PETROGENESI (dal gr. πέτρος "pietra" e γένεσις "generazione")
La formazione delle masse rocciose può accadere in due modi distinti.
1. Consolidazione dei magmi (origine endogena: rocce eruttive; per la giacitura, per la loro composizione mineralogica, per la costituzione chimica e rappresentazione di questa mediante formule magmatiche o diagrammi, per la struttura e per la classificazione, v. eruttive, rocce).
Le rocce eruttive sono costituite da materiali autigeni, originatisi cioè nel luogo dove ora li riscontriamo, e sono in forma di masse di dimensioni e di forma variabili effuse alla superficie della terra o intruse nella profondità degli strati. Non sono mai limitate nella loro parte inferiore da una superficie continua, ma presentano sempre una radice che riempie il canale di ascesa dai serbatoi magmatici profondi.
2. Disfacimento meccanico o dissoluzione parziale di rocce preesistenti (origine esogena: rocce sedimentarie). I materiali di disfacimento si depositarono come sedimenti in seno alle acque (depositi marini, lacustri, fluviali), o in seno all'atmosfera (depositi eolici). Il loro carattere morfologico è la giacitura in strati successivamente sovrapposti. Il materiale di disfacimento è materiale allotigeno; se nelle rocce sedimentarie si riscontra materiale autigeno, questo è prodotto dalla cristallizzazione o dalla precipitazione di sostanze disciolte, o dall'accumulazione di spoglie di organismi fissatori di tali sostanze.
Dall'una o dall'altra di queste due grandi categorie deriva per metamorfismo il terzo gruppo di rocce, gli scisti cristallini. Si chiama metamorfismo la profonda modificazione della composizione mineralogica e chimica e della struttura delle rocce eruttive, o di quelle sedimentarie, per processi di natura termica, chimica e meccanica (v. metamorfismo; scisti cristallini).
Il problema fondamentale della petrogenesi rimane quindi quello dell'origine delle rocce protogene, cioè delle rocce eruttive; problema che si riassume nella provenienza dei magmi eruttivi, nei processi fisico-chimici della loro consolidazione, nella loro differenziazione, nell'ordine di cristallizzazione dei minerali, che in definitiva vengono a costituirle.
Possiamo trarre qualche lume sulla provenienza e origine dei magmi eruttivi dall'osservazione dei fenomeni vulcanici, quali si svolgono attualmente alla superficie della terra. Naturalmente tali osservazioni, appunto perché limitate alla zona superficiale della litosfera, possono fornire soltanto un'idea indiretta e incompleta dei fenomeni che si svolgono in profondità.
Dalle tante e spesso contrastanti ipotesi sulla provenienza dei materiali vulcanici, sulla forza che fa traboccare o proiettare all'esterno materiali solidi, fluidi o gassosi (v. vulcano) possiamo trarre alcune nozioni fondamentali di una evidenza assoluta. Prima fra tutte quella dell'esistenza nel sottosuolo, a profondità più o meno grandi, di serbatoi nei quali sono raccolti magmi fluidi a elevate temperature. Che questi derivino dalla zona magmatica immediatamente sottostante alla litosfera è verosimile, ma che siano con essa ancora in diretta comunicazione è poco probabile. Si oppongono a tale presunzione lo spessore troppo grande di litosfera che il magma eruttivo dovrebbe attraversare, la differenza, spesso notevolissima, di natura chimica e mineralogica fra i prodotti di due vulcani vicini e fra i prodotti stessi dello stesso vulcano, in fasi di eruzione molto distanziate nel tempo, la contemporaneità delle eruzioni di lave diverse da due vulcani vicini. Vi sono dunque grandi probabilità per l'esistenza di focolari eruttivi periferici originariamente in comunicazione con la zona magmatica profonda, ma oggi da essa, e fra loro, divisi. Da questi focolari provengono i magmi liquidi che si espandono alla superficie terrestre o fanno intrusione in cavità dell'interno della litosfera, raffreddandosi più o meno rapidamente e consolidandosi per formare le rocce eruttive.
