ad fam., xvi, 12). Fiorente città ai tempi di Cicerone, sappiamo che fu un discreto centro commerciale e, come viene confermato dall'esistenza di un Collegium fabrorum navalium, anche fornito di un cantiere navale (C.I.L., xi). Benché la sua posizione sulla Flaminia assicurasse alla città un certo benessere che continuò per tutto l'Impero, pare che la città, per cause che ci sono ignote, subisse alla fine della Repubblica una decadenza economica, come sembra lasciare intendere l'affermazione di Catullo moribunda sedes Pisauri (Carm., 81, 3), se va interpretata in questo senso. Dopo la battaglia di Filippi del 42 a. C., P. ricevette una nuova colonia, Iulia Fetix Pisaurum, di coloni militari insediati da Marc'Antonio. Nel 31 a. C. pare abbia dovuto soffrire molto da un disastroso terremoto (Plut., Ant., 6o). Iscritta alla tribù Camilia, le epigrafi, numerose, menzionano come magistrati i duoviri, quattuorviri o aediles, quaestores. Nei pressi della città nell'attuale Borgo di S. Veneranda, sorgeva un luco sacro, forse risalente al tempo stesso della fondazione della colonia, che ha restituito numerose basi dedicatorie di divinità, bronzi, fittili votivi e gran numero di monete. Tra i collegi vengono nominati studior(um) Apollinar et Gunthar, iuvenes forenses, naviculari, dendrophori, fabri, centonarii. Nel I sec. d. C. ebbe una fiorente industria laterizia. Durante la guerra gotica Vitige ne distrusse le mura, che furono restaurate da Belisario (Proc., Bell. Goth., iii, 11). Incendiata da Totila fu riconquistata da Narsete. Sotto l'esarcato di Ravenna, salì di nuovo in prosperità, diventando una delle città della Pentapoli (Geog. Rav., iv, 31; P. Diac., II, 19). Fu sede vescovile, stabilita nel periodo più antico fuori delle mura romane e dall'VIII-IX sec. d. C. entro la città. La città antica sorgeva sul piano degli arenili salmastri alla destra del fiume, vicinissimo al mare da cui era separata da un cordone sabbioso. Il perimetro urbano di forma rettangolare, di m 484 × 400 di lato, delimitato da una cinta muraria costituita nella fase più antica di blocchi in opera quadrata di pietra arenaria con successivi restauri in laterizio, di cui restano avanzi notevoli in vari scantinati di moderni edifici in via Giordani, Barignani, Zanucchi, Ginevra, angolo via Mazza con via delle Caligarie, Morselli Arsenale, e Gramsci. Le vie XX Settembre, S. Francesco e Branca ne costituiscono il cardo ed il decumanus, e la piazza del Popolo il Foro. Mentre le alluvioni secolari hanno allontanato la città moderna dal suo mare, il porto romano, del quale non resta più traccia, si è dai più propensi a ritenere ai piedi della Rocchetta, corrispondente all'incirca all'attuale via Fiume.
Nel corso dei secoli, entro le mura dell'antica città si sono verificate frequenti scoperte archeologiche con la messa in luce di resti di edifici, per lo più privati; con il ritrovamento di sculture tra cui il cosiddetto Idolino (v.) e di vari resti architettonici ed epigrafici. Numerosissimi, infine, i mosaici rinvenuti, tra cui quello, presentemente interrato, sotto il pavimento della Cattedrale, riferito ad una basilica cristiana del V-VI sec. d. C. e decorato con episodi del ritorno in Grecia di Elena e Menelao e con figurazioni di centauri, di emblemi cristiani ecc.
Bibl.: C.I.L., XI, p. 937, nn. 6290-6475; W. Smith, Dict. of Geogr., II, Londra 1859, p. 633, s. v.; H. Nissen, Ital. Landesk., II, Berlino 1883, p. 380.