Pesticidi
di Sergio Bettini, Angelo Sampaolo
Pesticidi
sommario: 1. Introduzione. 2. Storia. 3. Principali categorie di pesticidi. a) Composti inorganici. b) Derivati del petrolio. c) Composti naturali. d) Idrocarburi alogenati. e) Esteri fosforici. f) Derivati ureici e carbammici. g) Derivati cumarinici. 4. Meccanismo d'azione dei pesticidi. a) Introduzione. b) Composti inorganici. c) Oli minerali. d) Composti naturali. e) Idrocarburi alogenati. f) Esteri fosforici. g) Carbammati e ditiocarbammati. h) Anticoagulanti e altri rodenticidi. 5. Modi di applicazione dei pesticidi. 6. Vantaggi derivanti dall'uso dei pesticidi. 7. Pericoli derivanti dall'uso dei pesticidi. a) A livello della produzione. b) A livello del commercio. c) A livello della detenzione. d) A livello dell'applicazione. e) A livello dei residui nei prodotti alimentari. f) A livello ecologico. 8. Legislazione italiana sui pesticidi. □ Bibliografia.
1. Introduzione
Il termine ‛pesticidi' (dal latino pestis, nel senso di danno, flagello, da cui ‛pestifero', ecc.) è di recente derivazione anglosassone (pesticides). Esso, per le ragioni che vengono esposte in seguito, ha un significato più esteso di quello dei termini ‛antiparassitari', ‛fitofarmaci', ecc.
Nella lingua inglese il vocabolo pest indica qualsiasi organismo, animale o vegetale o virus, che porti all'uomo un attacco diretto, come vettore di malattie o come ostacolo all'igiene, o un attacco indiretto, distruggendo o danneggiando le fonti alimentari dell'uomo, costituite da piante fornitrici di prodotti agricoli o da derrate alimentari immagazzinate.
Conseguentemente, pesticides sono le sostanze chimiche impiegate per combattere o controllare (etimologicamente, ‛per uccidere') gli organismi nocivi (pests), che non debbono necessariamente essere parassiti, ma che possono essere vettori di malattie, organismi dannosi alle derrate, infestanti, ecc.
In pratica, il termine ‛pesticidi' comprende: gli anticrittogamici (costituiti per la maggior parte da fungicidi), utilizzati per combattere le muffe e le alghe; i nematocidi, destinati a combattere i nematodi del terreno; gli acaricidi, utilizzati per combattere gli acari; gli insetticidi, utilizzati per combattere sia gli insetti nocivi alle colture agricole, sia quelli vettori di malattie, sia quelli semplicemente molesti all'uomo o agli animali domestici; i molluschicidi o malacocidi, destinati alla lotta contro i molluschi parassiti delle colture oppure ospiti intermedi di parassiti dell'uomo o degli animali domestici; i rodenticidi, destinati a combattere i roditori dannosi all'agricoltura, alle derrate alimentari, o ospiti intermedi di malattie dell'uomo; gli erbicidi o diserbanti, utilizzati per distruggere le erbe infestanti, in modo totale o selettivo, che possono comprendere anche i defolianti; gli antibiotici, che possono essere considerati dei pesticidi quando vengono impiegati per combattere alcune muffe.
Per estensione del termine, insieme ai mezzi aventi proprietà aggressive contro gli organismi da combattere, possono essere inclusi tra i pesticidi anche i seguenti tipi di composti ad azione diversa: i repellenti, che esplicano un' azione di difesa, impedendo agli Insetti di avvicinarsi al vertebrato o alla coltura agricola; gli attrattivi che, usati in associazione con insetticidi, che miosterilanti, trappole, ecc., hanno la funzione di attirare gli Insetti per favorire la loro distruzione; i chemiosterilanti, che intervengono negativamente sulla fertilità degli Insetti, impedendone la riproduzione; i fagostatici, che inibiscono lo stimolo alla nutrizione in organismi parassiti; i regolatori di crescita, che agiscono alterando il processo dello sviluppo delle piante o degli animali nocivi, ecc.
Questa classificazione, basata sulle funzioni esplicate dai diversi composti chimici, frequentemente s'integra e s'incrocia con classificazioni basate su criteri diversi; per esempio, secondo la natura chimica, si fa riferimento a composti inorganici e a composti organici o di sintesi e, fra questi, ad alcune grandi classi chimiche, quali quelle degli idrocarburi clorurati, degli esteri fosforici, dei carbammati, dei composti triazinici e altre. In qualche caso si comprendono, con un dato termine, composti diversi che hanno in comune il tipo di utilizzazione: è il caso dei fumiganti, i quali comprendono i composti che, dotati di elevata tensione di vapore, agiscono allo stato aeriforme.
Infine si fa uso anche di una semplice distinzione secondo il campo di applicazione: si hanno così i fitofarmaci o pesticidi agricoli, i pesticidi di uso domestico (generalmente si tratta di insetticidi), i pesticidi di uso civile (erbicidi per piazzali, strade, ferrovie; insetticidi per luoghi pubblici), ecc.
2. Storia
L'attacco all'uomo da parte di Insetti e di altri parassiti e predatori è vecchio quanto l'uomo stesso. L'Esodo descrive dettagliatamente il flagello delle locuste che ancora, periodicamente, oscurano il cielo delle regioni nordafricane.
Nel corso della storia dell'umanità sono numerosi gli episodi acuti, in cui l'attacco da parte di parassiti ha avuto un'influenza diretta capace di modificare la storia. Il tifo petecchiale, che trova nel pidocchio del corpo il suo vettore, uccise circa 3.000.000 di persone in Russia tra il 1917 e il 1920. La malaria, la febbre gialla, la malattia del sonno, trasmesse da insetti parassiti, sono fattori importanti nella situazione di sottosviluppo di molte aree dell'Africa, dell'Asia, del Sudamerica.
È quindi ovvio che l'uomo si difenda da questo attacco, che per molti secoli fu ritenuto un inevitabile castigo e che soltanto un secolo fa è stato considerato come una difficoltà da superare con studi e sistemi razionali.
In tempi molto lontani l'uomo usava bruciare legna e, più tardi, tabacco o zolfo per allontanare gli Insetti con il fumo e i gas così prodotti. Vari composti inorganici (dell'arsenico, dello zolfo, del tallio, ecc.) hanno avuto e hanno tuttora impiego come pesticidi, e così anche alcuni prodotti naturali (piretro, nicotina) e i derivati del petrolio.
Nel 1874 in Germania fu prodotto per sintesi il DDT (v. sotto, cap. 3, § d), di cui soltanto nel 1939 fu riconosciuta l'efficacia contro mosche, zanzare e altri insetti. In pratica soltanto recentemente il DDT e altri composti analoghi, sintetizzati, hanno avuto uno sviluppo tale da divenire strumenti decisivi per una lotta su vasta scala, tanto ai vettori di malattie, quanto ai parassiti delle colture agricole.
Durante la seconda guerra mondiale fu sintetizzata in Germania, a scopo bellico, un'altra classe di composti chimici, di terribile efficacia letale: quella degli esteri dell'acido fosforico; da allora molti composti appartenenti a questa classe hanno trovato impiego soprattutto come insetticidi; attualmente gli esteri organofosforici messi a disposizione dell'industria sono molto numerosi e di larghissimo impiego.
Tuttavia quest'ampia gamma di composti chimici era ancora insufficiente a evitare il deperimento della produzione agricola causato da agenti nocivi insensibili a questi mezzi di lotta. Per esempio, le muffe venivano combattute con i sali di rame e con lo zolfo. Ma recentemente l'industria di sintesi, mettendo a disposizione i ditiocarbammati, ha reso possibile una difesa efficace anche in questo settore. I composti arsenicali e quelli del tallio, già impiegati contro i Roditori, hanno potuto essere sostituiti da nuovi prodotti con diverso meccanismo d'azione, i derivati della cumarina, molto attivi a dosi estremamente piccole e confezionabili in forma di esche avvelenate. Così anche la lotta alle erbe infestanti ha potuto essere meglio realizzata con ormoni vegetali del tipo dei derivati degli acidi clorofenossiacetico o clorofenossipropionico o dei composti triazinici, pratica, questa, che ha portato all'abbandono dei borati e dei dorati.
L'impiego di nuovi prodotti, e soprattutto di nuovi metodi di attacco, è stato possibile solo grazie a un approfondito studio della fisiologia degli organismi animali e vegetali da combattere.
Non si è esplicato, almeno fino a un'epoca abbastanza recente, uno studio altrettanto approfondito degli aspetti globali e dei problemi derivati da un impiego massivo e talvolta indiscriminato dei mezzi chimici approntati. Conseguentemente, si è spesso alterato l'equilibrio naturale: sono scomparse specie utili e si sono sviluppate specie, precedentemente non dannose, patogene per le piante. Inoltre si è determinata una contaminazione ambientale grave e generalizzata che ha indotto a recenti ripensamenti e all'abbandono di metodi pur immediatamente efficaci, ma deleteri per la proiezione nel futuro delle loro conseguenze. Questo importante argomento sarà trattato in modo più dettagliato nel cap. 7.