Dei componenti fissi, cioè poco volatili, dei magmi che restano a far parte della roccia abbiamo visto la natura e la distribuzione qualitativa e quantitativa (v. eruttive, rocce): se si tiene conto poi dei componenti volatili o gassosi a temperatura ordinaria, che sono originariamente contenuti nel magma e se ne liberano durante la consolidazione, si può dedurre che un magma è una soluzione mista assai complessa e che fra la composizione chimica, quale risulta dall'analisi della roccia, e quella originaria del magma da cui proviene, il divario è abbastanza grande. Per questa complessità, per la presenza di componenti volatili, per l'ignoranza in cui siamo di molte delle condizioni nelle quali accade il raffreddamento dei magmi, specie di quelli intrusivi, il metodo di studio chimico-fisico degli equilibrî in un sistema di due o tre componenti allo stato di fusione secca, che è del resto l'unico che possa aprire la via a una conoscenza veramente scientifica dei fenomeni di petrogenesi, può, in modo soltanto approssimato e in via del tutto generica, darei una spiegazione di questi fenomeni.
Il noto semplicissimo schema di cristallizzazione di un sistema primario, ci può fornire dei principî fondamentali assai importanti per la conoscenza della consolidazione dei magmi. Il caso più semplice è nella supposizione che i due componenti non siano miscibili, né capaci di dar luogo a combinazioni fra di loro. Dal diagramma di stato di questo caso (fig. 1), p. es. quello di una lega binaria metallica piombo-antimonio (v. leghe), si ricava che l'ordine di cristallizzazione degli elementi non dipende solamente dalla loro temperatura di fusione, ma anche dalla composizione del magma in seno al quale si consolidano. Da ciò deriva che l'ordine di formazione dei minerali delle rocce non è, come si potrebbe troppo leggermente supporre, l'ordine inverso della fusibilità.
Un diagramma abbastanza semplice è quello che rappresenta il sistema diopside-anortite (fig. 2). Altro principio tratto dallo studio dei sistemi binarî è che una miscela binaria, la cui composizione non sia quella dell'eutectico, non ha un punto di fusione definito e che la consolidazione di una stessa specie di cristalli avviene non a una temperatura determinata, ma lungo un intervallo talora anche abbastanza lungo fra due temperature. Una roccia, quindi, che sia costituita, come è il caso più frequente, da più di un minerale non ha un punto di fusione definito. Un miscuglio eutectico, pur avendo una composizione definita, non è una combinazione; non corrisponde a un rapporto intero di atomi, e non ha omogeneità. Si sa inoltre che la posizione del punto eutectico è influenzata dalla pressione: lo stesso bagno F per una certa posizione dell'eutectico E farà cristallizzare inizialmente il corpo A e per un'altra posizione E′, inizialmente il corpo B (fig. 3). Se ne ricava in petrogenesi che a seconda della profondità del magma e della pressione a cui conseguentemente è sottoposto l'ordine della cristallizzazione dei componenti può essere rovesciato.
Una divergenza del comportamento normale si può avere, pur nel caso semplicissimo di un sistema a due componenti, se si verificano fenomeni di soprafusione o di ritardo della cristallizzazione: questi fenomeni si osservano spesso nella fusione artificiale del feldspato ed è probabile che si producano frequentemente nella formazione dei silicati naturali.
Altre considerazioni importanti si possono trarre dal confronto con un diagramma di stato a tre componenti (fig. 4). Si sa che in questo caso si ottiene un punto eutectico ternario, che è inferiore ai tre punti eutectici binarî dei tre componenti a due a due. Ne deriva che i periodi di cristallizzazione dei diversi minerali del magma non sono successivi, ma almeno in parte contemporanei. Che in questo caso, ancora assai semplice in confronto alla complessità dei magmi naturali, la formazione di minerali sia già molteplice e complessa è dimostrato da numerose esperienze. Una delle fondamentali è quella di D. F. Day su miscugli di Al2O3, CaO e SiO2 nei quali egli ha riconosciuto ben 16 eutectici ternarî, riuscendo a stabilire le condizioni di equilibrio di ben 14 minerali che a questo sistema si ricollegano.
Il diagramma di stato assume una maggiore complicazione quando i componenti possono dar luogo a combinazioni fra di loro. Questo caso è certamente più frequente nei magmi naturali. Nell'ipotesi più semplice il diagramma è rappresentato schematicamente nella figura 5. A seconda della composizione della massa fusa si avranno nello stato pastoso, o cristalli di uno dei componenti A, o cristalli dell'altro B, o cristalli di una loro combinazione AB2: allo stato solido si formeranno, secondo la composizione iniziale della massa fusa omogenea, uno dei due eutectici (combinazione e un componente, combinazione e altro componente) insieme con cristalli dell'uno o dell'altro componente o della combinazione.
