PETROLIO
(XXVII, p. 32; App. I, p. 931; II, II, p. 530; III, II, p. 401; IV, II, p. 780)
I consumi. − La crescita dei consumi mondiali di p., che era stata una delle caratteristiche degli anni Sessanta, sul finire del 1973 subì una netta battuta di arresto per effetto della complessa serie di avvenimenti, definiti convenzionalmente come prima crisi energetica. Al conflitto arabo-israeliano del Kippur, agli eccezionali aumenti dei prezzi del greggio e dei prodotti petroliferi, alle misure di embargo nei confronti dei paesi considerati amici d'Israele, si accompagnarono altri eventi di grande rilievo che interessarono la struttura dell'industria petrolifera. I paesi produttori dell'OPEC, fino a quel momento esclusi dalle grandi decisioni relative all'assetto del mercato petrolifero internazionale, dominato dalle grandi multinazionali americane ed europee, divennero protagonisti puntando, almeno fino agli inizi degli anni Ottanta, a una politica di sostanziali aumenti dei prezzi del greggio. In questo nuovo contesto il p., pur rimanendo la fonte più importante, perderà progressivamente il ruolo di fonte egemone in tutti i settori d'impiego, che era andato assumendo negli anni Cinquanta e Sessanta con il progressivo spiazzamento del carbone negli usi industriali e nella produzione di elettricità.
Dal punto di vista quantitativo i consumi mondiali di p., dopo aver toccato nel 1973 un punto massimo con 2800 milioni di t, subirono una flessione sino a 2724 milioni di t nel 1975 per effetto degli aumenti dei prezzi del greggio e dei prodotti petroliferi e della recessione economica; la successiva fase di recupero venne interrotta bruscamente sul finire del 1979 a seguito della seconda crisi energetica, con lo scoppio della guerra tra ῾Irāq e Iran, due tra i principali produttori ed esportatori di greggio. La seconda crisi ebbe conseguenze ancora più profonde sul mercato petrolifero, sui prezzi del greggio, sulla struttura dei consumi energetici mondiali e sui consumi di p. che, dopo aver superato i 3100 milioni di t nel 1979, subirono un nuovo progressivo calo sino ai 2810 milioni di t del 1985. Solo negli ultimi anni, a seguito del favorevole andamento dell'economia mondiale e del netto ridimensionamento delle quotazioni del greggio, i consumi di prodotti petroliferi sono di nuovo in netto aumento. Il p., che rimane la fonte energetica più importante, dopo aver perso peso, da poco meno del 50% (1975) a meno del 40% (1988) dei consumi complessivi di fonti primarie a livello mondiale, sta consolidando la sua quota.
La dinamica dei consumi petroliferi presenta, comunque, andamenti notevolmente differenziati tra le varie aree economiche. Nei paesi OCSE − che assorbono oltre il 50% del p. mondiale − i consumi di p., dopo la flessione del 1975, hanno raggiunto il punto massimo nel 1980 con oltre 1800 milioni di t, per poi diminuire sino a 1590 milioni di t nel 1985, quando ha avuto inizio una nuova fase di sensibile recupero. Il peso di questa fonte sul totale dei consumi energetici dell'area, dopo aver superato ampiamente la soglia del 50% nel 1973, è sceso sino al 43%, livello intorno al quale tende a stabilizzarsi.
Nei paesi in via di sviluppo, inclusi i paesi OPEC, i consumi di p. già in espansione negli anni Sessanta hanno subito una fortissima accelerazione negli anni Settanta per l'avvio dei programmi d'industrializzazione e lo sviluppo della motorizzazione privata, soprattutto nell'ambito dei paesi OPEC che possono contare su un aumento sostanziale delle entrate connesse alle esportazioni di greggio. Gli impiegi di p. dei paesi dell'Est, finché l'economia è rimasta pianificata, sono risultati in aumento per far fronte alla crescente domanda di energia da parte dell'industria e dei trasporti. L'aumento più sensibile si è registrato comunque tra il 1975 e il 1980 (da 542 a 642 milioni di t), mentre negli anni successivi la crescita è stata più limitata, sino a 665 milioni di t nel 1988, per poi registrare forti diminuzioni.