3. Principali categorie di pesticidi
a) Composti inorganici
I pesticidi di più antico uso sono costituiti da composti inorganici e hanno composizione chimica molto varia. Gli arseniati di piombo e di calcio, i polisolfuri di calcio e di bario trovano ancora un certo impiego come insetticidi. Per la fumigazione di alcune derrate immagazzinate si adoperano, ormai limitatamente, i cianuri di sodio o di potassio o di calcio, in quanto capaci di liberare cianuro d'idrogeno. Analogamente l'impiego di fosfuro di alluminio è basato sulla possibilità di liberare fosfina gassosa.
Quali rodenticidi fino a epoca abbastanza recente sono stati impiegati il fosforo giallo, il fosfuro di zinco, il solfato di tallio, l'arsenito di sodio e il triossido di diarsenico (anidride arseniosa). Un ruolo importante viene ancora svolto dal solfato di rame (II) come anticrittogamico; analogo impiego hanno gli ossicloruri di rame (II).
Tra i diserbanti è ormai pressoché scomparso l'impiego di alcuni composti inorganici un tempo molto usati: il clorato di sodio, l'arsenito di sodio, il borace.
Da un punto di vista generale si può dire che i composti inorganici risultano oggi largamente superati dai composti organici di sintesi. Tali composti inorganici sono veleni di elevata tossicità anche per gli animali a sangue caldo e per l'uomo, e in passato hanno causato numerosi casi d'intossicazione.
b) Derivati del petrolio
Il petrolio è fonte di numerosi composti, elaborati dalla petrolchimica, utilizzati anche per la sintesi organica di pesticidi. In questo paragrafo, tuttavia, non si fa riferimento a tale settore di grande interesse, ma si considerano le frazioni del petrolio ottenute mediante distillazione frazionata del grezzo.
Sotto tale aspetto, due tipi di utilizzazione meritano di essere ricordati. Il cherosene, caratterizzato da un intervallo di distillazione tra 180 e 265 °C, trova impiego come diluente d'insetticidi, ma esso stesso è dotato di potere abbattente. Gli oli (bianchi o leggeri, bruni o pesanti), più viscosi e ottenuti da tagli di distillazione a temperature più elevate, sono invece utilizzati, da soli o con aggiunta di sostanze attive più energiche, per la disinfestazione dei frutteti. È importante, a tale riguardo, un particolare requisito degli oli: il ‛residuo insolfonabile'. Tale requisito esprime il contenuto in idrocarburi paraffinici e tende a escludere o almeno a limitare il contenuto in idrocarburi aromatici (i quali si solfonano quando l'olio è trattato con acido solforico concentrato), che risulterebbero dannosi per le piante (fitotossici).
c) Composti naturali
Vari composti di origine vegetale hanno trovato impiego da lungo tempo come insetticidi: la nicotina, isolata dal tabacco, e altri alcaloidi di minore interesse (anabasina e nornicotina); le piretrine, estratte dal Chrysanthemum cinerariaefolium; il rotenone, contenuto nelle radici di varie piante e soprattutto nelle radici di Derris elliptica (leguminosa tropicale); il quassio, presente nei tessuti legnosi di Quassia amara e di Picrasma excelsa. Alcune di queste sostanze non sono ancora esattamente conosciute nelle loro caratteristiche chimiche e biologiche.
Dal punto di vista pratico, di gran lunga il più importante è l'estratto di piretro, che attualmente costituisce uno dei pochi principi attivi impiegati come insetticidi di uso domestico, specie nei preparati per aerosol. Infatti esso unisce una buona efficacia a una bassa tossicità per l'uomo. I composti suddetti hanno anche azione acaricida. La stricnina, estratta dalla Strychnos nux-vomica, e la droga estratta dalla Scilla maritima sono state impiegate come rodenticidi.
La griseofulvina, prodotta dal Penicillium griseofulvum, e la cicloesimmide, prodotta dallo Streptomyces griseus, hanno trovato qualche impiego come fungicidi.
d) Idrocarburi alogenati
Gli idrocarburi alogenati (soprattutto clorurati) costituiscono i primi prodotti organici di sintesi impiegati come pesticidi. Il capostipite della classe è considerato il DDT (Dicloro-Difenil-Tricloroetano o 2,2-bis (p-clorofenil) 1,1, 1-tricloroetano), già sintetizzato da O. Zeidler nel 1874, ma applicato come insetticida soltanto nel 1939 da P. H. Müller. Per tale scoperta, e in considerazione dei grandi benefici derivati all'umanità nella lotta contro gli Insetti vettori di malattie, nel 1948 fu assegnato allo stesso Müller il premio Nobel.
Gli idrocarburi alogenati costituiscono una vasta classe di composti. Alcuni, come il tetracloruro di carbonio, il dicloroetano, i tricloroetani, il dibromoetano, il dibromoetilene, sono derivati alogenosostituiti di paraffine o di olefine; in molti altri casi gli atomi di alogeni (soprattutto di cloro) sono presenti in un anello aromatico. In qualche caso, come nel γ-esaclorocicloesano (gammaesano o lindano), gli atomi di alogeno sostituiscono l'idrogeno in una catena satura ciclica.
I più efficaci pesticidi clorurati sono composti appartenenti alla serie degli idrocarburi ciclodienici o loro derivati, quali l'aldrin, il clordano, il dieldrin, l'endrin, l'eptacloro, che uniscono all'alta efficacia insetticida una persistenza molto elevata e risultano, tra tutti i pesticidi, i più pericolosi dal punto di vista della contaminazione dei prodotti agricoli, dei foraggi, del bestiame, e quindi delle carni, del latte e di tutti i prodotti derivati. La possibilità di contaminazione si estende alle acque, al suolo, alla selvaggina, alla fauna ittica. Pertanto il loro impiego è stato necessariamente ridotto a poche applicazioni controllate, con tendenza generalizzata alla loro eliminazione completa. Hanno, in genere, attività insetticida.
e) Esteri fosforici
La gamma di composti compresi in questa classe è molto vasta e si arricchisce continuamente di nuovi derivati. L'elemento comune, che giustifica il nome attribuito all'intera classe, è dato dal fatto che tutti questi composti risultano dall'esterificazione dell'acido ortofosforico.
Generalmente due degli idrossili acidi esterificano radicali alchilici (per lo più metilici o etilici), mentre il terzo idrossile esterifica un radicale diverso, che caratterizza la diversità tra i vari composti:
In molti composti, in luogo dell'acido ortofosforico compaiono l'acido tiofosforico o l'acido ditiofosforico:
dai quali provengono le rispettive serie di derivati.
Questi composti presentano, dopo l'applicazione, stabilità chimica variabile, che va da poche ore, nel caso del tetraetilpirofosfato (TEPP), a qualche giorno, nel caso del dichlorvos, a 10-15 giorni, per la gran parte di questi composti, per arrivare a circa 2 mesi, nel caso di quei derivati che hanno la capacità di penetrare nella circolazione linfatica vegetale, già ricordati come endofitici sistemici, quali lo schradan e il demeton. Hanno, in genere, attività insetticida e acaricida.
f) Derivati ureici e carbammici
Ricorderemo alcuni erbicidi derivati dall'urea e un rodenticida derivato dalla tiourea (v. tabella).
Tabella
Tabella
Tabella
Particolarmente impiegati sono i carbammati e i loro tio- e ditioderivati.
I carbammati sono derivati dell'acido carbammico, nel quale i tre atomi d'idrogeno possono essere variamente sostituiti.
Mentre R' può essere costituito da un radicale di vario tipo, R″ è quasi sempre un metile e R‴ è lo stesso idrogeno o un metile. I carbammati hanno attività insetticida e spesso sono caratterizzati da capacità sistemica e da elevata tossicità.
I tiocarbammati e i ditiocarbammati derivano rispettivamente dagli acidi tiocarbammico e ditiocarbammico:
I secondi sono molto più utilizzati dei primi; hanno tutti attività anticrittogamica e in particolare fungicida. Una volta applicati sulla pianta, entro qualche giorno si decompongono e quindi hanno attività residua molto bassa. Nell'ambito dei ditiocarbammati, particolare interesse mostrano gli etilenbisditiocarbammati legati a un elemento metallico, quale lo zinco, il manganese o il ferro (zineb, maneb, ecc.).
g) Derivati cumarinici
È noto che dal fieno di trifoglio dolce (Melilotus) mal conservato, che aveva causato, negli animali che se ne erano alimentati, emorragie spesso mortali, fu isolata, agli inizi degli anni quaranta, una sostanza (dicumarolo o bis-idrossicumarina) la cui attività antiemorragica fu messa in relazione col fatto che la sua formula era simile, ma solo per certi aspetti, a quella della vitamina K o della coagulazione (v. vitamine). Verso la fine degli anni quaranta fu sintetizzato un prodotto, derivato come il precedente dalla ‛idrossicumanna, ma ancora più attivo e che fu perciò proposto come rodenticida (warfarin). A esso si aggiunse, alcuni anni dopo, un cloroderivato del warfarin, il coumachlor (v. tabella).
