PETTINE
Utensile munito di dentelli, più o meno sottili, disposti parallelamente, perlopiù utilizzato per la cura e l'ordine dei capelli; gli uomini se ne servono anche per la barba e le donne per sostenere l'acconciatura.I materiali che possono essere impiegati sono il legno, per es. il bosso (pectines buxei), l'avorio, l'osso, il corno, più raramente anche il bronzo, l'argento e l'oro, nonché il ferro. I p. di fattura più grezza erano destinati a scopi artigianali, come per es. la raffinatura del lino, la cardatura della lana (p. da lana) e la tessitura; in quest'ultimo caso erano utilizzati con la funzione di comprimere e serrare il filo della trama. La principale distinzione tipologica si ha tra p. con un'unica fila di dentelli o con due file tra loro contrapposte. I primi possono presentare costole per l'impugnatura rettilinee, curve, triangolari o semicircolari, che, ampliate, accolgono anche decorazioni incise, intagliate o intarsi. I p. con doppia fila di dentelli possono essere verticali e orizzontali, con costola centrale di raccordo tra le file di dentelli che può variare dalla forma quadrata a quella rettangolare, disposta in lunghezza o trasversalmente, anche questa con una parte per la decorazione.I p. di epoca altomedievale provengono in gran parte da corredi funerari, mentre gli esempi preziosi della primissima età medievale, conservatisi grazie al loro riutilizzo attraverso i secoli, dovettero appartenere al clero.In epoca paleocristiana e protobizantina la tradizione dei p. risaliva direttamente alle tipologie formali dell'Antichità. Dall'area orientale dell'Impero romano, in particolare dall'Egitto, provengono gli esemplari di maggior pregio in avorio, come il frammento di p. del sec. 5° conservato a Brescia (Civ. Mus. Cristiano), sulla cui impugnatura rettangolare compaiono immagini di Vittorie e una corona; un esemplare coevo (Atene, Benaki Mus.) contiene nella costola rettangolare verticale per l'impugnatura le personificazioni di Roma e di Costantinopoli. Un pregevole esempio di p. doppio, proveniente dalla Russia meridionale e databile al sec. 5°-6° con relativa cassetta (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Antikenmus.), riporta con l'iscrizione Κυϱία δῶϱον ('dono per la signora') l'indicazione che oggetti di questo genere potevano essere donati in varie occasioni.Alla stessa epoca ca. (secc. 6°-7°) risalgono anche p. decorati con tematiche cristiane, come attestano due esempi egizi, l'uno proveniente da Achmin con Daniele e Tecla tra coppie di leoni (già a Berlino, ora perduto; Wulff, 1909, nr. 288), l'altro da Antinupoli con la Risurrezione di Lazzaro, la Guarigione del cieco e un cavaliere orante (Cairo, Coptic Mus). In numerosissime collezioni si trovano p. doppi di formato rettangolare verticale, provenienti dall'Egitto copto e datati a epoche diverse (Cairo, Coptic Mus.; Berlino, Mus. für spätantike und byzantinische Kunst; Heidelberg, Ägyptologische Sammlung der Universität).A partire dall'età delle Migrazioni, per le diverse popolazioni il p. come parte del corredo funerario dovette svolgere un ruolo molto importante. Tra i materiali prevalsero ampiamente l'avorio e l'osso. Particolarmente significative sono le numerose testimonianze relative alla fabbricazione dei p. rinvenute nel centro vichingo di Haithabu. Oltre a materiale grezzo (corna di cervo, ossi) sono stati ritrovati p. nonché spilloni per capelli, impugnature di coltelli, pedine e altro. È qui dunque riconoscibile in tutte le sue fasi il processo di lavorazione di p. destinati all'esportazione in molte regioni dell'impero carolingio. Accanto a sottili p. doppi, in queste regioni venne privilegiata la tipologia a fila unica di dentelli, con vari tipi di impugnatura: una costola rettilinea, curva, triangolare, a timpano o circolare, talvolta a protome animale. Oltre a questi, appaiono numerosi esempi con semplici decorazioni incise, come linee, archetti o motivi a occhiello. Rari sono invece