Da un diagramma di stato di questo tipo si ricava anche una conseguenza teorica molto importante nello studio delle rocce, ed è quella che una differenza poco notevole nella composizione della massa fluida può avere una ripercussione molto sensibile nell'ordine di consolidazione e nella natura stessa dei minerali che cristallizzano dal magma. Nel diagramma sopra riportato il punto massimo C rappresenta una separazione ben distinta: a sinistra di C la cristallizzazione marcia verso E, a destra verso E′: nel primo caso uno dei costituenti manca nei prodotti di secrezione, nel secondo caso manca l'altro. E così accade che la consolidazione di magmi, che ben poco differiscono nella composizione chimica globale, possa generare delle rocce molto differenti dal punto di vista mineralogico. Nei sistemi binarî naturali entrano a determinare in definitiva l'uno o l'altro minerale altre condizioni, quali ad esempio quelle della possibilità di combinazioni in proporzioni diverse dei due componenti, della stabilità o meno di un dato composto a seconda della temperatura, ecc. Poniamo il caso di un sistema binario relativamente semplice e frequente, data la composizione chimica dei magmi eruttivi: il sistema MgO-SiO2. Le combinazioni che si possono formare sono due, l'ortosilicato Mg2SiO4 (forsterite; v.) e il metasilicato MgSiO3 (enstatite; v.); alla loro volta i componenti cristallizzano, la magnesia come periclasio (v.), e la silice in una delle sue fasi cristalline. Il diagramma (fig. 6) rappresenta in modo chiarissimo queste varie condizioni nei relativi campi di stabilità.
Più complicato è il caso dei sistemi ternarî con possibilità di combinazioni fra due componenti. Non è il caso di seguirlo dal punto di vista teorico.
Fra i casi che c'interessano bisogna annoverare quello del punto di fusione incongruente. Vi sono dei composti che prima di fondere si decompongono. Il diagramma rappresentativo è quello della figura 7. Fra A e B si può formare un composto definito AB con punto di fusione c: ma il composto in fatto non si forma, peiché a una temperatura inferiore, d nel nostro esempio, il composto si scinde. Al disotto di d il composto può cristallizzare, al disopra no. F. Fouqué e A. Michel-Lévy, C. Doelter e altri hanno constatato che molti minerali fondendo dànno una scissione incongruente, senza che sia possibile reversibilità: l'orneblenda fusa dà per raffreddamento augite e magnetite, o augite e olivina, o miscela dei tre: una miscela di biotite e microclino genera, dopo fusione, una miscela di leucite, di olivina e di magnetite: e altri esempî si potrebbero citare. Da tali osservazioni si deduce che nella solidificazione di un magma complesso si possono formare e in seguito scomparire certe specie minerali che vengono sostituite da altre. Questi falsi equilibrî sono testimoniati dai fenomeni di riassorbimento magmatico tanto comuni.
Caso assai frequente, data l'estensione grande e molteplice delle relazioni di isomorfismo fra composti naturali, è quello della miscibilità completa o parziale, allo stato solido dei componenti di un magma liquido. In tal caso non si depositano componenti puri, ma le loro miscele. Serva d'esempio la miscela di albite e anortite secondo D. F. Day e J. A. Allen il cui diagramma di consolidazione è rappresentato dalla fig. 8. Dal raffreddamento di un bagno di composizione m si separano cristalli misti di composizione corrispondente al punto b, cioè più ricchi in anortite del magma, il quale di conseguenza si arricchisce in albite. Rimanendo fissa la temperatura, i cristalli misti e il magma rimangono in equilibrio nello stato pastoso: ma, diminuendo questa, i punti rappresentativi della costituzione del magma, discendono secondo la curva verso C e i cristalli misti preformati si ridisciolgono e sono sostituiti successivamente da altri, le cui composizioni sempre meno ricche di anortite sono rappresentate dalla curva inferiore. Alla temperatura e corrisponde la composizione f, cioè quella del bagno iniziale e al disotto di questa tutta la massa solidifica con la composizione iniziale. Ma accade che, se la temperatura discende non troppo lentamente, i cristalli prima formatisi, in causa della grande viscosità della massa, non sono riassorbiti, o lo sono solo parzialmente e in tal caso si mostrano corrosi (il fenomeno molto espressivamente si definisce come corrosione magmatica); ovvero, ed è il caso più frequente, un nuovo deposito di composizione diversa, riveste il primo e altri successivamente, così da determinare la struttura zonata per accrescimento isomorfo. E quel che accade per i feldspati si ripete anche per altri minerali costituenti le rocce, come pirosseni, anfiboli, ecc. Le condizioni nelle quali avviene la cristallizzazione influiscono come si vede sulla natura del prodotto. Con un raffreddamento molto rapido nessuno dei cristalli, che successivamente si formano, viene a sparire e si costituisce invece un conglomerato di cristalli di diversa natura: da quelli di composizione b fino ad altri molto più vicini alla composizione dell'albite. L'esempio citato mostra così che corpi difficilmente fusibili possono solidificare insieme con altri che lo sono assai di più.