Nella tabella sono riportate alcune caratteristiche dei principali pesticidi organici di sintesi.
4. Meccanismo d'azione dei pesticidi
a) Introduzione
Non è possibile trattare qui tutti i meccanismi d'azione relativi ai molti pesticidi impiegati. Ne prenderemo perciò in esame solo alcuni fra i più comuni, rappresentativi di particolari gruppi, e alcuni fra i più recenti che presentano meccanismi d'azione insoliti e che possono indicare le vie di sviluppo nella ricerca e nella produzione di nuovi pesticidi.
In questo capitolo tratteremo di norma, come già precedentemente, i pesticidi per gruppi chimici; sarà inoltre indicato il tipo d'impiego delle varie sostanze. Così facendo potremo unire sotto uno stesso meccanismo d'azione più sostanze con usi diversi, come nel caso di molti acaricidi che posseggono anche azione insetticida e fungicida; le cause per cui una sostanza ha un'azione specifica più spiccata per un gruppo e minore per altri, ove il meccanismo d'azione biochimico sia apparentemente lo stesso, rimangono ancora oscure.
Non si sa bene quali siano i principali meccanismi d'azione degli acaricidi specifici e dei sistemi vitali che essi bloccano, né se la mancanza o la bassa tossicità di questi composti verso gli Insetti sia dovuta a modificazioni, o perfino assenza, di tali sistemi negli Insetti, o a fattori secondari quali la detossificazione, l'escrezione, barriere di trasporto, ecc.
Molti pesticidi agiscono bloccando uno o più enzimi, inducendo così danni tali che, raggiunto un dato livello, provocano la morte dell'organismo colpito. In questo caso si parla di ‛enzimi bersaglio'. Per quanto riguarda alcuni di questi enzimi, la ricerca si è indirizzata già da tempo sulle eventuali differenze che possono esistere fra quelli che hanno la stessa funzione ma che sono presenti in specie diverse, come le colinesterasi. È infatti fuor di dubbio che alcune di queste ultime siano più sensibili di altre all'azione bloccante degli esteri fosforici. Su questo principio si è molto speculato per ottenere tossici selettivi verso particolari specie dannose.
Nella selettività sono in gioco vari fattori che la condizionano. Non si tratta, evidentemente, solo di differenze enzimatiche, bensì anche di diversità nelle vie d'entrata nell'organismo, nella velocità di penetrazione, nelle difese biochimiche, nell'alterazione della conduzione nervosa e nelle sue conseguenze. Per esempio, l'azione diretta o indiretta degli insetticidi organici sulla funzione nervosa potrebbe essere la causa dello squilibrio ormonale, quindi alterare indirettamente una serie di attività fisiologiche ed essere la causa sia della particolare sintomatologia sia delle alterazioni biochimiche dell'insetto.
b) Composti inorganici
Di particolare importanza sono alcuni ioni metallici (Fe2+, Zn2+, Cu2+, ecc.) come tossici verso i Funghi. Ma poiché tali ioni sono indispensabili alla vita della cellula fungina, il parassita potrà essere danneggiato sia privandolo ditali cationi, e cioè formando con essi sali insolubili o neutralizzandone le funzioni con sostanze chelanti, sia colpendolo con alte concentrazioni dei cationi stessi.
La gamma di tossicità dei cationi, in ordine decrescente, è la seguente: Ag+, Hg2+, Cu2+, Cd2+, Cr3+, Ni2+, Sn2+, Pb2+, Co2+, Zn2+, Fe2+, Ca2+, Mn2+, Na+. Dato però che essi sono presenti come sali o complessi organici, la natura dell'anione o del radicale organico può essere importante per determinarne la tossicità. Infatti, più rapidamente il radicale organico è capace di rilasciare il catione, più questo risulta efficace.
I cationi agiscono a livello della parete cellulare fungina e all'interno della cellula. Nel primo caso i cationi tossici si sostituiscono a quelli non tossici (H+, Ca2+, Mg2+, K+) che sono presenti sulle superfici della barriera chitinosa e della membrana semipermeabile, ambedue costituenti della parete cellulare. Nel caso del catione Cu2+, per esempio, esso sostituisce i cationi H+, Ca2+, Mg2+ e impegna amminoacidi ed enzimi, provocando la denaturazione dello strato proteico.
Nell'interno della cellula, invece, i cationi agiscono formando chelati con gli amminoacidi delle proteine protoplasmatiche. I cationi uniti a radicali organici sono quelli che più facilmente penetrano all'interno della cellula e quindi hanno maggiori possibilità di provocare danni in tale sede.
È nota l'attività malacocida per contatto del Cu metallico, del CuSO4, dell'FeSO4, ecc. In seguito all'azione caustica di queste sostanze i Gasteropodi sono indotti a emettere una gran quantità di muco, con conseguente disidratazione dell'animale.
I composti dell'arsenico mostrano una scarsa azione insetticida per contatto, mentre sono assai attivi per ingestione; sono quindi efficaci in tutte le specie masticatrici, ma non in quelle che posseggono un apparato boccale succhiatore. E nota, ed è stata esaurientemente studiata, l'azione locale sull'epitelio dell'intestino medio (non protetto da una membrana chitinosa), che degenera con un quadro istologico caratteristico. Ma l'intimo meccanismo dell'As risiede nella sua azione sui gruppi −SH in generale, effetto che è particolarmente accusato dalle funzioni dell'organismo allorché vengono colpiti i gruppi −SH degli enzimi. Tale legame è però labile, in quanto, aumentando la concentrazione di gruppi −SH, per esempio mediante la somministrazione di glutatione, questi spostano l'As, disintossicando così l'organismo.
Per quanto riguarda lo zolfo, questo agirebbe sulla membrana semipermeabile della parete cellulare determinandone la rottura. La cellula reagirebbe assumendo il catione al posto dell'ossigeno, producendo così solfuro di idrogeno (acido solfidrico) invece di acqua e determinando, per la mancanza di questa, l'essiccamento della cellula.
Lo zolfo si può anche trovare legato con radicali organici, come nel caso dei ditiocarbammati. Per i ditiocarbammati di zinco, l'azione fungitossica della molecola sembra essere esaltata da questo elemento.
Lo zolfo possiede anche una rilevante azione disidratante nei confronti di Acari e di Afidi. I polisolfuri (di Ca, Ba o Na) esercitano un'azione caustica per contatto contro Aspidioti e Diaspini in particolare.
L'azione disidratante dei tessuti cellulari da parte di arseniti, borati, dorati, cianati e solfammati è esercitata anche verso le piante; tale effetto viene utilizzato nell'impiego di questi sali come diserbanti.
L'azione dell'HCN, che si manifesta in tutti gli animali, consiste nell'inibizione della citocromossidasi e quindi del metabolismo cellulare aerobico.
c) Oli minerali
Poiché le membrane cellulari dei Funghi sono più resistenti in quanto meno provviste di strati lipidici, gli oli minerali non agiscono disgregandone la costituzione fisica, ma più che altro come fungistatici.
La tossicità verso le piante da parte degli oli minerali è varia, dipendendo dal loro grado di raffinazione, e sembra dovuta alla solubilizzazione dei lipoidi della membrana cellulare, che causa la fuoriuscita del succo cellulare; dopo di che gli oli penetrano nella foglia e vengono traslocati attraverso gli spazi intercellulari.
Gli oli minerali furono abbondantemente impiegati come insetticidi negli anni trenta, mentre oggi vengono ancora e soprattutto usati per la difesa dei frutteti nella stagione invernale, in quanto in altre stagioni esplicherebbero un'azione ustionante sulle foglie. Gli oli agiscono come insetticidi sciogliendo i lipidi protettivi dell'esoscheletro di alcune specie, ma soprattutto penetrando negli stigmi tracheali, occludendoli e uccidendo così l'insetto per asfissia.
La nafta viene ancora ampiamente usata come larvicida nella lotta contro i Culicidi. L'effetto sulle larve di zanzara si esplica sia attraverso un abbassamento della tensione superficiale (per cui le larve non riescono a mantenersi alla superficie dell'acqua per respirare e quindi muoiono per asfissia) sia attraverso una vera e propria azione tossica di alcune frazioni della nafta che penetrano, allo stato liquido, attraverso la cuticola o, allo stato gassoso, attraverso le trachee.
