CABASSOLE (Cabassoles), Philippe
Nacque a Cavaillon (Vaucluse) intorno al 1305 dal cavaliere Isnard, che nel 1316 fu vicario regio ad Arles, e da Beatrice. Compì gli studi di diritto civile ad Orléans; aveva già ottenuto la licenza il 3 ott. 1332, quando Giovanni XXII lo sciolse dal giuramento di non impartire lezioni altrove che all'università di Orléans.
Giovanni XXII lo incoraggiò nella carriera ecclesiastica, cui il C. era stato avviato, conferendogli numerosi uffici e benefici: un canonicato con aspettativa di prebenda (più tardi la chiesa di S. Michele) a Cavaillon, già dal 23 nov. 1316;un canonicato con prebenda ad Apt il 31 luglio 1324;l'arcidiaconato di Cavaillon, con la chiesa parrocchiale dei Taillades come prebenda, il 26 ag. 1330;la prepositura di Cavaillon, con la chiesa parrocchiale di Robion in prebenda, il 18 settembre 1331.
Il 17 ag. 1334 il C. veniva nominato vescovo di Cavaillon, e nella città natale risiedette a lungo, per quanto permettevano le sue altre funzioni.
Era infatti associato al rettore del Contado Venassino per regolamentare il pascolo e limitare l'incarcerazione abusiva a Cavaillon (Cavaillon, Archives communales, AA1, 18: 4 luglio 1335; AA1, 20; 13 maggio 1337); partecipò inoltre al concilio provinciale (3 sett. 1337)e al sinodo di Avignone (aprile e ottobre 1341), eall'assemblea degli stati del Contado a Carpentras. Agli ultimi mesi del 1337risale l'amicizia del C. col Petrarca, che allora si era rifugiato nella quiete di Valchiusa, non lontano dal castello episcopale. Il Petrarca più tardi dedicò al C. il De vita solitaria, e tra i due intercorse una lunga corrispondenza: è dal Petrarca che sappiamo come il C. fu duramente provato, dalla morte di uno dei suoi fratelli nel 1338.
Il C. doveva avere la piena fiducia di Roberto d'Angiò, se questi col testamento del 16 genn. 1343 lo chiamò a Napoli nel Consiglio di reggenza della giovane regina Giovanna I, con l'importante carica di vicecancelliere; numerosi cittadini di Cavaillon, del resto, vivevano alla corte del re, ed anche alcuni fratelli del C. vi occuparono degli uffici. Giunto a Napoli, il C. sostenne, a quel che sembra, una posizione moderata, sostanzialmente favorevole al papa; il 15 nov. 1343 fu elevato al rango di cancelliere, non senza che gli fosse mossa l'accusa di esser sceso a compromessi per ottenere la carica.
La sua influenza tuttavia non fu abbastanza decisiva da permettere al Petrarca di ottenere il successo nella missione, affidatagli da Clemente VI nell'ottobre del 1343, volta a difendere i diritti della Chiesa e ad ottenere la riabilitazione dei Pipino. Nel 1344 faceva parte del consiglio del cardinal legato Aimery, nonostante che avesse osteggiato, a fianco della regina, l'iniziativa pontificia di nominare un legato; il 20maggio 1345 l'ufficio di cancelliere gli veniva confermato da Giovanna che, giunta alla maggiore età, aveva voluto in segno di indipendenza nominare personalmente i suoi grandi ufficiali. La vecchia regina Sancia lo aveva nominato, il 18 genn. 1344, tra i suoi esecutori testamentari, e alla sua morte (28 luglio 1345)l'avidità scatenata della corte contribuì forse a rendere il C. cosciente della folle condotta di Giovanna.
Il 26 dic. 1345 il C. battezzò il figlio della regina, Carlo Martello, nato il giorno prima, e fu incaricato, con il conte di Bellante, di portare la felice notizia ad Avignone; ma il prolungarsi del suo soggiomo, pur giustificato numerose volte dal papa, irritò la regina Giovanna che infine lo sollevò dall'ufficio di cancelliere, verosimilmente su istigazione del suo nuovo marito, Luigi di Taranto. Clemente VI in effetti teneva vicino a sé il C. per ristabilire la pace tra Eudes, duca di Borgogna, e Jean de Chalon, e in seguito tra le comunità di Provenza e di Marsiglia. Clemente VI lo considerava l'"angelo della pace", e lo incaricò anche di appianare una contesa tra i conti di Savoia e di Ginevra e la Chiesa, e in seguito di procedere contro il conte Amedeo di Ginevra.
Pur tra tanti impegni diplomatici, il C. non trascurava la sua sede episcopale: per limitare il contagio della peste autorizzò i consoli di Cavaillon, a partire dall'8 maggio 1347, a far funzionare, durante l'estate, il nuovo cimitero costruito fuori delle mura della chiesa di S. Siricio in luogo del cimitero della cattedrale (Avignon, Archives départementales de Vaucluse, Studionotarile Rousset, reg. 38). Durante le sue assenze il C. nominava vicario generale suo fratello Guirand, decano della cattedrale di Avignone. La predilezione del C. per la sua chiesa è testimoniata dalle donazioni fatte con atti del 22 marzo 1347 (Duchesne, Histoire de tous les cardinaux..., II, pp. 417-422, da correggere sulla base del cartulario di Barbentane) e del 16 giugno 1351 (Cavaillon, Archives communales, GG1, c. 5). Il C. esercitava anche i diritti feudali accordando nel 1352 alla comunità di Cabannes (Bouches-du-Rhône) il permesso di derivare l'acqua della Durance per l'irrigazione (Ibid., DD9).
