FANCELLI, Petronio
Figlio di Gaetano, suonatore di violoncello (Crespi, 1769), nacque a Bologna, probabilmente nel 1737 dato che il necrologio dell'Accademia Clementina lo dice morto nel 1800 a "62 anni, undici mesi, e pochi giorni" (cfr. Atti d. Acc. Clementina, IV [1800], c. 400). Studiò presso la scuola di Stefano Orlandi, artista affermato e alla moda presso la nobiltà bolognese e successivamente si mise sotto la direzione di Mauro Antonio Tesi, allievo dell'Orlandi, il quale si stava volgendo verso una semplificazione classicista che riconduceva "l'architettura, la prospettiva e gli ornamentì a quella semplicità ed eleganza dalla quale la scuola bolognese, anch'essa si era allontanata ..." (necrologio, ibid., c. 399).
Il F. scelse dunque di operare nel genere della quadratura e dell'ornato, che si era sviluppato a Bologna già dalla fine del Cinquecento ed era diventato, durante il Seicento, il prodotto della scuola pittorica bolognese più richiesto presso le corti europee. Tuttavia apparteneva ad una generazione che, in polemica con quanto di eccessivo e clamoroso aveva prodotto l'età barocca, intendeva "rimettere in uso la buona architettura anche negli ornati ... e la nobile maniera ... di ornare, trasandate purtroppo da' moderni", i quali, come ebbe a sottolineare il Crespi (1769, pp. 322 s.) nella "vita" del Tesi, "di soli fioretti, volute, ed altri girigogoli" si contentavano, "anteponendo così le cose fantastiche e sformate, alle buone, e sode".
E in tal senso il F. fu un diligente seguace del maestro, "cosicché i suoi disegni, o siano col tocco di penna, o d'acquarello, sembrano del Tesi stesso, ed il suo dipinto manifesta la verità, la galanteria, e l'idea della maniera del dipinto del suo bravo precettore" (ibid., p. 328).
Il F. collaborò con Mauro Tesi in Toscana, a Pistoia e Pisa (ibid.), ma nel 1758 era già attivo a Bologna come attesta un disegno firmato e datato (Emiliani-Varignana, 1973) relativo alla decorazione di una cappella del portico di via S. Isaia. Sempre a Bologna realizzò numerose altre commissioni sia per privati sia per chiese: la prospettiva nella chiesa della Madonna della Consolazione di via Saragozza; per la chiesa di S. Procolo l'ornato di una cappella dell'appartamento dell'abate e la prospettiva che decora l'orologio del dormitorio dei padri benedettini; le finestre sotto il portico del collegio Montalto, su disegno del Tesi (Oretti, ms. B 132); la prospettiva della cappella maggiore di S. Agata, su disegno del Tesi e con le figure realizzate da Giuseppe Balzani.
Il F. frequentò l'Accademia Clementina e nel 1760 fu vincitore del premio Fiori per l'architettura, un concorso che l'accademia bolognese istituiva annualmente per gli studenti delle classi di figura, di scultura e di architettura.
Un riconoscimento, questo, di grande valore all'interno della prestigiosa istituzione cittadina, costituita da quaranta artisti qualificati - gli accademici "del numero" - che si proponevano di raccogliere l'eredità della grande pittura bolognese del Seicento e di garantirne la continuità culturale. Segno di una raggiunta affermazione è l'intervento come pittore, accanto allo scultore Antonio Schiassi, in una "macchina" innalzata nel 1763per la chiesa di S. Sigismondo e successivamente, nel 1767, per la chiesa di S. Giuliano, sempre con lo Schiassi e con Petronio Nanni, macchinista del teatro pubblico (Matteucci-Stanzani, 1991).
Intanto nel 1764 il F. era stato proposto dall'Accademia al Senato come "terzo soggetto" per la nomina in seguito alla morte dell'accademico Alfonso Torreggiani. La scelta sul nome da aggregare cadde evidentemente sul F. in quanto in un verbale delle adunanze degli accademici del 1768 egli è citato nella sezione di architettura e prospettiva; all'interno, infatti, dell'Accademia Clementina non si faceva distinzione tra l'architettura, la quadratura e la vera e propria scenografia. Nel 1770 il F. ebbe un incarico di insegnamento e fu nominato direttore per la sezione di architettura.
Pur impegnato nell'Accademia, il F. prosegui nella sua attività di ornatista. È del 1770 la prospettiva nell'ospedale degli Esposti (ora Ist. infanzia e maternità) con le figure di Gaetano Gandolfi, in collaborazione col quale il F. dipinse anche la quadratura poliloba dell'Allegoria dell'Abbondanza in una sala di palazzo Bianconcini (Roli, 1977). Sempre nel 1770 partì con il marchese Colloredo per un viaggio che lo portò prima a Vienna, dove realizzò alcune opere in chiese e palazzi, e successivamente a Venezia, rimanendo lontano dalla patria per quasi diciassette anni. Questo distacco, comunque, non gli impedì di intrattenere rapporti con Bologna e di assumere alcune commissioni di rilievo, come attesta nel 1779 la scopertura dell'altar maggiore della chiesa di S. Maria della Vita, per il quale il F. aveva fornito i disegni (Oretti, ms. B 106).