Per quanto riguarda le proprietà ovicide degli oli minerali, varie teorie sono state suggerite per spiegarne il meccanismo d'azione; la più verosimile, e quella che è stata studiata più a fondo, è fondata sull'effetto degli oli sulla respirazione dell'uovo, in quanto questo viene ricoperto da uno strato della sostanza, che interferisce con il normale scambio gassoso della respirazione embrionale.
d) Composti naturali
Nicotina. I dati ottenuti da esperimenti riguardanti gli effetti tossici della nicotina sugli Insetti hanno da lungo tempo indicato che questo composto è attivo grazie alla somiglianza della sua molecola con quella dell'acetilcolina (ACh). Ma solo recentemente, in seguito ai lavori di I. Yamamoto e collaboratori, che hanno sintetizzato una serie di composti nicotino-simili, si sono ottenuti risultati che dimostrano come siano necessarie due caratteristiche perché gli analoghi della nicotina risultino attivi: una somiglianza nella conformazione e composizione elettronica della molecola e il fatto che siano basi relativamente forti, ma non quaternarie. Per imitare l'azione acetilcolinica gli analoghi debbono possedere un azoto protonato al momento in cui giungono al sito del recettore, cosi che il loro gruppo
Formula
possa sostituire nell'azione il gruppo
Formula
dell'ACh.
È stato dimostrato per mezzo di studi autoradiografici che la nicotina raggiunge rapidamente il SNC degli Insetti e vi penetra. Tutta una serie di sostanze nicotino-simili, derivati (βpiridil)alchilamminici, debbono la loro azione insetticida alla loro attività anticolinesterasica.
Piretrine. - Le piretrine e i piretrinoidi sintetici (per es. le alletrine) causano, anche a bassissime dosi, una rapidissima azione paralizzante negli Insetti; ma il loro effetto è di solito transitorio. L'azione tossica di queste sostanze verso i Vertebrati è molto bassa; ciò viene attribuito all'interazione fra le piretrine e il sistema nervoso e alla loro detossificazione da parte dell'organismo.
A lungo si è discusso se l'azione delle piretrine si esplichi sul SNC o sul SN periferico. La risposta è venuta in seguito agli studi compiuti da T. Narahashi con microelettrodi endocellulari. Egli notò che le alletrine agiscono sull'assone causando scariche ripetute, aumento e poi diminuzione del potenziale postumo negativo e quindi blocco della conduzione.
Il meccanismo secondo il quale viene alterato il potenziale postumo negativo da parte delle alletrine è diverso da quello del DDT. Nel caso di questa sostanza, come vedremo in seguito, viene inibito il meccanismo dell'attivazione del K+ e dell'inattivazione del Na+ nell'assone trattato, con la conseguente formazione di un rilevante potenziale postumo negativo. Per contro, nel caso delle alletrine sembra che si verifichi l'accumulo di una sostanza al di dentro o al di fuori della membrana nervosa. Questa sostanza non è costituita nè da ioni K+ nè da ioni Na+, ma forse da ioni Cl o da un qualche prodotto metabolico del nervo. La paralisi causata dalle alletrine potrebbe perciò essere dovuta al blocco della conduttanza della membrana nervosa sia per il Na+ sia per il K+. Narahashi ritiene che la molecola dell'alletrina chiuda, al loro ingresso, i canali del Na+ e del K+ o che essa penetri nella membrana nervosa e raggiunga la regione che divide questi canali alterando così, per mezzo di forze intermolecolari, la permeabilità dei canali stessi agli ioni suddetti. Quindi l'azione delle piretrine sarebbe principalmente dovuta a un processo biofisico sulla membrana nervosa piuttosto che a un'interazione biochimica.
L'attività specifica delle piretrine verso gli Insetti è dovuta a differenze metaboliche fra questi e altri gruppi, quali i Mammiferi.
Rotenone. Nel muscolo di blatta, come d'altra parte anche nei mitocondri del fegato di ratto, il rotenone sembra inibire in modo specifico la reazione di ossidoriduzione fra il NADH e il citocromo b. Di conseguenza si ha un'inibizione del consumo di ossigeno mediato dal NADH, come per esempio nell'ossidazione del glutammato e del piruvato, mentre non viene influenzato il consumo di ossigeno che non dipende dal NADH, come per esempio nell'ossidazione del succinato.
Tuttavia ancora non si sa perché la tossicità del rotenone sia bassa per i Mammiferi e, invece, alta per gli Insetti e i Pesci.
Nuovi insetticidi costituiti da tossine batteriche. - Gli insetticidi preparati con colture di Bacillus thuringiensis sono ormai numerosi in commercio. La loro notorietà si è affermata in seguito al successo conseguito nella lotta contro Lepidotteri nocivi all'agricoltura. I ceppi di questo batterio sono molti; ciò è dovuto, fra l'altro, alla variabilità delle colture in laboratorio (in seguito a mutazioni o dissociazioni nell'ambiente). Manipolazioni delle colture possono portare a nuovi ceppi con particolari caratteristiche di tossicità. Ciò conduce i vari ceppi a una specificità di tossicità verso le diverse specie di Insetti e causa quindi un'estrema difficoltà nella standardizzazione del materiale insetticida.
Il Bacillus thuringiensis è un batterio sporigeno che durante la sua vita vegetativa produce alcuni coenzimi ed esotossine, e durante la sua fase di spora produce un'inclusione batterica cristallina. Due sono le entità tossiche principali del batterio: le esotossine e il cristallo proteico.
Per quanto riguarda le esotossine, la più importante per la sua tossicità verso gli Insetti è la β-esotossina. Essa è prodotta in diversa quantità da particolari ceppi del batterio. Caratteristica di questa sostanza è la sua alta tossicità verso un gruppo di Insetti (Ditteri) diverso da quelli sensibili alla proteina del cristallo della spora. La β-esotossina possiede un caratteristico meccanismo di azione, in quanto sembra interferire con gli ormoni responsabili dello sviluppo dell'insetto. Studi sulla tossicità della β-esotossina nei Vertebrati hanno portato a interessanti risultati. Pare difatti che questa esotossina purificata inibisca la sintesi dell'RNA nel topino. Lo stesso effetto si è inoltre osservato nella polimerasi derivata da Escherichia coli. Su questi studi si è basata l'ipotesi che l'attività fisiologica della fi-esotossina sia dovuta alla competizione dell'esotossina con l'ATP.
Dobbiamo qui ricordare che si tratta di esperimenti con un'esotossina estratta e concentrata. La tossina è idrosolubile e come tale può essere allontanata con lavaggi delle colture del bacillo; è presente in varie concentrazioni nei diversi ceppi del batterio e in alcuni ceppi è completamente assente. Dal punto di vista della tossicità per i Vertebrati, quindi, la β-esotossina non rappresenta una limitazione all'uso di prodotti a base di Bacillus thuringiensis.
Per quanto riguarda invece il maggior costituente tossico del batterio, e quello più specifico per gli Insetti, cioè il cristallo proteico incluso nella spora, si tratta di una proteina complessa, chiamata anche δ-esotossina, o meglio di una famiglia di polipeptidi molto simili, ma con attività specifica diversa in rapporto alla loro struttura molecolare. Va ricordato che la proteina è insolubile in acqua, ma in opportuni mezzi si separa in polipeptidi che a loro volta, in seguito a idrolisi, danno peptidi semplici. I polipeptidi del cristallo agiscono sull'insetto unicamente per ingestione; se inoculati non mostrano alcun effetto. Il cristallo proteico può essere definito quindi una protossina.
Il meccanismo dell'azione tossica è stato ben studiato. Sembra che i polipeptidi, giunti nell'epitelio intestinale dell'insetto, subiscano un'idrolisi enzimatica, scomponendosi in peptidi con peso molecolare di 5-10.000. Tali sostanze a loro volta agirebbero sulle membrane cellulari alterandone la permeabilità; avrebbero perciò la funzione di ‛ionofori', similmente a molte altre tossine batteriche. È ovvio che a questo punto si sia pensato che tali polipeptidi, superata la barriera costituita dai tessuti del canale alimentare dell'insetto, vengano a contatto attraverso l'emolinfa con altri tessuti, e in particolare con quello nervoso, e agiscano quindi sulla membrana delle cellule nervose stesse. A dimostrazione di questa ipotesi sta il fatto che la proteina non idrolizzata, se inoculata nell'insetto, non mostra alcuna attività tossica; mentre sono altamente tossici alcuni peptidi dell'idrolisi se inoculati oppure messi a contatto con preparati isolati di SNC d'insetto. A questo proposito è stato visto che alcuni peptidi del cristallo agiscono bloccando la trasmissione transinaptica al livello del 6° ganglio addominale di blatta. Tale blocco sembra in particolare dovuto a un'azione presinaptica del tipo botulinico ed emicolinico.
Sin dal 1959 si sono svolte negli Stati Uniti ricerche sui Vertebrati per saggiare l'eventuale patogenicità di colture di B. thuringiensis. Tali ricerche hanno esaurientemente dimostrato che da nessun ceppo, di quelli impiegati commercialmente, può essere selezionato un ceppo patogeno per il topino. Difatti la tossicità del cristallo si riferisce unicamente agli Insetti. Un effetto analogo non ha assolutamente luogo nel canale alimentare del vertebrato, in quanto l'elevata acidità del succo gastrico rende i polipeptidi atossici. Né esiste alcuna tossicità se la proteina viene inoculata o malata dal vertebrato.