Il 6 nov. 1353 Innocenzo VI inviò il C. a metter pace tra il delfino di Vienne e il conte di Savoia Amedeo e, nel dicembre 1351 tra il conte di Savoia e Hugues di Ginevra.
Intorno a quest'epoca il C. scrisse il De vita et miraculis beatae Mariae Magdalenae, santa tenuta in grande onore dalla dinastia reale angioina: l'opera è dedicata a Henry de Villars, arcivescovo di Lione (manoscritto passato dalla Biblioteca di St.-Victor di Parigi alla Bibliothèque nationale; copia del XVII secolo alla Biblioteca municipale di Carpentras, ms. 1819, ff. 35-86v: vita citata dai bollandisti, Acta Santorum Iulii, V, Antverpiae 1727, p. 225).
Nel 1357 il C. ricevette, il 1º luglio e il 1º ottobre, l'incarico di riscuotere una decima oltre il Reno, nelle province ecclesiastiche di Magonza, Colonia, Treviri, Magdeburgo e Brema; fu così esposto all'ostilità dell'episcopato e dell'imperatore CarloIV, sfuggendo a mala pena alla prigionia.
Da Colonia riportò, per la sua chiesa di Cavaillon, la reliquia di s. Eucleta, una delle undicimila vergini martiri (4 sett. 1359-13 nov. 1360, da un frammento di registro notarile, conservato nel cartulario di Barbentane). Il 27 nov. 1360 il C. pronunciò nella chiesa dei cordiglieri di Apt l'orazione funebre di Delfina, vedova di Elzéar di Sabran, morta in odore di santità; nel gennaio 1363 chiese a Urbano V l'apertura del processo canonico ed ascoltò numerose deposizioni (maggio-ottobre 1363).
Il 18 ag. 1361 Innocenzo VI gli conferì il titolo di patriarca di Gerusalemme; l'anno seguente Urbano V, appena consacrato, si affrettò a nominarlo rettore del Contado Venassino (17 nov. 1362). Uno dei primi compiti inerenti alla nuova funzione del C. fu la promulgazione degli statuti, verosimilmente intorno al maggio 1363 (Avignon, Archives départementales de Vaucluse, B. 7, ff. 3-8; sommariamente analizzato da Faure, Etude sur l'administration, pp. 78 s.). Ricevette centodiciotto omaggi dai vassalli del Contado, dal dicembre 1362 all'aprile 1369, e risiedette per la maggior parte del tempo nel palazzo della rettoria di Carpentras; talvolta ad Avignone e anche a Cavaillon (Archives départementales de Vaucluse, B. 6).
Su sua proposta, Urbano V il 10 giugno 1363 destinò alle suore benedettine di S. Giovanni di Cavaillon, il cui monastero, situato fuori delle mura, era stato distrutto, la cappella di S. Caterina nell'antica casa dei templari. Il C. presiedette il concilio provinciale di Apt, in cui favorì la devozione alla reliquia della Santa Croce nel vicino villaggio di Saignon (13 maggio 1365), ed anche il sinodo di Avignone, nell'ottobre 1367 (gli statuti di Apt e di Avignone sono conservati alla Bibliothèque nationale di Parigi, Ms.lat. 1541). In qualità di patriarca di Gerusalemme regolò il 4 luglio 1365 una contesa tra il S. Sepolcro e le tre collegiate di Spira (Archivi di Württemberg: sigillo pubblicato da G. Schlumberger-F. Chalandon-H. Blanchet, Sigillographie de l'Orient latin, Paris 1943, p. 85 e tavola II, 8).
Al momento della sua partenza per Roma, Urbano V lo nominò vicario generale di Avignone (13 apr. 1367), affidando eccezionalmente Avignone e il Contado Venassino ad un solo vicario. Il C. si stabilì allora nel palazzo apostolico di Avignone: il 23 sett. 1366 Urbano V, per aumentare le rendite del patriarcato, gli aveva tolto la commenda del vescovato di Cavaillon, attribuitagli da Innocenzo VI, e lo aveva nominato amministratore della Chiesa di Marsiglia.
Con le ordinanze del 10 marzo, 30 ottobre e 23 dic. 1367, il C. ordinava nella sua nuova diocesi il servizio di un sacerdote ogni duecento abitanti, la diminuzione delle distribuzioni quotidiane al capitolo della cattedrale, ed obbligava i canonici, a ricevere il sacerdozio entro un anno.