i simboli cristiani, presenti per es. su un p. proveniente dal sepolcreto di Gammertingen (Sigmaringen, Fürstlich Hohenzollernsches Mus.), con il simbolo del pesce accanto a rosette cruciformi. Alcuni ritrovamenti attestano la presenza, addirittura nelle Isole Britanniche, di p. preziosi, provenienti dall'area mediterranea, per es. quello rinvenuto nella tomba di s. Cutberto a Durham (Lasko, 1956).All'origine della particolare predilezione dimostrata nei confronti del p. come oggetto del corredo funerario risiede la grande attenzione che si ebbe per la foggia dei capelli e della barba; ciò era determinato dal fatto che i peli, poiché in una certa misura potevano crescere anche dopo la morte, erano il simbolo della forza della vita. Tale atteggiamento trova espressione per es. nell'immagine di un guerriero franco che si pettina, visibile sulla pietra tombale di Niederdollendorf (Bonn, Rheinisches Landesmus.). Allo stesso proposito si può ricordare che per i re merovingi la perdita dei lunghi capelli ondulati avrebbe significato la perdita della dignità regale. Esempio di un p. regio di eccezionale qualità è costituito da quello eburneo a unica fila di dentelli, databile intorno al 600 e appartenuto alla regina Teodolinda (Monza, Mus. del Duomo), secondo la tradizione dono di papa Gregorio Magno, conservato in una montatura in metallo prezioso forse di epoca tardocarolingia. L'offerta da parte di papa Bonifacio V (619-625) alla regina anglosassone Etelberga di un pectinem eboreum inauratum viene attestata da Beda il Venerabile (Hist. eccl., II, 11). Il possesso di p. preziosi da parte di personaggi di rango trova ulteriore conferma nel testamento dell'837 del margravio Eberardo del Friuli, in cui figura un pectem auro paratum, e in quello del vescovo Riculfo di Elne del 915 (Leclercq, 1938, col. 2935). È probabile che per questi due esempi già si tratti di p. di uso liturgico, che, secondo le testimonianze, in Occidente ebbero un loro ruolo a partire dal 7° secolo. Una notizia nel Liber confraternitatum Sancti Galli (a. 908) - "Pectines eburneos magnitudine et artificio insignes catenis fecit aëneis ibidem suspendi" (Du Cange, 1938a) - parrebbe avvalorare comunque l'ipotesi che in ambito liturgico i p. preziosi fossero apprezzati, sebbene nel Lib. Pont. di quel periodo non vengano citati.La prima menzione relativa all'uso del p. nella liturgia compare nel Rationale attribuito a Ratoldo di Corbie (m. nel 986), che ricorda l'atto di ravviare i capelli, legato al lavacro delle mani da parte del prete: "aqua ad manus et pecten ad caput" (PL, LXXVIII, col. 241). Come attesta un elenco di Salisbury del 1214 - in cui si legge: "pectines 5 eburnei exceptis his qui sunt ad altaria" (Swoboda, 1972) -, per il Medioevo maturo negli inventari dei tesori ecclesiastici sono da segnalare non soltanto le frequenti menzioni di p., ma anche il loro considerevole numero. Infine vanno ricordate le notazioni negli scritti liturgici dell'epoca. In Onorio Augustodunense l'uso liturgico del p. viene messo in relazione con un'applicazione pratica in ambito spirituale: "Deinde pectit crines capitis quia sacerdos debet componere mores mentis" (Gemma animae, I, 199; PL, CLXXII, col. 604). Nel Rationale divinorum officiorum (IV, 3) di Guglielmo Durando, della fine del sec. 13°, l'uso del p. compare esclusivamente in rapporto alla celebrazione da parte del vescovo.In ambito medievale talvolta l'aspetto decorativo di un p. di uso liturgico poteva raggiungere un alto livello qualitativo. Dall'epoca carolingia all'epoca romanica si ritrovano quasi esclusivamente manufatti in avorio con intagli raffiguranti scene del Vecchio e del Nuovo Testamento; l'esempio di maggiore rilievo è il p. di Colonia (Schnütgen-Mus.) erroneamente attribuito a s. Eriberto (m. nel 1021), con la Crocifissione e i tralci dell'albero della vita, riferibile stilisticamente alla c.d. tarda scuola di Metz e databile alla fine del 9° secolo. Tale p. ha una