Dunne, Philip
Sceneggiatore e regista cinematografico statunitense, nato a New York l'11 febbraio 1908 e morto a Malibu (California) il 2 giugno 1992. Soprattutto nel periodo in cui era diretta da Darryl F. Zanuck, D. fu uno degli autori più importanti della 20th Century-Fox, alla quale rimase fedele per quasi tutta la sua carriera, dedicandosi prevalentemente agli adattamenti di romanzi e testi teatrali, che si contraddistinsero per il tono letterario e per la visione romantica del passato, per la notevole ricchezza di umanità usata nel tratteggiare i personaggi e per l'humour dei dialoghi. Noto per le sue simpatie liberali e il suo attivismo sociale, D. scrisse occasionalmente discorsi per alcuni candidati del partito democratico, e si impegnò per la creazione di un sindacato degli sceneggiatori di Hollywood (Screen Writers Guild, poi Writers Guild of America), di cui divenne poi uno dei primi dirigenti.
Laureatosi a Harvard nel 1929, l'anno successivo si trasferì a Hollywood dove iniziò a lavorare per la Fox come lettore di sceneggiature. Dopo aver scritto in collaborazione l'insignificante musical Student tour (1934) di Charles Reisner, prodotto dalla Metro Goldwyn Mayer, lavorò per la United Artist ai convincenti adattamenti di The count of Monte Cristo (1934; Il conte di Monte Cristo) di Rowland V. Lee, dal romanzo di A. Dumas padre, e di The last of the Mohicans (1936; Il re dei pellirossa) di George B. Seitz, dal romanzo di J.F. Cooper. Per la Universal Pictures, con il fratello Finley Peter Dunne Jr, scrisse invece il soggetto e la sceneggiatura di Breezing home (1937) di Milton Carruth. Tornato quindi alla Fox, firmò un contratto che fu prorogato per venticinque anni. Film come Lancer spy (1937; La spia dei lancieri) di Gregory Ratoff, dal romanzo di M.C. McKenna, ambientato durante la Prima guerra mondiale, Suez (1938) di Allan Dwan, dal racconto di S. Duncan, Stanley and Livingstone (1939; L'esploratore scomparso) di Henry King, sulla ricerca in Africa dell'esploratore e missionario inglese, The rains came (1939; La grande pioggia) di Clarence Brown, dal romanzo di L. Bromfield, e infine Swanee river (1939) di Sidney Lanfield, sulla vita del compositore S. Foster, dimostrano gli interessi di uno scrittore che amava considerarsi uno storico mancato. Il melodramma giallo Johnny Apollo (1940; Il prigioniero) di Henry Hathaway, scritto in collaborazione e basato su un soggetto di S.G. Engel e H. Long, concluse il decennio. D. fu scelto quindi da Zanuck (dopo che aveva scartato i soggetti sia dello scrittore L. O'Flaherty sia di E. Pascal) per sceneggiare il dramma How green was my valley (1941; Com'era verde la mia valle), adattamento di un romanzo di R. Llewellyn, che venne diretto da John Ford. La sceneggiatura (che valse la prima nomination all'Oscar a D.) cui aveva collaborato anche William Wyler (che avrebbe dovuto essere il regista del film) fu pressoché lasciata intatta da Ford, il quale si limitò a cambiare qualche battuta e a sostituire la narrazione verbale con quella visiva, riuscendo però a infondere con le scelte di regia una forte carica emotiva alla tragica vicenda, ambientata in un villaggio di minatori del Galles, della famiglia Morgan. Dopo lo spettacolare melodramma in costume Son of fury (1942; Il figlio della furia) di John Cromwell, basato su un romanzo di E. Marshall, D. lasciò Hollywood e divenne responsabile della produzione di documentari e film di propaganda per il Motion Picture Bureau dell'Office of War Information di Washington. Tornato alla 20th Century-Fox dopo la guerra, sceneggiò, insieme a Ring Lardner Jr, uno spregiudicato romanzo di K. Windsor per il