Vedi PETRA dell'anno: 1965 - 1996
PETRA (Πέτρα)
Centro nella Transgiordania meridionale, in origine capitale del regno nabateo e della provincia romana di Arabia; dagli Arabi era chiamata Wadi Musa (Valle di Mosè).
Le prime abitazioni del luogo risalgono alla prima Età del Ferro (dal XII al X sec. a. C.), come si rileva dal ritrovamento di ceramica sul culmine della roccia Um el-Biyara, alta 1160 m. Il fenomeno, per cui questo primo centro abitato sorgeva su una montagna quasi inaccessibile, che serviva come luogo di rifugio, ha fatto sì che alcuni studiosi identificassero P. con la biblica Sela (cioè "la Roccia", la cui traduzione greca è appunto Pètra); Giuseppe Flavio d'altra parte (Antiq., iv, 161) identificò P. con Rekem, ed è questa la tesi oggi generalmente accettata. L'importanza di P. è legata all'occupazione nabatea della regione, avvenuta nel periodo persiano. I Nabatei scolpirono nella roccia scalini che conducevano sino alla cima dell'Um el-Biyara, da cui essi resistettero al tentativo di conquista da parte di Antigono nel 312 a. C. La scelta di P. come loro capitale fu motivata da ragioni di sicurezza; essendo infatti la valle nascosta tra le montagne, con pochi e facilmente controllabili accessi, costituiva un sicuro rifugio delle ricchezze che essi avevano accumulato col commercio carovaniero, e un buon magazzino per le loro merci. Senza alcuna difficoltà fu costituita una via di accesso al Mar Rosso, che sboccava ad Elat (v.), e si istituirono comunicazioni con l'Arabia Felix e la Mesopotamia, mentre la strada del Negev verso Gaza dava la possibilità di sbocco al Mediterraneo. Date queste circostanze, P. divenne rapidamente la capitale del regno nabateo, mentre le immense ricchezze ivi accumulate servivano per l'erezione degli edifici pubblici e privati, e l'escavazione di numerosissimi monumenti nel corpo stesso della montagna. L'occupazione romana e la istituzione nel 106 d. C. della provincia di Arabia, rallentarono la sua evoluzione, ma non l'interruppero; nel III sec. d. C., tuttavia, con il trasferimento della capitale della provincia a Bostra (v.) e il fiorire di nuovi centri carovanieri (Philadelphia-Amman, Gerasa, e soprattutto Palmira), l'importanza di P. andò man mano diminuendo, sebbene Adriano l'onorasse ancora del titolo di metropoli. Nonostante ciò, P. continuò ad essere un centro importante, sede di un vescovo e, dopo la riorganizzazione effettuata da Diocleziano, capitale della provincia Palaestina III. Dopo la conquista araba, P. decadde completamente, sebbene fosse ancora abitata e fortificata dai Crociati con nome di Li Val Moyse. Le sue rovine vennero alla luce nel 1812; parte degli scavi furono compiuti tra il 1929 e il 1935. Nel 1955 gli scavi sono stati ripresi dagli Inglesi.
Il luogo in cui sorgeva P. ha la forma di un anfiteatro, racchiuso da alte rocce scoscese, e misura 1000 m da E a O, e 500 da N a S. Il letto del fiume ora chiamato Wadi Musa attraversa la località e, con i suoi affluenti, delimita una bassa cresta, che era quella su cui sorgeva la città vera e propria. I picchi che la circondano (e che a occidente e oriente raggiungono l'altezza di 300 m), vennero adibiti a tombe e ad abitazioni scavate nella pietra. Sulla sommità delle rocce circostanti erano situati alcuni luoghi di culto, dedicati ai varî dèi dei Nabatei (Dushara, Allat, ecc.), oltre ad alcuni triclinia all'aria aperta, e naturalmente ad alcuni fortini da cui si sorvegliavano le vie di accesso alla città. In realtà P. era un posto estremamente sicuro, dato che l'unico accesso facile era ad oriente, e consisteva in un angusto letto di torrente disseccato, racchiuso tra rocce alte sino a 80 m; questo passaggio, ora chiamato Siq, è lungo 4 km; nei tempi antichi le sue acque erano in parte convogliate in una galleria scavata nella roccia e lunga 70 m e venivano parzialmente usate per l'acquedotto cittadino costruito lungo il corso del fiume. Il Siq quindi poteva servire come strada e, in effetti, era stato pavimentato. In varî punti di esso c'erano caravanserragli e spazi riservati all'accampamento delle carovane in arrivo. A circa metà strada del Siq c'era una tomba scavata nella roccia e detta Khazneh (casa del tesoro); il contrasto tra la facciata rosa della tomba e il tenebroso Siq è impressionante. La facciata del Khazneh è alta 40 m e larga 25; è divisa in due piani, di cui quello inferiore è costituito da un portico a frontone, con sei colonne alte m 12,65. Tra le due coppie di colonne esterne c'è una scultura a rilievo rappresentante alcuni corridori. Il disegno del fregio consiste in un paio di grifoni affrontati, e tutto il frontone è completato da una decorazione a volute; negli angoli dell'architrave sono leoni con funzione di acroterî. Il secondo piano è diviso in tre parti: nel centro una thòlos rotonda, con un tetto conico sormontato da un'urna; di fianco ad esso due semi-frontoni (ciascuno retto da due colonne). Nelle nicchie sotto alla thòlos e nei lati, vi sono rilievi