TADOLINI, Petronio
TADOLINI, Petronio. – Figlio di Antonio Maria e di Anna Barbieri, Petronio Francesco Lodovico nacque a Bologna nella parrocchia di S. Maria del Tempio il 4 ottobre 1727; trasse il primo nome dal santo patrono di Bologna, la cui festa ricorre quel giorno (Bologna, Archivio generale arcivescovile, AGABo, Registri battesimali della Cattedrale, 180 [1727], c. 211r).
Figlio di un capomastro, «povero sì, ma moratissimo», e fratello minore dell’architetto Francesco (v. la voce in questo Dizionario), studiò l’aritmetica alle Scuole pie di Bologna e dall’età di quattordici anni seguì il padre nel suo mestiere di muratore. Secondo quanto egli stesso racconta in una stringata autobiografia, si avvicinò alle arti figurative durante l’adolescenza, dopo che, lavorando con il padre nel palazzo del Farneto del senatore Taddeo Bolognini, si fece notare per aver disegnato sui pavimenti del piano superiore, appena terminati, molte figure di animali. Il senatore, compreso il talento del giovane, lo fece mettere a bottega dallo scultore Giovanni Battista Bolognini (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, BCABo, ms. B95). Frequentò anche l’Accademia Clementina e ottenne più volte i premi Fiori (1747-50, 1752-53, 1756, 1759-60) e Marsili Aldrovandi (1747-48, 1750-51; Giumanini, 2003, passim; Danieli, 2010, p. 101).
Come apprendista, realizzò sotto la guida del maestro le statue del giardino di palazzo Angelelli in Bologna, l’unica delle quali oggi conservata è il Giove saettante di una più vasta Caduta dei Giganti. In seguito, collaborò spesso con il fratello Francesco, formando una ben rodata équipe. Nei cantieri bolognesi seguiti dal fratello, Petronio realizzò la statua di Pallade nel fondale del cortile della casa Pannolini, poi Malvasia (1760); l’Ercole e i due Centauri in stucco (detti però di macigno nell’autobiografia) che ornano rispettivamente il fondale e il cortile del palazzo Legnani (1765), nonché un mascherone e due (perdute) tigri di legno; i bassorilievi nella palazzina dell’orto botanico (Felsina e le Parti del mondo, 1765); i decori scultorei della scala di palazzo Stella (1769-70); le statue e i bassorilievi dello scalone di palazzo Guidotti (1770); le statue e i bassorilievi dell’oratorio Boschi (1771); le terrecotte della mostra dell’orologio del palazzo pubblico (1773); gli angeli in stucco dell’altare della Madonna dei Sette Dolori a S. Maria dei Servi; gli ornati interni dei portali di S. Petronio (1783); le decorazioni in stucco della cappella del Santissimo nella chiesa di S. Stefano a Bazzano. A Faenza, nella chiesa di S. Domenico, realizzò tutte le statue interne ed esterne di macigno, nonché il bassorilievo, sempre di macigno, sopra la porta principale, e i quadretti in terracotta e dorati dei Misteri del Rosario (1765-66) (Riccomini, 1977).
Numerose furono poi le opere realizzate indipendentemente, che mostrano un «versatile anche se non eccelso scultore» (Tumidei, 1991a, p. 145), a suo agio con diversi materiali (marmo, macigno, stucco, terracotta, legno, cera, ottone), ma in genere operante in contesti e per committenti non sempre di primo piano. Le prime opere di cui si ha notizia sono i bassorilievi realizzati come prove di concorso all’Accademia Clementina: in precario stato di conservazione sopravvivono ancora Davide e Golia (1748), Ruggiero e le ancelle di Alcina (1750), Caino e Abele (1751), Le sorelle di Fetonte (1756). Ancora rintracciabili sono poi le due Virtù marmoree e i due Angeli lignei ai lati dell’altare maggiore in S. Maria della Vita di Bologna; un S. Bartolomeo (1766), bassorilievo marmoreo nella chiesa di S. Bartolomeo di Musiano (Bologna); un Compianto in terracotta (collezione privata); una Madonna col Bambino (Museo Davia Bargellini, Bologna); un S. Francesco (1769) nella chiesa del Crocifisso di Longiano, proveniente da Santarcangelo di Romagna; un S. Antonio nella chiesa della Maddalena a Bologna (anni Cinquanta del Settecento); un S. Giuseppe nella chiesa di Cazzano di Budrio; una Madonna del Rosario nella chiesa del paese di Sant’Agostino (Ferrara); un S. Luigi Gonzaga (1772) nel museo dell’Osservanza di Bologna (Danieli, 2010, pp. 101-106).
