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BROOK, Peter

di Valentina Valentini - Enciclopedia del Cinema (2003)
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Brook, Peter

Valentina Valentini

Regista teatrale e cinematografico inglese, nato a Londra il 21 marzo 1925. L'attività di B., noto soprattutto come regista teatrale, rientra in quel contesto sperimentale delle neoavanguardie del secondo dopoguerra che ha oltrepassato le barriere fra le arti, praticando un'interazione tra cinema, teatro e televisione. Fautore di una recitazione che sia portatrice di emozioni e di sorprese, B. si è avvalso spesso di attori non professionisti e di diversa provenienza etnica, adottando un metodo di lavoro in cui le azioni si improvvisano sul set o sulla scena, al di là della sceneggiatura, pur prendendo spunto da un soggetto che dà il senso alla storia e che in molti casi viene mutuato da importanti testi letterari o teatrali, o da materiali del patrimonio mitologico e culturale di diversi ambiti e provenienze. Nella pratica artistica di B. la prospettiva antropologica si è tradotta in vissuto, in esperienza di lavoro, ancor prima delle mode multiculturali degli anni Ottanta.

Esordì nel cinema mentre completava gli studi a Oxford, con Sentimental journey (1943), un film privo di dialoghi e interpretato da attori non professionisti reclutati nei pub, nel cui sonoro è integrata la voce di commento. Fra il 1944 e il 1945 realizzò cortometraggi didattici per l'esercito e contemporaneamente iniziò un'intensa attività teatrale, ricca di successi, che sarebbe culminata negli anni Sessanta con la direzione della Royal Shakespeare Company, assunta insieme a P. Hall. L'attività cinematografica di B. non si rivela tuttavia succedanea di quella teatrale, anche se da essa trae un proficuo alimento. Fuori dai radicalismi del cinema sperimentale, egli vede nella macchina da presa la possibilità di presentare la vita nel suo accadere. Così, dopo The beggar's opera (1953; Il masnadiero), trasposizione cinematografica del famoso testo teatrale di J. Gay, realizzò Moderato cantabile (1960; Moderato cantabile ‒ Storia di uno strano amore), tratto da un romanzo di M. Duras: nel film il dispositivo dominante è la parola e la macchina da presa, fissa di fronte ai due protagonisti (Jeanne Moreau e Jean-Paul Belmondo), capta le emozioni dei due attori, il loro vissuto reale, lasciando che le cose succedano di fronte a essa. Particolarmente importante risultano anche lo spazio e la scelta dei luoghi, come nel successivo Lord of the flies (1963; Il signore delle mosche), girato su un'isola a sud di Puerto Rico, con un cast formato solo da adolescenti di nazionalità diverse; tratto dal racconto di W. Golding, in cui un gruppo di ragazzi inglesi, abbandonati su un'isola deserta, tenta di darsi delle regole di sopravvivenza, il film mostra i meccanismi crudeli che stanno alla base delle istituzioni umane (divisione in caste, formazione di simboli e riti), svelando l'altra faccia del mito del 'buon selvaggio'.

Le concezioni teatrali di Antonin Artaud e l'insegnamento brechtiano risultarono perfettamente coniugati nella messa in scena del dramma di Peter Weiss, The persecution and assassination of Jean-Paul Marat as performed by the inmates of the asylum of Charenton under the direction of the marquis De Sade (1964). Da questo spettacolo teatrale, che tanta influenza esercitò sulle scene europee di quegli anni, rinnovando gli schemi di regia, B. trasse il film omonimo, noto anche come Marat-Sade (1966), in cui affronta in maniera esemplare il tema del teatro nel teatro, attraverso la messa in scena della morte di Marat realizzata nel manicomio di Charenton da un gruppo di malati diretto da De Sade; al messaggio egualitario del rivoluzionario, viene contrapposto l'individualismo radicale del Marchese, che assume la disuguaglianza come dato naturale e concepisce la liberazione come rivolta contro le convenzioni sociali e culturali. Il forte impegno politico di B. venne confermato dal successivo Tell me lies (1968), girato anch'esso sulla falsariga di una messa in scena teatrale di due anni prima, US, in cui si sviluppa una documentata denuncia delle responsabilità storiche del governo statunitense nella guerra in Vietnam, attraverso l'assemblaggio di materiali diversi, come immagini di repertorio, interviste con scrittori, studenti, membri del Parlamento, leader del Black Power. Dopo King Lear (1970), adattamento televisivo del dramma di W. Shakespeare, ambientato nell'estremo Nord dello Yutland, dove furono appositamente costruiti castelli, strade, e reclutato un cast composto di contadini e pescatori, nei primi anni Settanta B. si dedicò al documentario di taglio antropologico, raccontando i viaggi compiuti in Iran (Orghast, 1971) e in Africa, con la sua compagnia teatrale, alla ricerca delle basi comuni a tutte le culture. Ritornò al cinema di finzione nel 1978 con Meetings with remarkable men, racconto tratto dal libro di G.I. Gurdjieff, sugli anni di apprendistato spirituale nell'Asia centrale di una singolare figura di mistico orientaleggiante. A partire dalla formazione del CICT (Centre International de Création Théâtrale, con sede a Parigi), l'attività cinematografica di B. si è integrata ancora più strettamente con la pratica teatrale. Con La tragédie de Carmen (1983) ha realizzato, all'interno del teatro Bouffes du Nord, tre diverse versioni cinematografiche dello stesso spettacolo teatrale, una per ciascuna delle tre interpreti che si sono alternate nel ruolo della protagonista, trasformando l'intero spazio del teatro ‒ palco, scale, balconate, stanze interne ‒ in un unico spazio scenico. Nel 1989 con The Mahabharata (Il Mahabharata) ha offerto una rappresentazione di notevole forza visiva del vasto poema epico, vero e proprio monumento letterario dell'antica cultura indiana; mentre nel 2001 ha realizzato una versione cinematografica dello straordinario spettacolo teatrale multietnico Hamlet, che aveva debuttato l'anno precedente sempre al teatro Bouffes du Nord.

Tra le sue pubblicazioni, vanno ricordati i tre importanti testi sul teatro, The empty space (1968; trad. it. 1968), The shifting point: 1946-1987 (1988; trad. it. 1988) e The open door: thoughts on acting and theatre (1993; trad. it. 1994), e il libro di memorie Threads of time: recollections (1998; trad. it. 2001).

Bibliografia

C. Trewin, Peter Brook, London 1971.

J. Heilpern, Conference of the birds, London 1972.

A.C.M. Smith, Orghast at Persepolis: an account of the experiment in theatre directed by Peter Brook and written by Ted Hughes, London 1972 (trad. it. Milano 1974).

Peter Brook: o, Il teatro necessario, a cura di F. Quadri, Venezia 1976.

Peter Brook. Da Timone d'Atene a la Tempesta o il regista e il cerchio, a cura di G. Banu, Firenze 1994.

I. Imperiali, La lezione shakespeariana, Roma 2002.

Vedi anche
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