Altri fenomeni di petrogenesi sono in relazione con la variazione della miscibilità secondo la temperatura, come è stato dimostrato da G. Tammann. Così un raffreddamento è capace di produrre lo smistamento o smescolamento della soluzione solida. Una soluzione solida stabile ad alta temperatura di feldspato sodico nel feldspato potassico si trasmuta per rafíreddamento in una miscela meccanica - talora regolarmente orientata dei due: è il caso della pertite e delle micropertiti (v. feldspati). Forse il color rosso di certi feldspati è dovuto a separazione di Fe2O3 dapprima disciolto.
Componenti volatili dei magmi. - Il considerare i magmi delle rocce in alcuni casi semplicissimi come bagni secchi di fusione è cosa puramente teorica, ed è ben lungi dallo spiegare in modo completo e preciso il complesso fenomeno della petrogenesi.
Si possono trarre da siffatta supposizione soltanto alcuni fili conduttori nell'interpretazione di alcuni fenomeni. Essa è ben lungi dal rappresentare il fenomeno naturale, in quanto si tratta nei magmi, non di bagni secchi, ma di masse fuse impregnate anzitutto d'acqua e poi di gas e composti volatili. Dal punto di vista fisico-chimico un bagno di fusione ignea non presenta differenze essenziali da una soluzione e l'acqua stessa, che ha il suo punto di consolidazione a 0°, può essere considerata un prodotto di fusione. L'esistenza nei magmi di composti volatili ci è direttamente rivelata dalle emanazioni gassose delle eruzioni vulcaniche (v. fumarola; vulcano). Le esalazioni vulcaniche si possono raccogliere direttamente e sottoporre ad analisi. Sia la raccolta, sia l'analisi presentano difficoltà tecniche considerevoli, ma che sono state superate. In modo indiretto e forse più facile, ma con risultati incompleti si può determinare la natura dei componenti volatili del magma, sottoponendo a riscaldamento, come ha fatto il vulcanologo svizzero A. Brun (v.), le rocce eruttive già consolidate. Con l'uno o con l'altro metodo si è constatata la presenza, fra questi componenti volatili, del vapor d'acqua, dell'idrogeno, dell'azoto, dell'ossigeno, del protossido e del biossido di carbonio, dell'idrogeno solforato, dell'anidride solforosa, dell'acido cloridrico, del metano, dell'ammoniaca, di combinazioni del boro e del fluoro, di gas rari come elio, ecc. La presenza nel magma di questi elementi modifica molto quegli equilibrî a cui abbiamo accennato, e la loro influenza si manifesta col precipuo fattore della pressione che esercitano, determinando un aumento di mobilità delle molecole e una diminuzione della viscosità del magma a favore della segregazione cristallina. Certi minerali delle rocce possono cristallizzare per raffreddamento di un bagno secco e altri, al contrario, non si possono ottenere allo stato cristallino, se non con l'intervento di composti volatili: pirogenetici sono detti i primi e comprendono la tridimite, l'anortite, i plagioclasî più ricchi in calcio, la leucite, la nefelina, la melilite, i pirosseni (eccettuata l'egirina), l'olivina; idratogenetici gli altri come, fra i principali, il quarzo, l'ortoclasio, l'albite, la maggior parte degli anfiboli, le miche, i granati (eccettuata la melanite), la tormalina, la sodalite.
Una roccia formata interamente di minerali idratogenetici e senza sostanza vetrosa si è trovata verosimilmente, durante tutta la durata della sua cristallizzazione, in presenza di una quantità sufficiente di elementi volatili.