La produzione. − La produzione mondiale di greggio, dopo la sensibile crescita degli anni Sessanta, ha subito nettamente i contraccolpi delle decisioni dei paesi OPEC in materia di produzione e di livelli di prezzo a partire dal 1973. Così, dopo la flessione del 1975 e il recupero della seconda metà degli anni Settanta, si è registrata una nuova sensibile flessione nella prima metà degli anni Ottanta, seguita da un successivo nuovo recupero. L'evoluzione nelle principali aree è di particolare interesse, in quanto riflette le conseguenze dei sostanziali mutamenti delle politiche petrolifere dei paesi produttori e dei paesi consumatori. Nell'area OCSE la produzione petrolifera in forte declino ha subito un netto cambiamento di tendenza nel periodo caratterizzato dall'ascesa delle quotazioni del greggio; non appena queste ultime hanno subito un tracollo (1986), i livelli produttivi dell'area hanno teso a stabilizzarsi per il venir meno dell'interesse economico all'attività di ricerca e sviluppo specialmente nell'area nordamericana, particolarmente sensibile al clima di mercato. Parallelamente, il grado di dipendenza dal p. d'importazione, che risultava pari a circa il 66% nel 1975 e al 62% nel 1980, ha subito una sensibile riduzione negli anni successivi per poi stabilizzarsi intorno al 54%.
La produzione di greggio dei paesi in via di sviluppo, in aumento sino al 1980, quando si sottostimava la reazione del mercato agli aumenti dei prezzi del greggio, ha subito un forte ridimensionamento nel periodo 1981-85, quando i paesi OPEC, e in particolare l'Arabia Saudita, si sono trovati costretti a ridurre i livelli produttivi per sostenere livelli di prezzo a cui non corrispondeva più un'adeguata domanda. Il trend si è invertito a partire dal 1986 con un drastico cambiamento di strategia da parte dell'Arabia Saudita, che ha puntato non più al mantenimento dei livelli di prezzo, ma all'aumento della propria quota di mercato. In questo nuovo contesto la produzione dei paesi in via di sviluppo, e in particolare quella dell'OPEC, ha ricominciato a crescere per portarsi a livelli di poco inferiori a quelli degli anni della prima crisi energetica.
Il profilo produttivo degli allora paesi a economia pianificata e del più rappresentativo, l'Unione Sovietica, risultava in netta ascesa nella seconda metà degli anni Settanta, e ciò sia per la necessità di alimentare il processo di sviluppo, sia anche per lo stimolo rappresentato dai maggiori introiti unitari delle esportazioni nette da questa area, come importante fonte di valuta pregiata. Nel corso del decennio successivo questo processo, nonostante l'entità delle risorse da valorizzare, soprattutto nell'Unione Sovietica, andò perdendo velocità per una serie di problemi tecnici e per le difficoltà di finanziare progetti di sviluppo in aree difficili e remote. Il collasso dell'URSS e la difficile transizione verso la CSI ha ulteriormente ridimensionato l'apporto produttivo di quest'area.
Le riserve. − Le riserve mondiali di p. agli inizi degli anni Novanta appaiono più consistenti di quelle censite all'inizio della prima crisi energetica; alla fine del 1987 le riserve provate sfruttabili con le attuali tecnologie ammontavano, secondo le valutazioni della World Energy Conference, a 123.600 milioni di t contro 78.545 milioni di t nel 1973. Questo significa che nell'arco di circa un ventennio, sia attraverso nuove scoperte, sia attraverso la rivalutazione con metodi più avanzati del potenziale produttivo di giacimenti noti, l'industria petrolifera è stata in grado non solo di reintegrare, ma addirittura di accrescere il patrimonio petrolifero mondiale. Progressi tecnologici e aumenti di prezzo del greggio sono stati gli elementi propulsori dell'attività di ricerca e sviluppo che si è estesa dalle aree tradizionali in terraferma alle zone più difficili: aree onshore e offshore a grande profondità, mari artici, con risultati promettenti per il futuro.
Dal punto di vista geografico il Medio Oriente detiene le maggiori riserve con 77,3 miliardi di t, seguito dall'America latina (15,8 miliardi di t), dagli ex paesi a economia pianificata (10,7 miliardi di t), dall'Africa (7,6 miliardi di t), dall'America del Nord (4,4 miliardi di t), dall'Asia (2,4 miliardi di t), dall'Australasia (0,2 miliardi di t). Nel 1973 le riserve del Medio Oriente erano pari a 41,7 miliardi di t, seguite da quelle dei paesi a economia pianificata (14 miliardi di t), dell'Africa (8 miliardi di t), dell'America del Nord (6,7 miliardi di t), dell'America latina (3,6 miliardi di t), dell'Asia (2,8 miliardi di t). Il paese attualmente dotato delle maggiori riserve è l'Arabia Saudita (22,7 miliardi di t), seguita dall'῾Irāq (13,6 miliardi di t), dagli Emirati Arabi Uniti (13,3 miliardi di t), dall'Iran (13,0 miliardi di t), dal Kuwait (12,7 miliardi di t), dai paesi della ex Unione Sovietica (8 miliardi di t), dal Venezuela (7,8 miliardi di t). Considerato che tutti i paesi sopracitati, con l'eccezione dell'ex URSS, appartengono all'OPEC, si ha un'idea del peso di questa organizzazione specie in una prospettiva di medio-lungo termine, quando le riserve degli altri paesi saranno prossime all'esaurimento.