film Forever Amber (1947; Ambra) di Otto Preminger, ambientato a Londra all'epoca di Carlo II. Seguirono quindi, diretti da Joseph L. Mankiewicz, The late George Apley (1947; Schiavo del passato), un ritratto della ricca società bostoniana basato su un romanzo di J. Marquand, The ghost and Mrs. Muir (1947; Il fantasma e la signora Muir), tratto da un delizioso romanzo di R.A. Dick, ed Escape (1948; Il fuggitivo), da un dramma di J. Galsworthy, storia della fuga di un uomo ingiustamente perseguitato dalla polizia. Un nuovo romanzo, di C. R. Sumner, fu alla base della sceneggiatura firmata da D. di un film di denuncia sociale tipico delle produzioni di Zanuck, Pinky (1949; Pinky, la negra bianca) di Elia Kazan (che sostituì Ford). Il film, che racconta la vicenda di una ragazza nera dalla pelle chiara che dopo essersi diplomata infermiera a Boston torna nel Sud, rappresentò al momento dell'uscita una pietra miliare nella denuncia dei pregiudizi razziali. Negli stessi anni in cui veniva realizzato Pinky, contro la HUAC (House Un-American Activities Committee) che stava iniziando le sue indagini a Hollywood, D. formò con John Huston e Wyler il Committee for the First Amendment, una coalizione eterogenea di personaggi liberali del cinema che si recarono a Washington in uno sfortunato tentativo di difendere i cosiddetti dieci di Hollywood. Pur continuando a opporsi alla HUAC e alla blacklist, D. fu, comunque, sempre un acceso anti-comunista. Negli anni Cinquanta e Sessanta continuò a scrivere sceneggiature, da solo e in collaborazione, specializzandosi in film in costume di argomento sia storico sia biblico: David and Bathsheba (1951; Davide e Betsabea) di Henry King, sua seconda nomination, Anne of the Indies (1951; La regina dei pirati) di Jacques Tourner, Lydia Bailey (1952; La rivolta di Haiti) di Jean Negulesco, Way of a gaucho (1952; Il grande gaucho) di Tourner, The robe (1953; La tunica) di Henry Koster, Demetrius and the gladiators (1954; I gladiatori) di Delmer Daves e The Egyptian (1954; Sinuhe l'egiziano) di Michael Curtiz, tutti considerevoli successi, al pari di The agony and the ecstasy (1965; Il tormento e l'estasi) di Carol Reed.Durante il decennio 1955-1965 D. si era dedicato alla regia, con Prince of players (1955; Il principe degli attori) con Richard Burton, che ripercorreva la biografia dell'attore teatrale statunitense Edwin Booth, celebre interprete shakespeariano, e con il melodrammatico The view from Pompey's head (1955; Il treno del ritorno), dei quali curò anche la produzione. Seguì una serie di film dignitosi, di cui scrisse in genere anche la sceneggiatura, rinunciando però a produrli: Hilda Crane (1956; Paura d'amare), Three brave men (1957; Io non sono una spia), 10 North Fredrick (1958; Un pugno di polvere), In love and war (1958; In amore e in guerra), Blue Denim (1959; Innamorati in blue jeans), Wild in the country (1961; Paese selvaggio), The inspector (uscito negli Stati Uniti con il titolo Lisa, 1962; L'ispettore), e Blindfold (1966; L'affare Blindfold), l'unico dell'Universal. Abbandonato il cinema, D. si occupò dei più svariati argomenti collaborando a varie riviste. Nel 1980 pubblicò l'autobiografia Take two: a life in the movies and politics.
K.L. Geist, Pictures will talk: the life and films of Joseph L. Mankiewicz, New York 1978, pp. 130-35, 212.
T. Stempel, Philip Dunne, in Dictionary of literary biography, 26° vol., Detroit 1984, ad vocem.
T. Daniell, Philip Dunne: fine cabinetmaker, in Backstory: interviews with screenwriters of Hollywood's golden age, Berkeley-Los Angeles 1986, pp. 151-69.
J. McBride, Searching for John Ford: a life, New York 2001, passim.