PESCIA (A. T., 24-25-26 bis)
Città della Toscana nella provincia di Pistoia, posta sulle rive del fiume omonimo al suo sbocco nell'ubertoso piano della Valdinievole, a 62 m. s. m. La città con le sue immediate adiacenze conta circa 10.000 ab. ed è un importante centro agricolo e industriale per la produzione dell'olio, ricavato dai suoi magnifici oliveti, per l'allevamento del baco da seta, la fabbricazione della carta, dei cappelli, concimi chimici, ecc. Ha fabbricati decorosi, sede vescovile ed è dotata di varî istituti d'istruzione media e professionale, fra cui una reputata Scuola agraria. Vi è teatro e biblioteca pubblica; la stazione ferroviaria sulla linea Pistoia-Lucca si trova a 2 km. dall'abitato che è attraversato dalla tramvia elettrica Montecatini-Lucca. Il suo comune, che si estende per un'area di kmq. 75,49, densamente popolato di casali, di villaggi e di case isolate, ha grandemente sviluppato la sua popolazione negli-ultimi secoli in seguito alla trasformazione idrografica e agraria che la regione ha subito. Il numero dei suoi abitanti, che nel 1551 era di 4000, salì a 6378 nel 1745 (di cui i 2/8 per la sola città) e raggiunse gli 11.027 nel 1833, i 12.007 nel 1861, per passare a 20.010 nel 1931.
Monumenti. - Dell'antica cattedrale, rifatta nel 1693 su disegno di Antonio Ferri, rimangono alcuni avanzi della facciata, il massiccio campanile a quattro piani (1306), costruito da un certo Alberto da Como, e i quattro simboli degli Evangelisti, frammenti dell'ambone, affini alla maniera di Biduino, ora nella Biblioteca capitolare. Nell'interno notevoli la cappella dei Turini, costruita da Giuliano di Baccio d'Agnolo, il mausoleo di Baldassare Turini, iniziato da Pierino da Vinci e terminato da Raffaele da Montelupo, una pila dell'acquasanta (1505), pregevoli banchi di noce (1476) nella sacristia e un trittico con la Vergine e i santi Iacopo e Biagio di Luca della Robbia, nella cappella del vescovado. La trecentesca chiesa di S. Francesco conserva una tavola di Bonaventura Berlinghieri col ritratto di San Francesco circondato da scene della sua vita (1235), affreschi di Bicci di Lorenzo e di Neri di Bicci, un trittico del sec. XV, rappresentante S. Anna, la Vergine e alcuni santi, il Martirio di S. Dorotea, una delle opere più importanti di Iacopo Ligozzi; degna di menzione la cappella Cardini (1451), di bella architettura brunelleschiana, forse di Andrea Cavalcanti detto il Buggiano. Ricordiamo, inoltre, la chiesetta di S. Antonio (1362) con cospicui avanzi d' affreschi di Bicci di Lorenzo e un gruppo ligneo della Deposizione deI sec. XIII; l'oratorio di S. Pietro detto Madonna di piè della piazza (1447), assegnato con buon fondamento al Buggiano, e la chiesa dei Ss. Stefano e Nicolao, preceduta da una doppia rampa di pietra di Agostino Cornacchini, scultore nativo di Pescia (1685-1740). Il Museo civico è sistemato nel palazzo Galeotti. (Citiamo, tra altro, dipinti del Maestro di S. Cecilia, di Lorenzo Monaco, di Lorenzo di Niccolò, di Neri di Bicci). Delle antiche mura rimangono alcuni ruderi e due torrioni. La porta fiorentina, a forma di arco trionfale, fu disegnata da Bernardo Sgrilli (secolo XVIII).