Le riserve dei paesi in cui si concentrano i maggiori consumi petroliferi sono molto meno consistenti: nel Nord America, che pure detiene le maggiori riserve dei paesi industrializzati (4,4 miliardi di t), il rapporto riserve/produzione è, infatti, pari a circa 10 anni, mentre in Europa occidentale, dove le riserve sono pari a 2,5 miliardi di t, il rapporto è pari a circa 13 anni. Tutto ciò evidenzia la grande importanza del tema della cooperazione tra paesi consumatori e paesi produttori di greggio, anche per evitare il ripetersi di crisi e di repentini aumenti dei prezzi.
Le successive valutazioni delle riserve (1989) sempre da parte della World Energy Conference hanno sostanzialmente confermato sia le indicazioni sulla distribuzione geografica delle stesse sia la loro entità (oltre 120.000 milioni di t).
I prezzi. − La rivoluzione che ha interessato il settore petrolifero negli ultimi decenni è ben evidenziata dall'andamento del prezzo medio − su base annua − del greggio importato nei paesi dell'area OCSE, che costituisce il maggior mercato di sbocco del greggio commercializzato nel mondo. Questo valore, che risulta da una media di prezzi molto differenziati in relazione alla qualità dei singoli greggi e alle formule contrattuali tra paesi produttori e compagnie petrolifere, è passato da un valore di 1,7 dollari/barile nel 1970, a 11,6 dollari/barile nel 1974. Dopo una fase di relativa stazionarietà, il prezzo del greggio ha raggiunto i 20,0 dollari/barile nel 1979, i 32,9 dollari/barile nel 1980 e i 36,2 dollari/barile nel 1981, valore che rappresenta il massimo storico, sempre su base annua; nei momenti di crisi le quotazioni sono state ben più elevate, sino a circa 40 dollari/barile.
A partire dal 1982 i prezzi del greggio sono entrati in una fase di diminuzione, via via più accentuata, sino al crollo del 1986 con 15,0 dollari/barile, seguito da un recupero nel 1987 (17,9 dollari/barile), da una nuova flessione nel 1988 (14,9 dollari/barile) e da un nuovo recupero nel 1989 (17,5 dollari/barile), in relazione al recupero della domanda e agli sforzi dei paesi OPEC di controllare la produzione con un sistema di quote decise in occasione degli incontri periodici dei paesi membri. Dopo la crisi del Golfo del 1990-91 le quotazioni del greggio hanno subito nuovi aumenti (sino a oltre 30 dollari/barile) per poi registrare una netta tendenza alla diminuzione al di sotto dei 20 dollari/barile negli anni successivi.
L'evoluzione dei prezzi dei prodotti petroliferi presenta, a sua volta, andamenti differenziati rispetto a quelli del greggio in relazione alla specificità dei mercati di utilizzo, alle caratteristiche qualitative (tenore di zolfo, ecc.), alla maggiore o minore sostituibilità con altri prodotti energetici, alle caratteristiche delle curve di domanda.
Il prezzo della benzina, il prodotto meno sostituibile, è passato sul mercato di Rotterdam dai 30 dollari/t dei primi anni Settanta ai 127 dollari/t del 1975, ai 366 dollari/t del 1981, in corrispondenza della massima quotazione del prezzo del petrolio. Negli anni successivi i prezzi internazionali della benzina sono andati diminuendo, ma non alla stessa velocità di quelli del greggio, mantenendosi ben al di sopra dei 250 dollari/t. Le quotazioni sono crollate solo nel 1986 (162 dollari/t), in coincidenza con il drastico cambio del clima di mercato a seguito delle decisioni dell'Arabia Saudita sopra richiamate. Nel 1987 il prezzo della benzina ha recuperato però oltre 20 dollari/t, per poi perdere 10 dollari/t nel 1988 ma riguadagnare di nuovo nettamente sino a 209 dollari/t nel 1989.
