Peste
La peste (dal latino pestis, "distruzione, rovina, epidemia") è una malattia infettiva acuta e molto grave causata da uno schizomicete, Yersinia pestis, che trova la sua riserva naturale nei Roditori (zoonosi), ma può colpire l'uomo (antropozoonosi), fino a determinare epidemie. L'infezione viene abitualmente trasmessa tra i Roditori e dai Roditori all'uomo da un ectoparassita ematofago: la pulce. Nel passato, le epidemie di peste diffuse in tutto il mondo (pandemia pestosa) hanno prodotto veri e propri genocidi, tanto da meritare la citazione nell'invocazione cristiana "Libera nos Domine a peste, a fame et bello".
Yersinia pestis prende il nome di A. Yersin, l'allievo di L. Pasteur che (contemporaneamente a S. Kitasato), nel 1894, la scoprì e isolò in coltura pura. Il batterio si presenta immobile, piccolo e di forma ovale (1,5 x 0,7 mm); assume la colorazione rossa con il metodo di Gram (gram-negativo), non produce spore. Esprime la sua virulenza sviluppando alcuni fattori capaci di ostacolare i processi difensivi dell'ospite e di interferire con quelli coagulativi del sangue. Produce, inoltre, un'endotossina che squilibra la sintesi endogena di citochine, comportando effetti autolesivi tanto sui processi metabolici cellulari quanto sull'integrità dei tessuti. Il batterio, se iniettato nel derma dalla pulce, guadagna per via linfatica le stazioni linfoghiandolari viciniori, moltiplicandosi attivamente e determinando la formazione di flogosi necrotico-emorragica che dà luogo al 'bubbone', a sua volta costituito da un agglomerato di linfoghiandole; quando il batterio passa continuativamente dal bubbone nel sangue, si realizza la setticemia pestosa, con gravissima sofferenza multiorganica. In talune evenienze la setticemia si instaura senza un evidente interessamento linfoghiandolare. La forma polmonare consiste in una polmonite necrotico-emorragica, che si estende rapidamente in ambito respiratorio.
La peste trova menzione già nella Bibbia, a proposito del morbo che colpì i filistei provocando bubboni negli uomini e uccidendo i ratti. Dalla descrizione di Omero nell'Iliade, avrebbe anche portato lutto tra agli Achei che assediavano Troia. In epoca storica si verificarono la peste di Atene, descritta da Tucidide, nel 430 a.C., la peste di Roma, di cui parla Tacito negli Annales (XVI, par. 13), nel 65-66 d.C., e la peste Antonina, riportata da Galeno, nel 2° secolo. Sempre in riferimento al passato, vale la pena di citare almeno tre pandemie che, in tempi diversi, hanno funestato l'umanità. La prima iniziò nel 542 d.C. e venne detta peste di Giustiniano; la seconda, conosciuta come peste di Firenze o morte nera o pestis atrocissima, infierì in tutta Europa nella seconda metà del 14° secolo; la terza ebbe inizio in Cina alla fine dell'Ottocento e si diffuse a livello mondiale, provocando, ancora una volta, un'altissima mortalità. L'ultimo episodio che allarmò l'Europa si verificò a Parigi nel 1920; in Italia, tuttavia, ancora nel 1945, alla fine della Seconda guerra mondiale, si sono sviluppati limitati focolai (alcuni casi) a Messina e a Taranto.
Attualmente sono dichiarati ogni anno circa 2000 casi, con più o meno 200 decessi, che incidono particolarmente nell'Africa tropicale, nel Sud-Est asiatico e in America Latina. Qualche sporadico caso interessa anche gli Stati Uniti d'America, quale derivato della enzoozia serpeggiante tra i Roditori selvatici in Oregon, California, Arizona, Nuovo Messico. La trasmissione riconosce come tipico vettore la pulce: questa si contagia succhiando sangue infetto; i batteri si moltiplicano all'interno del suo intestino e vengono rigurgitati quando l'insetto assume un nuovo pasto ematico. Durante un'epizoozia, gli insetti lasciano gli animali morti e si trasferiscono su nuovi ospiti, coinvolgendo l'uomo. È il ciclo classico di trasmissione ratto-pulce-uomo, che vede coinvolti la pulce Xenopsylla cheopis e i ratti domestici (Rattus rattus o ratto nero, comune nei tropici, e Rattus norvegicus o ratto grigio, diffuso nei nostri climi). Assai meno comune è il contatto con le carni di Roditori infetti (per es. fra i cacciatori di pellicce). L'uomo malato può dar luogo a un nuovo ciclo di trasmissione uomo-uomo con due modalità: la prima, indiretta, avendo per intermediario l'ectoparassita tipico della nostra specie (Pulex irritans); la seconda, diretta, posta in essere dai malati con peste polmonare, i quali emettono, con la tosse, delle goccioline di Flugge cariche di batteri.
