STOSCH, Philipp (Filippo). – Nacque il 22 marzo 1691 a Küstrin nel Neumark, regione del Brandenburgo, da Philipp Sigismund (m. 1724), medico, e da Louise Vechnerinn. Ebbe due fratelli, entrambi medici, Ludwig (1688-1717) e Heinrich Sigmund (1699-1747)
e due sorelle, Louise Hedwig ed Elisabeth.
Frequentò la scuola luterana della città natale e nel 1706 si trasferì all’Università di Francoforte sull’Oder per studiare teologia, senza completare gli studi. Contemporaneamente coltivò le antichità e le arti e tra il 1709 e il 1715, quindi ancora tra il 1717 e il 1721, compì viaggi in Europa, che lo portarono in Germania, nei Paesi Bassi, in Francia e in Inghilterra (dove conobbe il filologo Richard Bentley, con il quale mantenne rapporti) e infine in Italia. A Roma entrò nel circolo di papa Clemente XI, collezionista e amatore di antichità, e del potente cardinale Alessandro Albani, cui restò a lungo legato. Qui avviò una proficua attività nell’antiquaria, pubblicando ad Amsterdam, nel 1724, l’edizione bilingue, latina e francese, delle Gemmae antiquae caelatae scalptorum nominibus insignitae, incise da Bernard Picart, dedicata all’imperatore Carlo VI, utilizzata e ammirata da Johann Joachim Winckelmann, che definì l’autore il «maggiore esperto di antichità della nostra epoca» (M. Kunze, Winckelmann e le gemme etrusche della collezione Philip von Stosch, in Winckelmann, Firenze e gli Etruschi (catal.), a cura di B. Arbeid - S. Bruni - M. Iozzo, Firenze 2016, p. 158). A Roma iniziò a commerciare in vari settori dell’arte e a collezionare, oltre alle gemme antiche, incisioni e disegni, quadri, libri e manoscritti. Finanziò le sue passioni con mezzi poco ortodossi, tra i quali lo spionaggio della corte giacobita di James Edward Stuart, l’‘Old Pretender’ al trono d’Inghilterra, per conto del governo britannico (Borroni Salvadori, 1978, p. 571).
Identificato come informatore, fu costretto a lasciare Roma il 5 febbraio 1731 e si rifugiò, con il fratello Heinrich Sigmund e due artisti che lavoravano per lui, nel Granducato di Toscana, dove Gian Gastone de’ Medici gli assicurò la propria protezione (p. 567). Nel palazzo nobiliare Ramirez di Montalvo, sua residenza a Firenze, collocò le raccolte, oggetto di ammirazione e invidia da parte dei collezionisti, che nel corso degli anni accrebbe notevolmente con acquisti di stampe, manoscritti, libri, disegni (specialmente di carattere architettonico), reperti archeologici, opere d’arte, gemme e cammei, per ognuno dei quali compilò le relative schede. Le sue raccolte furono spesso visitate dai viaggiatori, soprattutto inglesi, di passaggio da Firenze, accompagnati dal residente britannico Francis Colman (m. 1733).
Tra il 1731 e il 1732 fu tra i fondatori della loggia massonica fiorentina, le cui sedute si svolgevano talvolta nella sua abitazione. Dalle lettere del cardinale Giuseppe Maria Ottoboni, membro del S. Uffizio, si rileva che in città circolavano, soprattutto a opera di Stosch e del figlio del capo della Reggenza toscana, François Vincent-Marie de Beauvau-Craon, anch’egli massone, testi eterodossi, deisti e libertini. Una missiva del cardinal Neri Corsini a Francesco Stefano di Lorena, granduca di Toscana, afferma che in casa di Stosch si teneva «une école de pur déisme, avec quelques professeurs des plus corrompus de l’Université de Pise et les écoliers le plus pervers de cette Université» (Sbigoli, 1884, Documenti, p. XIX) e chiedeva l’espulsione del barone prussiano dal Granducato. L’inquisitore di Firenze, il francescano padre Paolo Ambrogio Ambrogi, rivolgendosi ai cardinali della Congregazione del S. Uffizio il 7 aprile 1739, sosteneva che tra i frequentatori figurava il senatore Giulio Rucellai, segretario della Regia Giurisdizione, membro anch’egli della loggia, che difese il poeta Tommaso Crudeli dall’accusa di empietà e appartenenza alla massoneria. L’abitazione di Stosch fu punto d’incontro di importanti ‘fratelli’ inglesi in transito, dell’abate Ottaviano Buonaccorsi, suo esecutore testamentario insieme al residente britannico sir Horace Mann, di Giuseppe Maria Buondelmonti, del marchese Antonio Niccolini e di Crudeli, che subì un celebre processo inquisitoriale nel 1739. Dopo lo scioglimento della loggia, successivo alla bolla In eminenti di condanna da parte di papa Clemente XII Corsini (1738), presenze massoniche sono ulteriormente segnalate in Toscana, pur se nessuna formale ricostituzione della fratellanza è registrata. Densa di fermenti deisti e libertini, la loggia fiorentina coinvolse elementi di spicco del governo lorenese e appare in rapporto con gli ambienti più avanzati del radicalismo filosofico e del libero pensiero europeo.
