Eisenman, Peter
Architetto e teorico dell'architettura statunitense, nato a Newark (New Jersey) l'11 agosto 1932, da una famiglia di origine ebraica. È tra le figure che hanno condizionato le vicende dell'architettura occidentale negli ultimi decenni del 20° secolo. La sua formazione, svoltasi alla Cornell University e poi a Cambridge (Gran Bretagna), lo ha introdotto alla lettura formalista e antideologica della tradizione modernista di C. Rowe e agli studi linguistici e filosofici di N. Chomsky e M. Foucault. All'inizio degli anni Ottanta E. è stato tra i primi stranieri di fama internazionale chiamati a insegnare alla facoltà di Architettura di Venezia.
La prima fase del suo lavoro progettuale, celebrata nel 1969 al MOMA, è segnata da opere in cui il carattere teorico e programmatico prevale sulle esigenze funzionali e costruttive. Nella rassegna Five architects curata da A. Drexler, E. ha esposto una serie di ville private chiamate case di cartone (cardboard houses), solo in parte realizzate, che fanno emergere i temi essenziali della sua architettura: forza concettuale, centralità del linguaggio, complessità geometrica.
L'interesse per la storia del moderno e per gli aspetti più teorici del progetto di architettura avvicinò E. ad alcune esperienze italiane. Da un lato studiò a lungo G. Terragni, una sorta di alter ego creativo che coinvolge e pervade una lunga serie di testi, ricerche, progetti. Dall'altro allacciò rapporti intensi con gli intellettuali italiani più impegnati nel campo della ricerca architettonica: nel 1973 E., insieme agli altri del gruppo Five, ha preso parte alla mostra 'neorazionalista' organizzata da A. Rossi per la xv Triennale. Dalla collaborazione con la scuola veneziana e dall'interesse più orientato verso l'urbanistica che assunse a questo punto il lavoro di E. nacquero nel 1967 l'Institute for Architecture and Urban Studies di New York, la rivista Oppositions (1973) e una serie di importanti progetti, come il piano per l'area di Cannaregio a Venezia (1978, mai realizzato) e l'edificio berlinese a Check Point Charlie (1981). L'architettura di E. si è anche misurata con i linguaggi della filosofia, della critica letteraria, della linguistica. Il lungo sodalizio intellettuale con J. Derrida ha generato l'idea di un'architettura 'decostruzionista', anticlassica, antiarmonica, frammentata e stratificata, che E. non ha mai veramente riconosciuto, ma che è diventata il terreno di incontro sia per gli architetti più concettuali che per quelli votati alle ricerche figurative più estreme. Nel 1988 il MOMA ha consacrato ancora E. come figura centrale dell'architettura contemporanea, con la mostra Deconstructivist architecture, una rassegna che includeva anche R. Koolhaas, Coop Himmelb(l)au, Z. Hadid, F. Gehry, D. Libeskind e B. Tschumi.
Dal 1980, aperto a New York un nuovo studio professionale, E. ha realizzato una serie di edifici essenziali per la comprensione del nuovo clima che aveva pervaso l'architettura contemporanea: il Wexner Center (1983-88) e il Convention Center (1989-93) di Columbus, Ohio, l'Aronoff Center (o DAAP, Design, Architecture, Art and Planning) dell'Università di Cincinnati (1986-95), il Koizumi Sangyo (1988-90) e il Nunotani Building (1990-92) a Tokyo e molti altri testimoniano una inquieta ricerca espressiva e il bisogno impaziente di prefigurare forme urbane e spazi di relazione del 21° secolo. Vedi tav. f.t.
bibliografia
Five architects N. Y., con un saggio di M. Tafuri, a cura di C. Gubitosi, A. Izzo, Roma 1976.
P. Eisenman, La fine del classico e altri scritti, a cura di R. Rizzi, Venezia 1987.
P. Ciorra, Botta, Eisenman, Gregotti, Hollein. Musei, Milano 1991.
Peter Eisenman. Opere e progetti, a cura di P. Ciorra, Milano 1993.
R. Rizzi, Peter Eisenman. Mistico nulla, Milano 1996.
A. Saggio, Peter Eisenman. Trivellazioni nel futuro, Torino 1996.