Gli elementi pirogenetici sono gli elementi caratteristici di rocce basiche e quelli idratogenetici, in genere, delle rocce acide. Ne deriva che, a grande profondità, dove gli elementi volatili non possono agevolmente sfuggire, le rocce acide cristallizzino a temperature inferiori, mentre alla superficie per la rapida eliminazione della parte volatile esse possano dare una massa vetrosa e far consolidare la silice come tridimite. Le rocce basiche, al contrario, possono cristallizzare facilmente anche negli strati superficiali, perché la presenza di elementi volatili non è condizione essenziale per la loro cristallizzazione. Per la loro azione sulla cristallizzazione dei magmi le sostanze volatili del magma sono state paragonate ai fondenti e sono anche denominate agenti mineralizzatori, in quanto facilitano la formazione di minerali cristallizzati e reagiscono con gli elementi rari del magma stesso ponendoli in circolazione sotto varie forme di combinazione e concentrandoli talora nelle parti periferiche delle masse eruttive. A queste parti periferiche che per la presenza degli elementi volatili rimangono fluide a temperature relativamente basse e sono le ultime a consolidare (masse isterogenetiche) appartengono le pegmatiti (v.), caratteristiche per la presenza di minerali rari, o poco comuni, per la perfetta cristallinità, anzi per la mole sempre considerevole e spesso gigantesca dei loro cristalli. Agli agenti mineralizzatori si devono i fenomeni pneumatolitici (v. pneumatolisi), i fenomeni pneumoidatogeni (v. minerarî, giacimenti) e anche quelli idrotermali dovuti, in parte almeno, alle acque giovanili condensatesi dai vapori del magma (v. sorgenti termominerali).
Differenziazioni dei magmi. - Mentre si può ritenere probabile una origine prima comune e unica dei magmi, le rocce, come noi le osserviamo, presentano una grande varietà di composizione mineralogica e chimica. Si deve dunque ammettere che da un magma originariamente unico si siano potute formare masse di costituzione diversa. È ciò che si dice differenziazione del magma. Come questo possa avvenire sarà qui esposto in modo molto sintetico.
A darci un'idea in linee molto generali di questa differenziazione può contribuire la storia del nostro pianeta, quando la materia che lo costituiva doveva essere ancora allo stato di dissociazione e veniva formandosi, in un primo tempo, una ripartizione degli elementi in ragione del loro peso specifico. Ma senza ricorrere a questo motivo di spiegazione troppo generico e limitandoci all'ipotesi di un magma unico già costituito, troviamo un fattore principale di differenziazione nell'abbassamento di temperatura la quale influisce sulla miscibilità dei componenti, e sulla pressione osmotica determinata da differenze di temperatura nelle varie parti dello stesso magma. Per il principio di Ch. Soret le sostanze disciolte si spostano verso le zone fredde in quantità proporzionale alla differenza di temperatura.
Spesso è notevole la differenza di costituzione che constatiamo in certi massicci di rocce abissali, che derivarono certamente da un unico focolaio sotterraneo. Lo stesso vulcano o lo stesso sistema di vulcani ha emesso nei successivi periodi della sua attività colate laviche spesso molto diverse. È particolarmente istruttivo l'esempio dei massicci di gabbro (v.). Spesso accanto ai gabbri normali costituiti da plagioclasio e diallagio, con o senza olivina, si trovano differenziazioni, in forma sovente filoniana, di plagioclasiti, o, al contrario, di rocce ultrabasiche con diallagio e olivina, e poverissime in feldspato, o anche concentrazioni di elementi accessorî, come apatite.
In altri casi la differenziazione porta alla formazione di due minerali in condizioni simili a un miscuglio eutectico, come la massa fondamentale intimamente costituita di quarzo e feldspato di molti porfidi quarziferi.
Con la differenziazione, in fase tuttora liquida del magma e, come è naturale, senza distacco netto dei fenomeni, ma per gradi, incomincia la separazione di cristalli dal magma puro: è quella che si può chiamare l'individuazione cristallina.
