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JOHNSON, Philip Cortelyou

di Maurizio Gargano - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)
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JOHNSON, Philip Cortelyou

Maurizio Gargano

(App. III, I, p. 890)

Architetto statunitense. Dalla metà degli anni Cinquanta J. inizia progressivamente ad abbracciare una visione dell'architettura più disincantata, volta a superare quella sorta di ''limitazioni'' proprie delle teorie di Mies van der Rohe, stimata figura di riferimento con il quale, comunque, collabora alla nota realizzazione del Seagram Building nel 1958. All'insegna del famoso motto "It's chaos and I love it", riferito essenzialmente alla situazione architettonica di New York, J. incrementa la sua vasta produzione con opere spesso antitetiche tra loro: ne è un caso esemplare la Boissonnas House del 1956 in cui l'uso del mattone con riferimenti planimetrico-formali, alla maniera di L. Kahn, allontana il progetto dalla chiarezza strutturale, dalle trasparenze e dai riflessi tipici del vetro che caratterizzavano la nota Glass House (1949).

La varietà delle architetture realizzate, quali l'Asia House (New York, 1959); la Sheldon Memorial Art Gallery dell'università del Nebraska (Lincoln, 1963); il teatro nel Lincoln Center di New York (1964); l'emblematico grattacielo A.T.&T., American Telephone and Telegraph Corporate Headquarters (New York, 1978-84); il New England Life Building di Boston; la sede della Pittsburgh Plate Glass (1984) o l'Art Center del Seton Hill College (Pennsylvania, 1992), connota a tal punto l'opera di J., da dividere la critica nel collocarlo, alternativamente, tra i maestri del Movimento Moderno o tra i padri dell'American postmodern style. Una sensibile ricerca della forma, nel continuo tentativo di affermare una forte individualità stilistica carica di eccellente protagonismo, spinge i più recenti orientamenti teorici di J. addirittura verso le poetiche del cosiddetto decostruttivismo. Nonostante la vitalità dell'ottantaseienne architetto, la recessione economica sembra minacciare la solida struttura del suo efficiente studio professionale condiviso, fin dal 1967, con J. Burgee (n. 1933). Vedi tav. f.t.

Bibl.: J. Jacobus Jr., Philip Johnson, New York 1962; H.-R. Hitchcock, Philip Johnson: Architecture 1949-65, New York-Londra 1966; N. Miller, Johnson/Burgee: architecture, Londra 1980; Philip Johnson: moderno o post? (colloquio a cura di M. Mattei), in Casabella, 468 (aprile 1981), pp. 48-51; Intervista a Philip Johnson, a cura di V. Magnago Lampugnani, in Domus, 726 (aprile 1991), pp. 25-36.

Vedi anche
Philip Cortelyou Johnson Architetto statunitense (Cleveland, Ohio, 1906 - New Canaan, Connecticut, 2005). Allievo di L. Mies van der Rohe, si è progressivamente affrancato da quella sorta di ''limitazioni'' proprie delle teorie del maestro, abbracciando una visione dell'architettura più disincantata e incrementando la sua vasta ... Movimento Moderno Indirizzo architettonico, urbanistico e del design che fa riferimento al complesso di teorie e di esperienze d’avanguardia elaborate, tra le due guerre mondiali, nell’ambito del Bauhaus, di De Stijl, del costruttivismo, del CIAM e dell’international style. In architettura, postulava l’abbandono degli ... decostruttivismo (o decostruzionismo) Corrente architettonica impostasi all'attenzione internazionale alla fine degli anni Ottanta del 20° secolo. Il decostruttivismo si ricollega alle sperimentazioni del costruttivismo russo nel rifiuto netto della purezza formale della tradizione modernista: si disegnano allora edifici ... Ludwig Mies van der Rohe Mies van der Rohe ‹mìis fan dër róoë›, Ludwig. - Architetto tedesco (Aquisgrana 1886 - Chicago 1969). Presidente del Novembergruppe (1923), vicepresidente del Deutscher Werkbund (1926-31) e direttore artistico del programma per l'allestimento del quartiere Weissenhof di Stoccarda (1927), nel 1930 divenne ...
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