Noiret, Philippe
Attore cinematografico e teatrale francese, nato a Lille il 1° ottobre 1930. Tra gli interpreti più attivi del cinema francese, con oltre 130 film e 60 spettacoli teatrali realizzati, N. si caratterizza per la naturalezza con cui rappresenta la 'normalità' dei suoi personaggi, con i loro vizi e i loro difetti, ricorrendo a una recitazione lineare ma estremamente incisiva. Ha lavorato anche nel cinema italiano, con registi come Mario Monicelli, Marco Ferreri, Giuseppe Tornatore ed Ettore Scola, ed è stato tra gli interpreti preferiti di Bertrand Tavernier con il quale ha iniziato a collaborare sin dal primo lungometraggio del cineasta, L'horloger de Saint-Paul (1974; L'orologiaio di Saint-Paul). Nel 1990 ha vinto il premio César per La vie et rien d'autre (1989; La vita e nient'altro) sempre di Tavernier.
Dopo aver studiato recitazione con Roger Blin, entrò a far parte del Théâtre national populaire di Jean Vilar. Parallelamente all'attività teatrale, si esibì in spettacoli di cabaret assieme a Jean-Pierre Darras. Esordì come protagonista sul grande schermo in La pointe-courte (1956) di Agnès Varda, ma si fece notare nel ruolo dello zio della ragazzina dal temperamento vivace in Zazie dans le métro (1960; Zazie nel metrò) di Louis Malle. Venne poi diretto da René Clair in Tout l'or du monde (1961; Tutto l'oro del mondo) e da Georges Franju in Thérèse Desqueyroux (1962; Il delitto di Thérèse Desqueyroux), ed ebbe parti secondarie in film di registi stranieri: Topaz (1969) di Alfred Hitchcock e Justine (1969; Rapporto a quattro) di George Cukor. In La vie de château (1966; L'armata sul sofà) di Jean-Paul Rappeneau e Alexandre le bienheureux (1968; Alexandre… un uomo felice) di Yves Robert emersero alcuni tratti che avrebbero costantemente caratterizzato i suoi ruoli nelle commedie: nel primo è infatti un marito indolente che, durante la Seconda guerra mondiale, vive in un castello della Normandia con una giovane moglie viziata; nell'altro è invece un contadino sognatore e bucolico, interpretazione che gli fece conquistare definitivamente il grande pubblico e lo spinse a privilegiare l'attività cinematografica rispetto a quella teatrale. In seguito prese parte, tra gli altri, a L'attentat (1972; L'attentato) di Yves Boisset, e fu determinante l'incontro con Ferreri che in La grande bouffe (1973; La grande abbuffata) gli ritagliò il riuscito ruolo di un magistrato che assieme a tre amici si rinchiude in una villa per venire sopraffatto dal cibo e dal sesso fino a morirne; sempre per Ferreri fu il generale Terry in Touche pas la femme blanche (1974; Non toccare la donna bianca). Nello stesso anno avvenne l'incontro con Tavernier che in L'horloger de Saint-Paul gli affidò l'intenso personaggio del tranquillo orologiaio di Lione la cui esistenza viene sconvolta dalla notizia che il figlio è colpevole di omicidio. N. costruisce il personaggio tra incredulità e dolore, disegnando un individuo spiazzato dagli eventi, sospeso tra il rispetto per la legge e l'amore per il figlio. Nel corso degli anni, sempre per lo stesso regista, è stato anche Filippo d'Orléans reggente di Francia in Que la fête commence (1975; Che la festa cominci...), un giudice di provincia nella Francia di fine Ottocento in Le juge et l'assassin (1976; Il giudice e l'assassino), un poliziotto indolente e vigliacco di una cittadina del Senegal in Coup de torchon (1981; Colpo di spugna), un maggiore che ha l'ingrato compito di identificare i cadaveri subito dopo la fine della Prima guerra mondiale in La vie et rien d'autre, e D'Artagnan in La fille de D'Artagnan (1994; Eloise la figlia di D'Artagnan).
Nel 1975 mise in luce compiutamente il suo talento comico in Amici miei di Monicelli interpretando il personaggio del giornalista Giorgio Perozzi che, assieme a quattro amici cinquantenni, ama trascorrere il tempo tra goliardie e burle feroci. Perozzi muore al termine di questo primo episodio ma Monicelli lo recuperò, ricorrendo al flashback, anche nel sequel, Amici miei, atto II (1982). Cominciò così a essere chiamato spesso da registi italiani quali Valerio Zurlini (Il deserto dei Tartari, 1976), Alberto Sordi (Il comune senso del pudore, 1976), Sergio Citti (Due pezzi di pane, 1979) e soprattutto Francesco Rosi per Tre fratelli (1981), dove fu ancora una volta un giudice che, tornato dopo molti anni al paese natio, rivede il padre e i due fratelli. Verso la fine degli anni Settanta anche la commedia francese lo impiegò più frequentemente come in Un taxi mauve (1977; Un taxi color malva) di Boisset, mentre accanto ad Alberto Sordi tornò alle atmosfere del poliziesco in Le témoin (1978; Il testimone) di Jean-Pierre Mocky. Nel decennio successivo è stato diretto da Alain Corneau in Fort Saganne (1983), ma soprattutto si è messo in luce nel ruolo di un commissario di polizia corrotto in Les ripoux (1984; Il commissadro) di Claude Zidi. Ha lavorato ancora per registi italiani quali Monicelli (Speriamo che sia femmina, 1986; Rossini! Rossini!, 1991), Scola (La famiglia, 1987), Tornatore (Nuovo cinema Paradiso, 1988) ed è riuscito a costruire, con la consueta efficacia, personaggi che dietro l'apparenza bonaria e tranquilla si rivelano inquietanti e fortemente ambigui, come nel caso del presentatore televisivo di Masques (1987; Volto segreto) di Claude Chabrol.
Negli anni Novanta in J'embrasse pas (1991; Niente baci sulla bocca) di André Téchiné ha ricoperto il ruolo di un omosessuale e, successivamente, ha recitato al fianco di Massimo Troisi in Il postino (1994) di Michael Radford, impersonando il poeta Pablo Neruda; ha inoltre lavorato con Patrice Leconte nei film Tango (1993) e Les grands ducs (1996), ancora con Monicelli in Facciamo Paradiso (1995), con Roberto Faenza in Marianna Ucrìa (1997). Nello stesso periodo ha ripreso l'attività teatrale ottenendo un grande successo con Les côtelettes. La pièce, scritta da Bernard Blier, ha avuto anche un adattamento cinematografico nel 2003 per la regia di Blier e con N. ancora nel ruolo del protagonista.
D. Maillet, Philippe Noiret, Paris 1989²; Philippe Noiret, in "Film dope", July 1992.