Qui entrano in giuoco le leggi di chimico-fisica che abbiamo ricordate. Quando cioè la temperatura si abbassa a un certo grado, che dipende principalmente dalla composizione del magma, incomincia la solidificazione di una parte di esso. Si deve perciò tener presente che un magma non ha un punto definitivo di solidificazione: che cioè questa si compie entro certi limiti di temperatura, fra i quali cristalli segregati e soluzione madre possono coesistere in proporzioni variabili secondo la solubilità corrispondente in ogni caso. Il che è quanto dire che un determinato minerale può segregarsi da una massa fusa a differenti temperature, comprese entro certi limiti. Il processo tutto di raffreddamento del magma va considerato come un adattamento alle condizioni di ambiente. Di regola deve sussistere, per ogni temperatura, un certo equilibrio determinato dalla natura e dalla quantità dei cristalli che si separano dal magma. Di fatto ciò non si verifica che nel caso di raffreddamento assai lento e uniforme per tutta la massa. Perché, in condizioni diverse, mentre un raffreddamento locale determina individuazione di cristalli, un'elevazione pure locale di temperatura, che può facilmente essere determinata da correnti nella massa stessa, produce il fenomeno del riassorbimento parziale o totale dei cristalli. Un'ipotesi che si può concepire molto naturalmente, ma che è in effetti contraddetta dalle constatazioni di fatto, è quella di una separazione degl'individui cristallini in ragione del loro peso specifico e di quello del bagno liquido, con un fenomeno analogo a quello della precipitazione dalle soluzioni o della liquazione delle leghe metalliche. In realtà non è cosi e si constata nelle rocce eruttive, nella generalità dei casi, una ripartizione regolare di elementi di densità diversa. Si oppone certamente a una separazione per gravità la viscosità del magma: sebbene non siano rare concentrazioni siffatte di elementi pesanti, ad es. di solfuri metallici, nelle parti più profonde d'una massa eruttiva, come è frequente anche il caso di laccoliti con differenziazioni assai notevoli dalle parti superficiali più acide a quelle più profonde di natura basica.
La questione di interesse capitale, che è quella della temperatura iniziale di consolidazione dei magmi, può trovare alcune risposte indirette abbastanza significative. È facile ad esempio, con l'esame della struttura di una roccia, verificare quali minerali si siano consolidati per primi. Ora la considerazione molto semplice, che essi non possono essersi formati a una temperatura superiore a quella loro propria di fusione, porta a stabilire che l'inizio della consolidazione è avvenuto a questa temperatura, o a una anche più bassa: p. es. nei magmi sienitici sodici, nei quali uno dei primi elementi consolidati è l'egirina, che fonde a 900°, la temperatura iniziale dovette mantenersi intorno a questo limite, mentre nelle rocce leucitiche, a grandi elementi, s'iniziò la consolidazione a temperatura corrispondente a quella di fusione di questo minerale (circa 1400°). Così la presenza fra gli elementi di prima cristallizzazione di quarzo β esagonale, stabile come è noto entro certi limiti di temperatura, può servire a determinare la temperatura di consolidazione di uno o di un altro magma, al punto che il quarzo, con le sue fasi enantiotrope, costituisce uno dei cosiddetti termometri geologici.
L'osservazione delle sezioni sottili di rocce al microscopio è quella che decide dell'ordine di consolidazione dei minerali del magma. In un primo tempo fu il solo mezzo a nostra disposizione: in seguito anche le considerazioni fondate sulle leggi della chimico-fisica e le analisi termiche per lo studio di sistemi binari o ternarî dei componenti più comuni dei magmi servirono a dare una spiegazione scientificamente attendibile dei fenomeni osservati. Dall'osservazione microscopica, dunque, si ricava che nelle rocce granose di tipo intrusivo (graniti) i primi a consolidarsi sono alcuni elementi accessorî, ma quasi sempre presenti, cioè lo zircone, l'apatite, la magnetite, l'ilmenite; in seguito sono i minerali femici detti anche elementi colorati e infine i minerali sialici, feldspati in prevalenza, e per ultimo, il quarzo. Questa successione è dimostrata dai reciproci rapporti di forma fra gl'individui cristallini che vengono a costituire la massa granosa, dei quali i primi formati hanno una forma ben definita e sono in cristalli sviluppati regolarmente (idiomorfi), mentre i successivi sono venuti a contornarli e a racchiuderli, pur conservando in parte il proprio contorno poliedrico (ipidiomorfi) e via via fino agli ultimi, il quarzo in questo caso, costretto a occupare lo spazio irregolare residuo dopo le anteriori consolidazioni (minerali allotriomorfi).
Ma questo che è l'ordine regolare e più frequente di segregazione dei minerali dei magmi profondi e delle rocce intrusive anche non granitiche, comporta talora delle eccezioni molto rilevanti: tale è il caso dei diabasi (v.), dove il pirosseno è allotriomorfo rispetto al plagioclasio nettamente idiomorfo. E le eccezioni sono determinate da variazioni di pressione, di composizione chimica, specie se la composizione del magma sia prossima a quella di un eutectico, dalla presenza o meno di agenti mineralizzatori, ecc.