Storia. - Anche storicamente, Pescia, sorta in epoca non precisabile, è il centro più importante della Valdinievole. Tale forse non era nel periodo preromano, quando tutta la regione era contesa fra Liguri ed Etruschi, né sotto Roma, se con la località Ad Martis, sulla via Clodia, deve piuttosto che Pescia, identificarsi Buggiano, castello che anche nel Medioevo compete con Pescia per importanza. Comunque, Pescia, come tutta la Valdinievole, durante l'Impero e l'alto Medioevo, segue la varia sorte politica di Lucca, da cui dipende anche ecclesiasticamente. Nel sec. IX anzi Pescia, che figura come vicus anche nel sec. XI (1084), è feudo dei vescovi di Lucca, ma presto ceduto o diviso fra cattani rurali, che mantengono di solito buoni rapporti con Lucca, la quale finisce per assorbirli. Così il comune pesciatino, che appare costituito sulla fine del sec. XII con ordinamento consolare, resta nell'orbita lucchese, finché a Lucca non è forza trattare con re Manfredi e lasciare la Valdinievole a Guido Novello, suo vicario (1265); ma l'anno successivo i Lucchesi che, dopo Benevento, hanno a podestà Carlo d'Angiò, accolgono quale suo vicario il conte Guido Guerra, e questi, cacciati i Ghibellini dalla Valdinievole, la restituisce a Lucca. Sennonché, gravemente divisa in fazioni, Pescia con Buggiano e Massa di Cozzile insorge contro la guelfa Lucca: di qui la dura repressione lucchese e la distruzione della terra (1281). Solo cinque anni dopo Pescia è riedificata dai Lucchesi, che la tengono fino al termine della signoria di Castruccio, morto il quale, Pescia e dodici castella minori passano ai Fiorentini (1329; definitivamente però solo con la pace di Venezia al principio del 1339)
Ma il dominio di Firenze non fu senza contrasto, e non mancarono azioni di guerra e congiure, fra le quali notevole, e già nel 1339, quella ordita dai Garzoni per restaurare il governo ghibellino e lucchese. Nel 1362, non più i soli Lucchesi, soggetti ormai alla dura signoria pisana, ma Pisani e Lucchesi, istigati da Giovanni Garzoni, tentarono in forze, ma senza successo, un colpo di mano su Pescia fiorentina, che, nel 1430, dovette altresì difendersi, con memorabile e fortunata tenacia, da un assalto di Francesco Sforza. Degno di ricordo altresì il tentativo dei Pisani, ribelli a Firenze, contro Pescia e la Valdinievole nel 1496. Stabilitosi definitivamente con Alessandro il governo dei Medici, Pescia ne resta pacifico possesso e, favorita largamente dai principi, acquista sempre maggiore importanza e prestigio: nel 1699 il granduca Cosimo III la eleva al grado di città.
Pescia ha importanza fino dal sec. XV a causa delle sue cartiere, le prime delle quali furono impiantate dalla pesciatina famiglia Turini.
Bibl.: Istoria della città di Pescia, Pescia 1784; Storia della Val di Nievole dall'origine di Pescia fino all'anno 1818, Pistoia 1846; A. Torrigiani, Le Castella della Val di Nievole, Firenze 1865; G. Ansaldi, La Valdinievole illustr., Pescia 1879, voll. 2; G. Calamari, Lo stato di Pescia 1879, voll. 2; G. Calamari, Lo stato di Pescia del MCCCXXXIX, Pescia 1927; Naldini, La Tallia militum societatis talliae Tusciae, in Arch. st. it., 1920, fasc. 3; G. Calamari, La lega dei Comuni di Valdinievole e la loro pace con Firenze, in Bull. st. pist., 1926, fasc. 4; id., I Comuni di Valdinievole dalla pace con Firenze alla loro definitiva sottomissione, 1329-1339, Pistoia 1926; A. Molendi, Secondo centenario del vescovato di Pescia, Pescia 1926.
Arte della stampa. - Il più antico libro stampato a Pescia è la Confessione di S. Bernardino da Siena e fu impresso da Franco Cenni fiorentino il 28 febbraio 1485. Lo stesso Cenni, insieme al fratello Lorenzo, stampò, fino al dicembre 1486, una serie di otto opere giuridiche a spese di Sebastiano e Raffaele figli di ser Gherardo Orlandi di Pescia. Probabilmente questa famiglia possedeva una cartiera. Il primo libro stampato dai fratelli Cenni è il trattato De insinuationibus di A. de Canaro, del 7 marzo 1485. A Pescia operò nel Quattrocento il tipografo tedesco Sigismondo Rodt, di cui si conoscono due belle edizioni, il De re militari di Vegezio, 2 aprile 1488, e i Consilia di Nicolò Siculo, 2 settembre 1488.
Bibl.: G. Stiavelli, Saggio di una bibliografia pesciatina, Pescia 1900; K. Haebler, Die deutschen Buchdrucker des XV. Jahr. im Auslande, Monaco 1924, pp. 167-68; C. M[agnani], La tipografia Benedetti e Nicolai, con un breve cenno intorno all'arte della stampa in Pescia, 1930.