sola fila di dentelli, mentre la costola è irregolarmente traforata e ornata da rosette. La forma così insolita richiama due esempi protoislamici, tra i quali il p. detto di Enrico I (Quedlinburg, Domschatz der St. Servatius-Stiftskirche), ascrivibile in base alla decorazione fitomorfa al 7°-8° secolo. Il suo pendant è un p. conservato a Colonia (Schnütgen-Mus.), presumibilmente proveniente dalla chiesa dei St. Aposteln, anch'esso in origine a Quedlinburg, che presenta ai lati due teste equine sporgenti. Per il p. di Quedlinburg, probabilmente proprietà di un personaggio di alto rango, si è ipotizzato (Kötzsche, 1994) l'uso in occasione della liturgia regale, anche se nelle fonti storiche non sono stati riscontrati elementi che possano darne conferma.Per numerosi p. altomedievali e del Medioevo maturo è stato ipotizzato un legame con personaggi storici o santi, circostanza che conferì a tali oggetti il rango - per così dire - di reliquie. Un p. doppio con rappresentazioni di s. Pietro (Osnabrück, Domschatzkammer und Diözesanmus.) del sec. 11° è stato attribuito a Carlo Magno (Goldschmidt, 1914-1926, II, nr. 43), un altro, datato al sec. 10° in base al tipo di decorazione a girali intarsiati e raffigurante a rilievo il Capricorno e il Sagittario (Londra, Vict. and Alb. Mus.), proviene da Pavia, dove era considerato il p. di s. Maria Maddalena (Elbern, 1969). Gli esempi dell'avanzato sec. 12° (Goldschmidt, 1914-1926, III, nr. 149ss.) seguono la tipologia orizzontale a doppia dentatura con costola di raccordo rettangolare o quadrata. Anche alcuni di questi p. sono stati attribuiti a santi, per es. quello di s. Annone (Siegburg, St. Servatius, Schatzkammer) e quello di s. Cunegonda (Bamberga, Diözesanmus.). Sulla base della preferenza riservata ad alcuni motivi decorativi, come animali, uccelli al calice, creature sull'albero della vita, disposti in un intreccio simmetrico, è assai plausibile individuare una relazione con tipologie e ornamentazione di p. mediobizantini, sebbene alcuni di essi presentino un ampliamento ad arco della parte atta a contenere la decorazione (Norimberga, Germanisches Nationalmus.; Londra, British Mus.; Augusta, St. Ulrich und Afra).Sebbene l'apprezzamento e l'uso in ambito ecclesiastico abbiano contribuito alla conservazione di esemplari appartenenti alle epoche precedenti, è difficile pensare che tutti i settantasette p. riferiti a tale contesto (Swoboda, 1972) siano stati effettivamente per uso liturgico.Riguardo alla produzione artigianale di p., si conosce poco delle fasi più antiche, mentre si hanno maggiori testimonianze per il periodo tardomedievale. Particolarmente per l'area francese, con Parigi come centro principale, si ha notizia dell'attività di peigniers organizzati, artigiani e fabbricanti, di alcuni dei quali è noto anche il nome (Koechlin, 1924). Insieme ad altri oggetti da toeletta, i p. venivano prodotti in botteghe che lavoravano il legno, l'osso e l'avorio e che realizzavano oggetti liturgici accanto a quelli di uso profano. Personaggi di alto rango possedevano spesso numerosi pettini. Così, per es., Margherita di Fiandra, duchessa di Borgogna (m. nel 1405), lasciò non meno di trentotto p., in parte preziosi e costosi (Gerber, 1972).In epoca tardogotica le impugnature dei p. decorate a rilievo facevano ancora riferimento, sostanzialmente, alla tradizione precedente, mentre i temi iconografici erano in sintonia con l'epoca contemporanea - maggiormente mondana - e non di rado presentavano scene cortesi e amorose, come l'Assalto al castello d'Amore (Londra, Vict. and Alb. Mus.), il Giudizio di Paride (Parigi, Louvre), la Fontana della giovinezza o la Caccia (Londra, Vict. and Alb. Mus.).Accanto ai luoghi di produzione francese occorre citare l'attività della bottega degli Embriachi a Firenze e a Venezia nel sec. 15°, le cui opere, realizzate soprattutto in osso, presentano già un carattere preindustriale.
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