Nelle rocce effusive le condizioni di consolidazione del magma variano. Prima che il magma possa espandersi liberamente alla superfieie incomincia un'individuazione cristallina in profondità; si ha formazione di minerali della fase cosiddetta intratellurica, con cristalli talora nettamente idiomorfi e spesso di considerevoli dimensioni. Una volta all'esterno, pressione e temperatura variano bruscamente e si determinano altre condizioni di equilibrio: talvolta i cristalli preformati sono riassorbiti in tutto o in parte, gli agenti mineralizzatori sfuggono rapidamente, il magma diventa secco, si segregano dal magma, con minori dimensioni, cristalli dello stesso o di altro minerale e infine solidifica una massa microcristallina o anche, quando il raffreddamento è rapido e il magma molto viscoso, una massa vetrosa. Può talora il residuo raggiungere la composizione di un eutectico e cristallizzare come tale: siffatta origine si attribuisce alla massa fondamentale di quarzo e feldspato intimamente commisti, di taluni porfidi.
Torniamo ora alla differenziazione del magma quale si manifesta nell'eterogeneità delle rocce di uno stesso massiccio. Il fenomeno si presenta talora con parti disseminate, e come incluse, nella massa della roccia normale, parti che sono costituite da concentrazioni di minerali che nella roccia normale sono uniformemente diffusi: in genere sono minerali femici e le inclusioni sono di colore più scuro della massa della roccia (Schlieren dei Tedeschi; inclusi autigeni secondo la nomenclatura italiana). O, in scala più estesa, sono banchi alternanti chiari, per predominio di minerali sialici, e scuri, per predominio di minerali femici, che costituiscono l'ammasso roccioso. O, in più vasta scala ancora, si osserva il passaggio dall'alto al basso o in senso orizzontale, dal centro alla periferia, di rocce di costituzione chimica e mineralogica ben diversa. Sono graniti che passano a sieniti, dioriti che passano a noriti o a gabbri. Più di rado invece la massa periferica è la più acida.
Ma i fenomeni di differenziazione più spiccati sono quelli presentati dalle apofisi che partendo da una massa eruttiva massiccia la attraversano, oppur s'irradiano nelle rocce circostanti. Si tratta di veri e proprî filoni e la loro composizione, se talora corrisponde a quella media della massa (filoni non differenziati o aschisti), talora invece se ne discosta moltissimo (filoni diaschisti) con prevalenza di minerali sialici bianchi (filoni leucocrati, o di tipo aplitico), o di minerali femici colorati (filoni melanocrati o di tipo lamprofirico).
Le teorie sulle quali si può basare la spiegazione di così imponenti fenomeni di differenziazione, detta anche segmentazione magmatica, si riducono fondamentalmente a due: la teoria dei due magmi originali sovrapposti, il trachitico più acido e più leggero, il pirossenieo più basico e pesante, professata da R. Bunsen; la teoria della segmentazione di un unico magma primitivo in magmi parziali, affacciata per primo da H. Rosenbusch. Questi ammetteva sei tipi di magmi parziali miscibili fra loro, tranne i due estremi che sono, l'uno il foyaitico, composto unicamente di silico alluminati alcalini, l'altro il peridotico, composto essenzialmente di silicati di ferro e di magnesio.
