Vjàzemskij, Pëtr Andréevič
Poeta, letterato, pubblicista russo (Pietroburgo 1792 - Baden-Baden 1878), amico di Pùškin e dei grandi letterati del suo tempo. Non ha dedicato uno studio particolare a D., ma nei suoi scritti sono frequenti i riferimenti alla persona e all'opera dantesca, anche se manca una presa di posizione personale. Fin dal 1819 conosceva una versione francese della Commedia, e auspicava che il poeta K.N. Bàtjuškov, durante un suo soggiorno a Napoli, ne curasse una in russo. Nel 1826 cita nel secondo capitolo del poemetto Koljaska (" La Carrozza "), intitolato Stancija (" La stazione di posta "), i versi danteschi Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria: è probabile quindi che abbia acquistato a Varsavia (1818-1821) un esemplare della Commedia in lingua originale. Nello stesso poemetto ricorda la musica dell'Otello di Rossini e crede di sentirvi " la tristezza e la profondità di Dante ".
L'accostamento di D. alla musica italiana ricorrerà spesso nel suo pensiero: con Musset è convinto che nessun poeta abbia saputo meglio di D. avvicinarvisi. Durante i soggiorni a Firenze, Roma (1834-35) e Venezia (1853-54) leggeva D. con la guida di un insegnante; a Venezia commentava anche le singole terzine, con riferimenti al mondo classico, e mettendo a confronto la tecnica di versificazione di D. con quella della poesia russa in generale. La sua conoscenza dell'opera dantesca non supera i limiti della cultura generale propria degl'intellettuali russi del tempo; però la sua preparazione e ispirazione gli permisero di gustare pienamente il simbolismo carico di significato dell'opera dantesca. In una poesia, in cui rievoca un incendio sul Mar Egeo, chiede al " pittore dell'Inferno " di prendere " il pennello " per renderne i colori violenti, e nel 1864 ricorda l'esilio di D. in alcuni versi dedicati a Verona.
Bibl. - D. Jazykov, P. V., Mosca 1904; A. Ginsburg, V. literator, in Russkaja proza, a c. di B. Eichenbaum e J. Tynjanov, Leningrado 1926.