L'effetto sulle membrane, o ‛ionoforo', di questa tossina proteica sembra sia comune ad altre sostanze prodotte da batteri o muffe. Per esempio, è stata esaurientemente studiata la tossicità verso gli Insetti delle ‛destruxine' ottenute dal fungo Metarrhizium anisophiae. Si tratta di sostanze antibiotiche ciclodepsipeptidiche, delle quali esiste una numerosa famiglia.
Sostanze di origine animale. La nereistossina (NTX), principio tossico dell'anellide marino Lumbriconereis heteropoda, fu isolata per la prima volta da S. Nitta (1941); la sua struttura chimica venne identificata come 4-N,N-dimetilammino-1 ,2-ditiolano. Uno dei suoi numerosi derivati sintetici, il Cartap (v. tabella), viene usato come insetticida. È stato dimostrato che questo derivato è convertito in NTX attraverso la reazione con i radicali tiolici nei tessuti degli animali e delle piante, quindi si tratta anche in tal caso di una protossina.
Per quanto riguarda la tossicità della NTX nei Vertebrati, si sa che la DL50 (dose letale al 50%), per via orale, nel topo è di 165 mg/kg e nel ratto è di 250 mg/kg. Per alcune specie di Pesci la CML (concentrazione minima letale) è di 0,5-1,5 mg/l. La NTX risulta essere più tossica verso determinati Insetti (per esempio, le larve dei Lepidotteri sono sensibilissime ad essa), mentre ha una scarsa efficacia contro gli Afidi e risulta del tutto inefficace contro le uova degli Acari.
Negli Insetti i sintomi d'intossicazione da NTX appaiono simili a quelli causati dagli insetticidi tradizionali, ma diverso è il meccanismo d'azione. L'azione farmacologica della NTX è stata oggetto di molti studi. Dalle ricerche risulta che essa agisce prevalentemente sui sistemi colinergici: difatti non ha alcun effetto sulle sinapsi neuromuscolan degli Insetti, dove si presume che il trasmettitore chimico sia il glutammato. Invece, se viene applicata sul SNC di insetto, blocca la trasmissione nervosa.
T. Deguchi e T. Narahashi (1971) hanno studiato, per mezzo di tecniche molto raffinate di elettrofisiologia, l'effetto della NTX sulla trasmissione neuromuscolare dei Vertebrati. Essi hanno dimostrato che questa viene bloccata, probabilmente diminuendo il rilascio dei quanta di ACh e riducendo la sensibilità della membrana postsinaptica all'applicazione ionoforetica dell'ACh: questo effetto sarebbe il responsabile maggiore del blocco neuromuscolare.
e) Idrocarburi alogenati
Il meccanismo d'azione del DDT non è stato del tutto chiarito: varie teorie sono state avanzate per spiegarlo, dall'inibizione della succinodeidrogenasi e della citocromossidasi a quella dell'ossidazione di sostanze intermedie del ciclo di Krebs, ma nessuna di esse è stata sufficientemente dimostrata. Sembra invece ormai provato che la causa determinante la morte dell'insetto sia da ricercarsi in un'interferenza con la conduzione nervosa. Già nel 1957 T. Yamasaki e T. Narahashi avevano osservato per la prima volta che il DDT aumentava notevolmente il potenziale postumo negativo del nervo crurale di blatta, sia in vitro sia in vivo; tuttavia, questo effetto fu osservato solo a 16,5 °C, con una dose che provocava convulsioni, ma non a 29 °C, per cui non si poteva sostenere che almeno quel tipo particolare di alterazione della conduzione nervosa fosse la causa della sintomatologia da DDT.
Gli stessi autori suggerirono in seguito l'ipotesi che l'effetto sul nervo potesse essere spiegato con un'interferenza del DDT sulla permeabilità della membrana agli ioni K+, in quanto la fuoriuscita di questi è associata con il potenziale postumo.
Recentemente è stata avanzata l'ipotesi che il DDT formi un complesso di trasferimento di carica con componenti dell'assone e che tale complesso alteri la fuoriuscita del K+: almeno due di questi complessi sono stati separati cromatograficamente.
Per quanto riguarda il gammaesano e i ciclodienici, varie ragioni portano a ritenere che essi abbiano un comune meccanismo d'azione; anche questo fatto spiegherebbe la ‛resistenza crociata' che queste sostanze hanno indotto in varie specie di Insetti.
A differenza del DDT, che indurrebbe effetti periferici caratteristici, il gammaesano e i ciclodienici sembrano invece avere un'azione tossica essenzialmente sul SNC, sia negli Insetti sia nei Mammiferi. Non si è ancora in possesso di prove che dimostrino un effetto specifico di queste sostanze su un particolare enzima. E stato studiato invece sul SN di insetto l'effetto del dieldrin, che aumenterebbe, similmente al gammaesano, l'attività spontanea elettrica che origina dai gangli del SNC. In Insetti intossicati da gammaesano è stato infatti osservato che l'attività elettrica presinaptica normale, a livello gangliare, dava origine a un prolungamento dell'attività elettrica postsinaptica. Queste ricerche, tuttavia, non negano la possibilità che il gammaesano e i ciclodienici influenzino, come il DDT, la permeabilità della membrana del tessuto nervoso agli ioni, anche se in siti diversi.
f) Esteri fosforici
Il meccanismo d'azione degli esteri fosforici (EF) è noto fin dal tempo in cui furono impiegati i primi insetticidi fosforici, poiché esso era già stato studiato nei Vertebrati, in cui l'effetto tossico si esplica sostanzialmente attraverso le stesse alterazioni enzimatiche. Gli EF, infatti, agiscono bloccando, sia negli Insetti sia nei Vertebrati, l'acetilcolinesterasi (AChE), enzima che, a livello delle giunzioni nervose o neuromuscolari di tipo colinergico, scinde, mattivandolo, il trasmettitore chimico, l'acetilcolina (ACh), in acido acetico e colina. L'inibizione di questo enzima da parte degli EF, quindi, permette l'accumulo di ACh, che ad alte concentrazioni agirebbe come un veleno per l'organismo. Il grado d'inibizione dell'AChE nelle varie specie da parte degli EF dipende dalla struttura molecolare dell'enzima. Quest'azione inibitrice può richiedere, per manifestarsi con maggiore intensità, una trasformazione in vivo del tossico stesso. E questo il caso dei fosforammidati e dei fosfotionati, i quali negli Insetti vengono trasformati in idrossialchilderivati, prodotti non tossici, e in fosfati, altamente tossici. Nel primo caso rientra lo schradan, nel secondo rientrano il parathion e il malathion con i relativi ossiderivati, il paraoxon e il malaoxon (v. cap. 7). L'ossiderivato possiede sempre un'azione tossica molto più alta dell'EF originale. Questo processo di ossidazione avviene negli Insetti a livello dei corpi grassi e nei Vertebrati a livello del fegato. Ciò vale per il parathion, il cui ossiderivato paraoxon viene formato sia negli Insetti sia nei Vertebrati, con la ben nota alta tossicità per ambedue i gruppi. Per il malathion, invece, il caso è diverso: la sostanza viene trasformata dagli Insetti in malaoxon, prodotto molto più tossico, ma lo stesso processo non avviene nei Vertebrati, ove un'aliesterasi, la carbossiesterasi, presente nel fegato, riesce a detossificare rapidamente l'EF. Tale diverso meccanismo conferisce al malathion una notevole selettività d'azione verso gli Insetti e una bassa tossicità verso i Vertebrati.
g) Carbammati e ditiocarbammati
I carbammati, similmente agli EF, posseggono la capacità di ostacolare la trasmissione nervosa colinergica, ma non come questi, cioè bloccando l'AChE, bensì fungendo da competitivi dell'enzima stesso a livello dei recettori post-sinaptici. Questo meccanismo, analogo a quello dell'alcaloide fisostigmina, ovviamente non conduce all'accumulo di acetilcolina (ACh) per mancata scissione di questa in colina e acido acetico, bensì all'assenza dell'effetto acetilcolinico sui recettori e quindi al blocco della trasmissione dell'impulso a livello delle giunzioni colinergiche. Necessaria, per questo tipo di meccanismo d'azione insetticida e acaricida, è una struttura particolare della molecola dei carbammati, che deve essere simile all'ACh e ovviamente deve avere una stabilità tale che l'insetticida possa penetrare nell'insetto e giungere intatto al sito d'azione, cioè alla giunzione colinergica.