rappresentanti figure femminili; come acroterî, nel piano superiore vi sono aquile. L'interno della tomba ha un vestibolo (di 14 m × 6, e alto m 12,65), e dietro di esso una stanza centrale a cui si accede per mezzo di otto scalini. La sala è un cubo col lato di 12 m, con tre loculi sui lati. Altre due tombe (ciascuna di m 9 × 7), fiancheggiano il vestibolo; una di esse ha un loculo lungo m 2,60 e largo 1,40. Dopo il Khazneh, il Siq conduce al più grande dei due teatri del luogo; è tutto ricavato dalla roccia, con 33 scalini e una capacità di 4000 posti a sedere. Da questo punto, ecco aprirsi la valle di P.; nel suo centro sorge la collina ora chiamata el-Habis, che era l'acropoli della città; dai piedi di essa partiva un muro che comprendeva tutti gli edifici pubblici. Quello che è oggi il letto del Wadi Musa era allora la strada principale, che si iniziava presso una piscina per i bagni annessa ad un ninfeo, e con un altro ninfeo che tagliava la strada. Più oltre, erano tre caravanserragli (rispettivamente denominati Mercato Superiore, Medio e Inferiore), con negozi allineati lungo i lati della strada. Il Mercato Inferiore era tagliato dal palazzo reale, oltre cui era il ginnasio, di faccia a un grande tempio centrale. Qui la strada era interrotta da un arco trionfale (largo 17 m, a tre fornici larghi rispettivamente m 2,10-3,50-2,10). La strada si prolungava, dopo le terme pubbliche, come una piazza pavimentata, alla cui estremità era il tempio ora detto Qasr Far῾un (Castello del Faraone). Questo edificio presenta un porticato con quattro colonne, un'unica entrata che conduce in una sala con tre santuarî, ai quali si accede per mezzo di scalini, all'estremità opposta; il santuario centrale aveva una doppia scalinata e terminava con un sancta sanctorum circondato da colonne incastrate nella parete stessa. La facciata esterna dell'edificio, che misura 32 m, aveva una decorazione di pilastri e in alto un fregio dorico. Le rocce che circondano l'area della città furono adibite sia ad abitazione che a tombe; tra queste ultime le più importanti sono state ricavate dalla massiccia pietra dell'el-Khubtha, a occidente della città vera e propria; nella parete del Gebel ed-Deir, a N-E della città, era stato invece scavato un tempio, dalla facciata larga 49 m e alta 39. La sua decorazione è simile a quella del Khazneh, ma più elaborata: il piano inferiore è fiancheggiato da pilastri e ha otto colonne, sovrastate da due nicchie ad arco, e una porta a frontone nel centro; questa porta introduce in una stanza quadrata dal soffitto di roccia e con un altare nella parete di fondo. Nel piano superiore, la facciata, che ha funzione puramente decorativa, presenta, oltre alla thòlos del centro e al frontone spezzato, due pilastri agli angoli, mentre un fregio dorico attraversa tutta la fronte. Di stile simile sono la facciata della Tomba del Palazzo, con quattro aperture, alternate ad arco e a frontone, e un ordine di piccole colonne nel piano superiore; la Tomba Corinzia, con un piano intermedio più piccolo, ecc. Gli altri monumenti di P. sono case scavate nella roccia, spesso costituite da una grande stanza con colonne e nicchie nei lati e un triclinio rialzato nel centro; alcune di queste abitazioni sono dipinte con affreschi a tralci di vite e altre piante. Ci sono anche triclini all'aria aperta, ricavati dalla roccia, sulla sommità dei picchi circostanti, sculture a rilievo (di cui una rappresenta un leone, un'altra due uomini che conducono un cammello dirigendosi verso un altare), e molti rilievi su obelischi dedicati a Dushara, con iscrizioni relative. Di grande interesse sono alcuni luoghi di culto trovati sulla montagna Zibb el-Atuf e en-Nimr. Il primo presenta due obelischi tagliati dalla roccia, a 30 m l'uno dall'altro, e una grande piattaforma (bamāh) con un altare, oltre ad una cisterna e ad un pozzo. Dato il carattere duraturo del loro materiale, questi resti sono molto istruttivi per la nostra conoscenza dei luoghi di culto cananei posti su alture. (Per i caratteri generali dell'arte di P. v. nabatea, arte).
Bibl.: R. E. Brünnow - A. Domaszewski, Die Provincia Arabia, I, Strasburgo 1904; G. Dalman, Petra und seine Felsheiligtümer, Lipsia 1908; id., Neue Petra Forschungen, Lipsia 1912; W. Bachman, G. Watzinger, T. Wiegand, Petra, Berlino 1921; A. Kennedy, Petra, Londra 1925; A. Kammerer, Pétra et la Nabatène, Parigi 1929-1930; M. Rostovtzeff, Caravan Cities, Oxford 1932; G. e A. Horsfield, Sela-Petra, in Quarterly of Department of Antiquities Palestine, VII-IX, 1938-1942. Sugli ultimi scavi di P.: P. J. Parr, in Palestine Exploration Quarterly, XCI, 1959, pp. 106-108; D. Kirkbride, in Annual of the Department of Antiquities Jordan, IV-V, 1960, pp. 117-22; P. C. Hammond, in Bull. Amer. Schools Orient. Research, CLIX, 1960, pp. 26-31; G. R. H. Wright, in Palestine Exploration Quarterly, XCIII, 1961, pp. 8-37; P. Parr, in Revue Biblique, LXIX, 1962, pp. 64-79. Sul teatro romano: Ill. Lond. News, 25-V-1963, p. 804.