Marcello Oretti (in Notizie de’ professori del disegno..., 1760-87 circa), oltre ad alcune delle opere sopra ricordate, menziona diverse sculture realizzate in casa Lambertini (palazzo Vizzani, Bologna): una figura sedente in mezzo al cortile in terracotta (perduta), la Madonna col Bambino e angeli sulla scala, i putti e il «pannarone» con puttini nella cappellina. In più elenca un gran numero di opere situate a Bologna, molte delle quali sono oggi difficilmente identificabili: un Crocifisso in tiglio nella cattedrale, una Madonna in legno in S. Girolamo di Miramonte, gli angeli dell’altare di S. Gaetano in S. Bartolomeo, alcune figure «alte un braccio, colorite ma bellissime, di giardiniere» nella casa di un certo Fabiano Molinari, un Crocifisso con la Maddalena in cera colorata che era collocato nella stessa casa di Tadolini, vari ritratti e figure in cera colorata (Padre Giambattista Martini, un certo sacerdote Dottore Savorini, tale Dottor Azzoguidi, un S. Francesco), la Madonna in terracotta sulle scale del palazzo Segni (ancora visibile), un ritratto in terracotta dell’imperatore Giuseppe II sulle scale del Collegio illirico-ungarico, molte figure in terracotta dipinta nella casa del mercante Carlo Stofer (la Trinità con la Vergine, S. Carlo Borromeo e s. Anna con angeli, una Pietà, un S. Francesco); una Madonna col Bambino e il Battesimo di Cristo in terracotta nella casa di Antonio Conti; le statue e il ritratto della memoria del conte Ferdinando Marsili nell’atrio della biblioteca dell’Istituto delle scienze, nonché alcuni busti di uomini illustri posti nella stessa biblioteca, insieme ad altri di Filippo Scandellari e Filippo Balugani; le statue dell’altare Aldrovandi nel santuario del Corpus Domini. Sempre grazie a Oretti siamo a conoscenza dell’attività di Petronio come scultore di apparati effimeri, testimoniata dalle figure del Sepolcro nella chiesa della Maddalena (1758), dagli angeli della macchina della reposizione del Santissimo in cattedrale nel 1765 e 1766, dalle statue dell’apparato funebre (progettato da Flaminio Minozzi) del padre inquisitore Tommaso de Angelis in S. Domenico, dal Sepolcro della parrocchiale dei Ss. Cosma e Damiano (1780; BCABo, ms. B133, passim).
Fuori di Bologna, sussistono ancora le statue in terracotta della cappella del Rosario nel duomo di Mirandola, oggi nel museo della stessa città, e le quattro statue della cappella Rangoni nel duomo di Reggio Emilia (Riccomini, 1977, p. 133).
Tadolini stesso ricorda, nell’autobiografia, alcune altre opere oggi perdute o non identificate: le statue nel giardino di casa Severoli a Faenza, quattro gruppi di puttini in legno per il baldacchino della chiesa di S. Maria Maddalena a Bologna, gli angeli e puttini dell’altare della chiesa del Suffragio a Faenza, quattro gruppi di puttini per il baldacchino dei domenicani di Bologna, un Crocifisso ligneo per la cappella dell’Istituto delle scienze, e uno bronzeo per i padri di S. Martino, quattro puttini in legno per la Compagnia del Piombo di Bologna, i picchiotti in ottone del portone del collegio Montalto, una serie di terrecotte nel portico e nel refettorio del convento dell’Annunziata, alcune sculture per il pulpito di S. Francesco, una fontana e statue in terracotta per la villa Cavalca nei colli bolognesi (BCABo, ms. B95).
Oltre all’attività propria di scultore, si ricordano anche la realizzazione di un clavicembalo, «assai armonico» (ibid., ms. B133, p. 112), e una discreta produzione di medaglie, anche a scopo commerciale: resta memoria di quelle dedicate a Francesco Zanotti, al dottor Giacomo Bartolomeo Beccari, a padre Giambattista Martini (p. 113; ms. B95, c. 145v). Proprio alla dimestichezza con il conio di medaglie si ricollega l’incarico di incisore per la Zecca di Bologna, che Tadolini ricoprì durante il pontificato di Pio VI.
Sposò nel 1757 Maria Maddalena Tosi, dalla quale ebbe diversi figli: Luigi Maria (1758), Raffaello Gioseffo (1762), Antonio Maria (1764), Raffaele Maria (1767), Leopoldo Maria (1769; BCABo, Baldassarre Carrati, Estratti dai registri battesimali). Tra i suoi nipoti si ricordano Giovanni, figlio di Luigi e di Regina Cappelli, insigne compositore, marito del celebre soprano Eugenia Savorani, e Adamo, scultore, allievo di Canova e capostipite di una prolifica dinastia di scultori.
Petronio abitava in via Castiglione, sotto la parrocchia dei Ss. Cosma e Damiano, in una casa di proprietà del conservatorio di S. Giuseppe (AGABo, Parrocchia dei Ss. Cosma e Damiano, Stati d’anime).
Morì nel 1813, ma non è stato possibile rintracciarne l’atto di morte.
Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio generale arcivescovile, AGABo, Registri battesimali della cattedrale, 180 (1727), c. 211r; Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, BCABo, mss. B874-879 (1720-1729): Baldassarre Carrati, Estratti dai registri battesimali; Archivio generale arcivescovile, Parrocchia dei Ss. Cosma e Damiano, Stati d’anime (1785); Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B95, Vita di P. T. scultore bolognese scritta da lui medesimo (ante 1787), c. 145rv; ms. B133; M. Oretti, Notizie de’ professori del disegno (1760-87 circa), XI, pp. 111-114.
E. Riccomini, Vaghezza e furore. La scultura del Settecento in Emilia e Romagna, Bologna 1977, pp. 128-136; S. Tumidei, 49. Compianto di Cristo, in Presepi e terrecotte nei Musei Civici di Bologna (catal.), a cura di R. Grandi, Bologna 1991a, pp. 145-149; Id., Terrecotte bolognesi di Sei e Settecento: collezionismo, produzione artistica, consumo devozionale, ibid., 1991b, pp. 21-51; E. Riccomini, Sculture di ‘creta cotta colorite’. Un compianto inedito di P. T.: una certezza, e qualche perplessità, in CeramicAntica, V (1995), 3, pp. 45-49; M. Giumanini, Competere in arte. I concorsi Fiori e Marsili Aldrovandi dell’Accademia Clementina, Bologna 2003; M. Danieli, Aggiunte e considerazioni su P. T. scultore, in Strenna storica bolognese, LX (2010), pp. 97-112.