Nel caso dei ditiocarbammati, cioè dei sali dell'acido ditiocarbammico con cationi metallici in genere, l'azione fungicida della molecola risiederebbe nel gruppo =N−CS−S−, mentre le catene metiliche ed etileniche avrebbero una funzione tossofora. In seguito all'idrolisi dei metilderivati, la conseguente forma ionica agirebbe combinandosi con i gruppi −SH dei composti cellulari oppure ‛chelando' i metalli essenziali per il metabolismo della cellula.
h) Anticoagulanti e altri rodenticidi
Gli anticoagulanti sono costituiti da un gruppo di sostanze, derivati della 4-idrossicumarina, che hanno la proprietà di alterare il processo di coagulazione del sangue nei Mammiferi. Tali sostanze vengono impiegate, oltre che in medicina, ove sia necessario rallentare il processo di coagulazione (per es. trombosi delle coronarie), anche come tossici nella lotta contro i Roditori. In questo caso gli animali, ingerendo continue, anche piccole, dosi di anticoagulante, che si accumula nell'organismo, vengono colpiti da ripetute emorragie interne e da conseguente anemia che li conduce a morte. Il meccanismo d'azione dei derivati della 4-idrossicumarina non è stato ancora del tutto chiarito. Fondamentalmente le sostanze rodenticide di questo gruppo agiscono come anticoagulanti in quanto bloccano la ‛sintesi dei fattori umorali della coagulazione (Gerinnungsfaktoren) II (protrombina), VII, IX e X (rispettivamente, autoprotrombina I, II e III). D'altra parte è stato messo in evidenza che i derivati del dicumarolo diminuiscono la durata della vita delle piastrine, ma non influenzano il metabolismo del fibrinogeno.
Altri gruppi di rodenticidi, da tempo in uso, sono costituiti da sostanze tossiche ben note. Fra questi, composti inorganici (di bario, arsenico, tallio, zinco, ecc.), composti di origine vegetale (stricnina, ecc.), esteri fosforici, composti organici contenenti fluoro (fluoroacetato di sodio, ecc.) o azoto (α-naftiltiourea, norbormide, ecc.) e altri ancora.
A proposito del norbormide (v. tabella), esso, stranamente, è molto attivo sui ratti, mentre lo è pochissimo sui topi. Il suo meccanismo di azione è particolare, in quanto determina una rapida ipertensione arteriosa che conduce a morte l'animale.
5. Modi di applicazione dei pesticidi
Le forme di applicazione dei pesticidi variano notevolmente secondo la funzione che il preparato deve esplicare.
Una prima distinzione si può fare nel caso dei pesticidi di uso domestico, cioè destinati a combattere essenzialmente gli insetti dannosi o molesti che penetrano nelle dimore umane. La forma di sempre più larga utilizzazione da parte dei privati è quella delle bombole nebulizzatrici. Tali preparati hanno una concentrazione molto bassa (inferiore all' 1%) in principi attivi, che si trovano disciolti in adatti solventi e in presenza di sostanze tendenti allo stato aeriforme ma compresse allo stato liquido (Freon, idrocarburi, ossidi di azoto, diossido di carbonio sotto pressione) con funzione di propellenti. Le sostanze attive impiegate a tale scopo sono attualmente ridotte a un numero molto limitato, data la necessità di utilizzare esclusivamente sostanze di bassa tossicità per l'uomo: estratto di piretro, malathion e pochi altri prodotti.
Per quanto riguarda le campagne per combattere la malaria, la filariosi, ecc. agendo sulle specie vettrici (in questo caso, le zanzare), sono state effettuate nel recente passato irrorazioni su vasta scala delle pareti interne di abitazioni umane e ricoveri animali con DDT, Diazinone, ecc. per colpire gli Insetti che, penetrando nelle case, si posano sulle pareti.
Nell'ambito domestico vengono utilizzati anche prodotti persistenti formulati in polvere, impiegati anche con esche, contro formiche e scarafaggi. Preparati sotto forme di esche (grano, biscotti, farina, riso) imbevute di derivati della cumarina vengono usati contro i roditori.
Più ampia è la varietà di forme di applicazione nel caso di pesticidi di uso agricolo. I concentrati emulsionabili sono costituiti da un'alta percentuale del o dei principi attivi (fino all'80%), disciolti in solventi e associati a emulsionanti. Tali preparati, per essere utilizzati, devono essere prima diluiti con notevoli quantità di acqua (anche 100 volte o più il proprio volume), mescolando opportunamente per rendere il prodotto omogeneo. Si ottiene così un'emulsione, la cui concentrazione varia secondo la tecnica di applicazione: ad alto volume (forte diluizione, distribuzione abbondante con irroratori a terra) oppure a basso volume (bassa diluizione, distribuzione con irroratori a terra o aerei).
Analogamente, le polveri bagnabili sono costituite da concentrati in polvere o adsorbiti su polveri, le cui particelle hanno diametro di poche decine di μm e possono essere sospese in acqua, in cui vengono disperse con l'aiuto di sostanze bagnanti e tensioattive.
Anche le paste sono costituite da concentrati allo stato semisolido, da disperdere in acqua al momento dell'uso, in presenza di tensioattivi.
Le polveri secche sono preparati che non richiedono alcuna diluizione e contengono fino al 20% di sostanze attive; contengono come diluenti solidi talco, argille, caolino, silice ecc. Si applicano mediante polverizzatori.
Alcuni preparati sono sotto forma di granuli, che consentono un assorbimento graduale da parte del terreno, o una lenta dissoluzione nell'acqua, cui sono destinati. In alcuni casi vengono applicate tecniche particolari: per la disinfestazione fogliare sì usano grandi teli in plastica che coprono l'albero e permettono la fumigazione con prodotti gassosi. L'uso di fumiganti è praticato anche nel terreno, mediante l'introduzione, attraverso grossi fori, di sostanze gassificabili: la sostanza permea il terreno uccidendo i parassiti e volatilizzandosi nell'atmosfera. Anche per la disinfestazione di silos, magazzini, stive di navi e di aerei da carico si utilizzano fumiganti a base di ossido di etilene, cianuri (che svolgono cianuro d'idrogeno), idrocarburi alogenosostituiti e molti altri composti gassificabili.
È anche importante proteggere i semi e i germogli dall'attacco di predatori e a tale scopo si fa ricorso alla ‛concia' delle sementi, cioè i semi, prima della semina, vengono protetti con sostanze pesticide, liquide o in polvere. Infine, i pesticidi possono essere applicati a scopo protettivo con pennellature o iniezioni al fusto degli alberi, ai rami o anche al legname.
6. Vantaggi derivanti dall'uso dei pesticidi
È fuor di dubbio che i pesticidi abbiano arrecato all'umanità enormi vantaggi, di cui attualmente non si potrebbe fare a meno.
Nel campo dell'igiene umana intere popolazioni sono state beneficiate dai pesticidi, e in particolare dal DDT, che hanno consentito di eradicare da alcuni territori la malaria e di reprimere altre gravi malattie quali l'encefalite virale, la malattia del sonno, il tracoma, la febbre gialla, il tifo petecchiale, il tifo murino, la peste bubbonica, ecc. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha promosso e realizzato vaste campagne in varie parti del globo per l'applicazione dei pesticidi. Anche la lotta condotta con successo contro la mosca domestica e altre specie d'insetti molesti, non sempre vettori di malattie, si è valsa e si avvale tuttora dei pesticidi. Ma la ragione più valida per la diffusione dell'uso dei pesticidi è data dall'impiego di questi nella lotta contro la fame. Da statistiche recentemente pubblicate risulta che annualmente vengono distrutti nel mondo oltre 1.400 milioni di tonnellate di alimenti, per corrispondenti 75 miliardi di dollari, dagli organismi dannosi alle piante e alle derrate, nonostante l'impiego di mezzi di difesa. Specialmente presso molti popoli in via di sviluppo le perdite di prodotti dell'agricoltura raggiungono percentuali elevatissime, tanto da rendere problematica la sopravvivenza di ogni tipo di coltura. Considerazioni analoghe valgono per la difesa del patrimonio zootecnico.
Se si considera parallelamente lo sviluppo demografico, che nei paesi meno evoluti ha un andamento esponenziale, il recupero di tutte le possibili fonti alimentari risulta una necessità primaria.
Inoltre, in sede di scambi commerciali, specie nell'ambito internazionale, sono state stabilite norme di qualità che prevedono l'assenza perfino di qualsiasi traccia di attacco parassitario alle colture. Queste norme, forse esagerate, inducono purtroppo all'impiego sistematico, generalizzato e preventivo dei pesticidi, con i quali, se da una parte si è raggiunto un aumento quantitativo e un, seppur criticabile, miglioramento del prodotto, dall'altra si è introdotto il pericolo della presenza di residui di pesticidi negli alimenti.
7. Pericoli derivanti dall'uso dei pesticidi
Accanto ai vantaggi di cui si è parlato, i pesticidi presentano anche notevoli pericoli per la salute dell'uomo. Infatti composti capaci di esplicare azione letale nei confronti di alcune specie nocive sono, in grado diverso, tossici anche nei confronti dell'organismo umano.