Dopo un'incubazione che dura circa 2-12 giorni, la malattia esordisce drammaticamente con l'immediato e grave coinvolgimento dello stato generale. La successiva evoluzione assume una delle tre forme seguenti: peste bubbonica, nettamente più frequente; peste polmonare; peste setticemica. Nella peste bubbonica l'inizio è brutale con intenso malessere, brividi e febbre elevata, che in seguito oscilla in modo irregolare. Sono comuni la violenta cefalea, la rachialgia lombare, il vomito, l'obnubilamento del sensorio e il delirio. Nel punto dove la pulce ha iniettato i bacilli la cute mantiene un aspetto normale e solo raramente compare una vescicola sieroematica.
Il bubbone esprime l'impegno della stazione linfatica che drena i tegumenti ove Yersinia pestis è penetrata e ha sede di elezione all'inguine (2/3 dei casi), al cavo ascellare, ai lati del collo. Il bubbone evolve in circa una settimana: dolentissimo, è ricoperto da epidermide tumida e violacea e può raggiungere le dimensioni di un mezzo arancio. Dapprima bernoccoluto e di consistenza dura, subisce un rapido rammollimento con la formazione di tramiti fistolosi che emettono pus emorragico, ricchissimo di batteri e, di conseguenza, molto contagiante. I pazienti che non siano curati precocemente e adeguatamente muoiono perlopiù entro la 1ª settimana per l'aggravarsi dello stato tossico che culmina nel collasso cardiovascolare. Nei soggetti che sopravvivono la febbre scompare gradualmente, lo stato generale migliora e il paziente entra in una lunga convalescenza, mentre la sede del bubbone evolve in una cicatrice retratta e irregolare. La tempestività e idoneità del trattamento bloccano l'evoluzione del bubbone e riducono la durata e l'entità delle manifestazioni, contenendo la letalità intorno al 5%.
La peste polmonare secondaria rappresenta una complicazione della forma bubbonica, mentre la peste polmonare primaria segue l'inalazione di Yersinia pestis con le goccioline di Flugge emesse con la tosse da un ammalato a sua volta affetto dalla forma polmonare. L'evoluzione è quasi sempre mortale. Nel caso della peste setticemica, il filtro costituito dai linfonodi regionali viene saltato da Yersinia pestis che diffonde direttamente in circolo e raggiunge vari organi e tessuti. La forma setticemica è caratterizzata da un decorso rapidissimo e si conclude fatalmente in pochi giorni nella grande maggioranza dei casi; comporta l'esasperazione dei fenomeni tossinfettivi, con insufficienza renale, diarrea profusa, interessamento meningeo, emorragie disseminate. Nei casi sporadici, quando manca il riferimento del contesto epidemico, la diagnosi clinica comporta una differenziazione da molte altre patologie, specie nell'ambito delle adenopatie suppurative. Fondamentali risultano la ricerca microscopica e colturale di Yersinia pestis nel pus del bubbone, nell'espettorato, nel sangue, e la titolazione degli anticorpi presenti nel sangue del malato: quelli della classe immunoglobulinica IgM sono rilevabili fino dai primi giorni di malattia. È costantemente presente un forte aumento dei leucociti neutrofili nel sangue.
Il malato dovrà sempre essere sottoposto a un trattamento intensivo di supporto a motivo della gravità dei fenomeni tossici. La terapia eziologica comporta la somministrazione molto precoce e per un periodo non inferiore a 10 giorni di uno dei seguenti antibiotici: streptomicina oppure cloramfenicolo, tetraciclina, doxiciclina, cotrimossazolo (associazione di trimetoprim e sulfametossazolo). La profilassi vede in prima linea il risanamento ambientale, l'igiene dell'abitazione e la lotta contro i ratti e le pulci. È necessario porre il paziente in stretto isolamento e trattare i suoi indumenti con disinfezione e disinfestazione assai accurate. In base alle norme dettate dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), le persone che hanno avuto contatto con i malati devono essere poste in contumacia per 7 giorni e trattate con antibioticoprofilassi. Quest'ultima è tassativa per il personale che assiste gli appestati e maneggia in laboratorio i materiali infetti; inoltre, è consigliata per chi si rechi in soggiorno in una zona di endemia e la sua durata deve protrarsi per tutto il periodo di esposizione.
Per la profilassi individuale a medio termine (6 mesi) è disponibile un vaccino a bacilli uccisi, da somministrare per via intramuscolare. Il vaccino, tuttavia, non produce una resistenza assoluta: per es. fallì clamorosamente nei microbiologi inglesi che lavoravano su ceppi di Yersinia pestis particolarmente virulenti, per apprestare un'arma biologica forse offensiva, forse preventiva.
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