Stosch fu a lungo al centro della vita culturale fiorentina e strinse rapporti di amicizia con letterati ed eruditi, quali Anton Francesco Gori, Filippo Buonarroti, Antonio Maria Salvini, Giovanni Lami, Domenico Maria Manni, Antonio Maria Biscioni, oltre che con la congerie di incisori, pittori, disegnatori, tra i quali lo svevo Johann Lorenz Natter, che si riuniva attorno a lui. Dall’anno della fondazione, 1742, sostenne il Giornale de’ letterati di Francesco Raimondo Adami e Giovanni Targioni Tozzetti; trasferitosi a Pisa nel 1757 (Borroni Salvadori, 1978, p. 601), fu membro dell’Accademia etrusca di Cortona, di cui frequentò le riunioni delle Notti coritane, e vi contribuì con la Lettera sopra una medaglia nuovamente scoperta di Carino imperatore (Firenze 1755). A Firenze mantenne contatti con l’Accademia Colombaria alla quale offrì spesso i suoi cimeli per adunanze ed esposizioni. Sostenne finanziariamente, e con la disponibilità di codici della propria biblioteca, Lorenzo Mehus, impegnato nella valorizzazione dell’umanesimo quattrocentesco, e lo affiancò nella polemica che ne seguì con Lami circa i criteri di edizione dei testi. Fu amico dei fratelli Marcello e Ridolfino Venuti di Cortona e del ‘fratello’ medico Antonio Cocchi, il cui diario, Effemeridi, contiene frequenti riferimenti a Stosch. Per gli studi di antiquaria ebbe rapporti con Ludovico Antonio Muratori, al quale inviò anche sue schede per il Novus thesaurus veterum inscriptionum (Milano 1739-1742).
Molte notizie su Stosch si rinvengono nella corrispondenza tra il residente britannico a Firenze, sir Horace Mann, e sir Horace Walpole, figlio del primo ministro Robert, conte di Orford, e Mann fece in più occasioni da intermediario tra Stosch e il ministro inglese per l’acquisto di pezzi per le sue collezioni. La raccolta di gemme e cammei di Stosch, forte di circa 10.000 esemplari, venne acquistata dopo la sua morte da Federico II di Prussia e si conserva ora negli Staatliche Museen di Berlino. Fu in rapporti cordiali con Winckelmann, che raccomandò al suo arrivo a Roma al cardinale Albani, e che a Firenze (settembre 1758-aprile 1759) redasse su invito del nipote di Stosch, Heinrich Wilhelm Muzell Stosch (1723-1782), il catalogo ragionato della raccolta di gemme (Description des pierres gravées du feu Baron de Stosch dediée à son Eminence Monseigneur le Cardinal Alexandre Albani, Firenze 1760). Secondo Winckelmann, Stosch lasciò una notevole raccolta di manoscritti, che per opera del cardinale Domenico Passionei fu acquistata dalla Biblioteca apostolica Vaticana e confluì nel fondo Ottoboniano. Fitta di presenze alchemiche e paracelsiane, di opere storiche, letterarie ed erudite, la sua biblioteca era ricca di testi filosofici eterodossi, che Stosch faceva circolare clandestinamente; vi si trovavano, tra le altre, le opere di Pomponazzi, Spinoza, John Toland, Anthony Collins, Shaftesbury, Montesquieu, Rousseau e Machiavelli (Rosa, 1962, pp. 48 s.).
Nel testamento del 10 aprile 1754 nominò Mann e Buonaccorsi suoi esecutori testamentari, e a loro lasciò alcuni beni. Erede universale fu nominato il nipote Heinrich Wilhelm Muzell, figlio della sorella Louise Hedwig, con la clausola che assumesse il nome di Filippo Stosch Walton.