I pericoli per la salute connessi con i pesticidi sono di varia natura e si presentano a diversi livelli.
a) A livello della produzione
Molti pesticidi, nell'ampia gamma dei composti chimici usati a questo scopo, sono caratterizzati da elevata tossicità. Le stesse sostanze di partenza per la sintesi, e spesso i composti intermedi, o talora impurezze di lavorazione, sono di per sé molto tossici. È da ricordare a questo proposito il grave incidente verificatosi a Seveso nel 1976: durante la preparazione di triclorofenato sodico da triclorobenzene e idrossido di sodio, un eccessivo innalzamento della temperatura in un reattore portò, mediante una reazione secondaria, alla formazione della cosiddetta diossina, più precisamente la 2, 3, 7, 8 - tetraclorodibenzo -p - diossina (TCDD), prodotto estremamente tossico, la cui diffusione, sotto forma di nube, all'esterno dello stabilimento produttore è stata una grave calamità. Se si tiene presente che la TCDD si può trovare come impurezza nel triclorofenato di sodio e che da questo si preparano alcuni erbicidi del gruppo dell'acido fenossiacetico, come l'acido triclorofenossiacetico (2, 4, 5-T), è evidente che certi pesticidi pongono seri problemi di sicurezza, oltre che a livello dell'impiego, anche a quello della produzione. Bisogna precisare che fin dal 1970 era stata vietata in Italia la produzione del 2, 4, 5-T. È comunque necessario che molte lavorazioni, ferma restando la necessità di un accurato e continuo controllo delle condizioni operative, vengano effettuate in apparecchiature a ciclo chiuso, in modo da evitare qualsiasi esposizione del lavoratore al tossico.
Quindi, a seconda delle caratteristiche delle sostanze oggetto di lavorazione, si rendono necessarie adeguate norme d'igiene del lavoro. Dato che la tossicità delle varie sostanze può esplicarsi per inalazione, per contatto con la pelle o le mucose, o per ingestione, nel caso delle sostanze più pericolose si rende indispensabile l'uso di guanti, maschere, occhiali e tute di protezione. Inoltre l'ambiente deve consentire un sufficiente ricambio d'aria e le apparecchiature debbono essere sotto aspirazione e sottoposte a continue verifiche per controllare possibili perdite. Nelle fabbriche di pesticidi i lavoratpri debbono essere sottoposti a esami clinici periodici capaci di rivelare ogni segno d'incipiente processo d'intossicazione. Per esempio, nel caso di lavorazione di esteri fosforici, è indispensabile il frequente controllo dell'attività colinesterasica del sangue. Anche il semplice processo di mescolamento, o confezionamento, dei prodotti pesticidi deve essere considerato come parte della produzione e richiede pertanto che vengano osservate le stesse norme igieniche.
b) A livello del commercio
Altri pericoli per la salute risiedono a livello del commercio. Si deve considerare che molti pesticidi sono potenti veleni e che pochi milligrammi di essi possono essere letali per l'uomo. Conseguentemente devono essere evitate tutte le circostanze che possano costituire cause occasionali d'intossicazione.
Nessun pesticida può essere venduto allo stato sfuso; tutti devono essere confezionati in contenitori chiusi all'origine e resistenti agli urti. Ogni confezione deve recare opportune etichette, su cui siano chiaramente indicati i simboli di pericolo (teschio per i più tossici, croce di S. Andrea per quelli di tossicità inferiore, fiamma per gl'infiammabili, ecc.), le indicazioni relative alla natura del rischio, i consigli di prudenza relativi. Deve inoltre essere chiaramente indicata la composizione del prodotto, anche ai fini dell'eventuale soccorso medico in caso d'intossicazione.
I prodotti pesticidi non devono essere venduti in negozi di generi alimentari e quelli più tossici devono essere conservati in armadi chiusi a chiave e quindi inaccessibili a persone inconsapevoli del rischio.
Lo stesso venditore deve possedere una sufficiente conoscenza dei pericoli che i prodotti implicano, in modo da comportarsi in maniera adeguata per quel che riguarda la conservazione, la manipolazione e la vendita.
c) A livello della detenzione
Molti casi d'intossicazione accidentale si sono verificati in seguito a improprie forme di detenzione dei prodotti pesticidi nell'ambito domestico, specie nell'ambito di comunità agricole. Le confezioni già aperte e parzialmente utilizzate vengono a volte conservate senza cura, rendendo possibili scambi con altri preparati, o comunque rendendole accessibili ai bambini, con grave pericolo per la salute di intere famiglie.
In alcuni casi l'ignoranza ha indotto a fare uso, per l'igiene personale, di preparati altamente tossici che dovrebbero essere invece usati solo in agricoltura e dopo adeguata diluizione.
Altri casi d'intossicazione si sono verificati in seguito alla conservazione delle confezioni aperte scambiate per alimenti. Altri ancora in quanto con i prodotti pesticidi erano stati accidentalmente contaminati ambienti domestici di soggiorno o di riposo.
Indubbiamente la fase di detenzione dei pesticidi nell'ambito domestico costituisce un punto molto delicato dell'intera materia, perché prodotti di elevata tossicità sono alla portata di persone che in molti casi non sono in grado di conoscerne la pericolosità, nonostante le informazioni riportate in etichetta.
d) A livello dell'applicazione
Un'altra importante serie di rischi risiede a livello dell'utilizzazione e dell'applicazione dei prodotti pesticidi.
In genere il prodotto concentrato liquido deve essere anzitutto diluito con acqua, trasferito negli apparecchi irroratori e quindi distribuito sulle colture. L'intossicazione può derivare dall'aspirazione dei vapori, dal contatto con la pelle o con gli occhi, dalla contaminazione di alimenti e bevande. Considerazioni analoghe valgono anche per i prodotti sotto forma di polveri bagnabili da disperdere in acqua e per i prodotti sotto forma di polveri secche, le cui particelle micronizzate possono facilmente diffondersi nell'ambiente e permeare gli abiti e la cute.
Rischi d'intossicazione possono derivare anche dall'abbandono di recipienti e sacchi vuotati e da insufficienti cure nella pulizia delle attrezzature adoperate.
Per la disinfestazione di vaste zone si fa ricorso anche ai mezzi aerei: piccoli aerei o elicotteri sorvolano le zone interessate, diffondendo una nube di insetticida finemente polverizzato. Tale tecnica di distribuzione può comportare rischi quando nella zona disinfestata siano comprese abitazioni o corsi d'acqua. Naturalmente in questo caso è determinante la scelta delle sostanze da impiegare, che devono possedere bassa tossicità per l'uomo.
Particolare competenza deve essere posseduta da chi applica i pesticidi in ambienti chiusi, quali serre, magazzini o silos: la forte concentrazione dei vapori rapidamente raggiunta nell'ambiente può determinare anche casi letali, specie se l'operatore è solo e, in caso di malore, non viene subito soccorso.
e) A livello dei residui nei prodotti alimentari
Il problema dei residui di pesticidi nei prodotti agricoli destinati all'alimentazione e in genere negli alimenti è uno dei problemi più seri della nostra epoca. Non riguarda quasi mai fenomeni d'intossicazione acuta, ma più di frequente fenomeni d'intossicazione cronica e perciò molto difficilmente attribuibili alle vere cause del danno. Il pericolo d'intossicazione, soprattutto per la sua generalizzazione a tutti i consumatori, deve essere prevenuto all'origine, orientando la pratica agricola su sistemi razionali che, senza compromettere la difesa della produzione, non risultino di danno per la salute.
A tale scopo ogni sostanza ad azione pesticida impiegata in agricoltura deve previamente essere studiata per conoscerne la localizzazione nella pianta, in relazione all'influenza degli agenti atmosferici e del metabolismo vegetale.
Alcune sostanze, specie quelle di natura inorganica, distribuite sulla pianta, non hanno la capacità di penetrare nei tessuti vegetali; si formano pertanto depositi superficiali, che sono facilmente asportati dagli agenti atmosferici o dall'acqua di lavaggio dei prodotti agricoli. Anche i ditiocarbammati e quasi tutti i fungicidi appartengono a questo tipo di pesticidi, tutti ectofitici.
Altre sostanze pesticide riescono, invece, a superare la cuticola protettiva dei vegetali, esplicando un'azione endoterapica, locale oppure a distanza, cioè praticamente in tutta la pianta, dato che entrano nella circolazione linfatica. Si tratta quindi, rispettivamente, di pesticidi endofitici locali ed endofitici sistemici. I residui di questi pesticidi persistono anche per lunghi periodi nei tessuti vegetali e quindi il lavaggio non riesce ad asportarli. Molti esteri fosforici appartengono a questo gruppo, mentre gli idrocarburi clorurati hanno una moderata capacità di penetrazione.
La persistenza di una sostanza nei tessuti vegetali dipende da vari fattori, tra i quali la sua stabilità chimica, la sua capacità di penetrazione, l'andamento climatico stagionale, il particolare metabolismo della pianta su cui è applicata.
Per effetto del metabolismo vegetale, come anche per azione degli agenti atmosferici (luce, acqua, temperatura), le sostanze chimiche tendono a degradarsi in seguito a fenomeni ossidativi e/o a fenomeni idrolitici.
Così, nell'ambito degli esteri fosforici, tiofosforici o ditiofosforici, si può avere il seguente schema di trasformazioni ossidative:
Formula
Al processo ossidativo si somma, parallelamente o successivamente, il processo idrolitico, che tende a scindere il composto in frammenti.