L'evoluzione del prezzo internazionale del gasolio per trazione e riscaldamento domestico presenta un profilo diverso: la fase di forte aumento si è conclusa nel 1979 a quota 307 rispetto ai quasi 100 dollari/t del 1975 e ai 25-30 dollari/t degli inizi degli anni Settanta. Nel periodo 1980-85 i prezzi del gasolio hanno subito una costante diminuzione, ma sempre al di sopra dei 200 dollari/t. Il 1986 ha segnato una brusca diminuzione (142 dollari/t) poi accentuatasi nel 1988 (135 dollari/t), col successivo recupero del 1989 con 161 dollari/t.
La dinamica dell'olio combustibile ad alto tenore di zolfo (cioè un prodotto petrolifero esposto alla concorrenza del carbone e del gas naturale negli usi termici industriali e nella produzione termoelettrica e dell'energia nucleare) è stata caratterizzata da aumenti sensibili ma inferiori a quelli degli altri prodotti: da una quotazione di circa 13-18 dollari/t prima della crisi si è passati ai 61 dollari/t del 1975, e ai 182 dollari/t del 1981. Nel periodo successivo i prezzi hanno teso al ribasso, ma nel 1984, in concomitanza con un forte recupero di domanda per lo sciopero dei minatori inglesi e il conseguente blocco nella produzione di carbone in quel paese, la quotazione dell'olio combustibile è risalita a oltre 180 dollari/t. Nel 1986, l'eccesso di offerta di greggio ha a sua volta provocato un vero e proprio tracollo dei prezzi dell'olio combustibile che è sceso a 73 dollari/t (appena 12 dollari sopra le quotazioni del 1975) e, nel 1988, al di sotto dei 70 dollari/t. Nel 1989, in relazione al miglior clima di mercato, il prezzo è risalito a 87 dollari/t. Dopo un periodo di forti aumenti nella fase più acuta della crisi del Golfo, anche i prezzi dei prodotti petroliferi hanno subito sensibili diminuzioni riportandosi ai livelli del 1989.
La raffinazione. − I cambiamenti del mercato petrolifero degli ultimi decenni hanno esercitato profonde ripercussioni anche nel settore della raffinazione. La fase d'intenso sviluppo della capacità di raffinazione in tutte le aree del mondo in realtà non venne interrotta dalle due crisi energetiche; gli operatori, almeno in una prima fase, ritennero che i cali di domanda potessero essere riassorbiti in una prospettiva di medio termine. La capacità mondiale di raffinazione passò, infatti, dai 3,2 miliardi di t/anno del 1973 ai 3,6 miliardi di t del 1975, ai 4,2 miliardi di t del 1980; a livello delle principali aree economiche si evidenziò, peraltro, un arresto della crescita nei paesi europei, mentre nei paesi produttori si avviarono nuove realizzazioni.
Dopo il 1980, con la forte diminuzione dei consumi di prodotti petroliferi e, in particolare, di olio combustibile sostituito in modo sempre più massiccio da altre fonti, l'industria della raffinazione iniziò un importante processo di ristrutturazione per tener conto della nuova composizione del barile di domanda, che si andava sempre più alleggerendo a favore dei prodotti più leggeri (benzine e gasoli) e del nuovo assetto dell'industria con l'ingresso, anche in questo settore, delle compagnie dei paesi produttori. Tra il 1980 e il 1985 la capacità mondiale di raffinazione scese da circa 4,2 miliardi di t a 3,7 miliardi di t, con forti tagli negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale che hanno perso quota a favore delle raffinerie del Medio Oriente. A partire dal 1985 il processo di riduzione della capacità di distillazione primaria ha teso a esaurirsi, mentre si è rafforzato il processo di ammodernamento degli impianti, per rispondere sia all'ulteriore divaricazione tra prodotti leggeri e prodotti pesanti, sia alle nuove caratteristiche qualitative dei prodotti imposti da normative sempre più attente alla salvaguardia dell'ambiente (benzina senza piombo, gasoli e oli combustibili a basso tenore di zolfo, ecc.).
Bibl.: 13° Congrès de la Conférence Mondiale de l'énérgie, Commission de Préservation, Abondance énérgetique: mythe ou realité?, Parigi 1986; V. D'Ermo, Energia, Sviluppo e Ambiente, in Ecos, 180/182 (1988); World Energy Conference, Survey of energy resources, Londra 1989; V. D'Ermo, Il petrolio dopo la crisi, in Syncron, 1 (1991); International Energy Agency, Global energy. The changing outlook, Parigi 1992; CNR, ENEA, ENEL, ENI, Rapporto sull'Energia, Roma anni vari; International Energy Agency, Energy policies and programmes of IEA Countries, Parigi anni vari; British Petroleum Company, BP Statistical Review of World Energy, Londra anni vari.