Fondate sempre sul fenomeno della segmentazione, ma sopra base scientifico-sperimentale più solida, sono le teorie di W. C. Brögger e di I. P. Iddings: entrambe hanno per fondamento teorico il principio di Ch. Soret che abbiamo già richiamato: "se porzioni di una soluzione omogenea si trovano a temperature differenti gli elementi prossimi al punto di saturazione tendono a concentrarsi nelle porzioni fredde". Il magma dovrebbe per analogia considerarsi una soluzione di silicati basici in silicati acidi: la differenza di temperatura si dovrebbe determinare nella parte periferica a contatto delle rocce incassanti: i composti meno solubili, i più basici, dovrebbero concentrarsi alla periferia. Si deve però osservare che in seguito a ricerche moderne il coefficiente di diffusione in masse fuse, anche a 1500°, risulta assai piccolo e in conseguenza si ritiene che il movimento di differenziazione, specie in grandi masse, non debba considerarsi molto sensibile. Per Brogger una tale differenziazione si effettuerebbe entro bacini magmatici o laccoliti in comunicazione gli uni con gli altri: per Iddings si tratterebbe di un unico grande bacino chiuso in una zona a temperatura costante che passerebbe da uno stato stabile ad uno instabile, e quindi soggetto a fenomeni di differenziazione, in conseguenza dei grandi movimenti orogenetici. Gli esempî citati, di passaggi da un tipo un altro di rocce, mostrano spesso una differenziazione in situ, cioè nel luogo stesso di cristallizzazione e questa Brögger chiamò differenziazione laccolitica, per distinguerla da una differenziazione del magma in profondità. Michel-Lévy riprende la teoria di Bunsen e ammette l'esistenza di due magmi fondamentali: un magma ferro-magnesiaco, il peridotico di Rosenbusch, uno alcalino, il foyaitico e granitico dello stesso Rosenbusch. Li denomina scoria il primo, fumarola il secondo: scoria, in quanto costituirebbe la scoria della massa metallica prevalentemente di ferro delle parti più profonde del nucleo terrestre: fumarola, in quanto vi abbondano gli agenti mineralizzatori e vi esercitano su larga scala quelle azioni differenziatrici che abbiamo sopra descritte.
La teoria di Michel-Lévy non è forse accettabile in pieno, ma è certo che ricerche moderne tendono anch'esse a mettere sempre più in evidenza l'azione della parte volatile dei magmi, gas e vapori, che si espandono nelle parti superiori o periferiche del bacino magmatico dove la pressione è minore. Solo in tal modo si può spiegare la differenziazione spiccata delle parti periferiche di certi massicci rocciosi e delle loro apofisi filoniane.
Né del tutto da escludere, alla luce di moderne esperienze, sarebbe la differenziazione per gravità nelle masse magmatiche, specie negl'inizî della cristallizzazione e in magmi poco viscosi; per la quale differenziazione i primi cristalli formatisi, scendendo alla maggiore profondità, non si troverebbero più in equilibrio con la massa che li circonda e sarebbero riassorbiti. Ne deriverebbe così una differenziazione del magma in uno strato superficiale essenzialmente più acido. Senza che si possa stabilire una regola generale si può ritenere possibile una segmentazione per densità o liquazione soprattutto nei magmi originariamente ricchi in composti ferro-magnesiaci. E si può anche supporre che in qualche caso la differenziazione nel magma possa accadere per il fatto che i suoi componenti siano poco miscibili e lo sieno soltanto a temperatura elevata, con la conseguenza, durante il raffreddamento, di uno smescolamento, cioè di una separazione dei medesimi con un fenomeno analogo a quello di liquazione.
La spiegazione, se non è accettabile per la generalità dei casi, vale invece per la separazione e la concentrazione di minerali metallici (solfuri, ossidi, ecc.) in certe rocce eruttive.
Una causa infine di differenziazione alla quale dai petrografi si attribuisce importanza in grado molto diverso, ma di cui è necessario tener conto, è quella che si può definire della digestione da parte di un magma di blocchi o parti maggiori di rocce estranee preesistenti con le quali nel suo movimento sia venuto in contatto. Il corindone e altri silicati di alluminio, che formano elementi importanti di certe rocce, sembrano avere origine da una siffatta assimilazione di rocce argillose incluse e assorbite dal magma. Altrettanto si deve dire circa l'origine di calcite, che appare come elemento di segregazione magmatica primaria, in certe rocce, le quali avrebbero assimilato considerevoli quantità di calcari in condizioni di temperatura e di pressione tali da impedirne la dissociazione.
Appare da ciò che è stato esposto a quanto varie e quanto numerose cause possano farsi risalire i fenomeni di segmentazione magmatica. Anche in questo come in altri problemi di petrogenesi e di minerogenesi il progresso della sperimentazione chimico-fisica ha gettato e getterà ancora sprazzi di luce, ma la soluzione definitiva è ancora da attendere.
Bibl.: H. E. Boecke e W. Eitel, Grundlagen der physikalisch-chemischen Petrographie, Berlino 1923; R. H. Rastall, Physico-chemical geology, Londra 1927; W. Eitel, Physikalisch-chemische Mineralogie und Petrologie, Dresda e Lipsia 1925; I. P. Iddings, Igneous Rocks, New York 1909-13; L. De Launay, La science géologique, Parigi 1902.