Nel verbale di adunanza degli accademici clementini del 13 maggio 1787 si annota che il F. "dopo una assenza di quasi diecissette anni spesi fuori di Bologna ... con giubilo ed accoglienza comune comparve a riassumere il suo grado" (Atti d. Acc. Clementina, III [1787], c. 212).
Da questo momento il F. riprese attivamente il suo ruolo di accademico: dagli atti e dai verbali risulta il suo impegno nei vari momenti della vita della scuola, dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici dei saggi per le prove annuali dei premi Marsigli-Aldrovandi alla direzione della sezione di architettura, alla nomina di principe nel 1789.
Benché colpito nel 1797 da apoplessia al braccio destro, il F. continuò ad impegnarsi nella pittura: sono di questo periodo la volta della chiesa delle monache di S. Agnese; la decorazione di S. Maria della Neve; la quadratura dell'ottava cappella del portico di S. Luca, attorno alla Coronazione di spine di Nicola Bertuzzi; lo sfondo della pala absidale di S. Giovanni in Monte in collaborazione con il figlio Pietro. In consonanza con il gusto locale, che ancora sul volgere del secolo amava ornare con architetture dipinte i vani di rappresentanza delle residenze nobiliari, il F. realizzò le sue invenzioni anche in vari palazzi bolognesi.
Eseguì le decorazioni di palazzo Pini-Alamandini; la prospettiva nel cortile di casa Beretti (Ricci-Zucchini, 1968); le finestre a chiaroscuro nel palazzo senatorio de Bianchi, "... opera eccellente. Unì all'abilità ed al sapere un fondo d'incorrotta onestà, dolce e rispettoso nel tratto..." (necrol. in Atti d. Acc. Clementina..., IV [1800], c. 400).
Quanto ai fondali che ornano edifici senatori, vanno indicati palazzo Gozzadini, ora Zucchini; palazzo Dandini-Rusconi, col paesaggio di Vincenzo Martinelli; palazzo Caprara, con le figure del figlio Pietro (Bianconi, 1820).
Il F. fu un continuatore dell'indirizzo purista inaugurato dal Tesi e ripropose i più sobri vocaboli dell'architettura della Controriforma; nella sua produzione sono evidenti una esigenza di ordine e di logica chiarezza che anticiparono il rinnovamento culturale dell'Accademia.Morì a Bologna il 30 giugno del 1800, lasciando la moglie, Orsola Benedelli, e tre figli, uno dei quali, Pietro (cfr. voce in questo Dizionario) era aggregato all'Accademia nella facoltà dei figuristi, mentre un altro, Giuseppe (cfr. voce ibid.), seguì le orme del padre, tanto che alcune opere grafiche sono di problematica attribuzione tra i due.
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. dell'Accademia di belle arti, Atti dell'Accademia Clementina di Bologna, ms. I (1760), c. 253; I (1764), cc. 372 s.; II (1768), cc. 78, 79, 83; II (1769), c. 115; II (1770), cc. 131, 133; III (1787), cc. 200, 212, 214, 218 s., 221 s., 241; III (1788), c. 297; IV (1789), c. 38; passim fino al IV (1800), cc. 399 s., 405; Ibid., Bibl. comunale dell'Archiginnasio, ms. B 104: M. Oretti, Le pitture che si ammirano nelli palagi e case de' nobili della città di Bologna (1760-80), cc. 31, 43, 45, 154; Ibid., ms. B 110: Id., Le pitture nelli palazzi e case di villa nel territorio bolognese (1760-80), cc. 35, 40; Ibid., ms. B 132: Id., Notizie dei professori del disegno, ... (1760-80), cc. 230-232; Ibid., ms. B 106: Id., Cronica o sia Diario pittorico nel quale si descrivono le opere di pittura e tutto ciò che accade intorno alle belle arti in Bologna (1764-86), c. 97; L. Crespi, Felsina pittrice. Vite de' pittori bolognesi, Roma 1769, p. 328; G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi [1820], Bologna 1835, pp. 24, 60, 70, 72, 87, 117, 136, 146, 159; G. Bosi, Manuale pittorico felsineo, Bologna 1859, p. 28; Mostra del Settecento bolognese, a cura di G. Zucchini-R. Longhi, Bologna 1935, p. 139; G. Zucchini, Paesaggi e rovine nella pittura bolognese del Settecento, Bologna 1947, p. 63; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1968, pp. 127, 164, 176, 187, 189, 216; A. Emiliani-F. Varignana, Le collezioni d'arte della Cassa di risparmio in Bologna. I disegni, I, Bologna 1973, pp. 325 ss.; R. Roli, Pittura bolognese. 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, pp. 68, 86, 88, 256; L'arte del Settecento emiliano. La pittura. L'Accademia Clementina (catal.), Bologna 1979, p. 223; Architettura scenografica pittura di paesaggio, ibid., ad Indicem; Architetture dell'Inganno ... nei palazzi storici bolognesi ed emiliani, a cura di A. M. Matteucci-A. Stanzani, Bologna 1991, pp. 217 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 246; Diz. enc. Bolaffi dei pittori e degli incisori ital., IV, p. 295.