Come vicario il C. si trovò a difendere Avignone e il Contado dai briganti di Bertrand du Guesclin, che dal 1364 facevano pesare la loro minaccia sul Sud-Est della Francia; nel 1367, quando gli avvenimenti presero una piega drammatica, il C. fece proseguire le opere di fortificazione di Carpentras e di Avignone. La renitenza da parte dei nobili e delle comunità a contribuire alle spese creò numerose difficoltà, finché il C. riuscì ad allontanare le compagnie di briganti comprando col denaro la loro partenza. Con la difesa di Avignone e del Contado, il C. procedeva energicamente alla riorganizzazione delle istituzioni civili, riservando la presidenza dell'università d'Avignone al primicerio proveniente dai dottori ed escludendo il rettore degli studenti, introducendo l'arte della lana, riducendo il numero dei notai e ufficiali della corte episcopale, emanando una tabella dei pesi e del corso delle monete per sanare la loro circolazione nel Contado, facendo inventariare i beni, gli archivi e la biblioteca conservati nel palazzo apostolico.
Il 22 sett. 1368 Urbano V lo nominò cardinale prete di SS. Marcellino e Pietro e il 27 febbr. 1369 lo chiamò in Italia, nonostante che i maneggi di due penitenzieri, sospetti di simonia e di gioco d'azzardo, avessero portato all'istruzione di un'inchiesta su di lui. Verosimilmente era già sulla strada per l'Italia quando prese in prestito il 5 maggio 1369 dai canonici di Cavaillon un messale romano (Duchesne, Hist.de tous les cardinaux..., II, p. 417, da correggere sulla base del cartulario di Barbentane). Urbano V lo creò cardinale vescovo di Sabina il 31 maggio 1370 e lo incaricò, insieme con altri tre cardinali, di riportare la pace tra gli ufficiali pontifici e il prefetto di Roma, e di indurre la regina Giovanna a restituire ai monastero di Montecassino il diritto di alta giustizia. Il C. in seguito rientrò ad Avignone insieme con Urbano V e partecipò all'elezione del suo successore Gregorio XI; a partire dal 4 genn. 1371 appare investito del titolo di "vicarius generalis in nonnullis terris Italiae"; tuttavia fu solo il 4 luglio che ne ricevette i poteri con una serie di quarantuno lettere che lo nominavano vicario generale di tutto lo Stato pontificio nell'Italia centrale.
Perugia non era stata ancora interamente pacificata e il C. proseguì la costruzione della cittadella iniziata da Pierre d'Estaing. Sembra che egli si alleasse allora ai Fiorentini e godesse dell'appoggio del cardinal d'Estaing; né fu tra i suoi minori meriti quello di essersi accordato, a quanto pare, con il ricevitore generale Gérard du Puy. Una continua corrispondenza intercorreva tra il C. e il papa, che gli prescriveva di nominare ufficiali, priori, podestà, di istruire inchieste, di punire vescovi, contabili, rettori, di riformare gli statuti, i monasteri femminili, di riscuotere sussidi, di proteggere il clero, di metter pace tra le famiglie: giunsero così almeno ventisei bolle dall'inizio del 1372fino alla morte del Cabassole.Il 26 ag. 1372, a Perugia, il C., sentendosi prossimo alla morte, fece testamento esprimendo la sua devozione a s. Maria Maddalena e chiedendo di essere sepolto nella certosa di Bonpas, nel centro del suo paese natale. Era circondato dai suoi familiari, dei quali alcuni gli erano rimastifedeli da dieci o venti anni: Jacques Albe, di Tarascona, che in qualità di capitano aveva assicurato nel 1368 la difesa di Avignone, Jean Bresel (o Bressul), il suo cappellano, Rostaing Chabert, prete di Cavaillon, Guillaume Peyre (Petri)di Saint-Michel; l'indomani stesso morì.
Il suo cancelliere, Tommaso degli Ammannati, dottore in decretali, arcidiacono di St.-Castor di Treviri (fu creato cardinale nel 1385), accompagnò le sue spoglie mortali a Bonpas e, ammiratore del Petrarca, designò verosimilmente l'autore dell'epitaffio, il poeta napoleano Giovanni Moccia. Il 23 luglio 1373 l'arcidiacono di Cavaillon, Jean Jean (Johannis) antico familiare del C., rilasciava a Tommaso degli Ammannati e a Jean Cabassole, nipote del defunto, entrambi esecutori testamentari, la ricevuta della consegna dei legati (cartulario di Barbentane). Jean Cabassole affidò l'esecuzione dell'effigie dello zio allo scultore Barthélemi Cavalier, della diocesi di Poitiers, autore del monumento funebre di papa Innocenzo VI (cartulario di Barbentane: ricevuta del 4 luglio 1377). Le spoglie del C. furono trasferite nel 1833 dalla certosa nella chiesa parrocchiale di Caumont, e alcuni frammenti di lapide sono conservati al Museo Calvet di Avignone (J. Girard, Musée Calvet de la ville d'Avignon. Catalogue illustré, Avignon 1924, p. 56). E.-G. Léonard (Histoire de Jeanne Ire, I, pp. 219 s.) ha creduto di riconoscere un ritratto del C. nella miniatura del Ms. franç. 1049 (f. 170) della Bibliothèque nationale di Parigi: Complainte sur la mort du roi Robert in provenzale.
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