Morì a Firenze il 6 novembre 1757 (M.A. Morelli Timpanaro, Per una storia di Andrea Bonducci..., 1996, p. 425 nota) e fu inumato nel cimitero inglese di Livorno.
Dopo la morte venne pubblicato un catalogo a stampa della Bibliotheca Stoschiana sive Catalogus librorum Bibliothecae Philippi Baron de Stosch (Lucca 1758, Firenze 1759) per la vendita all’asta dei 4600 libri (Borroni Salvadori, 1978, p. 613), in gran parte dispersi e in parte acquistati dal marchese Gabbriello Riccardi. Un necrologio di Stosch è nelle Novelle letterarie di Firenze (1757, n. 46).
L’iconografia di Stosch, comprendente il busto ‘all’antica’ scolpito da Edmé Bouchardon nel 1727, medaglie, monete, disegni e caricature di Pier Leone Ghezzi, è attestata in Winckelmann, Firenze e gli Etruschi, cit., pp. 124-130.
Fonti e Bibl.: I dispacci settimanali di Stosch al governo britannico sono conservati a Londra, Public Record Office, SP 92/36, 98/32, 98/77, 98, 79, 98/81 (Borroni Salvadori, 1978, p. 572 nota 26); Archivio di Stato di Firenze, Reggenza, 843, ins. 16: Nota dei bronzi della raccolta del barone Stosch offerti in vendita, 1759; il testamento di Stosch è conservato nell’Archivio di Stato di Firenze, Notarile moderno, Testamenti mistici pubblicati, 11, n. 28 (edito in M.A. Morelli Timpanaro, Per una storia di Andrea Bonducci (Firenze 1715-1766). Lo stampatore, gli amici, le loro esperienze culturali e massoniche, Roma 1996, pp. 425-428 e ad ind.); Careggi, Biblioteca biomedica dell’Università di Firenze, A. Cocchi, Effemeridi, ms., http://www.sba.unif.it/CMpro-v-p-466.html (23 gennaio 2019).
K. Justi, Philipp von Stosch und seine Zeit, in Zeitschrift für Bildende Kunst, VII (1872), pp. 293-308, 333-346; F. Sbigoli, Tommaso Crudeli e i primi framassoni a Firenze, Milano 1884, pp. 147 s. e passim; S. Nicolini, Bibliografia degli antichi cataloghi a stampa di biblioteche italiane, Firenze 1954, pp. 38-40; Horace Walpole’s Correspondence with Sir Horace Mann, a cura di W.S. Lewis - W.H. Smith - G.L. Lam, XVII-XXI, New Haven 1954-1967, ad indices; L. Lewis, Connoisseurs and secret agents in eighteenth century Rome, London 1961, passim; M. Rosa, Per la storia dell’erudizione toscana del Settecento: profilo di Lorenzo Mehus, in Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell’Università di Roma, II (1962), pp. 41-96 (in partic. pp. 47-52); L. Lewis, Philipp von Stosch, in Apollo, LXXXV (1967), pp. 320-327; C. Francovich, Storia della massoneria in Italia. Dalle origini alla Rivoluzione francese, Firenze 1974, pp. 49 nota, 54 nota, 56-58, 60 s., 75-78, 84, 96; F. Borroni Salvadori, Tra la fine del Granducato e la Reggenza. F. S. a Firenze, in Annali della Scuola normale superiore, classe di lettere e filosofia, s. 3, VIII (1978), pp. 565-614; G. Totaro, Da Antonio Magliabechi a Philip von Stosch: varia fortuna del “De tribus impostoribus” e de “L’esprit de Spinosa” a Firenze, in Bibliothecae selectae da Cusano a Leopardi, a cura di E. Canone, Firenze 1993, pp. 377-417; G. Giarrizzo, Massoneria e illuminismo, Venezia 1994, ad ind.; S. Landi, Il governo delle opinioni: censura e formazione del consenso nella Toscana del Settecento, Bologna 2000, pp. 51, 57-59, 154; M.A. Morelli Timpanaro, Tommaso Crudeli, Poppi 1702-1745. Contributo per uno studio sulla inquisizione a Firenze nella prima metà del XVIII secolo, Firenze 2003, ad ind.; R. Pasta, Dalla prima loggia all’età francese: idee, dinamiche, figure, in La massoneria a Firenze, a cura di F. Conti, Bologna 2007, pp. 36-39, 45 s., 48.