Gli idrocarburi clorurati sono invece dotati di notevole stabilità e tutt'al più sono soggetti, in alcuni casi, al processo ossidativo. I carbammati, i tio- e ditiocarbammati si decompongono abbastanza rapidamente.
Riassumendo, le sostanze ad azione pesticida hanno una persistenza variabile caso per caso, che deve essere accertata, almeno come ordine di grandezza, in modo da conoscere a priori il tempo necessario per la scomparsa, nella parte commestibile, di residui tossici.
Mediante la determinazione della quantità di residui presenti nella frutta, subito dopo il trattamento e dopo intervalli successivi di tempo, è possibile tracciare in diagramma la curva di decadimento fino ad accertare che i residui si sono ridotti a quantità prive di significato dai punto di vista tossicologico. D'altra parte, in base a un'adeguata documentazione tossicologica e considerando i necessari margini di sicurezza per l'estrapolazione dei dati dagli animali all'uomo, viene calcolato il limite teorico tossicologico, cioè la quantità di residui che può essere giornalmente ingerita escludendo con ragionevole sicurezza ogni rischio di nocività.
Confrontando questo limite con la curva di decadimento è possibile individuare il tempo minimo necessario perché i residui si riducano a quantità inferiori al limite stesso. Inoltre è necessario limitarsi a quantità anche più basse di residui, onde evitare, per quanto possibile, la presenza di sostanze estranee negli alimenti. Si stabilisce, quindi, il limite di tolleranza, che ha valore legale e che si colloca tra il valore zero e il valore del limite teorico tossicologico. Il tempo necessario perché i residui della sostanza pesticida scendano a valori inferiori al limite di tolleranza si chiama intervallo di carenza o periodo di sicurezza. In pratica i trattamenti della coltura con la sostanza pesticida studiata devono essere sospesi almeno tanti giorni prima del raccolto quanti corrispondono all'intervallo di carenza.
L'osservanza del periodo di carenza è dunque il mezzo fondamentale per definire all'origine il problema del rischio della presenza di residui di pesticidi nei prodotti alimentari derivati dall'agricoltura. Quando i pesticidi sono applicati sulle derrate alimentari immagazzinate, devono essere osservate opportune modalità (dosi, forme di applicazione, norme di bonifica), tali da garantire che i residui siano inferiori ai limiti di tolleranza.
Tuttavia il problema non si esaurisce qui. La distribuzione dei pesticidi nelle acque, nei foraggi o nei mangimi degli animali rende possibile la presenza di loro residui nelle carni, nel latte, nelle uova e nei prodotti derivati. Ciò può dare un'idea della complessità del problema in sede di studio e in sede applicativa. Tutto ciò comporta una difficile azione di vigilanza sugli alimenti in commercio, mediante continui prelievi e determinazioni analitiche, che sono sempre delicate e complesse e devono servirsi delle tecniche più moderne e più sensibili (gascromatografia, cromatografia su strato sottile, spettrofotometria, ecc.).
f) A livello ecologico
Per troppo tempo l'impiego di pesticidi è stato indiscriminato e irrazionale, e troppo tardi ci si è resi conto dei riflessi sociali ed ecologici del problema.
Indubbiamente i pesticidi non sono la sola causa responsabile dei danni ecologici, ma ne sono certamente una delle cause più serie. Purtroppo questo genere di pericoli è stato lungamente ignorato, fino a quando i timori segnalati sono diventati drammatiche realtà: scomparsa di alcune specie di animali, diminuzione o scomparsa di pesci nei fiumi e addirittura nei mari in prossimità delle coste, diminuzione della selvaggina, e in particolare degli uccelli, contaminazione delle acque, dei terreni, perfino delle regioni polari, alterazione profonda dell'equilibrio biologico.
Dal punto di vista globale possono essere considerati pesticidi ideali quelli che hanno specifica azione su uno spettro ristretto di parassiti, in modo da evitare lo sterminio di specie utili, e che, esplicata la loro azione, hanno una minima persistenza, in modo da evitare i danni riflessi (inquinamenti, danni ai biosistemi e agli ecosistemi). Purtroppo nel campo dell'agricoltura si è per molto tempo perseguito un obiettivo opposto: pesticidi a largo spettro e della più prolungata persistenza possibile, in modo da aumentarne l'efficacia e ridurre i costi.
La persistenza dei pesticidi ha inoltre portato all'apparizione del fenomeno della resistenza in varie popolazioni di organismi nocivi. Tale fenomeno in alcuni casi è diventato così grave che l'uomo non può, a quel punto, influire minimamente sulle popolazioni resistenti con qualsiasi dose di qualsiasi gruppo delle sostanze precedentemente efficaci.
Dalle più recenti rilevazioni risulta che perfino le zone polari sono contaminate da pesticidi cloroorganici, trasportati dal vento. Distribuiti nei terreni e nelle acque, essi entrano nella catena alimentare e si trasmettono, aumentando la loro concentrazione (fino a più di 100.000 volte), dai vegetali, attraverso gli erbivori, fino ai carnivori. Le catene alimentari sono varie e assai complicate; un esempio può essere il seguente. I pesticidi contaminano la flora o la fauna unicellulare che serve di nutrimento agli Insetti, ai Molluschi ecc.; questi a loro volta vengono divorati dagli Uccelli, che subiscono le conseguenze tossiche dell'alta concentrazione dei pesticidi. È evidente che sono necessarie misure severe e urgenti per ottenere un uso razionale e discriminato dei pesticidi, allo scopo di evitare che questi, uniti agli altri numerosi inquinanti, possano portare alla degradazione biologica dell'ambiente.
8. Legislazione italiana sui pesticidi
La prima regolamentazione di legge di una parte degli attuali pesticidi risale al 1954: con decreto dell'Alto Commissario per l'Igiene e la Sanità gli ‛insetticidi e i disinfestanti per uso agricolo' furono inclusi nell'elenco dei ‛presidi medico-chirurgici'. In forza di tale inclusione i preparati considerati venivano assoggettati a registrazione e autorizzazione caso per caso.
Per molti anni la materia è stata dunque regolamentata in assenza di principi generali: prodotto per prodotto venivano studiati i problemi del caso e definite le norme relative.
La legge 26 febbraio 1963, n. 441, modificando la legge 30 aprile 1962, n. 283, ha definito i pesticidi per uso agricolo e per le derrate alimentari immagazzinate come ‛presidi sanitari' e ne ha confermato l'obbligatorietà della registrazione e autorizzazione, caso per caso. Conseguentemente si è provveduto a emanare il relativo regolamento di attuazione, con il D.P.R. 3 agosto 1968, n. 1225, che costituisce l'attuale base normativa, limitatamente ai pesticidi per uso agricolo (fitofarmaci e presidi delle derrate immagazzinate), mentre i pesticidi per uso domestico e civile sono rimasti inclusi tra i presidi medico-chirurgici.
Il D.P.R. 3 agosto 1968 concerne la disciplina della produzione, del commercio e della vendita dei presidi sanitari. È un provvedimento vasto e complesso che, a differenza delle norme precedenti, stabilisce una regolamentazione specifica per i prodotti considerati.
La chiave di tutto il sistema è la suddivisione di tutti i preparati in quattro classi, dai ‛tossici' (classe I, simbolo del teschio), ai ‛nocivi' (classe II, croce di S. Andrea), a quelli ‛da manipolare con prudenza' (classe III), a quelli ‛di nocività trascurabile' (classe IV).
In relazione alla diversa pericolosità vengono stabilite norme di severità proporzionata. Così i preparati delle classi I e II devono essere custoditi in armadi o locali chiusi a chiave, possono essere venduti soltanto da persone munite di particolare abilitazione (conseguita con esame) e a persone munite di particolare abilitazione (anche questa conseguita mediante esame); il relativo movimento commerciale deve dettagliatamente figurare su un registro di carico e scarico. L'acquirente deve sottoscrivere la dichiarazione di assunzione delle responsabilità connesse con i rischi che i prodotti comportano, impegnandosi a farne corretto impiego.
Il D.P.R. stabilisce anche i requisiti d'obbligo per l'idoneità delle officine di produzione, le caratteristiche degli imballaggi, le indicazioni da riportare in etichetta nei riguardi dei rischi, dei consigli di prudenza, della composizione del contenuto, delle dosi e modalità d'uso.
Tutti i preparati pesticidi non possono essere messi in commercio allo stato sfuso, ma soltanto in confezioni sigillate chiuse all'origine, né possono essere detenuti e venduti in negozi di generi alimentari.
La legislazione italiana sui pesticidi si completa con provvedimenti del Ministero per la Sanità, che limitano la produzione e l'impiego di particolari classi di preparati (D.M. 4 dicembre 1967 e successivi aggiornamenti per i ciclodienici clorurati), e con alcune ordinanze che fissano i limiti di tolleranza per i residui di pesticidi negli alimenti (ordinanza 22 dicembre 1967 e successivi aggiornamenti).
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